Fede e Finanza

Io di economia non è che ci capisca molto, giusto per usare un eufemismo. Devo dire che mi sa che nemmeno gli economisti da Nobel ne capiscano più di tanto, e anzi non vedo l’ora di scoprire chi vincerà il premio quest’anno.
Detto questo, a me sembra abbastanza chiaro che soprattutto negli ultimi decenni i soldi che giravano sono sempre più stati finti. Non so se il punto di svolta sia stato Bretton Woods o la decisione nixoniana del 1971 di sospendere la convertibilità in oro del dollaro: fatto sta che oggi come oggi il denaro non ha più alcuna relazione con una produzione di beni. Non parlo di banche e finanziarie, che per definizione prestano molti più soldi di quelli che hanno basandosi sul fatto che non dovrebbero essere chiesti indietro tutti assieme, ma anche delle stesse aziende manufatturiere. Se sono quotate in borsa, significa che il valore delle quote azionarie non dipende più da quello che è immobilizzato per la produzione dei beni, ma da quello che “il mercato”, qualunque cosa esso sia, ritiene che vale la pena pagare. Aggiungiamo poi che è possibile non solo comprare e vendere azioni ma anche comprare e vendere diritti futuri sulle azioni, per non dire di vendere azioni che al momento non si hanno ma in futuro si suppone di avere, e capiamo che tutto questo potrà ancora chiamarsi mercato ma è qualcosa di completamente diverso da quello con i banchetti per le strade: un po’ come andare da Pizza Hut per prendersi un trancio di “pizza” che magari è anche gustosa ma sicuramente non è pizza.
Vb dice che bisogna avere fede nel denaro come in una qualunque religione. Io sostituirei a “denaro” il concetto di “mercato”: per anni, se non decenni, si è andati avanti e sono stati moltiplicati pani e pesci… eh, indici e prodotti finanziari; ma ora la fede è stata persa, e non si vede un nuovo profeta all’orizzonte.
Perché, però, in questi giorni non sono state bloccate tutte le vendite allo scoperto? Quando dico “bloccate”, significa proprio che uno debba mostrare di avere fisicamente il possesso di quelle azioni che stava vendendo. Almeno ci sarebbe una parvenza di ritorno al tangibile. O forse siamo andati troppo oltre?
Aggiornamento: (13:45) La Consob ha vietato le vendite allo scoperto. Stavano aspettando che io lo scrivessi?

alla simpaticona che sta spammando dall’Università di Camerino Macerata

Hai scritto lunedì col nome di Lara e l’email farlocca ghj@ghj.it dall’indirizzo IP 193.205.125.7, e ho cancellato il commento invece che approvarlo.
Hai scritto di nuovo adesso col nome di Cinzia e l’email farlocca asd@asd.it dall’indirizzo IP 193.205.125.7, e ho cancellato il commento invece che approvarlo.
Forse non hai capito una cosa: se anche quello che hai scritto fosse dimostrabilmente vero, per principio non appoverei mai quei commenti in quanto sono spam e non c’entrano un tubo con quello che ho scritto io. Al terzo messaggio mi limito a bloccare tutti gli indirizzi da Camerino, e la cosa finisce lì. (Sì, lo so che non leggerai mai questo avviso: ma il problema è tuo, non mio)
Aggiornamento: (13 ottobre) Magari pensando che io sia un misogino, l’amicone stavolta ha riscritto il testo con nome “Gian”. Ora l’indirizzo IP è bloccato: se cambia macchina, allora arriverà la segnalazione di dovere.

Belòn!

Il Nobel per la letteratura è stato assegnato a Jean-Marie Le Clézio (io non l’avevo mai sentito nominare, ma il mio collega francese dice che aveva letto qualcosa di lui addirittura alle medie, e Wikipedia aveva un abbozzo di voce già l’anno scorso).
Ho provato ad anagrammare Le Clézio, e sono usciti fuori:
– “colle zie”: la sua opera tende a radunare insieme tutta la famiglia, narrando saghe di ampio respiro.
– “celle, ozi”: ma è anche possibile notare una pigrizia, forse forzata o magari spartana e minimalista.
Sembra infine essere stato nel suo primo periodo uno sperimentalista, ma i suoi colleghi dicevano di lui “O Ellé Ci: z…” nel senso che le sue opere erano soporifere.

Burn After Reading – A prova di spia (film)

[locandina]Sabato scorso, nonostante l’influenza che mi stava per arrivare, sono andato al Plinius a vedere l’ultima opera dei Fratelli Coen, Burn After Reading; insomma il film che ha messo insieme Brad Pitt e George Clooney, immagino per la gioia delle fanciulle di tutto il mondo occidentale e segnatamente di Anna e Marina che erano con me. A parte che ci ho perso una buona mezz’ora a capire che il tipo con quella brutta barba che lo faceva sembrare un mediorientale era George – ma mi è stato detto che era tutta invidia – passiamo alla trama del film. In poche parole, abbiamo come cornice una storia dove ci sono una serie di relazioni extraconiugali (tutte rigidamente eterosessuali, però!) che nemmeno Novella 2000, e dei supposti documenti segreti CIA che vengono trovati per caso e sono sfruttati dagli scalcinati Brad e Frances McDormand per farsi un po’ di soldi; lei, soprattutto, ha bisogno dei soldi per “riprogettarsi”, leggasi sottoporsi a una serie di interventi di chirurgia estetica. Il tutto con un pressapochismo totale da parte dei vari personaggi.
Ci sono dei momenti carini nel film, e la scena finale col capo della CIA è da salvarsi; però non è uno di quei capolavori che si può immaginare di tenere nella propria cineteca. Diciamo che può comunque valere la pena di andare al cinema, a meno che non amiate le scene splatter (ce n’è un paio) e cerchiate scene esplicite di sesso.
I siti ufficiali: USA, italiano.

Oggi assemblea!

Non è esattamente il miglior periodo per fare un’assemblea in Telecom Italia, visto cosa sta succedendo alle azioni. Però c’era stato un (mezzo) accordo tra azienda e sindacato per le 5000 persone da far fuori – gli “esuberi”, come ormai si dice, forse perché la parola assomiglia a “esondazione”, e quindi sono iniziate le assemblee per votare sul (mezzo) accordo.
Perché “mezzo”? Perché – ammetto di non essermene accorto – la SLC-CGIL non ha firmato la parte dell’accordo relativo al piano industriale; e in effetti ieri mi era arrivato un comunicato Fistel-CISL che si lamentava con i colleghi dell’altra parrocchia. Bisogna dire che mi sono piacevolmente stupito del fatto che nonostante tutto abbiano messo in piedi un’assemblea unitaria e i sindacalisti delle due sigle non si siano picchiati nemmeno metaforicamente, limitandosi a riconoscere le differenze e a presentare il proprio punto di vista. In Italia è ormai diventata una cosa così rara da essere incredibile. Altro stupore l’ho avuto notando che la partecipazione era piuttosto alta, anche se mi sa che sia legata alla paura di cosa possa accadere. L’età media è semre quel che è, considerando che un riferimento a Catalano per un’ovvietà è stato tranquillamente compreso dai presenti, ma quello lo si sa già.
Dopo una non-votazione (non ho esattamente capito cosa sia successo, una “approvazione vocale con alzata di mano”?) ce ne siamo tornati in ufficio: non so bene cosa avesse fatto col suo badge il tipo che era uscito, ma ci siamo visti abbassarsi la serranda che chiude l’ingresso alla nostra sede. Sì, in attesa che la receptionist capisse che fare abbiamo fatto il giro dalla rampa per il cortile: resta il tatto che continuo a trovarmi davanti brutti presagi.

Qualcosa non mi tornava

Tremonti afferma: «Tuteliamo i consumatori, non i manager che hanno sbagliato». Poi uno scopre che nella legge di conversione del decreto salva-Alitalia “per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale è necessario che l’impresa si trovi in stato di fallimento.” (e la legge serve apposta a impedire i fallimenti delle grandi aziende, commissariandole prima). Geronzi e soprattutto Tanzi ne saranno sicuramente felici. Non notate una piccola discrepanza?
Poi mi sono letto cosa ha davvero affermato Tremonti: si prevede la «tutela del contribuente il cui capitale viene integrato nelle banche. Ma non il sostegno ai manager che hanno sbagliato nella gestione». Detto in altro modo, se proprio proprio proprio va bene il manager verrà gentilmente invitato a farsi da parte. Probabilmente lasciandogli la buonuscita, ma senza fornirgli un fondo di compensazione per la disoccupazione.
Aggiornamento: (11:00) Tremonti non ci sta. Vediamo che succede adesso, e se ci sarà un emendamentino all’emendamentone.

Parole matematiche: ordine, ordinale, ordinata, ordinamento

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
La parola “ordine” è onnipresente nella lingua italiana: la possiamo trovare in politica, con gli “uomini d’ordine”, l'”ordine pubblico”; tra le casalinghe, che vogliono avere “la casa in ordine”; nei teatri, che si tengono gli ordini di poltrone; in botanica e zoologia per definire un essere vivente, e in architettura per indicare il tipo di colonne. Riesce persino a mettere d’accordo fanti e santi, rispettivamente con l’ordine cui ubbidire e l’ordine religioso cui appartenere, o con gli ordini che un prete prende. Insomma, una parola davvero per tutti gli usi. Eppure non se ne conosce l’origine. Sì, deriva dal latino ordo, ordinis, e fin qua ci si arriva. Ma la parola latina è di incerta origine: il DELI pensa derivi da un termine tecnico per indicare i fili dell’ordito, che poi è passato a “fila”, “posizione nella fila”, “posizione nella battaglia”, “comando”. Si vede che già i latini la usavano molto. Per etimo.it, invece, la radice or- è la stessa di “iniziare” (origine, oriente…), e quindi starebbe per “modo di procedere”. Vabbè. In ogni caso è chiaro che sono stati i matematici a rubare la voce al linguaggio comune, visto che il significato di “disposizione armonica” è attestato addirittura prima del Trecento e quello di “ordine religioso” si trova nel Boccaccio.
In matematica si usa direttamente la parola “ordine” in vari contesti. L’ordine di un gruppo è il numero di elementi del gruppo stesso; una relazione d’ordine, parziale o totale, è quella dove dati due elementi di un insieme puoi generalmente dire se uno è “prima” o “dopo” l’altro, e quindi metterli in ordine (magari non completo, se la relazione è parziale); la logica del primo ordine è quella ad esempio dei sillogismi, dove “se ogni uomo è mortale, e Socrate è un uomo, allora Socrate è mortale”. Ma tutti questi sono esempi dalla seconda metà dell’Ottocento in poi. Più interessante vedere che già intorno al 1750 venivano usati dei derivati del termine. Abbiamo infatti l’ordinata, che è la sorella dell’ascissa, quindi l’asse verticale quando facciamo il grafico cartesiano; e soprattutto l’ordinale, che è “il numero che indica la posizione di un elemento in un insieme ben ordinato”; il numerino romano dopo il nome dei re e dei papi nel linguaggio comune, e uno dei due modi di contare i numeri interi assieme ai cardinali. I modi sono due perché appunto negli ordinali li si mette tutti in ordine, mentre nei cardinali si fa il mucchio e ci si accontenta che siano distinti. Non è un problema di pignoleria, perché non appena si arriva agli insiemi infiniti si scopre che infiniti numeri ordinali corrispondono allo stesso numero cardinale. Ah, sì: a proposito di numeri infiniti, un’altra frase moderna è il buon ordinamento, dove si riesce a mettere un insieme in ordine in modo che ogni suo sottinsieme abbia un elemento “primo della fila”. Teoricamente va benissimo, in pratica nessuno è mai riuscito a trovare un buon ordinamento dei numeri reali tra 0 e 1, il che fa capire che non dev’essere un concetto così banale.
Abbiamo insomma una parola davvero versatile, non solo nella lingua comune ma anche in quella dei matematici! E dulcis in fundo, una chicca straniera. In francese il calcolatore (che per me dovrebbe essere un elaboratore, ma tant’è) si dice ordinateur. È sempre il nostro ordine! Ehm… non quello ufficiale, visto che la persona che mette in ordine sarebbe al più un ordonnateur: al limite ordinateur potrebbe essere stato un vescovo. Ma non sottilizziamo.

Sono settecentoquarantanovesimo in classifica!

Purtroppo non mi ricordo chi me l’abbia segnalata, comunque esiste un'(altra ancora) classifica dei blog: quella – di origine spagnola e leggibile unicamente in castigliano – di Bloguzz. Se ho letto bene le faq, dovrebbe essere un esempio di “Tramezzino Marketing”, come direbbe CiaoFabio:
«Ponemos a disposición de las marcas una selección de bloggers expertos en su sector dispuestos a hablar de sus productos y facilitamos a los bloggers el acceso a productos de su interés para que comenten en sus blogs su experiencia en primera persona.».
In effetti, vedere che al sesto posto della classifica assoluta italiana (completamente diversa da tutte le altre che avete visto finora) ci sia Il blog di Giuseppe Turani fa pensare.
Ad ogni modo, non so come, sono catalogati 5817 blog in lingua italiana, e queste Notiziole sono oggi in posizione 749, dopo essere rimasto nell’ultimo mese sempre esattamente allo stesso “nivel de buzz” (e ci credo, visto che afferma che non ci sono “ultime notizie”. I miei ritagli si comportano meglio, trovandosi in posizione 565 e perfettamente aggiornati con quanto ritagliato mezz’ora fa. Non siamo tutti felici? Possiamo aggiungere un altro numerino alla nostra collezione!