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matematto non praticante

Abbiamo eletto Mineo o Renzi?

Premessa: questa riforma del Senato proposta da Renzi è una porcata; non so se più o meno porcata dell’Italicum, perché a certi livelli le analisi quantitative servono a poco. Con la scusa di eliminare il bicameralismo perfetto (su cui sono anche d’accordo) e tagliare i costi della politica (cosa che in realtà non si farebbe) in pratica si eliminerebbe un ramo del Parlamento senza colpo ferire.

Detto questo, però, non trovo nulla di strano che in Commissione Affari Costituzionali un partito sostituisca il relatore che non segue la maggioranza del partito stesso: le commissioni, salvo in casi particolari votati dal Parlamento volta per volta, non hanno potere legislativo e quindi dovrebbero portare le voci dei partiti, non quelle dei singoli. Sarà poi l’aula a votare a favore o contro il provvedimento uscito dalla commissione. Sarebbe poi stato più serio che i quattordici senatori aventiniani avessero costituito un loro gruppo autonomo: se non ricordo male bastano dieci senatori. A questo punto Mineo avrebbe tranquillamente potuto rimanere nella commissione :-)

Infine un semplice reminder: Corradino Mineo non è stato eletto (nel senso che il Porcellum non prevede di eleggere nessuno se non chi è stato messo in lista in posizione opportuna dai capipartito), ma neppure Matteo Renzi è stato eletto (perché la Costituzione, almeno quella che è in vigore fino a oggi, prevede che il PresConsMin sia nominato dal PresRep). Quindi lasciate perdere le pippe di quel tipo.

_Di 28 ce n’è 1_ (ebook)

[copertina] È stata dura riuscire ad avere i Rudi Mathematici nel catalogo di Altramatematica, o #40kmate che dir si voglia. Non che loro non fossero interessati, ma chi li conosce sa bene come il loro concetto di tempistica non sia esattamente ottimale. Forse per contrappasso, il loro libro (in formato Kindle su Amazon o in epub su BookRepublic e altri store: prezzo 1,99€) parla proprio del calendario, o per meglio dire della storia del calendario.

Il problema – dal punto di vista della matematica – è che ci sono almeno tre unità di tempo “naturali”: giorno, mese e anno. Peccato che il rapporto tra le loro durate non sia un numero intero, e quindi da vari millenni tutti (no, diciamolo meglio: sacerdoti e/o politici) hanno cercato di trovare la quadra, ciascuno a modo suo. Così esistono calendari lunari, solari e lunisolari; si sono aggiunti e tolti giorni in modo più o meno “scientifico” (lo sapevate, per esempio, che nell’era moderna c’è stata una nazione che in un certo anno ha avuto il 30 febbraio? No, non vi dico quale, ma nell’ebook è spiegato). Paradossalmente, l’unica misura di tempo rimasta stoicamente intatta è stata la settimana, che invece è un’invenzione tipicamente umana: solo i soviet russi tentarono per un paio d’anni di eliminare questo residuo capitalistico, per poi dover soccombere alle abitudini di tutti.

Come sempre, i Rudi Mathematici scrivono in maniera molto piacevole e con una visione non certo ristretta al nostro mondo occidentale: come bonus, poi, avrete la possibilità di scoprire come usare il Giorno del Giudizio per trovare al volo a mente il giorno della settimana corrispondente a una data. Cosa volete di più dalla vita?

non saper pensare in inglese

Saranno quarant’anni che scrivo su una tastiera, prima su una macchina per scrivere (quindi con una tastiera davvero italiana: non solo QZERTY ma con i numeri sulle maiuscole) poi sui primi PC con tastiera americana, e infine – ma sono già venticinque anni – con una tastiera logica US-International, in cui per scrivere le lettere accentate si digita prima l’accento e poi la lettera. Questo significa in pratica che posso digitare senza guardare la tastiera, perché le mie dita sanno dove sono i vari tasti e il mio cervello si accorge quando sbaglio una lettera e dà il segnale per andare sul backspace. Però…

Però questo funziona solo se scrivo in italiano. Con l’inglese faccio una fatica terribile, e vado molto più lentamente. Non è un problema di lettere inglesi che non si usano nell’alfabeto italiano: il mio guaio è proprio che mentre scrivo penso alle parole, e pensare alle parole in inglese mi riesce impossibile. Un po’ la colpa è del fatto che le parole inglesi si scrivono in modo molto diverso da come si leggono: lo conoscete, no, l’aneddoto di George Bernard Shaw che affermava come “fish” si scrivesse in effetti “ghoti”? Un po’ è che comunque se ci sono parole inglesi simili a quelle italiane io tendo a terminarle con una vocale. Insomma, è come se il mio cervello – o forse sono le mie dita? – si rifiutasse di pensare in inglese.

Capita anche a voi?

Come si fa a fare un reclamo alle poste?

Oggi mi sono arrivati gli esiti degli esami del sangue. La busta ha un timbro del 23 maggio. E se ci fosse stato qualcosa di grave?

(per gli increduli: sì, la lettera ha il timbro di PosteItaliane, che si sono prese un euro e settantacinque centesimi per questa consegna di posta prioritaria Milano su Milano. Ma se per questo, oggi mi è anche arrivata la lettera di DBEasy con le spese della carta di credito di aprile, lettera che in genere viene spedita intorno al 10 del mese successivo, anche perché avrei dovuto pagare quelle spese il 3 di giugno)

quizzini che spuntano fuori all’improvviso

[16, 06, 68, 88, ??, 98]
L’immagine qui sopra, nella versione senza traduzione in inglese (la mia l’ho presa qui, grazie a Stefano), sabato scorso è addirittura apparsa sul sito del Corsera: occhei, l’articolo è di Elmar Burchia, ma non si può avere tutto dalla vita. Per chi non l’avesse ancora vista, il problema, che sarebbe stato “dato come domanda agli esami di ammissione alle elementari a Hong Kong” (io avrei dei dubbi, ma me li tengo), è semplice: occorre dire qual è il numero del parcheggio in cui si trova l’automobile. Già è buffo che a inizio giugno arrivi in giro per il mondo una figura datata novembre 2013. Ma la cosa davvero buffa è che io conoscevo già da molto quel problema – come potete immaginare, ho una certa qual esperienza in questi quiz. Ho fatto una ricerca con Google e ho trovato questa pagina, che retrodata il quiz almeno al novembre 2002.

Da autore di un libro di quizzini matematici so bene che la maggior parte di questi problemi sia scopiazzata da una parte o dall’altra, quindi non mi stupisco di nulla. Quello che invece non riesco a capire è come mai ogni tanto qualcosa spunti da chissà dove per diventare virale: d’altra parte, se lo sapessi, potrei farmi i soldi…

Mi viene da ridere

Ricordate tutta la discussione che si era tenuta nei commenti al mio post su Maurizio Lupi, per la storia di Barbara “figlia di” Spinelli che si era candidata nella lista Tsipras affermando che però no, lei non sarebbe mai andata a Bruxelles?

Bene, le cose sono un po’ cambiate: alla fine Spinelli ha deciso che «i patti si per­fe­zio­nano per volontà di almeno due parti e gli elet­tori il patto non l’hanno accet­tato, accor­dan­domi oltre 78.000 pre­fe­renze»; e quindi a Bruxelles ci va eccome. Poi, visto che era stata candidata – ed eletta – in due circoscrizioni, ha anche potuto decidere chi tra il candidato SEL e quello di Rifondazione Comunista (sì, esistono ancora i rifondaroli) se ne sarebbe stato a casa.

Mi scusino quelli tra i miei ventun lettori che hanno votato la lista in questione, ma io ho sghignazzato.

_Nel nome dei Beatles_ (libro)

[copertina]Come si poteva scrivere un libro sui Beatles quasi vent’anni fa, subito dopo il successo del progetto Anthology? Non era ovviamente possibile fare un’ennesima biografia di seconda mano: giustamente Salvatore Pettinato aveva così deciso di fare una metanarrazione, in modo da scegliere alcuni temi e svilupparli. Com’è andata? Bah. Il libro (Salvatore Pettinato, Nel nome dei Beatles, Rusconi 1997, pag. 256, ISBN 9788818970029) è fondamentalmente diviso in tre parti: una storia dei Beatles con particolare attenzione alla parte musicale; una disamina del “fenomeno Anthology” – si ricordi che il libro nacque proprio in occasione del nuovo hype della fine del millennio scorso; un resoconto delle principali tribute band e dei luoghi beatlesiani da visitare a Liverpool e Londra. Nel testo si trovano spunti interessanti ma non sempre fattualmente veri. Per esempio, è vero che non si conosce nessuno (eccetto i genitori…) che abbia insegnato ai Beatles a suonare, ma affermare che loro sono nati con il rock’n’roll, a differenza delle band coeve che avevano influssi della musica passata è improbabile, pensando al padre di Paul che suonava in una banda. O ancora: è vero che Liverpool, rispetto al resto dell’Inghilterra, aveva una forte presenza cattolica: ma quella definita “una delle più grandi cattedrali” è la anglicana; quella cattolica non è chissà cosa. Dal punto di vista strettamente musicale, a parte un po’ di magniloquenza nei toni come quando parla del Concetto con la C maiuscola e i gusti ovviamente personali, Pettinato segnala accuratamente le due anime beatlesiane, quella dei “craftsmen” e quella degli sviluppatori di un nuovo stile; questa è sicuramente la parte migliore del libro. La pesante critica al progetto Anthology, che ha portato solo soldi ma nulla di veramente nuovo, è la classica posizione del fan sfegatato che tanto conosceva bene praticamente tutto quel materiale; in realtà mi pare fuori tema all’interno del libro. Infine la terza parte è quella che sente più pesantemente il tempo passato dalla pubblicazione, e si può tranquillamente saltare.
In definitiva, questo libro – almeno oggi – può avere senso per chi i Beatles li conosce un po’ ma non troppo; ma non è certo un’opera di quelle definitive.

palindromi con le operazioni

Un palindromo – ma lo sapete tutti – è una parola che si legge allo stesso modo da sinistra a destra o da destra a sinistra: un esempio classico è la parola ossesso. Un palindromo numerico è un numero che si legge allo stesso modo da sinistra a destra o da destra a sinistra, come la targa 313 dell’auto di Paperino.

Ma bisogna dire che l’uguaglianza

25986 = 213 × 122

che letta da destra a sinistra diventa l’uguaglianza (corretta)

221 × 312 = 68952

non è affatto male, vero?

(grazie a Paolo Marincola per la segnalazione)