[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Neal Asher scrive racconti lunghi. Troppo lunghi. Insomma non fanno per me, soprattutto perché mi pare che si perda fin troppo in dettagli che non portano nulla allo svolgersi della storia e diventano presto noiosi. Inoltre ho trovato a volte difficile seguire la trama: non so se la colpa sia dell’edizione elettronica che ho, ma mi sono trovati molti cambi di voce narrante senze che ci fosse un segnale al riguardo. Per quanto riguarda i singoli racconti:
◆ Xenovore: La parte centrale è interessante, ma l’introduzione è troppo lunga (e difficile da seguire) e la parte finale mi pare un po’ troppo forzata, roba che mi posso aspettare da Heinlein che scriveva 60 anni fa. 2/5
◆ An Alien on Crete: Ben costruito. Direi che comunque ad Asher piace il superuomo, o meglio l’oltre-uomo. 4/5
◆ The Translator: Troppo simile al precedente per essere davvero interessante. 3/5
◆ Skin: Tendente all’horror (che a me non piace), ma bisogna dire che è stato ben scritto. 4/5
◆ Eels: Space opera classica. Mi sono perso però in vari punti, e questo non è bello. 2/5
◆ The Host: Un tipo di biologia aliena descritta in modo interessante. 4/5
◆ Antique Battlefields: Il miglior racconto del lotto. Un’ottima spiegazione di come cominciò la Quiet War; il finale finalmente mi ha spiazzato. 5/5
◆ Moral Biology: Altro tentativo di descrizione di una biologia aliena, ma troppo prolisso e con almeno una sottotrama che si perde nel nulla. 3/5
◆ Longevity Averaging: Non dice molto. Soprattutto tutto il contorno ai trattamenti di longevità pare finto. 3/5
(Neal Asher, Lockdown Tales 2, Newcon Press 2023, pag. 374, € 5,68, ISBN 9781914953439)
Voto: 3/5


Niente da fare. Avevo grandi aspettative su questo libro, ma non mi è proprio piaciuto. Posso salvare il primo racconto, sul capitolo zero del Piccolo Principe, “N-landia” e l’ultimo, “La verità intorno al maiale” che però nonostante gli sforzi degli autori con la matematica non c’entra nulla. Mi è perfettamente chiaro che tradurre concetti matematici in storie non è affatto semplice, e io non ci provo nemmeno (l’ho fatto coi miei raccontini di fantascienza, ma così era barare): però mi spiace, ma non penso che questi racconti siano al servizio della matematica, come recita il sottotitolo.