Ho appena guardato le statistiche di condivisione del famigerato Buongiorno di Gramellini “contra algorithmos” e del mio post sul Post al riguardo: i risultati sono buffi.
Le condivisioni Facebook sono rispettivamente 3700 circa contro 244: un rapporto di 15 a 1 che non è molto diverso da quanto mi aspettavo. Su Twitter però i rapporti sono diversi: 105 contro 46, poco più di due a uno. Se poi andiamo in terra incognita, vale a dire Google+, siamo a 22 contro 16: numeri troppo piccoli perché calcolare il rapporto abbia un qualche significato reale.
Chissà se il tutto significa qualcosa :-)
Ancora su Gramellini
Lo so, ho già scritto sul Post a proposito del Buongiorno di mercoledì scorso di Massimo Gramellini, ma qui vorrei rispondere alle critiche di chi ha risposto “non hai capito, Gramellini voleva parlare d’altro” (per esempio «fa un’accusa all’approccio misurativo di aspetti come gli affetti, le relazioni, l’amore», «si scaglia contro queste ricerche statistiche che spuntano come funghi a dire cose ovvie», «voleva solo riportare lattenzione sulla necessità di non ingabbiare le relazioni sociali e sentimentali allinterno di meccanismi troopo scientifici», «il concetto espresso è quello secondo cui non si può inscatolare ogni cosa entro formule predeterminate e di cui sia possibile preconizzare il risultato finale», «il suo è un attacco alla dittatura dellalgoritmo, ovvero alleccessiva tendenza alla schematizzazione di tutto». Questi sono tutti commenti ai post mio e di Cattaneo. Sono poi commenti seri, e quindi meritano una risposta articolata.
Bene: analizziamo un po’ il pezzo di Gramellini. Spero che si possa essere d’accordo su queste sue affermazioni:
– Usa la parola “algoritmo” a sproposito (l’articolo originale parla di correlazioni, al più si può dire che ci sono delle formule)
– Non ha letto l’articolo dei due ricercatori, ma qualche altro articolo che ne parlava (io voto per questo)
– È partito a scrivere sul Buongiorno quello che voleva scrivere senza curarsi che ci fosse un’effettiva correlazione con l’articolo da lui letto.
Il primo punto per me è grave: a mio parere non sapere cosa sia un algoritmo è tanto grave quanto non sapere cosa sia un endecasillabo. Certo, si può vivere tranquillamente senza conoscere entrambe le parole: ma una persona di buona cultura dovrebbe conoscerle entrambe. Ma transeat.
Il secondo punto di per sé non è un problema: non pretendo mica che Gramellini si metta a leggersi i paperi su arXiv. Inoltre, se appunto la mia ipotesi è corretta, l’articolo di Simone Cosimi è ben fatto e spiega bene cosa hanno fatto Backstrom e Kleinberg: per la cronaca, l'”algoritmo” nel testo dell’articolo è quello che a partire dai grafi delle connessioni di una persona X che si definisce “in una relazione” dà come risposta la persona con cui probabilmente X ha una relazione (funziona nel 60% dei casi). Poi c’è il solito problema del titolista, il cui algoritmo per generare titoli :-) ha tirato fuori «Facebook, un algoritmo dice quanto durerà la tua storia: grazie agli amici». Se la mia ipotesi è corretta, Gramellini si è limitato a leggere titolo e occhiello («L’hanno messo a punto da due ricercatori riesce a individuare con facilità il partner scandagliando il network delle relazioni di un utente. Ma soprattutto è in grado di valutare se una coppia è a rischio. Il segreto? Solidità e interconnessione delle reciproche cerchie di amici: chi più si apre e si collega meno rompe»): e Ciò È Male. Gramellini è un giornalista, e dovrebbe sapere perfettamente che titolo e occhiello possono essere fuorvianti, persino quando ci sono le migliori intenzioni. Stiamo poi parlando di un articolo di un quotidiano, quindi si suppone a un livello sufficientemente basso perché una persona con un minimo di cultura possa avere un’idea di quello che si parli anche se è completamente al di fuori del suo campo specialistico.
Infine, lungi da me il voler impedire a Gramellini le sue tirate luddiste. Lui ha le sue tirate, io le mie :-). Però abbia l’onestà intellettuale di farlo senza mettere in mezzo delle consequenzialità fasulle e fallaci, che fanno sì che il suo lettore tipico prenda come oro colato affermazioni come “ci sono due ricercatori – magari anche pagati con i nostri soldi – che sprecano il loro tempo a dimostrare matematicamente delle ovvietà”. Sono questi i veri danni.
don Ernesto Bellone
Io ho fatto il liceo scientifico dai salesiani, a Torino Valsalice. (Come Travaglio, che ha un anno meno di me e ha fatto il classico. Non mi ricordo affatto di lui). Ai miei tempi i professori erano quasi tutti salesiani, giusto quello di ginnastica era un laico, e generalmente non erano giovanissimi: don Bellone era uno degli ultimi ancora in vita.
Ci insegnò italiano nel triennio, e inoltre latino l’ultimo anno. Però il verbo “insegnare” non è propriamente corretto: quelle che faceva erano lezioni che sarebbero forse andate bene per studenti universitari, non certo per sedicenni che hanno ancora tanto da capire e arrivavano da un biennio con un insegnante “chioccia”, don Dario Bianco. Iniziava a parlare, mischiando temi medievali (il suo campo di studi) ai fatti contemporanei, partendo per non so quante tangenti e arrivando di colpo all’argomento teorico della lezione. Non parliamo dei temi: affermava che per dare i voti buttava i fogli (A5, non protocollo) contro un muro e dava il voto più alto a quelli che restavano più vicini… “tranne qualche volta che faccio il rovescio tanto per cambiare”.
Il risultato pratico è stato che io di letteratura italiana non ne ho mai saputo nulla :-) (sui temi non mi sono mai fatto troppi pensieri: scrivevo direttamente in bella, consegnavo dopo un’ora e un quarto e via). Però ho continuato a seguire i suoi voli pindarici: quando ero ancora a Torino, andavo spesso a sentire la messa della domenica sera alla Gran Madre – esattamente dalla parte opposta della città rispetto a dove vivevo – perché celebrava lui e mi potevo gustare una ventina di minuti di conferenza storica-artistica-religiosa, senza alcun collegamento con il vangelo del giorno. E a giudicare dall’assemblea, non ero certo il solo.
Oggi le parole di un mio compagno di classe mi hanno finalmente fatto capire esplicitamente quello che avevo confusamente intuito. Ha scritto: «Un Don di altri tempi, talvolta talmente duro e apparentemente distante da noi giovani che arrivai a chiedergli un giorno perchè era diventato salesiano. Mi rispose che in quel suo essere sferzante e ossessivo nello spingerci a fare cose diverse dalla massa stava tutto il suo volerci bene… »
Beh, anche se non ho imparato molto di letteratura italiana spero di avere imparato a fare cose diverse dalla massa. Una cosa del resto è certa. Il mio modo di spiegare le cose, come sa chi mi legge sul Post, è piuttosto particolare. Ci ho messo decenni per affinarlo: oggi mi sono accorto che non è poi così diverso da come don Bellone spiegava le cose. Spero di averne fatto buon tesoro.
librerie che non ci saranno
Tra i miei ventun lettori ce n’è uno che lavorava in una libreria che adesso non c’è più. Ma non è certo l’unica libreria che chiude, come si può leggere da Francesca che parla di KoLibri a Bolzano.
In questo caso non possiamo parlare dell’anonimità della libreria, che da quanto leggo era anzi fortemente connotata. Non so quanto la mia analisi possa avere un senso, ma il mio sospetto sia che la crisi delle librerie non abbia un’unica causa. Da un lato il mercato editoriale si è sempre più diviso in pochi titoli che vendono tantissimo e molti che vendono pochissimo. Va a finire che i “lettori deboli”, quelli che se vedono più di cinque libri su uno scaffale si preoccupano degli effetti collaterali possibili, si fiondano sulla prima categoria e se la comprano al supermercato. Per i “lettori forti”, il tempo a loro disposizione per leggere si è molto ridotto, lo vedo sulla mia pelle. Inoltre proprio l’aumentare del materiale a disposizione rende difficile anche solo scegliere, e spesso si passa al digitale perché comunque più semplice da gestire (almeno per la narrativa: sui libri tecnici non è proprio la stessa cosa) e soprattutto da trovare. Non si potrà mai più avere una libreria aggiornata, non ci sarebbe lo spazio fisico disponibile.
D’altra parte un libraio, per quanto appassionato sia, non potrà nemmeno sapere tutto su tutti i libri, cosa che potrebbe davvero fare la differenza: di nuovo, c’è troppa roba in giro. Quello che un libraio può (forse) fare è il lievito, il punto di aggregazione; ma questo significa che la libreria non è più pura, ma viene “contaminata” (e a me fa ridere chi vede come uno scempio l’avere una caffetteria all’interno di una libreria: mi sembra molto meglio che trovarci gadget di tutti i tipi). Poi sarebbe bello poter avere dei monitor a disposizione per poter sfogliare virtualmente libri elettronici (con tutte le filigrane che volete: sfogliare e leggere sono due cose distinte), e vedere le recensioni dei clienti. Certo, sono tutte cose che si possono fare a casa davanti al proprio pc: ma secondo me se ci puoi aggiungere due parole con qualcuno ti viene più voglia di farlo.
Ma ho il sospetto che visto il mio fiuto per gli affari una cosa del genere non funzionerebbe mai… :-(
attenzioni bayesiane
Non ho problemi a immaginare che il ministro Cancellieri avrebbe ugualmente segnalato una situazione di possibile pericolo per un qualunque altro detenuto.
Non imputo contro il ministro Cancellieri la sua affermazione secondo la quale in seguito non si è più interessata del caso: non serviva, visto che la scarcerazione era stata pubblicata sui giornali. (In generale, se io ritengo che ci sia qualcosa che meriti il mio interessamento, pretendo di sapere come va a finire: sennò il mio interessamento non lo meritava)
Ma il ministro Cancellieri dovrebbe ripassare un po’ di teoria della probabilità di base. La probabilità a posteriori che una segnalazione di un ministro venga verificata è ovviamente molto alta, e fin qui non ci trovo nulla di male. Ma c’è appunto questa frasetta magica, “a posteriori”. Vediamo la cosa dal punto di vista di un detenuto generico. Quant’è la probabilità a priori che qualche conoscente del detenuto riesca a contattare il ministro per segnalare la situazione di tale detenuto? Il banale problema è semplicemente questo: si introduce una disparità tra i detenuti, a seconda della possibilità che hanno di avere non santi in paradiso, ma numeri telefonici adatti.
Insomma il ministro Cancellieri dovrebbe imparare a sentirsi a posto con il teorema di Bayes.
Quizzino della domenica: Numeri paladini
Definiamo un numero paladino se il numero dei suoi divisori (positivi) è pari al numero di cifre del numero stesso. I numeri paladini di due cifre saranno pertanto tutti e soli i numeri primi tra 11 e 97: infatti per definizione ciascuno di questi numeri ha solo due divisori (1 e sé stesso), mentre gli altri ne hanno di più.
Due domande (più una di bonus):
- Quali sono i numeri paladini di tre cifre?
- Trovate un numero paladino di quattro cifre minore di 1300.
- (bonus) Trovate un numero paladino di sei cifre minore di 110000.
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p136.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Gifted Mathematics. Immagine da Wikipedia – Rolandfealty.jpg
_Recreations in mathematics_ (libro)
Non è facilissimo scoprire chi sia stato questo signore H. E. Licks che è indicato come autore di questo libro (H.E.Licks, Recreations in mathematics, Van Nostrand 1917, pag. 155), pubblicato quasi un secolo fa, e recuperabile online perché ormai fuori copyright. Per fortuna ci viene in soccorso Wikipedia, che spiega che è uno pseudonimo di tale Mansfield Merriman, ingegnere civile statunitense. Vi dirò: avevo intuito che non fosse un matematico, perché già nel 1916 un Vero Matematico non avrebbe parlato dell’esempio di Weierstrass di una funzione continua ma non differenziabile in nessun punto come “unica funzione patologica”.
Che dire di questo libro, in generale? Beh, chiaramente non ci si può aspettare chissà che. Io l’ho letto soprattutto per capire cosa passasse cent’anni fa per “matematica ricreativa”. A parte le risate nel vedere i capitoli che riprendono altri giornali, con un effetto “De bello Gallico” (sulle prime pensavo che Licks parlasse di sé in terza persona…) devo dire che la parte di “amusements” non è che fosse poi così divertente (a parte gli sproloqui sui quadrati magici che all’epoca dovevano davvero essere apprezzati), mentre per esempio ho trovato molte chicche storiche – spero vere! – che non conoscevo affatto. Gli accenni sulla trigonometria iperbolica sono interessanti, anche perché è raro trovarli in testi non tecnici; altre cose sono più banali e si possono tranquillamente saltare.
In definitiva, un testo solo per appassionati, ma che potrà dare loro qualche soddisfazione.
gioco per il dì di festa: Regex Crossword
Beh, il gioco di oggi è proprio per nerd. Diciamo che se non sapete cosa sono le espressioni regolari non saprete nemmeno da dove partire, e se le sapete… vi fermerete subito dopo i giochi più semplici.
Ad ogni modo, Regex Crossword vi dà anche un tutorial che vi spiega come si risolvono gli schemi: insomma, le basi ve le potete fare!