Ieri sul Corsera cartaceo è apparso questo articolo, a firma Paola Caruso (gli affezionati amici dei socialcosi probabilmente si ricordano di lei), con un’intervista al matematico americano Harvey Friedman. Abbiamo il tocco di colore, dove viene scritto che Friedman «il genio dei numeri entrato nel Guinness dei primati per essere diventato professore a Stanford a 18 anni, dopo la laurea e il Phd al Mit di Boston», e capisco la necessità di inserirle nell’articolo; anch’io avrei fatto la stessa cosa. Lo stesso vale per la chiusa, dove Friedman afferma «Una delle mie ambizioni è di usare gli assiomi di infinito nei software di manipolazione del suono per migliorare le esecuzioni live di pianoforte». Ripeto: queste cose in un articolo di un quotidiano le accetto. Ma poi c’è il resto…
Io sono laureato in matematica; occhei, le mie conoscenze sono arrugginite ma si suppone che almeno riesca a capire un articolo di un quotidiano che “spieghi” quali sono i campi di studio di un matematico. Al limite posso immaginare e accettare che il testo riporti una cruda semplificazione, anche se non corretta. Peccato che non sia riuscito a capire nulla di quanto scritto. Stamattina mi sono così ritagliato un attimo di tempo per cercare – su una risorsa certo non specialistica come Wikipedia in lingua inglese – di cosa si trattasse. Sono così riuscito a traslitterare l’enigmatica frase «teoremi che si svolgono usando i cosiddetti “assiomi di infinito” (insiemi molto grandi di numeri). Con questi assiomi ha risolto il teorema di Kruskal e aiutato la dimostrazione del teorema dei “minori di grafi”». I «grandi cardinali» non sono «un tipo particolare di assiomi di infinito», ma dei numeri infiniti così grandi anche rispetto agli altri numeri infiniti (e ce ne sono tanti, di numeri infiniti…) che non se ne può dimostrare l’esistenza usando le usuali regole matematiche, ma occorre un atto di fede, cioè – traducendo in linguaggio matematico – occorre aggiungere un assioma specifico che affermi che esiste un numero cardinale con quelle proprietà. I “minori di grafi” sono in realtà i “minori di un grafo”, vale a dire dei grafi che si ottengono da quello di partenza eliminando alcuni vertici e archi secondo regole ben precise. Friedman ha aiutato a dimostrare non tanto il teorema, quanto il fatto che ci sono modelli matematici usuali in cui non vale, anche se non serve tutta la potenza della matematica standard per dimostrarlo. Lo stesso per il teorema di Kruskal, che era già stato dimostrato in precedenza ma Friedman ha dimostrato non essere dimostrabile (scusate il gioco di parole) in certi casi particolari senza usare un modello matematico più potente. (Probabilmente lei sa dirvi qualcosa in più). In poche parole: Friedman lavora sulla logica matematica, e ha cercato di scoprire qual è il minimo numero di assiomi logici necessario per risolvere alcuni problemi sulla teoria dei grafi.
Poi si passa al problema P contro NP, senza assolutamente dare nemmeno un accenno su cosa sia, e limitandosi a catastrofiche previsioni sulla fine dell’Internette nel caso venisse risolto. Le parole di Friedman sono sensate: ammesso e non concesso che tecniche come le sue risolvano il problema, mi sa che siano non costruttive e quindi non si potrà automaticamente trovare un algoritmo “veloce” per craccare le tecniche crittografiche usate oggi. Non parliamo poi della banale considerazione che tra la teoria e la pratica corre spesso un oceano: se si dimostrasse che esistono algoritmi che non ci mettono un tempo esponenziale per terminare, ma poi scopriamo che ci vuole un tempo pari a n100 per un dato iniziale di grandezza n, l’informatico e il matematico sarebbero felicissimi ma il tizio della NSA che vorrebbe usare l’algoritmo per decrittare i messaggi segreti o più banalmente per trovare il nostro codice segreto del bancomat non se ne farebbe nulla.
Qual è la morale di tutto questo? che io, brontolone quale sono sempre, continuo a pensare che scrivere qualcosa senza sapere di che cosa si stia parlando è non solo inutile (se non per riempire qualche colonna del giornale) ma dannoso, perché il temerario che si dedica comunque alla lettura resterà con la netta impressione che la matematica sia qualcosa di assolutamente incomprensibile a priori. Qualcuno glielo potrebbe spiegare ai redattori dei quotidiani?
Ultimo aggiornamento: 2010-12-01 13:15