Ci sono o ci fanno?

Gli spammatori di Coupon&Go (gruppo spagnolo, a quanto pare) mi hanno appena inviato una mail di spam con offerte che io non ho certo chiesto, nonostante la mail in questione inizi con «Hai ricevuto questa email come membro di Coupon&Go.»; e purtroppo gmail non è riuscito a mettere automaticamente Coupon&Go nella cartella di spam, così me la sono vista nella posta in arrivo.

Fin qua nulla di veramente nuovo, né di cui varrebbe la pena parlare. Ma nelle noticine scritte piccole piccole in fondo alla mail ho trovato questa chicca:

Nel ricevere questa email, consenti i nostri termini e condizioni ed uso dei nostri Cookies.

(i link su cui cliccare erano traccianti, per la cronaca). Detto in altri termini: non solo gli spammer di Coupon&Go mi iscrivono alla loro mailing list di spam senza il mio consenso, ma hanno persino il coraggio di affermare che nel ricevere il loro spam (cosa su cui non posso avere scelta: anche ora che sono bloccati e che ho richiesto la cancellazione della lista io potrei ricevere le loro email a un qualunque altro indirizzo che punti alla mia casella di posta) io approvo il loro spam.

Gente come questa dovrebbe essere semplicemente messa in galera.

Ritorno al futuro, finalmente!

BTTFIIdate
Finalmente ci siamo. Dopo decine e decine di display photoshoppati più o meno bene – su, ragazzi, c’era una simmetria intrinseca. Se nel primo film si tornava indietro trent’anni, nel secondo si inizia con l’andare avanti di trent’anni, no? – oggi è il giorno ufficiale in cui la DeLorean arriva dal passato.

backtothefuture La cosa a mio parere più divertente è leggere la finta pagina di giornale che appare nel film, e scoprire alcune cose:
– ci sono terroristi svizzeri;
– gli americani non hanno bene in mente il concetto di famiglia regnante, e pensavano che il Regno Unito avesse solo regine, indicando così Diana e non Charles;
– gli USA hanno una presidentessa, immaginare un nero sarebbe stato troppo anche per loro;
– gli articoli sono scritti da un software di intelligenza artificiale (cosa che in effetti capita già almeno per le cronache sportive minori americane…);
– c’è ancora il fax (non ce lo toglieremo mai dai piedi).

Ma soprattutto sono fiducioso: non vedrò più display photoshoppati con una data farlocca per il Ritorno al Futuro!

un dubbio mi attanaglia (insomma)

Grazie a Piero D’Ancona, ieri ho avuto il piacere di leggere questo post in cui Marco Grimaldi – nel contesto dell’attribuzione a Jacopo Alighieri degli ultimi capitoli del Paradiso dantesco – spiega pacatamente come anche in letteratura un assioma dev’essere una verità evidente, e che scegliere un assioma solo perché ci piace o perché vogliamo mostrare come siamo bravi non sempre dà risultati validi anche quando essi non sono contraddittori.

Mi è però rimasto un dubbio. Grimaldi fa notare come per Dante non esiste una netta separazione tra scienza e letteratura – questo me l’aveva spiegato la buonanima di don Bellone al liceo, quando studiavamo la Commedia – così come non esiste per Galileo – e questo probabilmente dovreste ricordarlo tutti, perché il pisano spunta nella storia della letteratura italiana forse ancora più che nelle ore di fisica. Bene: qualcuno dei miei ventun lettori ha qualche idea di quando e dove è nata questa separazione? La mia sensazione è che non sia nata in Italia, sia precedente a Benedetto Croce, e nasca in maniera opposta, che cioè prima la scienza si è separata dalla letteratura e poi Croce abbia fatto una battaglia di retroguardia – riuscitagli benissimo – per convincere l’italica stirpe che la separazione è cosa buona e giusta perché l’unica vera cultura è quella letteraria mentre la volgare scienza si limita a fare le cose. Però non ho una cultura sufficiente per esserne certo. Chi mi aiuta?

(p.s.: ricordatevi che la scienza non è fatta solo di formule. Le formule sono una notazione compatta per tirare fuori dati, ma sono appunto una notazione: un mezzo, cioè, e non il fine).

Le apologie non sono vietate

Erri De Luca è stato assolto, “perché il fatto non sussiste”, dall’accusa di istigazione a delinquere, per aver incitato a sabotare la TAV Torino-Lione. (Immagino che sia una sentenza di primo grado). Quindi, se non ho capito male, chi effettivamente sabota la TAV non potrà dire “ma lo diceva Erri De Luca”, perché verrà loro risposto che la cosa è irrilevante.
Direi che quella sarà una definizione perfetta del ruolo di un intellettuale.

Cattiva scuola

Oggi pomeriggio nella scuola di Jacopo e Cecilia si sono tenute le elezioni dei rappresentanti di classe, e nell’occasione c’è anche stato un veloce racconto di cosa era successo in questo mese. Tralasciamo le banalità come il fatto che hanno sbagliato a consegnare i moduli con l’elenco dei votanti (c’erano due copie della prima pagina e nessuna della seconda): tanto con un singolo candidato nessuno si preoccupa più di tanto delle formalità. Comincia già a essere più preoccupante il fatto che l’insegnante di sostegno di un bambino nella classe di Cecilia (22 ore la settimana) arriva da Salerno, ha un figlio di 5 anni e uno di un anno e mezzo, e dopo una settimana di servizio se ne è presa due di congedo. L’ho già detto a suo tempo e lo ripeto: quella di obbligare gli insegnanti a fare una graduatoria di tutte le province dove poter ottenere la cattedra, e non lasciare indicare solo quelle che si volevano, è stata nella migliore delle ipotesi un’idiozia e nella peggiore una scelta ben precisa per sfoltire le graduatorie fregandosene di cosa succederà quest’anno.

Ma la cosa davvero preoccupante è che due settimane fa è stato inserito nella classe di Cecilia un bambino filippino arrivato in Italia a maggio, senza alcuna scolarizzazione (nel senso di asilo), che sicuramente non parla italiano né inglese e forse parla tagalog e che tende a sfuggire – un pomeriggio ha preso ed è tornato a casa da solo, dimostrando in effetti un ottimo senso dell’orientamento. Non mi sono mai preoccupato dei bimbi non di etnia italiana: tutti quelli che Jacopo e Cecilia hanno avuto all’asilo e qui alle elementari parlavano italiano, e con i genitori in un modo o nell’altro ci si arrangiava. Ma qua è impossibile, e – inutile dirlo – quest’anno dati i tagli di bilancio non c’è nessun facilitatore. Non credo che questa scuola sia “buona”.

La mia azienda mi conosce!

Stamattina in ufficio mi è apparso il messaggio “La tua password scade oggi”. Visto che stamattina devo comunque portare in assistenza il PC, ho pensato di mettere una password provvisoria per la giornata: ho così inserito Temp3,14. Quasi subito mi è stato risposto che la password non rispettava le regole di sicurezza. Vabbè, provo con Xtemp3,14; niente da fare.
A questo punto mi dico “in effetti mettere ‘temp’ in una password non è una grande idea; proviamo a fare qualcosa di diverso”. Digito PiGreco3,14 e di nuovo sono stato sbertucciato. Alla fine ho pensato un bel vaffanculo, ho cambiato la password secondo il mio solito schema e finalmente ce l’ho fatta. Secondo me è il 3,14 che portava male :-)

Aggiornamento: (20 ottobre) Avevate ragione voi. Sono andato a frugare sulle norme per la creazione della password, e c’è scritto

Lunghezza della password di almeno 8 caratteri (o, in caso di limiti tecnologici il massimo
consentito dal sistema), di cui almeno uno:

  • numerico (0-9)
  • alfabetico (a…z, A…Z)
  • speciale compreso esclusivamente tra . (punto) ; (punto e virgola) $ ! @ – (meno).

Non entro nel merito del non indicare specificatamente nel messaggio di errore “il carattere ‘,’ non è ammesso”. La prossima volta scriverò 3.14 :-)

_Genius at Play_ (libro)

9781620405932Nella prefazione di questo libro (Siobhan Roberts, Genius at Play : The Curious Mind of John Horton Conway, Bloomsbury 2015, pag. 480, $ 30, ISBN 9781620405932) si spiega che John Conway ha un ego così grande che si è scelto di usare una font specifica per trascrivere le sue parole Questo dovrebbe far capire a che tipo di biografia ci troviamo davanti. Non so esattamente quanto Conway sia noto al grande pubblico italiano: forse qualcuno conosce Life, che in fin dei conti è solo stato un suo interludio giovanile e che ormai lo infastidisce anche un po’. Come biografia il libro è probabilmente troppo involuto: c’è una specie di filo conduttore ma si continua a saltare dal passato al presente, e la memoria di Conway per minuzie come i dettagli della sua vita è praticamente nulla. Diciamo che la struttura del libro assomiglia molto a quella dell’ufficio di Conway. In compenso, quasi come un documentario – probabilmente se ne tirerebbe fuori uno niente male – le interviste ad altri nomi sacri della matematica sono interessanti perché ci permettono di vedere la matematica della fine del ventesimo secolo in modo più ampio. Non preoccupatevi se non avete mai capito nulla di matematica: continuerete a non capirla. Ma se siete attenti potrete capire perché c’è gente che la ama così tanto.