Da cosa nasce cosa (libro)

[copertina] Bruno Munari, oltre che bravissimo designer,viene ricordato come importante artista: non so quanto lui sarebbe d’accordo, almeno leggendo questo libro (Bruno Munari, Da cosa nasce cosa, Laterza – Economica 96, 1996 [1981], pag. 385, € 9,50, ISBN 978-88-420-5117-6) che raccoglie i suoi (frammentari, e con troppe virgole per i miei gusti) pensieri sul design. Munari non perde occasione di ripetere che l’artista può fare quel che gli pare, mentre il designer ha dei vincoli ben precisi. Materiali, perché l’oggetto da produrre non può costare più di quanto si possa far presumibilmente pagare al pubblico, ma anche pratici; quello che lui chiama styling, l’aggiungere orpelli per far vedere quanto costa l’oggetto, è anch’esso ben lontano dal design.
Il risultato finale è però un po’ deludente, almeno per uno come me che creativo non è. Il suo punto di vista, che occorre fare uno studio preliminare diviso in svariati passi, e solo alla fine si può vedere se e dove si può aggiungere la creatività, è sicuramente vincente: ma dalle pagine del libro la creatività non traspare, e si vedono solo i passi formali di partenza, tipo lista della spesa. La parte migliore a mio parere è la sezione “Compasso d’Oro a ignoto”, dove alcuni oggetti comuni vengono presi e analizzati per vedere come in effetti seguano le regole che Munari dà per un oggetto di design, compresi ovviamente i vincoli di materiale e costo, e l’evoluzione del rasoio, dalla vecchia lama da affilare ai bilama usa-e-getta. Speravo in qualcosa di più.

Anche gli ombrelloni si riducono

Ai soliti oggetti venduti dai venditori ambulanti che si trovano nelle spiagge, liguri ma immagino anche nel resto d’Italia, quest’anno se n’è aggiunto uno nuovo: l’ombrello. Ombrello. sì, non ombrellone; prezzo fisso cinque euro, manco ci fosse un cartello. Così ad occhio sono gli stessi ombrelli che si sono visti a Milano per tutto questo inverno e primavera, il che significa almeno tre cose: c’è una transumanza non solo dei vu cumprà ma anche dei loro rifornitori; questi hanno completamente sbagliato la produzione, se con tutto quello che è piovuto quest’anno non sono riusciti a farli fuori; e infine che hanno dei problemi a concepire che ombrelli e ombrelloni, per quanto simili, hanno usi ben diversi… o magari hanno pensato che con la crisi in corso la gente pensi a ridurre proprio tutto!

La fisica dei supereroi (libro)

[copertina] Pensare di spiegare la fisica partendo dalle imprese dei supereroi Marvel e DC è una follia, su questo non ci sono dubbi. Bisogna però tenere a mente due cose: i fisici non sono matti come i matematici, ma quasi; e gli esempi usuali per spiegare la fisica, con piani inclinati, pendoli e via discorrendo, sono così noiosi che si farebbe di tutto pur di non vederli. Così James Kakalios, fisico americano e appassionato di fumetti, ha pensato di vedere se si poteva tirare fuori qualcosa ed è uscito questo libro (James Kakalios, La fisica dei supereroi [The Physics of Superheroes], Einaudi – Stile Libero Extra, 2007 [2005], pag. 395, € 15,50, ISBN 978-88-06-18392-9, trad. Lorenzo Lilli). Il risultato a mio parere è ottimo: senza usare troppa matematica (non si va molto oltre F=ma) e tenendo un approccio descrittivo, Kakalios prende alcuni supereroi, assume l'”eccezione miracolosa” per i loro superpoteri, e vede se le leggi della fisica permetterebbero le loro imprese. Stranamente – o magari perché ha scelto opporunamente gli esempi – mostra che spesso basta quella singola “suspension of disbelief” iniziale e poi la storia regge.
Il libro si legge molto piacevolmente, visto il suo stile scanzonato che è rimasto tale nella traduzione, anche se mi sa che Lilli non sia poi così appassionato di fumetti e abbia delle remore nel convertire le unità di misura. Una lettura consigliata a chiunque abbia voglia o bisogno di un ripasso di fisica.

Testimonial

La seconda metà di agosto ha visto come sempre lo spuntare di raccolte di tutti i tipi. Quest’anno il leitmotiv sembrano essere le enciclopedie in DVD, anche se ho dei problemi a capire a cosa possano servire tredici DVD sul poker. So bene che ci siano molte varianti del gioco, ciascuna con la sua strategia peculiare; non mi lamento infatti della quantità di materiale – vivaddio, che senso ha una collezione in tre fascicoli?|- ma del formato. Che diavolo fai vedere in un DVD sul poker? Fai i primi piani dei volti dei giocatori e spieghi “Notate la piega degli occhi? Questo significa che sta probabilmente bluffando”? Boh, magari il tutto è nato dalle richieste degli spammatori che pubblicizzano i casinò online e che devono fare in modo che i gonzi sappiano in che modo verranno spennati.
Ma anche senza supporti video si direbbe che si possano comunque fare delle cosone. La Gazzetta dello Sport, in collaborazione con De Agostini, presenta un corso di scacchi compreso di pezzi in marmo. E a chi lo fanno pubblicizzare? Kasparov? Immagini di repertorio del duello Fischer-Spassky? Mannò, troppo semplice. Se ho letto bene la scritta in piccolo negli ultimi istanti dello spot TV – lo sapete che non sono fisionmista – il gruppo RCS ha scelto… Gianluca Vialli. Ho dei problemi a capire la logica di una simile scelta: ma visto che ho anche dei problemi a giocare a scacchi magari tutto torna.

lo stato di Telecom

Oggi sono stato a pranzare in mensa, e ho dovuto aspettare cinque minuti buoni. Non a causa della coda (avevo due persone davanti a me), e nemmeno per la mancanza di personale (beh, sì, la carenza c’è sempre, ma le signore si fanno in quattro) o di vivande. Molto più banalmente, mancavano i piatti fondi, e la lavapiatti non aveva ancora finito di lavare quelli dei primi commensali.
Se in questi ultimi anni le cose non sono cambiate, è compito dell’azienda, e non dell’appaltatrice del servizio mensa, fornire a quest’ultima le suppellettili necessarie per le operazioni di cucina. Se mancano i piatti, insomma, è colpa di Telecom, non della Cir. Ecco: più dei famosi 5000 esuberi (spero di saperne qualcosa in più la prossima settimana) o della mancanza di carta per le fotocopie, a me preoccupano piccoli segnali come questo.

eppure ero convinto che i colori fossero solo sedici

[riconoscimento colori] Per iniziare bene l’anno lavorativo, ecco un quiz per nulla nozionistico. A partire da questa pagina, bisogna ordinare i vari quadratini di colore in ordine di tinta. Quello che vedete nella miniatura è il mio risultato (compresso) che mostra gli errori; il mio punteggio finale è stato di 14 penalità, come si può vedere qua. Chi vede come mi vesto quando non c’è il controllo mattutino di qualità di Anna potrà strabuzzare gli occhi… e in effetti non pensavo di fare così bene, tenuto anche conto che il mio monitor è settato con un contrasto molto basso. Poi è chiaro che è una fortuna che io non debba dare i nomi ai colori dei quadratini!
(via storiedime)

Roba da smanettoni

(prometto che per un po’ è l’ultimo post su Google Chrome, che ho anche da lavorare io!)
Non ho ben capito perché, ma l’interfaccia di Chrome è in italiano e non in inglese, nonostante avessi cambiato lingua prima di scaricare il programma di setup. (ok, da Opzioni → Piccoli ritocchi → Caratteri e lingue si può cambiare la lingua dell’interfaccia; peccato non si possa anche disabilitare il correttore ortografico, che è una palla assurda).
Ma la cosa migliore è la traduzione del termine per le opzioni avanzate (“Under the Hood” in inglese), che è diventato “Roba per smanettoni”. Sono tornato indietro nel tempo di una quindicina d’anni almeno!
P.S.: c’è una pagina che – almeno qui dall’ufficio, con proxy e quant’altro – Chrome non riesce proprio a mostrarmi: quella di gmail ;-) Non riesco a settare la gestione dell’https.