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matematto non praticante

L’elemosina

Come in tante aziende, abbiamo la possibilità di ottenere un premio di risultato annuale, legato a come l’azienda è andata nell’anno precedente. La mia azienda va spesso male, quindi ci è capitato spesso di non aver preso nulla perché il risultato di esercizio era negativo. (Un anno lo era stato perché erano state messe a passivo alcune voci di bilancio senza relazione con il risultato reale; da quel momento il sindacato è stato molto più attento a cosa concordare.)

Nel 2024 l’azienda è andata un po’ meno male e si è almeno raggiunta la soglia minima per accedere al premio; ma non è andata così bene, e quindi anche se gli altri indicatori erano più che positivi ci siamo dovuti accontentare dell’83% del massimo teorico. Coi tempi che corrono è comunque grasso che cola. Però venerdì scorso il collega Pietro (l’amministratore delegato) ha scritto a tutti noi una mail dal testo molto lirico, nella quale diceva che nonostante le difficoltà dello spezzatino aziendale siamo stati tutti molto bravi a resistere e quindi ha sentenziato che ci avrebbe comunque dato il 100%. La differenza è intorno ai 150 euro (lordi, che pigliamo tutti se li convertiamo in welfare oppure hanno il 10% di trattenuta pensionistica e il 5% di tassazione separata se li vogliamo in busta).

Una storia che finisce bene? Manco per sogno. Abbiamo il contratto di settore che è scaduto da 29 mesi, e Asstel – la Confindustria del settore – non ha nessuna intenzione di fare una trattativa, anche perché le richieste della Triplice sono di avere 260 euro di aumento lordo mensile che non sono altro che l’equivalente dell’inflazione di questi ultimi anni, come da tabelle ufficiali statali. E chi è che blocca con più veemenza le trattative? Il collega Pietro, che tra l’altro sta per diventare il presidente di Asstel. (Prima c’era Massimo Sarmi, ma Fibercop in questo momento ha problemi di top management, con l’AD Luigi Ferraris che è stato gentilmente messo alla porta da KKR.)

Tra meno di un mese ci sarà il passaggio di consegne, e vedremo se il collega Pietro si è limitato a darci gli spiccioli oppure penserà a tutti noi delle aziende di TLC. Oggi sono a una riunione sindacale: la mia federazione non si occupa solo di telecomunicazioni e ci sono anche altri contratti che sono scaduti e per cui le trattative sono bloccate; ma immagino avrò qualche notizia in più anche sul nostro. Temo però che sarà completamente negativa.

come cambiano i tempi

La locandina dell’incontro

Venerdì ero a Chiavari e mentre stavo prendendomi un caffè con Anna ho visto il cartello che annunciava che il giorno dopo, sabato 24, alle 18 ci sarebbe stata la

PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI VLADIMIR PUTIN

Da una traduzione del saggio “Sull’unità storica di Russi e Ucraini”

“LE VERE CAUSE DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO”

Edito da Visione Editore

la presentazione era “con Francesco Toscano, direttore di Visione TV”. Il blurb iniziale diceva “Crisi, Emergenze, Guerre…… Il nostro impegno per la pace non conosce pause”. Il lessico non mi lasciava troppi dubbi, e dopo la verifica sul sito di Visione Editore che ci tiene a farci sapere che “Visione Editore è un bastione di resistenza intellettuale: sfidiamo la narrazione dominante con libri e riviste che promuovono il pensiero critico, portano in Italia le migliori analisi internazionali e valorizzano autori liberi e coraggiosi.” non avevo più dubbi: mi trovavo di fronte a rossobruni. Continuando a cercare, ho scoperto che Francesco Toscano è stato candidato a presidente della regione Liguria per Democrazia Sovrana Popolare e si stava candidando a sindaco di Genova.

A questo punto mi è venuto un dubbio. Sabato sarebbe stata la vigilia del voto. D’accordo, non eravamo a Genova ma comunque in provincia. D’accordo, ormai il silenzio elettorale è una barzelletta, soprattutto per i politici di destra che con la scusa di essere intervistati dopo aver votato attaccano con un minicomizio tutto fuorché improvvisato. Però una presentazione ufficiale di un libro in pratica sul loro programma elettorale mi pareva un poco esagerato. In effetti nel pomeriggio abbiamo scoperto che la presentazione era stata annullata. Perché si era svegliata la prefettura? Macché. Secondo il Secolo XIX, la decisione è stata presa dal gestore dell’albergo, con un’arrampicata sugli specchi niente male:

«Noi abbiamo sempre dato la nostra sala a qualunque partito, senza fare distinzioni o censurare nessuno. Questo mi era stata presentata dagli organizzatori come un incontro su un libro storico ed invece, in effetti, è una cosa più complicata. Ho preferito che venisse annullato, anche perché domani abbiamo l’albergo pieno, due feste di comunioni e non potevo permettermi di avere magari delle contestazioni davanti all’albergo».

Ovviamente Visione.tv ha stigmatizzato l’episodio (ma tanto hanno subito trovato una sede alternativa a Lavagna, sempre alla faccia del silenzio elettorale), con il loro solito lessico. Ma è abbastanza chiaro che tutta questa storia a loro conviene: chi se li filerebbe altrimenti?

Ma la parte più divertente, e quella che da il titolo al posto, è che l’albergo Stella del Mare a Chiavari, dove si sarebbe dovuto tenere l’incontro, è il luogo dove sono nate le Brigate Rosse. Tutto cambia… O forse tutto rimane identico, in effetti.

Towel Day 2025

Un asciugamano lo si trova sempre

Uno può essere dovunque. Ma un asciugamano lo trova sempre, perché non si sa mai cosa potrebbe capitare. Tanti auguri a Douglas Noël Adams e a tutti noi possibili astrostoppisti!

Quizzino della domenica: Stringa iniziale

749 – teoria dei numeri

Riprendiamo il numero a caso, 42, del problema precedente. Se ora consideriamo il numero 65, il suo quadrato è 4225, e quindi comincia con il numero che avevamo scelto. Vero o falso: È sempre possibile trovare un quadrato perfetto tale che le sue prime cifre siano quelle di un numero dato?

4225
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p749.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Math StackExchange.)

Il teorema dell’ombrello (libro)

copertina Il “teorema dell’ombrello” (che poi non è un teorema, come Launay svela alla fine del testo) afferma che «Se volete andare da un posto all’altro mentre piove, ma senza bagnarvi, procedete come segue: 1. Aprite l’ombrello; 2. Fate il vostro percorso; 3. Chiudete l’ombrello.» Questo è il principio che i matematici usano più o meno consciamente quando cercano di dimostrare qualcosa: l’apertura dell’ombrello corrisponde alla matematizzazione del problema, la chiusura alla dematematizzazione e il percorso alla dimostrazione vera e propria. Nel testo Launay prende appunto varie caratteristiche del mondo reale e mostra in maniera accattivante a cosa esse corrispondono: per esempio la legge di Benford vale perché molte grandezze reali sono moltiplicative e non additive. Andando avanti nei capitoli si scopre anche l’unitarietà della matematica: man mano che vengono introdotti nuovi temi, Launay ritorna spesso a quanto già scritto, per far vedere che i concetti sono sempre gli stessi e sono solo declinati in altro modo. Sì, anche la teoria della relatività!

A me le illustrazioni di Chloé Bouchaour non piacciono per niente: ma questa è un’altra storia. Buona invece la traduzione di Paolo Bellingeri, che mantiene il piacere della lettura.

Mickaël Launay, Il teorema dell’ombrello : O l’arte di osservare il mondo con la matematica [Le théorème du parapluie], Baldini+Castoldi 2024 [2019], pag. 352, € 19, ISBN 9791254941959, trad. Paolo Bellingeri – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me
Voto: 5/5

Altro che legge di Hofstadter!

La legge di Hofstadter, come espressa da Douglas Hofstadter, afferma che ci vuole più tempo di quanto si pensi per fare qualcosa, anche se si tiene conto della legge di Hofstadter. Credo che chiunque abbia fatto una stima per un lavoro si sia effettivamente accorto della triste realtà sottesa da questa legge. Però qui a Milano la situazione sta diventando tale che il buon vecchio Doug può essere definito un ottimista.

A metà novembre hanno chiuso l’incrocio tra viale Suzzani e via Santa Monica, facendomi bestemmiare come non mai, per i lavori della metrotranvia (il 7, per gli amici) che prima o poi dovrebbe arrivare a Certosa ma per il momento si limiterà a fare capolinea davanti al pronto soccorso del Niguarda, sempre che ATM abbia sufficienti vetture bidirezionali per un capolinea senza anello di ritorno. Ora, io sono una persona semplice, e mi sono chiesto perché dovessero chiudere un incrocio per sette mesi. Nella mia ingenuità, pensavo che si sarebbero spostati i sottoservizi e poi piazzati i binari in corrispondenza dell’incrocio, aspettando con calma di proseguire sul resto del percorso. Ad ogni modo i lavori sarebbero dovuti terminare lunedì scorso, ma qualche giorno prima della fatidica data sui cartelli si è appiccicata una scritta a mano che dava la nuova data di termine lavori: il 6 luglio, un mese e mezzo dopo la data prevista. Non che io creda che ce la faranno per quella data.

Lo stesso sta capitando con il rinnovo delle scale mobili della gialla. A Turati c’era un bel cartello che ci assicurava che per fine aprile avremmo avuto la scala più bella che pria: adesso il cartello recita “fine giugno”, e dovrei quasi essere contento che abbiano fatto un salto di due mesi, visto che a Maciachini si è andati avanti per quattro mesi con lo slittamento di trenta giorni per volta. Quello che non capisco non è tanto i mesi che servono per rimettere in sesto una scala mobile, quanto il fatto che è un anno che i lavori stanno andando avanti: possibile che nessuno sia riuscito a calcolare i tempi necessari? È vero che magari ogni scala mobile è un mondo a sé, ma nell’insieme non credo che lavori e pezzi di ricambio siano tanto diversi. Mi sa tanto che le date iniziali siano indicate sapendo benissimo che sono farlocche, solo perché così la gente rimanga speranzosa per una pronta messa in opera…

Davvero tutte le foto sono artistiche?

È in corso di discussione alla Camera la proposta di legge 2224, presentata da due deputati di Fratelli d’Italia e due di Forza Italia, avente titolo “Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di tutela del diritto d’autore relativo alle fotografie”. Cosa dice questa proposta? Facciamo prima un passo indietro, e vediamo cosa dice attualmente la legge sul diritto d’autore.

Ci sono due tipi di tutela delle fotografie (il termine è da intendersi in senso molto lato: ovviamente non c’è più bisogno di avere pellicola o simili per avere una foto, pensate alle foto fatte con il furbofono). Da un lato ci sono le fotografie artistiche, dove si sottintende un atto di creatività del fotografo: queste fotografie sono equiparate ai libri, nel senso che hanno la stessa tutela (il copyright scade settant’anni dopo la morte dell’autore). Dall’altro ci sono le fotografie che non hanno creatività e sono semplicemente di tipo descrittivo: questa categoria comprende anche i singoli fotogrammi cinematografici e le foto di opere d’arte. Queste immagini hanno una protezione che dura vent’anni. La proposta di legge si occupa solo di quest’ultimo tipo di fotografie, e porta da venti a settanta anni la loro protezione. In altre parole, non potremmo per esempio usare per altri sette-otto anni una foto che mostra una strada cittadina nei primi anni ’60 per mostrare come i centri storici erano intasati dalle auto.

Ribadisco: stiamo parlando di foto che per definizione del legislatore non hanno alcuna creatività, che dovrebbe essere il concetto su cui si basa tutto il diritto d’autore. A questo punto mi sa che il prossimo passo sarà la tutela degli scatti automatici, perché si dirà che c’è comunque l’autorialità di chi ha posizionato la fotocamera in quel punto e poi ha definito l’algoritmo che decide il momento in cui la foto viene scattata…

Ma c’è una cosa ancora più ironica. L’unico motivo che io vedo alla base di questa proposta di legge è che qualcuno ritiene che in questo modo i fotografi potrebbero guadagnare tanti soldi con i diritti di queste foto, che adesso possono essere usati dopo vent’anni che non sono pochi ma nemmeno troppi: come ho detto, le foto creative sono già tutelate dalla legge. Bene. Pensateci un attimo. Stiamo parlando di foto puramente descrittive, senza nulla di artistico. Se io avessi bisogno di un’illustrazione di questo tipo e dovessi pagare per usarla, farei molto prima a generare un’immagine con l’intelligenza artificiale. Il fatto stesso che questa immagine è una mera descrizione elimina a priori i problemi di una possibile violazione di copyright, e in questo modo non solo non pago nessuno ma non devo neppure aggiungere una didascalia indicante l’autore. Non so che ne pensiate voi, ma per me una legge come questa sembra solo un boomerang.

Quanto un cavallo è più veloce di un re?

Anche se non sapete giocare a scacchi, sapete sicuramente come è fatta una scacchiera, e sapete con ogni probabilità come si muove il re (una casella per volta, in orizzontale verticale o diagonale). Potreste forse avere qualche problema con la mossa di un cavallo: esso si muove infatti in un modo strano, spostandosi di una casella in una direzione e due in quella perpendicolare, indipendentemente dai pezzi che trova sul suo percorso. (Se non ve lo ricordaste, sappiate che siete in buona compagnia: anche la pratchettiana MORTE fa fatica a tenerlo a mente). Nella figura qui sotto vedete le mosse di un cavallo, e quante mosse occorrono per raggiungere una casella in un sottoinsieme di una scacchiera.

Quante mosse servono a un cavallo per raggiungere una casella?

La stessa cosa per le mosse di un re appare nella figura sottostante.

Quante mosse servono a un re per raggiungere una casella?

Come vedete, nel caso di caselle vicine a quella di partenza può darsi che il cavallo ci metta più tempo di un re per arrivarci. Dovrebbe però essere chiaro che man mano che ci si allontana il cavallo ha un vantaggio competitivo: il re si sposta di 1 o √2 caselle, il cavallo di √5, e il costo per posizionarsi sulla casella giusta è percentualmente risibile se la distanza è molto grande. Ma quanto vale questo vantaggio competitivo? Cose si può leggere in questo annuncio dell’università di Montréal, il rapporto esatto è quasi due, o per la precisione 24/13.

L’articolo di Christian Táfula considera più in generale “ipercavalli” che si muovono di $a$ caselle in una direzione e $b$ in quella perpendicolare: il caso del normale cavallo equivale ad avere $(a,b) = (1,2)$. Come ho detto sopra, l’usuale cavallo ha una velocità di 24/13 rispetto a quella di un re. L’ipercavallo $(2,3)$ ha invece velocità 90/31, quindi quasi tre volte quella del re. Ma la cosa più incredibile, almeno per me, è calcolare il rapporto tra le due velocità, che è poco più di 1,572. Bene: se prendiamo ipercavalli $(a,b)$ e $(b,c)$, dove $a, b, c$ sono numeri di Fibonacci consecutivi, il rapporto tra le due velocità tende al rapporto aureo al crescere della grandezza dei tre numeri. Di per sé non sembrerebbe esserci una relazione di questo tipo, e invece…