Archivi annuali: 2018

Missing in inaction

Il premier ungherese Orbán e Matteo Salvini hanno parlato in prefettura a Milano perché l’incontro era ufficiale e non una visita tra amici, dicono. Qualcuno si era ricordato di avvisare il “vero” omologo di Orbán, il povero Peppino Conte?

Ultimo aggiornamento: 2018-08-29 09:53

MAKE POSTS FAST

Tra lo spam di questi giorni (la sbornia dei post in tedesco con errori di ortografia sembra passata) trovo alcune copie di questo

Hi. I see that you don’t update your page too often. I know that writing posts is time consuming and boring.
But did you know that there is a tool that allows you to create new posts
using existing content (from article directories or other
blogs from your niche)? And it does it very well. The new posts are high quality and pass the
copyscape test. Search in google and try: xxx

Non sono andato a guglare la stringa originale, e comunque Akismet sbatte già automaticamente nello spam questa roba. Mi chiedo solo quanti pezzi del *mio* blog saranno finiti in giro… (e in effetti pare che paulkrost.com abbia vari miei pezzi dal Post).

Torna la direttiva sul copyright

Come forse ricordate, il voto di luglio all’Europarlamento non aveva cancellato la direttiva sul copyright, ma semplicemente spostato l’esame dalla commissione JURI alla plenaria. Il 5 settembre scadrà il tempo per proporre emendamenti e il 12 si voterà. All’avvicinarsi della data, i vari gruppi di lobbisti affilano le armi per quanto riguarda gli articoli più importanti. Gli editori, per esempio, puntano moltissimo sulla Google Tax, o se preferite sul diritto di ricevere un compenso da parte di chi raccoglie i link ai vari articoli di giornali su un certo argomento: in pratica, l’articolo 11 della direttiva. Domenica scorsa Le Monde ha pubblicato un articolo di Sammy Katz, corrispondente da Baghdad di France Press, che fa notare alcuni punti indubitabili: il buon giornalismo costa, Google e Facebook non hanno giornalisti, e i due OTT (Over The Top, le aziende che si basano su raccolta e condivisione di risorse create da altri) fanno miliardi di utili “a sbafo”.

Tutto vero. Ma, come Guido Scorza fa notare, da queste premesse non segue necessariamente un testo dell’articolo 11 come quello presentato a luglio. Premesso doverosamente che non stiamo parlando di articoli copiati verbatim o quasi – questa è pirateria bella e buona, ma non sono certo gli OTT che la fanno – e premesso che ci mancherebbe solo che le URL fossero toccate, a meno che non si voglia chiudere Internet (anche se in effetti è raro trovare articoli dei nostri quotidiani online con link esterni, forse si vogliono preparare alla possibilità) resta tutta la via di mezzo.

Un articolo ha un’URL, un titolo, un eventuale catenaccio, un testo. Dove si può porre il limite per definire il materiale preso dall’autore originale un “furto di attenzione”? Il mio pensiero naïf è “quando non mi viene voglia di aprire il link e andare a leggere la notizia completa”. Peccato che non funzioni: i titoli acchiappaclic passerebbero il discrimine (occhei, io non li apro mai nemmeno dalle pagine web dei giornali, ma so di essere un’eccezione) mentre spesso un titolo e tre righe di testo sono sufficienti per farsi un’idea. Ma in questo caso possiamo davvero dire che l’articolo in questione è costato tempo e fatica? Non lo so. Diciamo che sarebbe bello parlarne senza preconcetti e trovare una soluzione sensata. (E ricordo sempre che nella formulazione attuale dell’articolo 11 Wikipedia potrebbe citare l’URL della sua fonte, ma non il titolo dell’articolo. È quello che si vuole?)

Ultimo aggiornamento: 2018-08-28 20:07

_Eloquent Javascript_ (libro)

Javascript è piuttosto pervasivo nel mondo web. In questo libro (Marijn Haverbeke, Eloquent Javascript : A Modern Introduction to Programming No Starch Press 2014², pag. 478, $39.95, ISBN 9781593275846) Haverbeke cerca di dare un’idea dell’ecosistema alla base del linguaggio, senza nascondere sotto il tappeto le sue magagne (ogni linguaggio di programmazione ha punti di forza e di debolezza); i vari capitoli terminano sempre con esercizi da svolgere nella sandbox creata nel sito collegato, e ogni tanto il fluire dei capitoli è inframmezzato da un progetto di più ampio respiro. Detto questo, io mi sono trovato abbastanza a disagio. Il libro, o almeno i primi capitoli è pensato per chi ha solo una minima base di programmazione: ma chi come me proviene da un linguaggio come il C fa fatica a comprendere le differenze logiche di struttura, che non sono mai racchiuse in comode tabelle al termine del capitolo ma sono appunto sparse nel testo. Come si suol dire, “Your mileage may vary”. Mi sono trovato meglio con la parte su HTML e HTTP, ma solo perché i metodi sono relativamente standard, e naturalmente li conosco da una vita.

Ultimo aggiornamento: 2018-08-28 09:39

Daniel Dennett e il pensiero critico

Riuscire a pensare prima di esprimere un’opinione sta diventando sempre più difficile: non tanto perché stiamo diventando più stupidi (quantunque…) ma soprattutto perché siamo esposti a troppe informazioni e non abbiamo il tempo di distillarle e ottenere della conoscenza. Mai come oggi occorrono insomma tecniche per riuscire a pensare “bene”: non grandi pensieri ma pensieri che abbiano un minimo di base. Cinque anni fa il filosofo americano Daniel Dennett esplicitò i suoi sette strumenti per esercitare il pensiero critico in campo filosofico. L’articolo originale del Guardian sembra sparito nelle secche di Internet, ma per fortuna è facile trovare una parafrasi dei suoi consigli. Eccoli qua.

1. Sfrutta i tuoi errori

Tutti noi sbagliamo. Quando ce ne accorgiamo o siamo costretti ad accettare la cosa, il nostro primo impulso è di trovare delle scuse; al massimo accettiamo la cosa e cerchiamo di nascondere anche a noi stessi l’errore. (Avrete già capito che, come del resto fa Dennett, mi sto rivolgendo a persone intellettualmente oneste. Se siete tra quelli convinti di avere sempre e comunque ragione, perché state leggendomi?) Ciò che invece dovremmo fare è fermarci, fare un bel respiro, stringere i denti e analizzare l’errore col maggiore dettaglio e nel modo più asettico possibile. Certo, farà male. Ma ci dà la possibilità di imparare davvero dagli errori, e non limitarci a evitare di rifare le stesse cose.

2. Rispetta il tuo interlocutore

Non è una banale massima di bontà, ma un trucco retorico e logico allo stesso tempo. Molto prosaicamente, se vogliamo persuadere gli altri dobbiamo fare in modo che ci ascoltino davvero, e non si limitino a rispondere automaticamente alle nostre affermazioni. Per avere qualche chance di riuscirci, dobbiamo evitare di essere pedanti, aggrapparci alle minuzie, insultanti, o banalmente non equi. Dennett dice che dobbiamo prima dimostrare di aver capito le loro posizioni tanto quanto loro stessi, e di essere onesti.

3. Attenti al clacson “certamente”

Mentre il punto precedente si applica quando ci troviamo in una discussione, questo viene usato quando stiamo leggendo un saggio, o almeno qualcosa in più di una battuta. A che serve un clacson, oltre che a far casino quando la nostra squadra del cuore ha vinto il campionato? Serve a segnalare una situazione di pericolo. Bene. Quando qualcuno scrive “certamente”, o parole simili come “ovviamente” è come se stesse suonando un clacson. Se una cosa è davvero ovvia o certa, perché sottolinearlo? Quello che spesso capita nella realtà è che l’autore non sia poi così sicuro che la cosa sia così certa e speri che il lettore la accetti senza pensarci troppo su.

4. Rispondi alle domande retoriche

Una domanda retorica non è poi troppo diversa dall’uso di parole come “certamente”: viene fatta per fare sì che l’interlocutore pensi (come sempre, stiamo parlando di persone in grado di pensare) che rispondere sia imbarazzante. Dennett fa l’esempio di una striscia dei Peanuts, dove Charlie Brown domanda retoricamente “Chi può stabilire cosa è giusto e cosa sbagliato?” al che Lucy replica immediatamente “Io.”, destabilizzando ancora una volta il povero Charlie Brown: se fosse un filosofo sarebbe costretto a riesaminare il proprio pensiero, non foss’altro che perché ha scoperto che in effetti c’è chi si arrogherebbe questo diritto.

5. Usa il rasoio di Occam

No, non è stato Occam a inventare il principio che porta il suo nome, e che al suo tempo – il XIV secolo – era noto come lex parsimoniae. Non è il nome che conta: l’importante e applicare l’idea, vale a dire non concepire una teoria complicata e stravagante se ce n’è una più semplice (con meno ipotesi necessarie e meno enti in gioco) che funziona allo stesso modo.

6. Non sprecare tempo con le idiozie

La legge di Sturgeon afferma “Il 90% di qualunque cosa è spazzatura.” Forse la percentuale è un po’ esagerata, ma il punto è che è inutile perdere tempo su temi che sono semplicemente sbagliati o falsi, il tutto per amore delle discussioni ideologiche. Chiudete subito: ci guadagnerete in tempo a disposizione e minore acidità di stomaco.

7. Fa’ attenzione ai profondismi

Dennett lascia questo punto per ultimo perché fa parte della sua pluridecennale lotta conto metafisici, mistici, teologi, filosofi postmoderni e poeti più o meno ermetici. Il termine “profondismo” (in inglese “deepity”) è stato coniato dall’informatico Joseph Weizenbaum ma è stato adottato da Dennett; un profondismo è “una frase che sembra essere un’importante e profonda verità, ma solo perché è intrinsecamente ambigua”.

Tutto questo ci servirà nelle discussioni in rete? Secondo me, non molto. Come chiosavo all’inizio, i punti elencati da Dennett servono per esercitare il pensiero critico, non per infilarsi tra le schiere dei beoti e uscirne – se non proprio vincitore – almeno vivo. Però applicare questi punti può servire (stavo scrivendo “certamente”…) a smascherare quanto ci viene propinato dai vari social guru in proprio oppure affittati da Chi Si Ritiene Importante. Come sempre ci vuole tempo, ma con un po’ di esercizio almeno i campanelli di allarme dovrebbero suonare subito. Vi sembra poco?

Ultimo aggiornamento: 2018-08-27 11:00

_Beyond Infinity_ (libro)

[Nota: il libro è anche disponibile in italiano, con titolo La matematica dell’infinito: io ho letto la versione originale, però] Eugenia Cheng ha un modo molto personale di parlare di matematica: nel suo libro precedente paragonava la teoria delle categorie al cucinare dolci, qui (Eugenia Cheng, Beyond Infinity: An Expedition to the Outer Limits of Mathematics, Profile Books 2017, pag. 295, Lst 7.99, ISBN 9781782830818, link Amazon) il viaggio verso l’infinito è costellato di ricordi di vita personale. Il lettore che sappia già un po’ di cose sulla teoria degli infiniti forse non troverà molto di nuovo; il libro in fin dei conti si limita a sfiorare i problemi posti dalla teoria cantoriana. Il neofita invece troverà un grande vantaggio, perché Cheng batte moltissimo sulla constatazione che non possiamo fare matematica dell’infinito con le regole solite, e soprattutto mostra esplicitamente dove e come queste regole saltano. In questo modo si evitano tutti i danni dell’approccio scolastico tipico “si deve fare così”, che rende la matematica troppo simile a una collezione di articoli di legge da imparare a memoria. (Sì, anche in diritto le leggi non nascono dal nulla ma hanno un razionale: ma ci siamo capiti).

Quale amore di precisione!

Qui in spiaggia è stata temporaneamente vietata la balneazione vicino alla foce del torrente Rupinaro. Vabbè, capita. Ma quello che mi ha lasciato perplesso è la specifica degli estremi dell’area interdetta, che oltre ai punti di riferimento fisici indica le coordinate GPS con sei cifre decimali di precisione. Facciamo un po’ di conti spannometrici. All’equatore un grado di longitudine equivale a circa 111 km, quindi un milionesimo di grado sono 111 mm, 11 centimetri. Qui siamo intorno al 45° parallelo, quindi bisogna moltiplicare per 0,7: arrotondato, 8 centimetri. Un GPS civile ha una precisione di qualche metro, quindi la sesta cifra decimale, e probabilmente anche la quinta, non hanno alcun senso. Aggiungiamo che gli estremi non sono delle linee tracciate con una funicella, ma degli istmi che permettono di essere leggermente meno precisi. Però volete mettere come il comune mostra di essere all’avanguardia?

Ultimo aggiornamento: 2018-08-24 11:22