Flatterlandia (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Non so quanti di voi abbiano letto Flatland, il testo scritto da Edwin Abbott alla fine del XIX secolo che con la scusa di raccontare la storia di una figura bidimensionale che scopre le meraviglie del mondo a tre dimensioni fa una feroce satira dell’epoca vittoriana. Ian Stewart riprende l’idea e la espande, per così dire, tanto che persino il titolo del libro (Ian Stewart, Flatterlandia [Flatterland], Aragno 2008 [2001], pag. xxxi+433, € 18, ISBN 978-88-8419-360-5, trad. Filippo Demonte-Barbera) è un comparativo: “Flatterland” significa letteralmente “terra più piatta”.
Stewart non è interessato tanto alla satira sociale, anche se ne lascia qualcosina, quanto alla divulgazione matematico-fisica, arrivando anche alla spiegazione del Big Bang e alla teoria delle stringhe e della supersimmetria. La parte divulgativa è fatta indubbiamente bene ed è alla portata di tutti; bisogna però che il lettore apprezzi lo stile umoristico di Stewart che alla lunga puo risultare stucchevole, visto che è sempre alla caccia del bieco gioco di parole. A questo riguardo, onore al merito di Filippo Demonte-Barbera per la sua perfetta traduzione in italiano: nella prefazione spiega anche alcune delle scelte da lui fatte, permettendo al lettore di vedere anche l’originale inglese. Il libro termina con una postfazione di Michele Emmer, che colloca Flatterlandia (e Flatlandia) nel contesto storico e visivo di quello che è capitato negli ultimi centoventi anni.

gioco della domenica: Germz!

Germz è un giochino di quelli “metti vicine le cose uguali, e fallo in fretta”. In questo caso però le “cose uguali” sono dei germi, e non è possibile fare mosse di attesa: ciascuna mossa è uno scambio di due germi vicini, e deve completare una riga orizzontale o verticale di tre germi uguali, che verranno annichiliti (Similia similibus curantur) e faranno spostare verso il basso i vicini superiori, mentre lo schema si riempirà di nuovo. Nel caso i germi in fila fossero quattro, si forma un antibiotico che abbassa la febbre e annichilisce i germi in linea retta a Y. Se la febbre è troppo alta, si muore e finisce il gioco.
Ho fatto qualche partita e non sono riuscito a superare il sesto livello: dopo un po’ ci si accorge che occorre fare un mimino di studio per evitare mosse che portano a un punto morto.

L’immagine dell’Italia

Sul sito della BBC (e sul feed RSS, quindi non esattamente nascosto) c’è questo articolo. Il riassunto: “Gaffe-prone Italian Prime Minister Silvio Berlusconi holds up the start of a key Nato summit – by talking for too long on his mobile phone.”
L’articolo è compreso di video. Non so se le risate siano state aggiunte ex post, né chi è stato a fare il montaggio: però è indubbio che il nostro PresConsMin deve avere studiato attentamente i sondaggi sull’immagine degli italiani all’estero, e ha pensato di farsi accreditare come uno di noi.

Nessun dove (libro)

[copertina]Londra è Londra, non c’è che dire. Ma siamo sicuri che sia solo Londra? Neil Gaiman nelle varie versioni di questo libro (Neil Gaiman, Nessun dove [Neverwhere], Fanucci – Tif Extra, 2008 [1996, 1997, 2000], pag. 329, € 9,90, ISBN 978-88-347-0874-3, trad. Elena Villa) – secondo l’autore il libro che ho tra le mani è diverso da quello che lui aveva scritto inizialmente – racconta la “Londra di sotto”, la città di chi è in un certo senso stato buttato fuori dalla città “di sopra”, i dropout insomma. Il tutto però è un modo per raccontare della città in modo diverso dal solito; il libro è pieno di minuzie storiche e geografiche, tanto che lo si può quasi leggere come una sorta di guida turistica della città. La trama sta più o meno tra il fantasy e il noir: ho trovato personalmente pesante l’inizio, e mi ci sono volute quasi cento pagine prima che la storia mi prendesse; forse vedere il povero protagonista che rapidamente spariva dalla vista degli altri. La povera traduttrice ha dovuto (vittoriosamente) lottare per rendere comprensibili i nomi delle parti di Londra che nella storia sono presi alla lettera, come i Frati Neri che stanno a Blackfriars: direi che ci è riuscita abbastanza bene.

Orari

Ci sono dei vantaggi competitivi a fare un corso che termina di venerdì e si tiene in un albergo a nove minuti di bicicletta da casa :-)

lo smoot

Leggendo vb, scopro l’esistenza di un’unità di misura di lunghezze piuttosto particolare: lo Smoot.
Come si può leggere, Oliver Reed Smoot, Jr venne usato nel 1958 per misurare la lunghezza dell’Harvard Bridge tra Boston e Cambridge in Massachusetts. “Usato” nel senso che è stato man mano messo per terra dai compagni della sua fraternità al MIT, visto che era il più piccolo della classe, fino a che non hanno stabilito che il ponte era lungo 364,4 smoot più o meno un orecchio. A distanza generalmente di 10 smoot sono stati messi dei segni per dare la lunghezza parziale, segni che sono stati conservati anche quando hanno rimesso a nuovo il ponte perché la polizia li trovava comodi quando dovevano indicare il luogo esatto di un incidente (e uno si chiede quanti diavolo di incidenti facciano su quel ponte).
Ma la cosa più divertente è che Smoot (la persona) divenne presidente dell’ANSI nel 2001-2002 e dell’ISO nel 2002-2004; da essere un’unità di misura è arrivato a standardizzare le unità di misura. Però non è vero che sia riuscito a farla diventare una misura ANSI…
Inutile dire che c’è una voce al riguardo sulla wikipedia in inglese; e Google traduce anche metri e piedi in smoot, se uno preferisce misurare le distanze in questo modo.

Magritte – il mistero della natura (mostra)

Ok, è terminata domenica scorsa, ma non è colpa mia (o forse sì…) se siamo andati a vedere la mostra nel suo ultimo giorno di apertura, dopo che ci avevamo tentato nelle vacanze di Natale e ancora giovedì scorso.
La prenotazione dei biglietti è stata piuttosto costosa, considerando il 16% di diritti di prevendita e soprattutto il fatto che nel sito non erano mica indicate tutte le possibilità di biglietto ridotto, e quindi abbiamo pagato intero. Per il resto, la mostra sfruttava il periodo in cui il museo Magritte di Bruxelles era chiuso per rinnovamento e quindi ha potuto mostrare molte opere conservate là. Come nel caso della mostra comasca del 2006, però, il Magritte e noto a tutti non era così rappresentato nella mostra; inizio a pensare che le immagini che si vedono in giro non siano effettivamente “il vero Magritte”. Da notare poi l’allestimento, con una serie di microcitazioni immagino magrittiane sui muri, e soprattutto l’enorme quantità di gente, con l’ulteriore fregatura di due-gruppi-due di trenta persone cadauno con guida che praticamente bloccavano due sale consecutive. Doveva essere proprio un pittore alla moda.

Maroni non ha tutti i torti

In questi giorni Radio Popolare, e immagino tutta la stampa di sinistra, sta cercando di montare un caso a proposito della morte di non si sa quante centinaia di migranti affondati mentre cercavano di arrivare in Sicilia dalla Libia. Il direttore Danilo De Blasio chiosava “se fossero precipitati due charter con trecento turisti stranieri, ci sarebbe stata tutta un’altra attenzione mediatica”, e si lamentava delle parole di Maroni che a suo parere se ne lavava sostanzialmente le mani.
Per quanto scarso sia il mio amore per questo governo e per il sassofonista ministro degli interni, non posso però essere d’accordo con questo giudizio sprezzante. Innanzitutto se fossero cascati due aerei di turisti americani ci sarebbe stato qualche titolone sui giornali, ma si sarebbe comunque dimenticato tutto il giorno dopo. Quanto al ruolo dell’Italia, onestamente non possiamo pattugliare tutto il Mediterraneo né tanto meno finire dlle parti della Libia, che non sarebbe contenta. Certo, c’è un (brutto) gioco delle parti tra Italia e Libia, ed è probabilmente vero che Gheddafi fa chiudere più di un occhio a chi dovrebbe pattugliare le coste libiche; ma non vedo come si sarebbe potuto fare altimenti in questo caso. E comunque diciamolo: rispetto alla strage del Venerdì Santo di alcuni anni fa siamo molto migliorati.