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Ma 2 è un numero primo?

in questo libro 1 è un numero primo Ogni tanto c’è qualcuno che si lamenta che 1 non viene considerato un numero primo. “Ma la definizione dice che un numero è primo se è divisibile solo per 1 e sé stesso, e quindi è verificata!” Un Vero Matematico potrebbe ribattere dicendo “No, la definizione afferma che un numero è primo se e solo se ha esattamente due divisori, e 1 ne ha uno solo”: ma in realtà è tutta una questione di definizioni. Dire che 1 non è primo permette di esprimere il Teorema fondamentale dell’aritmetica in modo più semplice, e nell’ultimo secolo e mezzo questo ha portato alla sua eliminazione dall’elenco dei primi: ma per esempio l’immagine qui sopra è presa dal libro del 1853 Tables of the Prime Numbers, and Prime Factors of the Composite Numbers from 1 to 100,000; With the Methods of Their Construction, and Examples of Their Use di Edward Hinkley e come vedete 1 è considerato primo sin dalla copertina.

Attraverso Pat’s Blog mi sono però imbattuto in questo articolo, che scombina ancora di più le carte in tavola. Chris Caldwell e Yeng Xiong cominciano con il far notare che fino al XVI secolo si seguiva la definizione data dai greci, dove 1 non era un numero ma il generatore dei numeri, e quindi non poteva essere un numero primo perché gli mancava appunto la caratteristica principale. Ma nella tarda latinità nemmeno il 2 era considerato un numero primo! Marziano Capella è il primo a quanto pare ad averne scritto, ma non sono riuscito a trovare la citazione originale in Le nozze di Filologia e Mercurio; quindi vi dovete accontentare di Severino Boezio che nel suo De institutione arithmetica scrive a pagina 30

Et primus quidem et incompositus est qui nullam aliam partem habet nisi eam, quae a tota numeri quantitate denominata sit, ut ipsa pars non sit nisi unitas, ut sunt III V VII XI XIII XVII XVIIII XXIII XXVIIII XXXI

Il mio latino è piuttosto arrugginito, ma direi che il testo dice che un numero viene detto primo se non può essere partizionata in parti uguali diverse dall’unità. Pertanto 2, che viene diviso 1+1, non è evidentemente un numero primo.

Per Boezio 2 non è primo!

E quindi? E quindi niente. Come ho scritto all’inizio, dire che un numero è primo o no è una definizione, e le definizioni si scelgono in modo che siano utili. Al giorno d’oggi l’utilità maggiore si ha nel considerare 1 una unità, cioè un numero che non è né primo né composto, e 2 un numero primo; ma un tempo non era così e in futuro le cose potrebbero ancora cambiare, almeno in teoria. In fin dei conti in algebra i campi a caratteristica 2 si comportano in modo diverso da quelli a caratteristica p, con p un primo dispari… Magari ci si scoccerà di dire “caratteristica diversa da 2” e si toglierà di nuovo 2 dall’elenco dei numeri primi. (No, non credo capiterà, non preoccupatevi!)

National Numeracy Day e numerismo

logo Leggo da Rob Eastaway che oggi nel Regno Unito si celebra il National Numeracy Day: una giornata per far sì che ragazzi e adulti abbiano una maggiore confidenza con i numeri. (Ripeto: con i numeri, non con la matematica in genere. Insommma siamo proprio al livello di base). Eastaway nota come parecchi diciottenni non si ricordano più come si calcola una percentuale.

Sarebbe bello avere anche da noi una giornata simile. Ma a parte la mancata volontà politica, ho il sospetto che il problema sia a monte. La parola “literacy” ha il corrispondente italiano in “alfabetismo”, ma “numeracy” non ha una traduzione. Per dire, la voce Wikipedia che corrisponde a quella inglese è “far di conto” ed è in uno stato pietoso. Il libro Innumeracy di John Allen Paulos è stato tradotto come “Gli snumerati” e già il passaggio dall’astratto al concreto (con un altro neologismo, tra l’altro) mostra le difficoltà che abbiamo.

Gli spagnoli hanno “numerismo”: facciamo una campagna per cominciare a usare il nome, come primo passo per cercare di arrivare a una Giornata della Consapevolezza Numerista?

Ultimo aggiornamento: 2023-05-17 12:11

Lewis Carroll e le funzioni trigonometriche

I simboli proposti da Lewis Carroll Come sapete, Lewis Carroll non fu solo uno scrittore di narrativa, ma con il suo vero nome Charles Dodgson pubblicò anche testi matematici. Solo che per quanto serio potesse essere mentre faceva matematica, continuava sotto sotto a essere Lewis Carroll: così ideò una serie di simboli per le funzioni trigonometriche, che pubblicò nell’opuscolo The Formula of Plane Trigonometry. I simboli sono quelli che vedete in cima a questo articolo. Se dovessi indovinare la logica seguita da Dodgson/Carroll. a parte il caso del senoverso che credo di aver sentito per la prima volta, tutte le funzioni trigonometriche sono costruite con un semicerchio e un segmento: per il seno il segmento è verticale nel centro (e sin 90° = 1); per il coseno è orizzontale in basso (e cos 0° = −cos 180° = 1); per la tangente è, beh, tangente in alto, e la cotangente è la tangente invertita.

La rivista The Athenæum pubblicò una recensione non esattamente positiva, dove si vedono questi simboli: non sono purtroppo riuscito a trovare una scansione dell’opuscolo. La cosa buffa è che uno potrebbe pensare che sia stata la lobby dei tipografi a remare contro l’introduzione di nuovi simboli, ma pochi decenni dopo Peano riuscì nello stesso intento. Diciamo insomma che forse Lewis Carroll non era poi considerato così tanto (a torto o a ragione) come matematico…

Ultimo aggiornamento: 2023-05-05 09:43

tassellazione aperiodica: una forma basta

La struttura aperiodica con l'hatSiamo tutti in grado di riempire un piano con tanti quadratini uguali. Ovviamente dovremmo avere un tempo infinito a disposizione o limitarci a dare una formula esplicita per la posizione dei quadrati, ma i matematici non si curano di queste quisquilie. Anche esagoni e triangoli riempiono il piano in modo semplice: si può dimostrare che un qualunque triangolo o quadrilatero convesso può farlo, e ci sono quindici famiglie diverse di pentagoni (non regolari) connessi che permettono di riempire il piano.

Tutte queste tassellature (è il nome tecnico) hanno una proprietà in comune: sono periodiche. Detto in altri termini, se noi guardiamo il piano mettendo come origine un punto specifico, qualcuno potrebbe traslare il piano e noi non ci accorgeremmo di nulla: su un foglio (infinito) a quadretti possiamo per esempio spostarci di un quadretto a sinistra o a destra. Essendo i matematici quello che sono, si sono presto posti la domanda “esiste una tassellatura aperiodica del piano?

Nel 1961 il logico Hao Wang cercò di scoprire se dato un insieme di piastrelle si poteva trovare un algoritmo che dice se è possibile tassellare con esse il piano. Dimostrò che lo si può fare se e solo se esiste una tassellatura periodica; tre anni dopo Robert Berger mostrò che quel problema era insolubile, presentando un insieme di 20426 tessere diverse che permettono sono una tassellatura aperiodica. Da quel momento è partita una gara per ridurre il numero di tessere distinte necessarie: fino a ieri il record era detenuto da sir Roger Penrose e Robert Ammann, che nel 1974 trovarono le due tessere “dart” e “kite”. (Nota per i pignoli: per garantire che l’unica tassellatura possibile del piano sia aperiodica bisogna specificare alcune regole di adiacenza: lo si fa con degli incastri come nelle tessere dei puzzle che rovinano la bellezza delle forme).

Per quasi mezzo secolo c’è stata la ricerca di “einstein”, la forma singola che tassellasse il piano in modo aperiodico, chiamata così non in omaggio ad Alberto ma perché in tedesco “ein Stein” significa “una pietra”. Ci furono alcuni risultati, ma la tessera ottenuta non era semplicemente connessa (cioè era fatta di pezzetti sparsi qua e là) e quindi è squalificata. Ieri però è giunta la notizia che David Smith, Joseph Samuel Myers, Craig S. Kaplan, e Chaim Goodman-Strauss hanno trovato una singola tessera, che hanno chiamato “hat”, cappello, con questa proprietà; o per meglio dire hanno trovato una famiglia di tessere di cui l’hat è il membro archetipico. Trovate qualche informazione aggiuntiva in questo toot di John Baez.

La parte più interessante di tutto questo è che le tassellature aperiodiche possono esistere in natura! I quasicristalli sono strutture di questo tipo, che permettono per esempio di avere una simmetria pentagonale che era vietata dalla teoria. (Ricordo che l’aperiodicità è solo per traslazione, la rotazione è permessa). Nessuno avrebbe pensato a cercare queste strutture minerali se non ci fosse stato questo esempio teorico…

Con la scoperta della singola tessera, la storia finisce qui? Non ancora. Questo hat ricopre il piano, ma occorre anche rovesciare la tessera oltre che traslarla e ruotarla. Sarà possibile evitare questa macchiolina?

Ultimo aggiornamento: 2023-03-22 11:31

Il pi greco non è più di moda

Se avete letto il mio Chiamatemi pi greco, saprete sicuramente che a Parigi il Palais de la Découverte ha una “Salle pi” dove sono disegnate sul soffitto le prime 707 cifre decimali di pi greco, come trovate da William Shanks e poi corrette da D. F. Ferguson. (Sì, hanno dovuto ridipingere il soffitto).

Quello che probabilmente non sapete, anche perché l’ho scoperto da poco, è che il Palais de la Découverte è chiuso per lavori dal 2020 e la Salle pi è stata smantellata, con gli arredi venduti all’asta: «La salle Pi est démantelée l’année dernière, et ses éléments vendus aux enchères, à la fermeture du Palais pour travaux. Rendez-vous en 2025 !» (post del 15 marzo 2021). Chissà se il soffitto rimarrà lo stesso…

Il paradosso dei gelatai 2.0

Un paio di giorni fa, parlando della vittoria di Elly Schlein, avevo accennato al paradosso dei gelatai 2.0, suscitando un certo qual interesse nei mio socialcoso di nicchia. Ecco qua cosa intendo!

Il paradosso dei gelatai è piuttosto noto, e lo si trova anche su Wikipedia. Immaginate di essere a Pocacabana, su una spiaggia lunga un chilometro, dove è stata data una concessione a due gelatai. Inizialmente essi si mettono nella posizione in alto in figura, a 500 metri tra di loro e a 250 metri dagli estremi della spiaggia. Ma A pensa che se si sposta un po’ verso B farà sì di trovarsi un po’ di bagnanti più vicini a lui che a B, e quindi guadagnerà di più. B però non si lascia fregare e si avvicina anch’egli verso il centro, recuperando i bagnanti persi e prendendone ancora altri. Alla fine i due si troveranno fianco a fianco: avranno lo stesso pubblico di prima, ma in compenso mentre prima i bagnanti avevano un gelataio al massimo a 250 metri di distanza ora ce ne sarà qualcuno che dovrà percorrere 500 metri, e magari gli passa la voglia.

In teoria dei giochi il posizionamento di entrambi i giocatori, pardon i gelatai, al centro è un equilibrio di Nash: con il vincolo di doversi per forza trovare nella propria metà della spiaggia quella posizione è stabile perché a nessuno conviene muoversi. Ecco perché i partiti tendono a posizionarsi al centro, dicono i teorici dei giochi. Fin qui la teoria. Passiamo ora alla pratica…

La soluzione suindicata è corretta nell’ipotesi che tutti i bagnanti vadano a prendere il gelato. Ma se quelli più lontani si astengono, la soluzione rimane ottima ma con i due gelatai che guadagnano molto meno. Cosa succede allora se un gelataio decide di essere più radicale e spostarsi di nuovo verso un estremo? Ringalluzzisce i bagnanti che tornano in massa al chiosco e fanno aumentare gli incassi al furbo gelataio. Fuori di metafora, posizionarsi verso gli estremi in una situazione stagnante può dunque essere un vantaggio: l’abbiamo visto con Meloni a queste elezioni, lo vedemmo con Vendola in Puglia, e potremmo vederlo con Schlein. Funzionerà davvero? Chi lo sa. Quello che però sappiamo è che bisogna sempre stare attenti con i modelli :-)

Quanti refusi ci possono essere in un libro?

Chiunque abbia scritto un libro sa perfettamente che il numero di refusi è sempre notevole, anche se al giorno d’oggi almeno gli errori più marchiani vengono segnalati dal correttore ortografico. Quello che è peggio è che quando si dà in giro il manoscritto da controllare, la gente trova i refusi, ma capita sempre che persone diverse ne trovino di diversi: in pratica non si può essere certi che siano stati trovati proprio tutti. (Per amor di precisione, la mia esperienza dice che si può essere certi che ne siano rimasti). Ma si può avere una stima di quanti siano gli errori sfuggiti ai correttori di bozze? Certo.

Supponiamo che in un manoscritto ci siano n refusi, e che sia letto da due persone che ne abbiano trovato una percentuale pari rispettivamente a p e q. Se facciamo l’assunzione che le due persone abbiano letto indipendentemente il testo (e questo lo possiamo sperare) e che la probabilità che trovino un singolo refuso sia indipendente (e qui non ci giurerei, leggete dopo), allora il primo avrà trovato np refusi, mentre il secondo nq. I refusi trovati da entrambi saranno allora npq, per l’ipotesi di indipendenza del singolo refuso. Il rapporto tra i refusi trovati per esempio dal primo lettore e quelli trovati da entrambi sarà pertanto 1/q; da qui e dal numero di refusi trovato dal secondo lettore possiamo avere una stima del numero totale di refusi.

In questo bel sistema teorico c’è un punto debole. Alcuni refusi a mio parere sono così eclatanti che nessuno può fare a meno di trovarli, e quindi il numero stimato dal processo qui sopra sovrastima il totale. È possibile fare di meglio? Probabilmente un esperto in statistica avrebbe una risposta esatta; io mi limito a fare un ragionamento euristico. Aggiungiamo un terzo lettore, ed eliminiamo dal computo totale i refusi che sono stati trovati da tutti e tre; poi prendiamo i primi due e rifacciamo il conteggio del numero stimato di refusi, ricordandosi poi di aggiungere quelli che abbiamo tolto all’inizio. In questo modo abbiamo una sottostima, perché alcuni dei refusi sono stati trovati da tutti solo per caso; otteniamo così una forchetta migliore del singolo dato di prima.

Però sappiate che i refusi in un testo sono sempre più di quanti se ne sono trovati!

E alla fine il Superenalotto ha visto il 6

Dopo più di un anno e mezzo – e dopo sei mesi dalla prima volta che mi hanno chiesto di parlare del montepremi gigantesco – è stato centrato il 6 al Superenalotto, e i 90 fortunati vincitori si divideranno quota parte il jackpot di 371 milioni.

Proviamo a vedere cosa si può ricavare matematicamente dagli scarsi dati che si possono trovare. Il montepremi “nuovo” di ieri è consistito in 7.314.609 euro: poiché è il 60% della raccolta, sono state giocate 12.191.015 colonne. Immagino che al crescere del montepremi le giocate siano aumentate, anche se non troppo visto che lo scorso giugno c’erano comunque più di nove milioni di colonne. Facendo una media spannometrica di 10 milioni di colonne ad estrazione, la probabilità che nelle 272 estrazioni dal 22 maggio 2021 a martedì scorso non fosse mai uscito un 6 è intorno all’1,2% nel caso tutti giocassero colonne diverse: nella situazione reale dove qualcuno può giocare la stessa colonna direi che si viaggia tra l’1,5% e l’1,8%. Insomma, un periodo così lungo tra due vincite non è poi troppo comune.

(Per i ritardisti che per sbaglio sono capitati qui: ovviamente questi sono conteggi che si possono fare solo a posteriori. Per ciascuna estrazione, la probabilità che con 10 milioni di schedine tutte diverse giocate ci sia un 6 è intorno all’1,6%, probabilità che scende un po’ nel caso di colonne uguali. Non prendete la mia descrizione come un metodo per vincere al Superenalotto: se ce l’avessi, secondo voi vi racconterei tutte queste cose?)

L’altra cosa che mi ha lasciato perplesso è il fatto che il sistema a caratura che ha vinto aveva 90 quote da 5 euro ciascuna. Immagino che sia stato completamente acquistato, ma non è quello di cui volevo parlarne. Poiché una colonna costa un euro, 90 quote da 5 euro significa 450 colonne. Sono andato a vedere la bacheca dei sistemi Sisal – dal mio punto di vista un modo legalizzato per prendere soldi dai diversamente matematici: ma tanto immagino che li spenderebbero lo stesso – e non ho trovato nessun sistema completo o ridotto da 450 colonne: il sistema integrale con 11 elementi ha 462 colonne. D’altra parte uno di questi sistemi, ma anche i ridotti e i multistella citati nella bacheca dei sistemi, farebbero anche vincere quote minori che non sono state indicate nei comunicati stampa. Posso dunque immaginare che il sistema a caratura avesse semplicemente un certo numero di colonne scelte a caso, cosa che dal mio punto di vista è sempre la migliore nel caso uno voglia giocare. Ad ogni modo, congratulazioni ai vincitori! Anche col 20% di tasse, sono più di tre milioni di euro netti a ciascuno…

Ultimo aggiornamento: 2023-02-17 11:30