Archivi annuali: 2011

wikitrapper

Ho già parlato a suo tempo di Perle Complottiste. Ne riparlo oggi perché hanno lanciato una nuova iniziativa: i Wikitrapper. Cosa dovrebbero fare? Lo lascio dire a loro stessi: «abbiamo un nutrito gruppo di “agenti operativi”, i Wikitrapper, che pattuglieranno Wikipedia e ci daranno una mano a mettere a nudo le malefatte che vi si annidano e i loro responsabili.». Le istruzioni per come diventare Wikitrapper sono pubbliche: potete tranquillamente compulsarle e decidere cosa fare.
Io mi limito a segnalare una minuscola incongruenza. Il punto 17 delle istruzioni (davvero dettagliate, dovrei scopiazzarle in gran parte per spiegare come si contribuisce a Wikipedia in maniera costruttiva) afferma «Non impiegheremo i Wikitrapper in formazioni numerose: il nostro fine non è quello di alterare il risultato delle votazioni o la formazione del consenso, bensì di coinvolgere e sensibilizzare la comunità dei Wikipediani.». Eppure viene esplicitamente richiesto di arrivare (con calma, e senza dare nell’occhio) a produrre un numero di contributi tale da raggiungere i requisiti di voto (punto 5 delle istruzioni suddette), cosa che è assolutamente inutile per gli scopi indicati, cioè «che il maggior numero di wikipediani partecipi alla vita della comunità»; l’autorevolezza si ottiene partecipando intelligentemente, non contando il numero di edit fatti. Credo di essere sufficientemente autorevole, eppure se uno va a guardare le statistiche si vede che non sono certo un amministratore così attivo… Insomma sarò un po’ complottista inside anch’io, ma qualcosa non mi torna.
P.S.: lascio ai miei lettori decidere se e quali delle segnalazioni dei complottisti siano fondate. Per quanto io spesso usi biechi trucchetti retorici quando scrivo, sono dell’opinione che ognuno debba pensare con la propria testa :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-10-13 17:22

Dennis Ritchie

Anche se la sua morte fosse avvenuta in un momento diverso dal cordoglio totale globale per la prematura dipartita di Steve Jobs, mi sa che la scomparsa di Dennis Ritchie non avrebbe comunque raggiunto non dico le prime pagine dei giornali, ma almeno le loro sezioni culturali: il che prova, se ce ne fosse bisogno, che non basta il genio e le creazioni per essere famosi ma occorra anche apparire.
Per quelli tra i miei ventun lettori che non hanno un background tecnologico, spiego in due parole cosa Ritchie ha fatto negli anni ’60 e ’70: assieme a Ken Thompson ha sviluppato Unix, cioè il primo vero sistema operativo per piccoli computer, e insieme a Brian Wilson Kernighan ha sviluppato il linguaggio di programmazione C, strettamente collegato a Unix. Ma detto così non si riesce a capire la portata di queste creazioni: forse è meglio un esempio più visibile. Immaginate che ogni modello di automobile avesse un suo proprio sistema per accendere i fari, azionare le frecce o il tergicristallo, oppure ancora cambiare marcia; e che qualcuno sviluppasse un sistema che dal punto di vista dell’automobilista apparisse identico su ciascun modello, lasciando al costruttore il compito di convertirlo nell’effettivo comando per quella vettura. Ecco: Ritchie ha fatto proprio quello. In Unix tutto assomiglia a un file, e il programmatore lo tratta come tale: sono i driver del computer che si occupano di spiegare a basso livello cosa significa il comando eseguito. Aggiungere questo strato di astrazione è stato fondamentale per ampliare la base dei programmatori, che continuano ad essere artisti ma sono ora più liberi di creare i propri programmi senza perdere tempo a vedere dove verranno eseguiti. Niente male, vero?
Però Ritchie è sempre stata una persona schiva: dal suo punto di vista penso volesse così e quindi la scelta era da rispettare, ma ora permettetemi appunto queste poche righe di ringraziamento.

Ultimo aggiornamento: 2011-10-13 11:59

La considerazione dell’Italia

Ieri mattina mi è arrivato un messaggio di spam che ha saltato i filtri google. Per la cronaca, mi è arrivato sull’alias wikimedia, non so se la cosa conti. Ad ogni buon conto, il messaggio, intitolato «For the kind attention of Respected Director» (sapeste quanto mi rispettano…) e proveniente da “E-Learning OCL <pdm@ocl.ac>”, iniziava così:

«Respected Director ,
Oxford College of London (OCL) is a private independent college offering Edexcel BTEC courses in various specialities. OCL has vast experience of providing Edexcel courses to international students from countries such as India, Nepal, Bangladesh, Nigeria, Ghana, Pakistan etcetera.»

Non credo ci sia da aggiungere molto.
(beh, no, qualcosa da aggiungere c’è. Avete notato come l’indirizzo di provenienza del messaggio sia un .ac, cioè l’Isola di Ascensione? Naturalmente la scelta non è casuale: gli indirizzi accademici inglesi sono .ac.uk, e si può sempre sperare che qualcuno ci caschi e non noti la mancanza del .uk finale. Comunque i corsi costano solo 500 sterline cadauno: rispetto ai nostri master credo valgano uguale – zero – ma siano molto più economici)

Ultimo aggiornamento: 2011-10-13 07:00

ascetagghe

[la grammatica è UN opinione]
In questi giorni è uscito un nuovo libro di Stefano Bartezzaghi, Come dire, che ha come sottotitolo “Galateo della comunicazione”. Mi è stata graziosamente spedita una copia: ora che riprendo a respirare inizierò a leggerlo sicuramente con gusto. Ma non è di questo che volevo parlare: la recensione la pubblicherò a suo tempo.
Repubblica, il quotidiano a cui Stefano collabora, ieri sera ha pubblicato un articolo al riguardo. No, non un articolo sul libro: libro che è pubblicato da Mondadori, quindi dall’Arcinemico, e che non può certo essere citato così aggratis. L’articolo è sulla discussione avvenuta ieri su Twitter con l’hashtag #comefare (per chi non è aduso a Twitter: l’hashtag è una parola che inizia con il carattere “#”, hash in inglese, e che viene messa nei messaggi twitter in modo che chi voglia leggere tutto quello che è stato scritto su un certo tema possa usare la parola stessa come chiave di ricerca. Il “#” serve naturalmente per eliminare i falsi positivi).
Bene, anzi male. L’articolo è stato pubblicato ieri sera alle 18:44. Adesso (le 10:30 del giorno dopo) continuano a campeggiare nelle prime tre righe del testo l’espressione «ash tag» (in corsivo, come per spiegarci che non è un’espressione italiana… peccato non sia neppure inglese) e soprattutto «*un opinione» senza il doveroso apostrofo prima di una parola che a meno di decreti legge promulgati nottetempo resta di genere femminile. Il tutto, lo ricordo, in un articolo che parla di come i retaioli amino parlare di grammatica… “grammar nazi” sarebbe il termine usato in genere ma non oso pensare come il signor «© Riproduzione riservata» potrebbe traslitterarlo [*]. O mi state dicendo che è tutto un modo per parlarne di più?
[*] Ecco, io spesso sono un grammar nazi e rabbrividisco nel vedere usato in un articolo la forma “E'” invece che “È”.

Ultimo aggiornamento: 2011-10-12 10:30

Di giudici e di medie

La notizia non è recente, e non mi ricordo nemmeno chi me l’ha segnalata (la scorsa settimana è stata pesantuccia per il sottoscritto), ma vale sempre la pena di riesumarla: in fin dei conti dieci giorni non sono poi così tanti.
L’edizione di Bari di Repubblica.it ha pubblicato un articolo che racconta come una fortunata signora che ha pensato bene di ricorrere al giudice di pace perché pinzata dal Tutor a correre troppo veloce in autostrada è riuscita a farsi annullare le multe. Per chi non sapesse cosa sia, il Tutor è un sistema che fotografa e riconosce le targhe degli autoveicoli che passano sotto le telecamere poste in autostrada a distanza di pochi chilometri l’una dall’altra, calcola il tempo impiegato per percorrere il tratto, e se la velocità che ne esce fuori è superiore ai limiti ti fa la multa.
Quali sono stati i due motivi per cui il giudice di pace ha accettato il ricorso, almeno secondo l’articolo? Il primo non è matematico ma legale: visto che non è possibile stabilire dove è avvenuta l’infrazione, il foro di competenza è quello dove risiede il richiedente (toh… così la sentenza la può emettere il giudice di pace stesso). Dal mio ignorante punto di vista, se ti dicono che tra il km 150 e il km 155 della A4 sei andato a 150 all’ora, e quel tratto dell’autostrada è tutto sotto la procura di Milano, non vedo perché non debba essere competente il giudice di Milano: ma non sono un leguleio, e magari c’è qualcosa che mi sfugge in tutto questo. Ma tanto penso di avere competenza sufficiente per valutare il secondo motivo.
Nel calcolo della velocità che ha portato all’emissione della multa, infatti, dalla misurazione effettuata è stato tolto il 5%, esattamente come capita nel caso di un autovelox. Bene: l’ineffabile giudice ha affermato che il tutor non si può equiparare all’autovelox – e fin qua siamo d’accordo – ma ha aggiunto che «Nel caso in questione o non dev’essere applicata riduzione alcuna, oppure occorre adottarne una diversa, una riduzione ‘progressiva’ del 5%, 10% e 15%. Con il solo 5% sulla velocità media non vi è infatti certezza del superamento della velocità consentita». Come scrivevo, il 5% di “sconto” sulla velocità calcolata con l’autovelox ha una sua logica: l’apparecchiatura può essere mal tarata, i tempi di passaggio sono molto piccoli, e quindi è giusto tenersi un po’ larghi. Nel caso del tutor, anche se sbagli di 10 metri sulla distanza tra i due punti di controllo e di mezzo secondo sul tempo di percorrenza hai un errore complessivo ben minore dell’1%, quindi si potrebbe tranquillamente evitare questo sconto. Però credo che anche uno affetto da discalculia acuta riesce a concepire il fatto che se è stata tolta una certa percentuale alla velocità effettivamente misurata il tutto è solo a favore del multato. E soprattutto, se la velocità media di un’automobile è X, è impossibile sia matematicamente che fisicamente che l’automobile abbia sempre viaggiato a una velocità inferiore a X. Certo, non possiamo sapere se in un certo momento la velocità fosse stata così elevata che si sarebbe potuta elevare una sanzione più onerosa: ma riuscire ad affermare che la «presunta media di infrazione compiuta» leda «i principi fondamentali di diritto alla difesa e certezza del diritto» è una frase che lede i princìpi fondamentali della matematica (e della logica). Sigh.
(non commento nemmeno la frase di Giovanni D’Agata, “componente del Dipartimento tematico nazionale Tutela del consumatore” di Italia dei valori e fondatore dello Sportello dei diritti”, che afferma che la sentenza «costituisce un prezioso precedente per quanti vorranno ricorrere a questo tipo di sanzioni amministrative che in effetti non denotano una particolare trasparenza nella loro emissione» Voglio esssere buono e sperare che la scarsa trasparenza sia dovuta al fatto che la notifica della multa non specifichi esattamente in quale tratto dell’autostrada e in quali momenti sia avvenuta l’infrazione: non avendo mai preso questo tipo di multa, magari in effetti è così)

Ultimo aggiornamento: 2011-10-12 07:00

armadi

Per chi si preoccupava della mancanza del mio post biannuale: tra domenica e ieri c’è stato il giro degli armadi, a cui per fortuna ho dovuto contribuire poco. E infatti ritorna il caldo.

Ultimo aggiornamento: 2011-10-11 12:18

wikisassolini

Ora che il clamore dello “sciopero di Wikipedia” è scemato – si sa, ognuno avrà i suoi 15 minuti di gloria… – ed è tornato il solito tran tran penso che sia arrivato il momento di aggiungere qualche considerazione. Attenzione: tutto quello che scrivo è a titolo puramente personale, a meno che non scriva esplicitamente il contrario.
(1) Wikimedia Italia non è mai stata capace a gestire bene i flussi di informazione, specialmente se maggiori del previsto. Basti pensare che non esiste nemmeno un vero portavoce: questa primavera ho iniziato a farlo io (aggratis) in attesa che si trovasse una persona esperta di comunicazione e sufficientemente esperta dei progetti Wikipedia. Io tutto quello che so di comunicazione me lo sono costruito nei decenni di frequentazione della rete: sono in grado di scrivere un comunicato o un articolo comprensibile e piacevolmente leggibile (no, il comunicato dell’oscuramento non è mio, ho solo modificato qualche parola qua e là: il comunicato mio è quello di solidarietà apparso su wikimedia.it), ma non sono un grande oratore a braccio. Certo però che se l’oscuramento parte senza che io lo sappia sono per forza costretto ad arrampicarmi sugli specchi almeno all’inizio, oltre a perdere mezza nottata per recuperare tutti i dati ed essere pronto per le interviste successive.
(1 bis) Comunque non è il mio mestiere, inutile. Avrò magari la voce sexy (me l’ha scritto mia cognata… non so dove mi abbia sentito, ho perso il conto delle interviste) però è un impegno troppo grande per me.
(2) Naturalmente si poteva dire che la scelta migliore sarebbe stata lasciar parlare direttamente gli organizzatori dell’oscuramento. Peccato che loro abbiano scelto (era un loro diritto) non solo di non avere i loro nomi o nickname per rafforzare l’idea di collettività, ma nemmeno di avere qualche portavoce ufficiale: così tutti i media sono corsi all’unico contatto che loro hanno con l’enciclopedia, Frieda. Avesse risposto lei, la situazione interna sarebbe diventata ancora più complicata, visto che Wikimedia Italia non è la comunità di Wikipedia; così io e un paio di altre persone meno esposte ci siamo trovate in mezzo al ciclone. Posso capire che l’idea dei wikipediani sia stata “niente contatti, perché i giornalisti ci traviseranno”: peccato che i giornalisti le notizie in un modo o nell’altro le debbano mettere, quindi tanto valeva provare a spiegarsi con chi aveva voglia di stare ad ascoltare, no?
(3) Il blocco è stato un successo mediatico incredibile, almeno per me. Ma è durato troppo, sempre “almeno per me”. Io l’avrei sospeso già alle 00:00 di giovedì: il mondo politico aveva già capito tutto quello che poteva capire, la gente che consulta Wikipedia aveva avuto la possibilità di capire qualcosa in più di quello che stava succedendo, ma il supporto popolare può cambiare molto velocemente in rabbia. Vedere una sfilza di talebani che avrebbero persino continuato fino a un’eventuale votazione parlamentare (e poi? si aspetta la discussione al Senato?) mi ha preoccupato molto. È ovvio che tutti noi abbiamo idee diverse, ma vorrei che queste idee non fossero dei totem indiscutibili.
(4) Occhei, c’è stata persino un intervista fatta da Radio Vaticana (non l’ho fatta io ma un altro wikipediano noto mangiapreti, per la legge del contrappasso…). Ma in generale ci sono stati due tipi di giornalisti. Quelli dei media di sinistra, che hanno cercato chi più chi meno di farmi dire che la protesta era contro Berlusconi (e dire che circa metà del comunicato sull’oscuramento è stato scritto da un elettore del centrodestra…), e quelli dei media di destra, che hanno scelto di non chiedere nulla e scrivere per conto loro (i curiosi possono vedere qua una rassegna stampa a riguardo, e farsi da soli un’idea). Nel primo caso ho avuto la possibilità di spiegare che non era affatto vero, con esempi più o meno forti a seconda della forza delle affermazioni dell’interlocutore: nel secondo caso ovviamente non ho potuto fare nulla. A quanto pare, però, il concetto di “indipendenza dagli schieramenti politici” e il concetto correlato di “i singoli possono avere le idee che vogliono, ma quando sono sotto il cappello di Wikipedia operano tutti solo per essa” in Italia sono troppo incredibili per essere accettati.
(5) Ovviamente sono anche arrivate le critiche – non solo da destra – del tipo “sì, tutto bello, ma Wikipedia non è il paradiso che dice di essere”. Mannò. Non l’avrei mai pensato. Peccato che ad agosto i contributori a it.wiki sono stati meno di tremila, e i contributori seri (tra cui non ci sono io, giusto per specificare) 457. Con questi numeri è possibilissimo che siano le opinioni di pochi a prevalere: ma gli assenti hanno sempre torto.
(5bis) Ah: io sono un enciclopedico coglione, come dice un esperto galatticamente acclamato. Ma non sono un enciclopedico idiota: sapevo e so benissimo che c’è tutto il resto del DDL antiintercettazioni che è molto più pericoloso del possibile blocco di Wikipedia. Ma non è sotto la bandiera di Wikipedia che la gente deve mobilitarsi al riguardo! Se volete, la mia sarà una posizione alla Brian di Nazareth, ma credo fermamente che sfruttare X per ottenere Y sia pericoloso e comunque non corretto…

Ultimo aggiornamento: 2011-10-10 07:00

gioco della domenica: Mooo

Qualcuno dei miei amici telematici di più lunga data si ricorderà delle Mucche Sferiche A Densità Uniforme. Beh, in Mooo la protagonista è proprio una MSADU! Scopo del gioco (ci sono venti livelli più un editor per crearne di nuovi) è far rotolare la mucca vicino alla bottiglia di latte, per riempirlo. Buon lavoro da mungitori!
(via Passion for Puzzles)

Ultimo aggiornamento: 2011-10-09 07:00