Non so se conoscete FriendFeed. È un sito che permette di raccogliere tutte le vostre presenze in rete (sempre che esista un feed, vale a dire che venga creato un flusso automatico di dati ogni volta che aggiungete un testo o una foto o chissà cos’altro), e renderle disponibili in un colpo solo. Di per sé, uno può anche farsi degli “amici immaginari” e raccogliere i loro feed, anche se loro non vogliono entrare in FriendFeed: però in questo caso, a quanto ho capito, solo tu puoi guardare quello che ha combinato il tuo amico.
Il punto davvero importante è che i tuoi amici (reali, per quanto si possa parlare di amicizia reale in rete) possono anche inserire un breve commento su quanto hai postato; e i commenti possono man mano formare una sorta di conversazione, con il vantaggio – o svantaggio, a seconda dei punti di vista – che tu utente FF vedi non solo le conversazioni tue e dei tuoi amici, ma anche quella degli amici-degli-amici, se i tuoi amici ci hanno commentato su.
Qualche minuto fa, dopo aver visto come questa discussione si è aggrovigliata, la parte di me nota come “sociologo Dixan” (nel senso che le mie capacità sociologiche sono l’equivalente di un premio trovato in un fustino di detersivo) ha improvvisamente capito perché nella solita cricca di blogghettari FriendFeed sia così di moda: ha riempito una nicchia che non era ben coperta.
Mi spiego meglio. Sono decenni che le “conversazioni” in rete tendono spesso a vagare senza nessuna meta precisa, con una serie di botta-e-risposta che non sono vere conversazioni – da qui le virgolette che ho usato – ma l’equivalente scritto di un chiacchiericcio da bar. Il guaio è che i sistemi usati finora per esprimere in pratica il chiacchiericcio di gruppo non sono mai stati molto comodi. Tralasciamo la preistoria con Fidonet, dove se ti andava bene ottenevi la risposta il giorno dopo. Le chat vanno bene, ma solo quando tutte le persone sono contemporaneamente presenti e attive, il che non è che può capitare molto spesso. Usenet ha un overhead troppo grande, si spediscono (e ti appaiono a video) mezze schermate di righe di header per un’unico misero commento. I forum andrebbero quasi bene, se non fosse che sembra necessario mettere pacchi di GIF animate come propria firma, annegando così il segnale. Sì, il chiacchiericcio è segnale, anche se a prima vista non sembra. Tumblr va benone per fare un meme e riciclare qualcosa che è piaciuto, ma se appena si tenta una discussione si finisce schiacciati sulla destra del video a furia di blockquote (le righe di commento).Twitter (ammesso che i server stiano su, cosa che non è affatto scontata) è un po’ troppo spartano, con il limite di 140 caratteri e non ricordo quanti upgrade per ora, e la difficoltà di seguire più di una conversazione per volta.
Con FriendFeed si è raggiunto un compromesso praticamente perfetto. I vari thread sono ben separati, e uno può averne sott’occhio un certo numero; i commenti sono lì, uno dietro l’altro, senza inutili orpelli a fianco, e si possono vedere al volo. E soprattutto si può rispondere in tempo reale, oppure in differita. Occhei, non troppo in differita, vista la quantità di roba che passa: io ho solo 28 amici diretti, eppure ogni tanto salto un bel po’ di roba per pura mancanza di tempo. Potete ben capire come un meme parta molto in fretta, soprattutto se qualcuno è bravo a fare le cose in modo da metterlo su un piatto d’argento. Io ad esempio non ne sono capace, probabilmente perché scrivo tanto (troppo) ma non ho frasi belle incisive: solo titoli di post, che possono piacere ma non portano a una “discussione cazzeggiosa”. Ma poi tutti sono convinti che io sia una persona serissima.
È una Buona Cosa, tutto questo? Boh. Ad esempio, toglie questo chiacchiericcio dai commenti del blog, il che per me è apprezzabile ma per altri magari no. Si corre indubbiamente il rischio che la deriva degli argomenti renda inutile la chiacchierata a chi era interessato al tema iniziale, ma a questo punto forse conviene ricominciarne una da capo: costa poco. Il poter vedere gli amici di amici in maniera ricorsiva può far correre il rischio di beccare qualcuno con cui non si va per nulla d’accordo, e lì bisogna da un lato usare i mezzi tosti come bloccarsi la vista dell’utente e dall’altra sperare che i propri amici non riprendano i commenti del nostro compagno-di-thread. Ma forse parlare di Buona Cosa non è corretto, come non è corretto parlare di Cosa Utile: il punto è che come sempre ci sono varie tecnologie possibili per raggiungere un certo risultato, e per il chiacchiericcio FriendFeed è al momento la migliore esistente. Ma è una tecnologia, e quindi neutra: siamo poi noi a usarla, come ci continuano a dire da una vita :-)
(Chissà se i primi Neanderthal che hanno visto che una pietra appuntita poteva ammazzare anche un altro umano si sono grugniti qualcosa di simile tra loro!)
Aggiornamento: (28 ottobre) Mi sono dimenticato di Facebook. Credo sia un lapsus freudiano, perché mentre scrivevo ce l’avevo in testa, ma si sa che non lo sopporto. Dalla mia limitata esperienza, Facebook, più che al chiacchiericcio, scende al livello di cazzeggio. Di per sé dalla home page si possono vedere le varie discussioni, ma almeno tra i miei “amici” è rarissimo che una discussione superi i tre commenti. Non so dire se è la piattaforma ad essere più dispersiva in assoluto, o semplicemente che chi sta su Facebook preferisce dedicarsi a creare gruppi (a cui non partecipo) e comunicare lì.
Origine del bullismo?
In prima pagina di DNews di oggi c’è una frase di due delle protagoniste del film Gioco da ragazze, in questi giorni su tutti i media italici perché è stato vietato ai minori di diciott’anni. La frase non è che poi sia di una profondità estrema: «Il bullismo esiste, mica se l’è inventato questo film…», ma fa lo stesso. Quello che ho notato sono però i nomi delle due protagoniste: Nadir e Desiree. Chissà se è un modo subliminale di dirci come può finire un mondo in cui i nomi ai figli sono di questo tipo :-)
troppo sesso fa sbagliare i conti
Booksworm63 mi segnala questo reportage del Corsera che racconta di come anche nel Regno Unito abbondino le relazioni di tipo sessuale tra i colleghi d’ufficio: una di quelle novità che sono sicuro vi farà esclamare un Oooooh! di stupore.
Magari vi stupirete di più quando vi accorgerete che secondo il corrispondente da Londra il 26% degli intervistati è pari a un quinto del totale, e non a un quarto (leggermente abbondante, per i pignoli). Secondo Booksworm63, “forse lo scribacchino (giornalista mi pare eccessivo) stava contando le sue scappatelle”; aggiungo che magari il poveretto è rimasto così scioccato dalle unità di misura ancora utilizzate nella Perfida Albione da non essere più capace a fare le divisioni, oppure a pensare che un quinto è “cifra tonda”. Chissà qual è la verità!
Non ci sono più Cavalieri di Vittorio Veneto
Ieri è morto Delfino Borroni. Oltre ad essere l’italiano più vecchio (110 anni…), Borroni aveva un’altra caratteristica: era l’ultimo dei Cavalieri di Vittorio Veneto, i reduci della prima guerra mondiale (anche se nell’elenco che avevo postato qui c’erano due persone nate nel 1900 che non erano state insignite dell’onorificenza pur essendo state arruolate).
Certo che se già la seconda guerra mondiale è un evento ormai lontanissimo per la maggior parte di noi, nonostante le polemiche che sorgono tutte le volte che la destra arriva al governo, pensare che fino a ieri c’era ancora un legame così lontano è qualcosa di incredibile.
Firmino (libro)
Ne parlano tutti da mesi. È finito nella top ten delle classifiche. Insomma, quando mi è capitato per le mani ho deciso di leggermi questo Firmino. (Sam Savage, Firmino. Avventure di un parassita metropolitano [Firmin. Adventures of A Metropolitan Lowlife], Einaudi Stile Libero Big 2008 [2006], pag. 183, € 14, ISBN 978-88-06-19258-7, trad. Evelina Santangelo). Risultato: bah. Non sono davvero riuscito a capire cosa ci abbiano trovato in quello che per la prima metà è praticamente un esercizio di stile letterario, che immagino abbia fatto impazzire la povera traduttrice che è dovuta andare alla caccia delle traduzioni ufficiali. Che il protagonista sia un “topo di libreria”, invece che un più banale esemplare di homo sapiens, non è che poi mi cambi molto la vita; le uniche parti davvero belle dal mio punto di vista sono quelle in cui viene descritto il vecchio quartiere di Boston e la “necessità” di raderlo al suolo, e lo scrittore Jerry che si scusa per chiedere soldi per i suoi libri, promettendo che quando verrà la rivoluzione i libri saranno gratuiti. Un po’ poco per quello che dovrebbe essere un capolavoro.
Promozione o Scarabeo?
Da un paio di settimane Esselunga ha fatto partire la sua ormai abituale promozione autunnale: questa volta, i premi che si possono vincere, previa raccolta bollini e “modico” contributo in denaro, sono le ceramiche della Grande Collezione Villeroy & Boch (maiuscole loro).
Tralascio la quantità di denaro da sborsare per avere anche solo un servizio da sei, e faccio notare come:
– per le prime due settimane il bollino valeva doppio, nel senso che davano due bollini invece che uno;
– adesso ci sono le caselle… ehm, i prodotti con l’offerta “triplica il bollino” [*]
Manca solo il bonus per chi riesce a completare la parola (prendere un insieme di prodotti predeterminato) e l’isomorfismo è praticamente completo. Sono proprio dei giocherelloni!
[*] per chi fosse interessato a un commento serio, quella pubblicità è tecnicamente falsa. Comprando due dei prodotti in offerta, non triplichi i punti fragola corrispondenti. In pratica, se un singolo prodotto dà 10 punti, comprandone due ne avrai 30 invece che 20.
idiosincrasie feline
Visto che le nostre gatte tendono a mangiare al volo tutto quello che trovano nelle ciotole (ammesso che piaccia loro!), probabilmente per evitare che la compagna freghi loro il cibo, quando siamo a casa tendiamo a dare loro la pappa in dosi omeopatiche. Oggi pomeriggio ho aperto così una busta di “deliziosi bocconcini con pesce oceanico” e ne ho data mezza. Momo si è subito fiondata, mentre Ariel se n’è stata ben lontana, guardandomi con un muso che sembrava dire “quella robaccia te le mangi tu”.
Stasera ho dato la seconda metà della busta: Momo l’ha annusata e ha cominciato subito a coprirla, manco fossero le sue deiezioni, mentre Ariel si è accinta con buona lena a mangiare.
Almeno si mettessero un po’ d’accordo su cosa piace loro!
_La magia dei numeri_ (libro)
Clifford Pickover lavora(va?) a Yorktown Heights, il mitico centro di ricerca dell’IBM. Come secondo lavoro, si è sempre dilettato di matematica ricreativa. In questo libro (Clifford Pickover, La magia dei numeri [Wonders of Numbers, Adventures in Mathematics, Mind and Meaning], RBA Italia – Sfide Matematiche 4 – 2008 [2001], pag. 350, € 9.99, trad. Angela Iorio e Rossella Pederzoli) troviamo il suo alter ego, il dottor Francis O. Googol (no, non è un gioco di parole su Google: al limite è Google che prende il nome dal googol) troviamo vari problemi e fatti matematici. Alcuni dei problemi, come la terza sezione sulle Delizie Digitali Diabolicamente Difficili, sono interessanti soprattutto per chi è interessato a programmare un computer e vedere cosa riesce a tirarci fuori… anzi per un professore di informatica che voglia far capire ai propri studenti che scrivere un algoritmo decentemente veloce non è immediato. Di per sé dovrebbe anche essere possibile scaricare codice già pronto, ma il sito http://www.oup-usa.org/sc/0195133420/ non era raggiungibile mentre scrivo queste note. La sezione sulle liste di matematici e numeri è anche interessante, soprattutto per chi non è affatto a conoscenza della materia. In definitiva, però, non è poi un libro così interessante: inoltre – ma mi chiedo se sia proprio la sfortuna di Pickover – la traduzione lascia in vari punti a desiderare e ci sono numerosi refusi, alcuni che rendono anche impossibile capire il gioco. Sulla pagina di aNobii trovate una lista di errata corrige.