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matematto non praticante

metri quadri lineari

Sono casualmente capitato su questo articolo dell’edizione torinese di Repubblica, che racconta delle meraviglie del restyling della stazione di Torino Porta Nuova, e ho scoperto di essere proprio un ignorantone. Il direttore artistico (wow) Luca Moretto infatti spiega come per l’atrio abbia scelto di mettere dei pannelli colorati con «quelli che secondo me sono i colori della città: c’è il verde della collina, il rosso della passione, il lilla della montagna.». Io ho sempre immaginato che i colori di Torino fossero il giallo e il blu dello stemma, o il giallo paglierino delle facciate delle case; Sono indubbiamente out, e anche mezzo cieco perché la montagna per me non è lilla.
Ma la cosa più interessante è la dimensione di questi pannelli: sempre citando Moretto, «sono duecento metri quadri lineari». Ora, io sono figlio di un imbianchino, e non mi faccio grandi problemi a leggere “metri lineari”, abbreviato in ml. Natura abhorret a vacuo, vedere i metri da soli né quadrati né cubi può dare dei problemi: se c’è qualcosa di altezza costante, lascio che si misuri la lunghezza in metri lineari. Però un metro e quadrato e lineare mi sembra l’equivalente di una circonferenza quadrata. Ma Moretto è un architetto, e si sa che gli architetti hanno sempre una grossa crisi con la matematica.
(P.S. da torinese: leggere una frase come «Nel centro geometrico della stazione c´è uno spazio verde, che idealmente conserva la memoria di quello che un tempo era il giardino Magnolia, e tutto attorno ci sono i tanti spazi destinati ai negozi.» è una tristezza unica. Abbiate il coraggio di dire “abbiamo eliminato il giardino per fare spazio a tanti negozi, e tanto non serviva a nulla perché dall’altra parte di piazza Carlo Felice ce n’era già un altro”.

Lo Zibaldone del Dottor Djembe (libro)

[copertina] Non ho mai sentito la trasmissione di Radiotre da cui è nato questo libro (Stefano Bollani e David Riondino, Lo Zibaldone del Dottor Djembe, Baldini Castoldi Dalai settembre 2008, pag. 215, € 22, ISBN 978-88-6073-318-4); e il cd allegato al libro non è che dia almeno a me una grande impressione, forse perché troppo spezzettato rispetto a quello che è una trasmissione. Chissenefrega. Il libro è troppo divertente, a partire dal sottotitolo in penso svedese per arrivare alla bibliografia sragionata in mezzo al libro, passando per la presa per i fondelli degli intellettuali e intellettualoidi di casa nostra, giusto con il nome leggermente storpiato, e che venivano decimati dal grande gioco Pass-Spartì, con i camionisti melomani che si chiamano tutti Lapo e che lasciano in mezzo alle autostrade rarissimi spartiti come esca per le allodole. Non parliamo poi delle opere liriche post-post-qualcosa dall’unica esecuzione e dei manifesti volti a combattere la triste piaga del giro di do (stranamente scritto con un re maggiore). Lettura consigliata a tutti gli amanti della musica, che finalmente potranno sapere la storia di Francesco Puccini, dei suoi avi che si alternano tra Lucca e Modena e del suo alter ego e anima nera Giacomo Guccini; a tutti gli amanti dei giochi di parole – segnalo un interessante articolo di Anacleta Bendazzi; e naturalmente a chi con parole e musica ama giocarci.

Si può fare (film)

[locandina] Come sembra essere diventata una tradizione (se due anni di fila possono essere etichettati “tradizione”) la sera di Capodanno siamo andati a vedere Si può fare (qui il sito ufficiale, che non è però che aggiunga molto). La trama: nei primi anni ’80 Nello (Claudio Bisio), sindacalista troppo avanti per il sindacato, è mandato a fare il direttore di una cooperativa di malati di mente uscita dai manicomi grazie alla legge Basaglia. Contro il parere dello psichiatra che li controlla, fa sì che si passi da una condizione di assistenzialismo puro a una di lavoro vero e proprio, con tutti i vantaggi e i guai del caso.
Il film è basato su storie vere (notate il plurale), si dice nei titoli di coda. Però a me ha lasciato una sensazione di troppo buonismo. Anche se è vero che c’è una parte tragica, la storia sembra comunque troppo semplicistica: a mio parere il giusto messaggio dietro il film (che si può sintetizzare nella frase della locandina: “da vicino nessuno è normale”) e il diritto di ogni persona a vivere la vita secondo la propria pienezza vengono annacquati dalla relativa semplicità con cui tutto sembra funzionare alla cooperativa. È come se praticamente tutti i malati psichici possono fare qualcosa di adatto a loro, e si può intuire immediatamente qual è il giusto posto per chiunque. Diciamo che perlomeno può fare pensare gli spettatori, e sicuramente è divertente: per le scene surreali che si hanno, non si ride dietro ai matti.

Capodanno a Milano

Il problema non è tanto la mezzanotte, che ho passato in compagnia di tre leggiadre fanciulle (e due gatte un po’ nervose per il rumore). Sono abbastanza ecumenico per accettare persino i botti, anche se mi chiedo se quelli che si sono messi alle 2:15 a lanciare un po’ di roba avevano settato il fuso orario sulle Canarie, avevano scelto di ordinare diversamente le priorità capodannesche, oppure si sono trovati un po’ di roba avanzata e hanno pensato di farla fuori subito.
Il problema, almeno quest’anno, è la giornata di Capodanno. Per strada non c’è nessuno, e ci credo: un cielo livido e un vento tagliente che ci ha fatto rientrare molto velocemente a casa quando verso mezzogiorno e mezzo abbiamo provato a fare due passi. Almeno fosse nevicato tanto, e non giusto quella spruzzata sui tetti delle case e delle auto, il tutto avrebbe avuto un senso!

Giorgino mi ha fregato

È fine anno, ed è tempo di bilanci. Ero tutto fiero degli 86 libri che avevo letto quest’anno, per un totale di 20000 e rotte pagine. Poi stamattina leggo su Repubblica cartacea (e Lo Straniero di Elea conferma) che secondo Karl Rove il presidente uscente americano, George Dubya Bush, quest’anno ha letto ben 95 libri. È una consolazione ben scarsa sapere che l’anno scorso vinsi io, 72 a 51.
Dire che mi fidavo della barzelletta di otto anni fa! (“Un incendio ha distrutto la libreria del Presidente USA! Un disastro! Entrambi i libri sono andati distrutti, e uno non lo aveva nemmeno finito di colorare!”)

Tutti su Facebook

Ho appena visto le statistiche sul numero di utenti italiani di Facebook durante quest’anno (le trovate qua). È una cosa davvero impressionante. Da gennaio ad agosto il numero di utenti è solo triplicato, passando da 216.000 a 622.000: da lì in poi è semplicemente esploso, arrivando a novembre (gli ultimi dati che sono a disposizione) a 4.200.000. Credo siano un ordine di grandezza superiore agli utenti di Second Life che l’anno scorso sembrava essere ovunque e anche altrove. È vero che il numero di utenti non corrisponde necessariamente al numero di persone che usa la rete, ma per Facebook la tara da fare è probabilmente minore, considerando che dovresti entrare con il tuo nome-e-cognome e che sembra che ci sia una forte carica di viralità, come scrissi a suo tempo.
L’esplosione è ovviamente successiva di qualche mese alla localizzazione in italiano dell’interfaccia (nel maggio scorso), visto che le conoscenze linguistiche medie dei miei connazionali sono quelle che sono e che ci vuole un certo tempo perché le notizie si propaghino: però ritengo che il settembre 2008 sia il nostro Settembre Eterno. La mia sensazione è che Facebook non sarà una moda, ma reggerà parecchio a lungo (anche degli anni), finché non ci sarà un nuovo modello che lo rimpiazzerà nella voglia della gente di chiacchierare.
Per la cronaca, io sono su Facebook per colpa sua, dal 17 giugno. Del 2007.

Nella gioia e nel dolore

Mentre stavo guardicchiando Wikipedia, sono finito sulla pagina di Sonny Bono, negli anni ’60 produttore e cantante: magari “Sonny and Cher” vi ricorda qualcosa, o magari vi ricordate di Cher.
Bene, Sonny Bono si dette alla politica e diventò deputato per la California (e proporre quella che poi sarebbe diventata la legge Sonny Bono per l’estensione del copyright), salvo morire in un incidente di sci dieci anni fa. Chi ha preso il suo posto? la vedova, Mary Bono, che tra l’altro aveva ventisei anni meno del marito e che da allora è stata costantemente rieletta.
Vedete che poi il tutto non è così diverso da quanto succede a casa nostra!

cooptazione grillina forzata

Ho appena scoperto via Paul The Wine Guy l’ultima, “simpaticissima” iniziativa del Re dei Bloggher. Pensate, una pagina intitolata “Tutti i blogger di beppegrillo.it”! Pensate! Non è bello sapere di poter far parte di una Grande Famiglia di Amici del Comico Riccioluto Genovese? E garantisco che la cosa è facilissima! Basta seguire tutte le istruzioni comodamente riportate in quella pagina, e potrai fregiarti di essere citato sul Blogh Più Importante d’Italia!
Peccato che la cosa sia troppo facile. Quello che beppegrillo™ ha fatto è semplicemente stato consigliare la gente a iscriversi a Technorati (un servizio che serve per vedere quanta gente ti cita) e usare uno script per tirare fuori gli indirizzi dei siti. È un po’ come dire che “tutti i blogger di .mau.” sono quelli citati qua. Come risultato collaterale, io che uso technorati sono appunto considerato un “blogger di beppegrillo.it”, e la cosa mi dà parecchio sui nervi. Sarebbe bastato intitolare la pagina “beppegrillo.it citato dai blogger” e non avrei avuto nulla da ridire (e non venitemi a dire che il testo della pagina inizia con «Qui sotto trovate l’elenco dei blog che hanno linkato, recentemente*, www.beppegrillo.it.». Un qualunque scalzacani sa che è il titolo quello che resta in testa, mica il testo).
Ad ogni modo, da oggi e con effetto retroattivo aggiungerò la formuletta magica rel="nofollow" ai miei link al Vate del Blogocono, sperando che Technorati rispetti la convenzione di non considerare esistente quel link.