Il bello dell’Internet è che nel calderone della rete possono improvvisamente spuntare notizie che non sono state lette al momento della loro pubblicazione, ma che possono essere tranquillamente commentate dopo mesi perché non sono “di moda” e quindi si può ancora fare un commento senza venire immediatamente tacciati di gerontofilia. L’articolo in questione è stato pubblicato lo scorso luglio dal Corsera, ed è intitolato Quando il lettore (e non il critico) certifica la qualità del libro; si racconta di come Einaudi abbia riportato nella quarta di copertina di un suo libro il giudizio (anonimo) che una lettrice aggiunse su Amazon. Il mio giudizio critico usa le parole che avrebbe detto Ezio Greggio: “tavanata galattica”. Ma non essendo io Greggio, mi metto anche ad argomentare.
Premetto che tutto questo che scrivo naturalmente non vale se l’aggiungere una recensione dalla rete è stato semplicemente un modo come un altro per farsi pubblicità da parte di Einaudi; in questo caso ci è sicuramente riuscita, come si può vedere dall’articolo del Corsera. Supporrò pertanto che questa sia stata una mossa “intelligente” per strizzare l’occhio al famigerato crowdwhatever, cioè il “potere alla gente” che è tanto di moda in questi anni. E supporrò anche che qualcuno effettivamente legga i giudizi in quarta di copertina per decidere se acquistare o no un libro; non che la cosa mi sembri molto probabile, visto che per definizione l’editore cercherà solo e unicamente i giudizi favorevoli e quindi l’informazione nel trovarli lì è nulla. Parliamo insomma più in generale di quello che succede quando nel prendere un’affermazione di un perfetto sconosciuto e gettarla in pasto alla folla, o meglio della differenza con il prendere la recensione di un critico letterario.
È vero che c’è il detto che afferma “chi non sa fare insegna; chi non sa insegnare fa il critico”; ma sono convinto che sia abbastanza ingeneroso nei confronti dei critici, che spesso fanno tante altre cose. Limitiamoci al campo dei libri, anche se lo stesso discorso si può fare per tutti gli altri campi artistici. Avete presente quanti libri vengono pubblicati ogni anno in Italia? Più di cinquantamila. Per buona parte del 46% degli italiani che leggono almeno un libro l’anno – gli altri lo scrivono… – il problema non si pone: il libro che leggono è quello più strombazzato dalla pubblicità, e l’importante è dire “ci sono anch’io”. I cosiddetti lettori forti, però, fanno fatica a districarsi tra i possibili libri; e qui entra in gioco il critico letterario, che si legge (speriamo) il libro e ne fa una recensione molto breve. La cosa funziona perché i critici sono relativamente pochi: il lettore forte di cui sopra, prima di guardare il testo della recensione, dà un’occhiata alla firma. Se è quella di uno con i cui giudizi in genere concorda, si fiderà di quanto scrive; se è uno con i gusti opposti ai suoi si fiderà lo stesso, e farà il contrario di quanto suggerito – la conoscete la storiella della moglie di un giocatore compulsivo, felicissima perché uno stregone ha maledetto il marito e ora, qualunque cosa giochi alla roulette, lui perde? – altrimenti sa che non vale la pena leggerlo perché non gli dà utili suggerimenti.
Bene, passiamo ai social network. Ce ne sono parecchi dedicati agli amanti dei libri: pposso per esempio ricordare Goodreads, aNobii, LibraryThing e l’italiano Zazie. Nei social network c’è sicuramente il vantaggio della comunità, e di poter chiedere al recensore ulteriori lumi; e se c’è un “recensore forte” – per dire, io negli anni ho recensito più di cinquecento libri – si può applicare ad essi la stessa tecnica che ho descritto sopra per il critico. Ma se prendo una recensione a caso, indipendentemente dalla qualità della recensione (perché c’è da tenere a mente anche questo: due righe scritte sciattamente a me danno una sensazione negativa anche quando sono inneggianti) non ho alcuna possibilità di sapere se e quanto i gusti del recensore siano simili ai miei. Ci sarebbe la possibilità di generare un algoritmo che verfichi i voti delle recensioni comuni e dia un giudizio di affinità: aNobii cerca di farlo, ma i risultati non sono il massimo. C’è la possibilità di usare semplicemente un sistema statistico, e guardare la media dei voti dati al libro sperando di non cascare nell’effetto “miliardi di mosche non posono sbagliarsi”; io non mi fiderei più di tanto, ve lo dico subito. Ma ad ogni modo la singola riga tratta da una recensione su Amazon di un’anonima lettrice non serve a nulla.
La morale di tutto questo? Semplice. A ciascuno il suo lavoro: il lettore legge, e il critico critica!