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matematto non praticante

Passante e metro: qualche problemuccio di comunicazione?

Ieri ho accompagnato Cecilia alla sede principale del suo liceo, che sta a Dateo. Poi sono tornato in ufficio. Ho preso l’ingresso da via Archimede, timbrato in ingresso sul passante, fatto tutto il corridoio del passante, uscito dai tornellli del passante (senza lettore tessera) e arrivato ai tornelli di M4… dove non sono potuto entrare perché “tessera già validata in ingresso”. Ok, mi dico, ho timbrato in ingresso e non in uscita: aspettiamo qualcuno che entri e seguiamolo, così sono a posto on la timbratura.
Arrivo a San Babila dove devo cambiare con la M1, il che significa uscire dai tornelli M4 per rientrare negli altri. Passo la tessera… e mi dice “uscita senza entrata”, bloccando la porta. Detto in altri termini, la timbratura sul passante è stata dimenticata. Il fatto che ci fossero due guardie ATM che mi hanno bloccato mentre cercavo di uscire quatto quatto e poi mi abbiano aperto il tornello quando hanno visto la scritta mi fa pensare di non essere il solo a incasinarsi la vita così: ma non è che forse c’è qualcosa da rimettere a posto nela gestione del sistema integrato?

(Immagine di Arrow303 da Wikimedia Commons, CC-BY-SA 4.0)

Chissà se ci arrivano

una promessa di Salvini... Ok, le promesse di Salvini a quanto pare erano semplicemente annunci: nulla di strano. Però in effetti pare che pian pianino il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata stia andando avanti. L’unico piccolo guaio, come potete per esempio leggere sul Post, è che non ci sono soldi per farla partire. E a che servono i soldi, potreste pensare? Derivano dalla polpetta avvelenata della vecchia riforma costituzionale del 2001, quella “per il federalismo” dove purtroppo votai a favore. La riforma dice che essere autonomi va benone, ma lo Stato deve garantire i LEP, cioè i livelli essenziali di prestazione che devono essere uguali in tutta la nazione; poi se qualche regione saprà fare di meglio, buon per loro.

Peccato che i LEP non siano mai stati definiti, e se lo si facesse ora servirebbero tanti soldi per adeguare i livelli di molte regioni del sud: le alternative sono dire “ok, mettiamo globalmente il livello minimo che abbiamo ora”, il che è un modo per dire che questi LEP non esisterebbero in pratica, oppure “mettiamo per ogni regione il livello attuale”, e a questo punto sarebbe chiaro che il vero scopo di questa riforma non è di rendere virtuose le singole regioni ma di perpetuare le attuali differenze. Tutto fattibilissimo, se non fosse che due terzi della maggioranza potrebbero avere dei problemi con il loro elettorato… Chissà insomma se alla fine tutto si ridurrà come al solito a un nulla di fatto oppure si troveranno quei soldi (con il beneplacito dell’UE, claro) e il signore sovrappeso in figura riuscirà a twittare qualcosa tipo “ora nessuno avrà più scuse per restare indietro”…

Quizzino della domenica: Stella (non troppo) rossa

Nella figura qui sotto vedete una stella a cinque punte (regolare, quindi costruita a partire da un pentagono regolare) in cui una fascia orizzontale è colorata di rosso. Qual è la percentuale di rosso nella figura?


(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p670.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di N. Avilov, da Kvant: citato da Futility Closet.)

Perché studiare matematica (non) è impossibile (ebook)

Ho dei dubbi che l’edizione cartacea di questo libro abbia 96 pagine, come indicato sul sito di Amazon. Oppure il formato è più che tascabile. In altre parole, il testo è proprio minimale e si legge in un attimo, anche se sei un ragazzino (a cui è dedicata la collana Ora Buca) e rallenti il più possibile. Odifreddi fa lo zio saggio e dà qualche idea di base su cosa può offrire la matematica. Io continuo a credere che sia difficile ottenere interesse in questo modo, ma magari sono troppo pessimista. Ho apprezzato il capitoletto dove racconta come è arrivato alla matematica e quello su matematici letterati, mentre ho dei dubbi sulla contrapposizione forzosa tra la matematica come aletheia e quindi relativa e religione come apocalissi e quindi assoluta, come sul fatto che “spesso i matematici non vogliono nemmeno sapere come un collega è giunto a una certa dimostrazione: si segnano il teorema e provano ad arrivare da soli alla dimostrazione”. Ma in fin dei conti quello di Odifreddi è un punto di vista che può essere considerato anche da chi matematico non è.

(Piergiorgio Odifreddi, Perché studiare matematica (non) è impossibile, Mondadori 2023, pag. 96, € 8,99 elettronico e 14 cartaceo, ISBN 9788835728344)
Voto: 4/5

La pulce nell’orecchio (teatro)

il cast Parto con i difetti dello spettacolo che Anna e io abbiamo visto mercoledì al Piccolo. Diciamo che se io avessi dovuto adattare la commedia di Feydeau avrei asciugato la parte iniziale e quella quasi-finale, che sono state un po’ noiose: tanto lo spettacolo dura tre ore, togliere qualcosa on fa male. Inoltre capisco l’idea di far fare agli attori anche gli strumentisti, ma Marta Malvestiti alla batteria sembrava un pesce fuor d’acqua. Fine delle brutte notizie.

Detto questo, lo spettacolo è stato godibilissimo. La mancanza di una scenografia vera e propria sostituita da una serie di parallelepipedi di gommapiuma e un armadio che fa anche alla bisogna da porta, con il palco rotante, ha reso probabilmente più complicata la prova degli attori ma ha anche dato loro una possibilità di movimento in genere impensabile. Tra l’altro gli attori sono quasi tutti giovani e diplomati alla scuola di teatro del Piccolo (teatro citato in un paio di punti…), quindi giocavano in casa. Tindaro Granata, oltre che curare con il regista Carmelo Rifici la sceneggiatura, si sdoppia come attore, come anche Christian La Rosa e Fausto Cabra, rispettivamente Vittorio Emanuele Chandebise / Buco e dottor Spacciato / Carlos Homenida de Histangua (e altri dieci nomi…). L’hotel “Feydeau”, rinominato in omaggio al commediografo, è il palcoscenico di una commedia degli equivoci che è tiratissima, con una serie di citazioni che sono un gioco nel gioco. Consigliato.

Sciopero colonnello

È sempre buffo vedere Salvini che vuole che la gente lavori, ma il punto non è quello. Leggendo cosa dice la Commissione di Garanzia sullo Sciopero, c’è una differenza tra uno sciopero di tanti settori, come quello che è stato indetto da Cgil e Uil, e uno sciopero di tutte le categorie. Quello che però non mi è chiaro è quello che scrive Domani: secondo loro, è il governo che ha autonomamente deciso di modificare il tipo di sciopero.

Qualsiasi sia la verità, mi pare abbastanza chiaro che comunque la richiesta sia eminentemente politica. Quest’anno abbiamo avuto chissà quanti scioperi generali degli autonomi, per cui la commissione di garanzia non ha nemmeno sollevato un ciglio. Qui la presenza di due terzi della triplice probabilmente ha preoccupato la Lega e fatto scattare il riflesso pavloviano “ora gli faccio vedere io”. Simbolo di debolezza, direi.

Il costo delle AI

chatgpt non accetta nuovi abbonati
Come scrive Franz Russo, il fatto che ChatGPT non accetti più per il momento nuovi abbonamenti (e quindi perda soldi) ci dovrebbe far pensare ai costi nascosti di questi programmi di intelligenza artificiale. Il costo computazionale di chiedere una cosa a ChatGPT, o a un’altra AI, è molto alto; quidi per dare risposte ci vuole tanto spazio disco e tanta CPU (la banda in questo caso è meno importante). Eppure sono in pochi a pensare al costo energetico di tutto questo…

Il paradosso di Sierpinski-Mazurkiewicz

ma anche senza assioma della scelta... Il paradosso di Banach-Tarski è ben noto a chi ha studiato matematica. Quallo che succede è che è possibile tagliare una sfera in cinque parti secondo una certa regola, traslare questi “pezzi” che sono stati ottenuti, e ricavare due sfere identiche a quella di partenza. Dov’è il trucco? Beh, ce ne sono almeno due. Il primo è che i pezzi ottenuti sono una specie di polvere diffusa: tecnicamente si dice che non sono insiemi misurabili, e quindi non è in realtà fisicamente possibile crearli. Il secondo trucco è che è necessario usare l’assioma della scelta per poter creare questi pezzi; l’assioma della scelta è una di quelle proprietà che sembrano intuitive, ma che sfuggono a ogni tentativo di dimostrazione – non per nulla è un assioma… – e soprattutto possono portare a paradossi, come si vede. Però esistono risultati simili che non richiedono l’assioma della scelta, come vedremo.

Consideriamo il numero complesso x = ei. Sì, è possibile elevare un numero a una potenza immaginaria, e il risultato è ancora un numero complesso, nel nostro caso almeno secondo Wolfram Alpha all’incirca 0,54030 + 0,84147 i. Quello che conta è che però quel numero è trascendente e quindi non è la radice di nessun polinomio a coefficienti interi. (Ok, io non saprei dimostrarlo, ma mi fido che sia così). Bene, prendiamo l’insieme S dei valori dei polinomi a coefficienti interi non negativi (per esempio, 5x³ + 2x + 42) calcolati nel punto x. Ciascuno di questi valori corrisponde a un punto del piano complesso; tutti questi punti devono essere distinti, perché se due di questi polinomi avessero lo stesso valore allora la loro differenza varrebbe zero, il che è assurdo per definizione perché x è trascendente. Dividiamo ora S in due sottoinsiemi A e B, in questo modo: A contiene tutti e soli i polinomi di S che non hanno un termine costante, mentre B contiene tutti gli altri polinomi di S, vale a dire quelli che hanno un termine costante. È chiaro che per costruzione Ab = S. Cosa succede ora se ruotiamo di un radiante (cioè di 1/2π di circonferenza) in senso orario l’insieme A? Eulero ci ha insegnato che questa rotazione è la stessa cosa che moltiplicare per e−i, e l’algebra di scuola ci dice che questo è la stessa cosa che dividere per ei. Quindi otteniamo tutti i polinomi in x a coefficienti positivi, cioè il nostro insieme S. E se invece spostiamo a sinistra di un’unità l’insieme B? Beh, otteniamo di nuovo tutti gli elementi di S, perché i termini costanti in B partono da 1 in su e se togliamo 1 otteniamo tutti i termini costanti da 0 in su. Dunque abbiamo costruito esplicitamente un insieme che può essere diviso in due parti che traslate e ruotate formano due copie dello stesso insieme. Carino, no? Come dice il titolo, questo paradosso è stato trovato da Sierpinski e Mazurkiewicz, due matematici polacchi. Non che S sia un insieme disegnabile: essendo costituito da un’infinità numerabile di punti discreti, la sua misura (generalizzazione del concetto di area che si usa in analisi) è nulla.

Se la cosa vi pare troppo complicata, eccovi un esempio più semplice e galileiano. Prendiamo come insieme N i numeri naturali e dividiamoli in quelli pari P e quelli dispari D. Ora, se dividiamo per 2 gli elementi di P otteniamo N, e se togliamo 1 dagli elementi di D e poi li dividiamo per 2 otteniamo di nuovo N. Tutto questo funziona perché i numeri sono infiniti, naturalmente; ma mentre in questo secondo caso dobbiamo comunque fare un’operazione (quella di divisione) che pare sparigliare nel caso precedente abbiamo solo trasformazioni rigide. Carino, no?

(immagine di xkcd: la vignetta completa è qui.)