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Affrancare

Ieri l’amministratore del condominio dove abito ha scritto una mail in cui ricordava di pagare le rate condominiali (io avrei trovato più logico che scrivesse solo agli inadempienti, ma tant’è), terminando con

Vi rammento che i vasi su davanzali debbono essere ben affrancati e non costituire un pericolo per i passanti.

(la sottolineatura è sua). Mi sto chiedendo se devo mettere un francobollo sui vasi del nostro davanzale – che comunque sono tutti ben legati – oppure posso limitarmi a liberarli dalla schiavitù (dei sottovasi?)

Tutti per uno

Oggi Il tamburo riparato compie tre anni (tra gli auguri ci trovate anche un mio racconto, per gli amanti del genere). Ma oggi si festeggiano anche i cinquant’anni dell’uscita del primo film dei Beatles, A Hard Day’s Night. Le due cose non sono poi così in contrapposizione, considerato che Juhan ha parlato del film proprio la scorsa settimana.

Visto che nel post di Juhan c’era il link a un video di YouTube col film sottotitolato in italiano, ho provato a darci un’occhiata, almeno per rivedere le scene quando Ringo se ne va; e ho scoperto che i sottotitoli dovevano essere d’epica, per quanto oggi appaiono ridicoli. Rispetto al doppiaggio, i sottotitoli non hanno problemi di sincronizzazione labiale; i guai ci sono solo nel caso di vattute pronunciate molto in fretta. Questo lascia qualche grado di libertà in più al traduttore, che però in questo caso non li ha sfruttati bene. Passi per il ragazzino che dice a Ringo “Sei proprio burbero!”, ed è subito un manuale di conversazione di cinquant’anni fa; ma non ha nessun senso tradurre letteralmente un gioco di parole. Quando gli altri tre si accorgono della scomparsa di Ringo, uno – John? – dice infatti “We now are a limited company”, che nei sottotitoli è diventato “Ora iamo una società per azioni”, lasciando penso perplesso lo spettatore. La cosa buffa è che si poteva far finta di nulla e inventarsi una battuta diversa, chessò “Non siamo una società a responsabilità limitata!” che avrebbe reso comprensibile il perché subito dopo sono andati in cerca dell’amico.

Ma la cosa più divertente è stato vedere che il nonno di Paul, definito “a troublemaker” nell’originale, è diventato “intrigante”. D’accordo, in questo mezzo secolo la parola “intrigante” ha cambiato completamente significato; ma anche al tempo l’aggettivo significava “che ordiva intrighi”… Certo che all’epoca i sottotitoli non erano mica considerati come adesso!

Ultimo aggiornamento: 2014-07-11 22:32

Autocertificazione di morte

Anche se il meteo non lo farebbe sembrare, siamo in estate e c’è bisogno di notizie leggere, non importa se con un retrogusto macabro. Così Repubblica mostra i moduli dove a Saronno si sarebbe dovuta “autocertificare la propria morte”… e giù con le risate.
Io sono un grammarnazi, ma non vedo nulla di strano nel parlare di “Autocertificazione dichiarazione di morte”, considerando che non c’è mica scritto “della propria morte”. Non è una certificazione perché chi la compila non ha il diritto di certificare per terzi sconosciuti, e non è tanto più diverso del nuovo modulo rapidamente approntato, che recita “Autocertificazione di morte di XYZ” (è la seconda foto nella galleria). Forse “Autocertificazione di denuncia di morte” sarebbe corretto, ma è burocratico in maniera tragica.
Del resto, a me pare molto, molto più buffo aver dovuto compilare un’autocertificazione di esistenza in vita :-)

Ultimo aggiornamento: 2013-06-29 23:12

coscenze

[coscenze brambilliane] Come forse sapete, la versione mobile di Facebook prevede di infilarti nello stream delle “suggested pages”; pubblicità – immagino a pagamento – con la scusa che qualcuno dei tuoi amici ha messo un “mi piace” sulla pagina in questione. Nonostante i miei amici faccialibro siano ben pochi, ogni tanto mi capitano cose strane, come la pagina di Michela Vittoria Brambilla.
Vabbè, uno può anche farsene una ragione. Peccato che la foto presa per pubblicizzare la pagina fosse questa: garantisco che anche da furbofono il “coscenza” del cartello dietro la ex ministro era ben visibile.
Certo, il cartello non è stato scritto da MVB: però la foto nella sua bacheca se l’è tenuta lei…

Ultimo aggiornamento: 2013-06-17 13:36

grammatica microsoftiana

Secondo il correttore automatico di Office 2010, in italiano non esiste la parola “esotiche”. Il suggerimento è di correggerla in “esotice” (oppure “erotiche”, “esopiche”, “stoiche”).

Ultimo aggiornamento: 2013-06-05 22:20

caro biglietto, ho una brutta notizia per te…

Ieri ero in metropolitana. Arrivato a Cairoli, ho notato il cartellone che spiegava come fosse necessario timbrare il biglietto anche in uscita. Essendo però domenica, mi sono concesso qualche secondo in più, e ho anche letto la versione inglese del testo, che trovate in questa foto.
Il testo italiano è al solito burocratico, e in esso “si invitano i passeggeri a prepararsi per questa operazione”. Estote parati, lo dicono anche gli scout. In inglese il testo è molto più icastico: “Prepare your ticket for this operation” Peccato che “to prepare” ha una costruzione un po’ diversa: si prepara qualcuno, non qualcosa, a una certa evenienza. Però magari ci sarà anche qualcuno che prenderà il suo biglietto, lo carezzerà dolcemente, e gli sussurrerà “Non preoccuparti!non è che non ti voglia bene, e anzi mi piange il cuore: però devo di nuovo infilarti in quella fessura. Ma stai tranquillo: ti riprendo subito dopo!” Era così difficile scrivere “Have your ticket ready”?
(ah: perché sia nella versione italiana che in quella inglese l’ultima frase non termina con un punto? Si vuole forse far intuire un indefinito futuro?)

Ultimo aggiornamento: 2012-10-15 07:00

ascetagghe

[la grammatica è UN opinione]
In questi giorni è uscito un nuovo libro di Stefano Bartezzaghi, Come dire, che ha come sottotitolo “Galateo della comunicazione”. Mi è stata graziosamente spedita una copia: ora che riprendo a respirare inizierò a leggerlo sicuramente con gusto. Ma non è di questo che volevo parlare: la recensione la pubblicherò a suo tempo.
Repubblica, il quotidiano a cui Stefano collabora, ieri sera ha pubblicato un articolo al riguardo. No, non un articolo sul libro: libro che è pubblicato da Mondadori, quindi dall’Arcinemico, e che non può certo essere citato così aggratis. L’articolo è sulla discussione avvenuta ieri su Twitter con l’hashtag #comefare (per chi non è aduso a Twitter: l’hashtag è una parola che inizia con il carattere “#”, hash in inglese, e che viene messa nei messaggi twitter in modo che chi voglia leggere tutto quello che è stato scritto su un certo tema possa usare la parola stessa come chiave di ricerca. Il “#” serve naturalmente per eliminare i falsi positivi).
Bene, anzi male. L’articolo è stato pubblicato ieri sera alle 18:44. Adesso (le 10:30 del giorno dopo) continuano a campeggiare nelle prime tre righe del testo l’espressione «ash tag» (in corsivo, come per spiegarci che non è un’espressione italiana… peccato non sia neppure inglese) e soprattutto «*un opinione» senza il doveroso apostrofo prima di una parola che a meno di decreti legge promulgati nottetempo resta di genere femminile. Il tutto, lo ricordo, in un articolo che parla di come i retaioli amino parlare di grammatica… “grammar nazi” sarebbe il termine usato in genere ma non oso pensare come il signor «© Riproduzione riservata» potrebbe traslitterarlo [*]. O mi state dicendo che è tutto un modo per parlarne di più?
[*] Ecco, io spesso sono un grammar nazi e rabbrividisco nel vedere usato in un articolo la forma “E'” invece che “È”.

Ultimo aggiornamento: 2011-10-12 10:30