il fatto non sussiste

Ne hanno parlato in tanti, ma mi voglio aggiungere anch’io. Ieri una sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione ha assolto (rectius: ha annullato “senza rinvio” la precedente sentenza di condanna perché “il fatto non sussiste”, quindi non si farà un nuovo processo lo storico e giornalista siciliano Carlo Ruta, che era stato accusato di diffamazione a mezzo stampa e stampa clandestina. “Stampa clandestina”, sì, perché secondo le tesi dell’accusa un blog sarebbe una testata giornalistica che quindi deve ottemperare a tutte le norme relative, dalla registrazione all’esistenza di un direttore responsabile e via discorrendo.
Leggendo l’articolo di Fulvio Sarzana ho anche scoperto che – sempre per l’accusa – questo sarebbe addirittura un vantaggio per l’ignaro blogger, visto che la normativa sulla stampa diventerebbe «un paracadute per i blogger che si fossero trovati a subire un sequestro in quanto la legge sulla stampa, come è noto, proteggerebbe le pubblicazioni con un regime di sequestrabilità costituzionalmente previsto.» Poi dicono che non c’è umorismo.
Per un poveretto come me, la cosa sembrava semplice: se io effettivamente diffamo qualcuno è giusto che venga citato a giudizio, ma la stampa è altra cosa dalle chiacchiere scritte di quando in quando. Ma a quanto sembra ci sono voluti tre gradi di giudizio e non so quanti soldi spesi direttamente o indirettamente per stabilirlo…

silenzio stampa

Oggettivamente penso che beppegrillo™ abbia ragione quando afferma che partecipare ai talk show sia pericoloso per il MoVimento 5 stelle. Magari non per le ragioni da lui scritte, ma per la banale considerazione che gli esponenti M5S sono in genere giovanissimi e poco scafati, e che non solo le vecchie volpi della politica ma anche i conduttori dei suddetti “spettacoli di chiacchiere” sono ben più bravi di loro a far rigirare la frittata.
D’altra parte poi il silenzio stampa ha una lunga e fruttuosa storia dietro di sé: inoltre ci si può spiegare benissimo in rete, col vantaggio che si ha anche quel minimo di tempo in più prima di schiacciare “invio” per verificare che non si stiano dicendo troppe idiozie.
Né ha senso lamentarsi perché l’ukase sia stato espresso via blog. Molti di quelli che mi leggono sono giovani e non sanno che ogni tanto l’Unità aveva nelle quattro pagine centrali un testo fitto fitto con quanto stabilito nel Comitato Centrale: la differenza è solo formale.
Però non appena qualche grillino si lamenterà affermando che non è giusto parlare solo del Capo e mai di loro, io gli sbatterò in faccia quel post. Mica fanno male a seguire pedissequamente i Suoi dettami, meglio ancora di quanto i leghisti abbiamo mai fatto col Senatur: ma almeno abbiano l’onestà di ammetterlo, e saremo amici come prima.
(l’immenso Makkox ha disegnato lo stesso concetto da par suo)

La prepotenza della gratuità

L’ultimo caso che mi è capitato non è nemmeno il più importante di tutti. Un tipo posta su FriendFeed (e chissà dove altro) un annuncio TUTTO IN MAIUSCOLO per PROMOZIONE GRATUITA NEL WEB PER LA TUA BAND. Viene più o meno amabilmente preso per i fondelli – in effetti quella è una delle occupazioni preferite di noi avventori del socialcoso per fighetti; il tipo si impermalisce e replica (copio verbatim, tranne l’indirizzo email che ho eliminato)
«,invece di scrivere stronzate sareste COSI GENTILI, VISTO KE LAVORIAMO GRATIS, DI DIVULGARE IL NOSTRO MESSAGGIO ? “hai una band ? non hai soldi ? hai bisogno di molta più promozione nel web ? – scrivici: [omissis]” NO COMMENTI VELENOSI -NO COMMENTI INVIDIOSI, FATE ANZICHE’ PARLARE E COMMENTARE, provate e rendervi utili e non antipatici – per UBIKINRED…l’ idea ha molto senso,,,,va solo capita, sai com’e’….»
Stranamente nessuno si è messo a disquisire sulle capacità grammaticali dello scrivente – altra occupazione preferita, ecc. ecc. – forse perché vige la consuetudine non formalizzata che se stai scrivendo in maiuscolo hai il diritto e forse il dovere di essere sgrammaticato. Ma chissenefrega della grammatica in questo contesto. Quello che a me dà tanto sui nervi è il concetto che ho scritto nel titolo: la prepotenza della gratuità.
Tu vuoi fare qualcosa gratis? Benissimo, vuol dire che hai voglia di farlo. Anch’io faccio tante cose gratis. Ma sarebbe una bella cosa che tu capissi che questo non ti dà nessun diritto su quello che voglio fare io. D’altra parte se ci pensi un po’ su dovrebbe essere logico: tu quella cosa non la fai mica perché vuoi essere obbligato, no? Quindi perché vuoi obbligare qualcun altro a farlo? È persin peggio della barzelletta del boy scout che costringe la vecchina ad attraversare la strada perché lui deve fare la buona azione quotidiana: lì almeno c’è quello che per il ragazzino è percepito come obbligo. Eppure questo non è appunto l’unico caso che si vede in giro: pensate a quelli che ti chiedono “una firma contro la droga” (e qui sono buono e parto dal presupposto che non ci sia nulla di losco dietro) oppure a quelli che vogliono a tutti i costi che tu legga il loro capolavoro… ma potrei aggiungere la cassiera dell’Esselunga che l’altra settimana ci ha fatto una faccia stupita e quasi scocciata quando Anna e io le abbiamo detto “no, le bustine di figurine in omaggio non le prendiamo”. (Occhei, era la stessa cassiera che dava al cliente davanti a noi, chiaramente nordafricano, del tu mentre a noi dava del lei, quindi non sono certo che si possa applicare la regola anche lì)
Tutta questa gente è molto brava a farti sentire in colpa se non fai quello che loro vogliono che tu faccia. Ricordatevi che nulla è gratis, anche il tempo è un costo: se volete fare anche voi qualcosa benissimo, però appunto deve essere una vostra libera scelta.

contemporaneità

[contemporaneità una e trina] Lo so, al liceo in filosofia sono sempre stato una capra. Dopo Platone e Aristotele i concetti mi scivolavano via come acqua fresca. Però tra le poche convinzioni che avevo, c’era quella che “contemporaneità” significasse “tutto nello stesso momento”.
So anche che con la teoria della relatività il concetto di contemporaneità è molto più sfumato, perché due eventi che sembrano contemporanei a un osservatore non lo sono necessariamente per un altro. Ma anche qua non mi sono mai preoccupato più di tanto: in fin dei conti, non mi capita mai di raggiungere velocità relativistiche, nemmeno quando mi girano molto vorticosamente.
Ma a quanto pare Repubblica ha inventato il concetto teologico di contemporaneità una e trina, un’unica giornata in tre orari distinti.
Non si finisce mai di imparare!

latito

Lo so, sto scrivendo molto poco. Il guaio è che ho da fare cose impegnative in ufficio, e naturalmente ho da interagire coi quasitreenni quando sono a casa (oltre che a crollare quando loro si addormentano), il che significa che non ho voglia di scrivere pipponi… ammesso e non concesso di aver tempo di leggere con un minimo di attenzione le mie fonti e rimuginare su cosa potrei dire. (Il tempo per scrivere un post non sarebbe nemmeno così tanto, anche perché di solito lo faccio a spizzichi e bocconi…)
Tempora bona veniant, almeno spero!

Quizzino della domenica: Meccanica celeste

Paul Nahin propone questo problema nel suo libro Number-Crunching. Supponete di avere un sistema con due stelle in orbita stabile tra di loro. A un tratto arriva dallo spazio profondo una terza stella. Ci sono varie possibilità: che il nuovo intruso prenda il posto di una delle due stelle originarie espellendo dall’orbita l’altra; o magari tutte e tre le stelle andranno ciascuna per la propria strada, o ancora che l’intruso, dopo aver fatto un po’ di giravolte gravitazionali, se ne vada via lasciando intatto il sistema originale. Però si può essere certi che non può capitare l’effetto “aggiungi un posto a tavola”, cioè ottenere un sistema stabile con tutte e tre le stelle. Riuscite a dimostrarlo?
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/mate/problemi/p033.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì.)

_Teoria degli infiniti_ (libro)

[copertina] John Banville sa scrivere molto bene, su quello non ci sono dubbi. E la traduzione di Irene Abigail Piccinini è anch’essa scoppiettante, d’accordo. Ma poi?
In questo libro (John Banville, Teoria degli infiniti [The Infinities], Guanda 2011 [2009], pag. 322, € 18, ISBN 9788860889744, trad. Irene Abigail Piccinini) c’è una storia, più o meno. Meglio, ci sono tante storie interallacciate, ambientate in un futuro non meglio identificato e di per sé inutile – o se preferite un’ucronia, visto che le non meglio identificabili teorie degli infiniti del titolo permettono di avere energia a piacere, ma l’ambientazione potrebbe essere negli anni 1930 senza nessuna differenza pratica. Per dare un’idea, a un certo punto si scopre che l’automobile con cui il Adam junior va a prendere il suo amico (conoscente? rompiscatole?) ha come fonte di energia l’acqua marina; ma la casa non ha all’interno nulla di futuristico, o anche solo di presente. La voce narrante è quella del dio Hermes, tanto per mischiare ancora di più le cose, proprio come nel libro gli dèi si mischiano agli uomini. Detto tutto questo, almeno a me il libro è sembrato più che altro un grande esercizio di stile, nulla di più.
Si legge in fretta, intendiamoci, ma una volta finito non è che ti lasci chissà cosa. Insomma, boh.

Dr Trota e Mr Renzo

Desidero stigmatizzare profondamente le malignità circolate dopo che nella cassaforte dell’ex tesoriere della lega Belsito è stata trovata copia di un diploma di laurea conseguito da Renzo Bossi in un’università di Tirana. Pensateci un attimo su: un diploma di laurea nascosto in una cassaforte. È chiaro che era tutto un complotto: il povero Trota veniva ricattato ed era costretto a spendere buona parte della sua paghetta da consigliere regionale perché altrimenti quell’altro spregevole essere avrebbe divulgato urbi et orbi che il giovane padano è in realtà un dottore in economia aziendale, gettando nello sconforto tutta la base leghista.
Anche le voci sulla laurea pagata con il contributo pubblico ai partiti è una cattiveria gratuita, perché se anche fosse così sarebbe l’attuazione degli articoli 33 e 34 della nostra Costituzione. Chi è che semina odio, insomma?