Lucio Russo

Lo confesso: con Russo, morto sabato scorso senza che la stampa generalista ne parlasse (ma questo è purtroppo normale) ci ho litigato. Mentre accetto senza troppi problemi la tesi che difese nel suo libro La rivoluzione dimenticata, scrissi esplicitamente che le conclusioni di L’America dimenticata non mi convincevano per nulla. Ma torniamo un attimo indietro.

In La rivoluzione dimenticata Russo sosteneva che “il rinascimento scientifico ellenistico” non fosse per nulla un rinascimento, nel senso che il pensiero classico greco aveva continuato a svilupparsi nei secoli successivi ai grandi filosofi e matematici dell’antichità: noi non lo sappiamo perché abbiamo perso la stragrande maggioranza dei documenti del tempo per colpa dei Romani a cui tutte queste cose non potevano interessare di meno. Quello che sappiamo di Erone e compagni è insomma solo la punta di un iceberg. Anche se io non sono un classicista e so a malapena leggere le lettere dell’alfabeto greco, la cosa mi torna abbastanza. Dove metto una linea netta è però la tesi secondo cui non solo l’America era stata raggiunta dai cartaginesi (non implausibile) ma che ci fossero stati degli scambi culturali durati decenni se non secoli, tutti obliterati da quei cattivacci dei Romani. Ricordo che Russo era napoletano e quindi di una civiltà dalle origini greche e non latine. Una delle prove da lui portate era la presenza dello zero nei Maya: secondo lui lo zero era stato “inventato” una sola volta nella storia dell’umanità e si era lentamente diffuso, anche se lo zero babilonese, quello maya e quello sino-indiano sono in effetti diversi. Ma soprattutto, nel caso di uno scambio molto lungo tra le due coste dell’Atlantico avremmo dovuto comunque avere non solo più manufatti ma anche una contaminazion di piante e animali che non c’è invece stata.

Detto questo, la cultura di Russo era indubbiamente amplissima, proprio come la sua vis polemica. Russo era uno dei pochi matematici in grado di leggere i testi originali greci, e quindi univa le competenze linguistiche a quelle matematiche. Vale assolutamente la pena di leggere i suoi libri di storia della scienza. A parte quelli già citati, segnalo Ingegni minuti (qui il mio link di Affiliato Amazon), una storia della scienza in Italia dove la tesi fondamentale è che siamo stati bravi o almeno bravini fino a che non c’era bisogno di tanti soldi per fare esperimenti. La sua morte è una grande perdita per la storia della scienza in Italia.

L’alacre castoro

Non so se avete mai visto il nome scritto in italiano – credo ci fosse nelle traduzioni dei giochi matematici di Martin Gardner – ma se avete un po’ di dimestichezza con l’informatica teorica dovreste sapere che cos’è il Busy Beaver. O meglio non dovreste essere sicuri di saperlo, perché ci sono due diverse definizioni. Quella originale, proposta da Tibor Rado come funzione Sigma, rappresenta il massimo numero di 1 che una macchina di Turing a n stati con due simboli (0 e 1) che termina la sua computazione può stampare. Rapido ripasso: una macchina di Turing è composta da un nastro infinito, una testina che può leggere un simbolo per volta, e un insieme di stati che sono il suo programma, perché dicono cosa può fare (scrivere un simbolo, eventualmente cancellarlo anche se nel nostro caso si suppone che il nastro contenga infiniti 0, spostarsi a sinistra o a destra ed entrare in un nuovo stato). Ci sono macchine di Turing che non terminano mai la computazione: per esempio se partiamo con un nastro pieno di zeri e abbiamo lo stato “se trovi scritto 0, scrivi 1 e vai a destra” avremo un nastro che si riempirà di 1 dal punto di partenza a destra verso l’infinito. Queste macchine non sono così interessanti, quindi per il Busy Beaver si richiede che la macchina si ferma. La seconda definizione, indicata come BB(n), non conta gli uni scritti ma il numero massimo di passi che una macchina di Turing con n stati può compiere prima di fermarsi: anche in questo caso si richiede che la macchina effettivamente si fermi.

Possiamo trovare i primi valori di queste funzioni, come al solito, su OEIS. Per quanto riguarda la funzione Sigma, abbiamo

$$\Sigma(1) = 1; \Sigma(2) = 4; \Sigma(3) = 6; \Sigma(4) = 13; \Sigma(5) = 4098.$$

I primi valori di BB() sono invece i seguenti:

$$ BB(1) = 1; BB(2) = 6; BB(3) = 21; BB(4) = 107; BB(5) = 47176870.$$

Il valore di BB(5) è stato congetturato nel 1990 e dimostrato nel 2024: per verificarlo si sono dovute studiare 88664064 macchine di Turing e decidere se si fermano oppure no. La macchina “vincente” ha questa definizione:

         0       1
A       1RB 	1LC
B 	1RC 	1RB
C 	1RD 	0LE
D 	1LA 	1LD
E 	--- 	0LA

La tabella si legge in questo modo: la colonna di sinistra indica in che stato si trova la macchina, la colonna centrale cosa succede se c’è scritto 0 sotto la testina e quella di destra cosa succede se c’è scritto 1; le triplette di caratteri dicono cosa scrivere (0 oppure 1), se andare a destra (R) o sinistra (L), e infine in quale stato posizionarsi. Non è mai possibile arrivare nello stato E e vedere uno 0, quindi quella casella è vuota.

E quali sono i valori successivi delle due successioni? Non solo non lo si sa ma non lo si potrà nemmeno sapere. Nel caso di Σ, sappiamo che Σ(6) > 10^^15. La notazione con doppio cappello, indicata a volte con l’esponente a sinistra ( 1510 ), è la tetrazione, la generalizzazione di moltiplicazione ed elevamento a potenza. Come 3×5 = 3+3+3+3+3 e 3^5 = 3×3×3×3×3×, 3^^5 = 3^(3^(3^(3^3)))). 10^^15 è insomma un numero così grande che è praticamente inconcepibile. Ma BB(6) è molto, molto, molto più grande: Scott Aaronson riporta che BB(6) > 2^^^5, dove il triplo cappelletto indica la pentazione, cioè il passo successivo alla tetrazione. Questo risultato surclassa il vecchio limite che era “solo” 10^^10000000. Quanto è grande quel numero? Aaronson spiega che se avessimo 10^^10000000 granelli di sabbia potremmo riempire 10^^10000000 copie dell’universo osservabile. Sì, lo stesso numero, tanto il valore è così grande che non ci si accorge della differenza. Numeri oltre ogni comprensione umana, insomma!

don Giorgio Gramaglia

Io ho fatto il liceo scientifico dai salesiani, a Torino Valsalice. Era la seconda metà degli anni ’70, e gli insegnanti (ok, tranne quello di ginnastica…) erano ancora tutti sacerdoti anche se alcuni non erano certo giovanissimi: nei quaranta e più anni dalla nostra maturità se ne sono andati a uno a uno. Ho saputo dai miei compagni di classe che anche l’ultimo dei nostri professori, don Giorgio Gramaglia, è morto.

Don Giorgio è stato il nostro professore di matematica e il catechista al primo anno, prima di andare a fare il missionario in Bolivia. Era tornato poi in Italia nel 2000: l’avevamo avuto con noi nel 2022, nel pranzo che abbiamo fatto per i quarant’anni di maturità e abbiamo tutti passato una bellissima giornata. D’accordo, non era perfetto: era infatti laureato in fisica, non in matematica :-) Ma a parte le battute, era un bravo sacerdote e un bravo insegnante (oltre che una brava persona): non è che le due cose vadano sempre insieme.

Se ci è riuscito il NYT…

i giochi del Corriere Sono certo di avere letto da qualche parte che il New York Times abbia più ricavi digitali da chi si abbona ai giochi rispetto a chi si abbona al giornale vero e proprio. Non sono riuscito a trovare il post, quindi prendete con le molle questa affermazione.

Quello che però è sicuramente vero è che anche il Corriere, dopo qualche anno, si è lanciato sulla stessa linea. Abbiamo così la sezione Corriere Giochi, che parte oggi. Non mi è chiaro quale sia il vantaggio nell’abbonarsi (forse avere a disposizione le statistiche?). L’implementazione (almeno quella di “In altre parole”) mi sembra di una lentezza incredibile, Ma soprattutto non mi è chiaro cosa succederà quando il NYT si accorgerà che «In altre parole» è Wordle in altre parole; ricordo che non la prendeva bene

Sarebbe interessante scoprire quanti abbonati verranno attratti da questa offerta, ma ho il sospetto che non vedremo dati puntuali al riguardo.

I cittadini non meritano di essere informati

A maggio avevo raccontato dell’infinito cantiere che blocca a Milano l’incrocio Suzzani-Santa Monica, dove un anno o l’altro passerà la metrotranvia. Nella mia ingenuità pensavo che bastasse rimettere a posto i sottoservizi e posare i binari in perpendicolare a Suzzani: il tempo previsto era di sei mesi, da metà novembre 2024 a metà maggio 2025, ma all’appropinquarsi della fatidica data qualcuno ha appiccicato ai cartelloni la nuova data prevista di chiusura del cantiere: il 6 luglio.

Ieri era il 14 luglio. Sono passato di là in bicicletta nel pomeriggio. Tutto ancora chiuso. Ma non mi sto lamentando di questo, bensì del fatto che nessuno si è degnato di correggere la data di riapertura di viale Suzzani, che nei vari cartelli è ancora il 6 luglio (oppure il 18 maggio, dove l’aggiornamento attaccato con lo sputo si è staccato). Certo, in questo momento i binari sono stati posati (solo sull’incrocio, ovvio…) e quindi magari per metà settembre si degneranno di riaprire il tutto. Attenzione al cittadino: zero.

Il Codice Urbani vale solo in Italia

La corte di appello di Stoccarda ha confermato che il Codice Urbani vale solo all’interno dell’Italia. Il codice Urbani è quello che afferma che un’opera anche fuori copyright perché vecchia di secoli può essere soggetta a “una tutela”; questo significa che se io voglio usare un’immagine dell’uomo vitruviano di Leonardo devo chiedere a chi gestisce l’immagine il permesso, e presumibilmente pagare per il diritto di usarlo. Bene: Ravenburger aveva prodotto un puzzle con l’uomo vitruviano, il ministero della Giustizia e le Gallerie dell’Accademia di Venezia hanno fatto causa, Ravensburger ha fatto una controcausa, e il risultato è che il puzzle può essere venduto tranquillamente al di fuori dell’Italia. La Corte non si è espressa sulla legalità del codice Urbani ripetto alla direttiva copyright, né poteva farlo; in pratica ha detto “non ci curiamo di cosa fate in Italia, affaracci vostri”.

Non credo che il nostro governo cambierà posizione: questo significa che noi italiani saremo cornuti e mazziati. Chissà se chiederanno anche di oscurare le immagini di Wikipedia se ci si connette dall’Italia…

Proof (ebook)

copertinaCos’è una dimostrazione? Non è così semplice come sembra a prima vista, nemmeno se ci limitiamo alla matematica. Kucharski fa l’esempio di Weierstrass, che ha costruito funzioni “mostruose” facendo vedere che Cauchy aveva sbagliato le sue dimostrazioni. Ma non è la matematica il tema principale del libro: Kucharski spazia con esempi di tutti i tipi. Abraham Lincoln si mette a studiare da solo Euclide perché ritiene che anche in tribunale bisogna arrivare ad essere certi “al di là di ogni RAGIONEVOLE dubbio” ai fondamenti della statistica. Gosset (quello del test t0Student) e Pearson che sviluppano la statistica dove non si può “dimostrare” un risultato ma si può solo avere una stima di quanto esso sia coerente con l’ipotesi. I tanti esempi sul Covid (Kucharski è stato un consulente scientifico per la gestione della pandemia in UK) mostrano che spesso non abbiamo controfattuali per dimostrare che l’approccio scelto fosse il migliore. Leggendo il libro, potete vedere come la matematica non sia un sistema granitico come potrebbe sembrare a prima vista, ma qualcosa di calato nel mondo.

Adam Kucharski, Proof : The Uncertain Science of Certainty, Profile 2025, pag. 368, € 13,99 (cartaceo:27,50), ISBN 9781782838999 – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me
Voto: 4/5