Per sapere se un’auto è stata rubata

Scopiazzo da storiedime questo link a un utile servizio delle nostre forze dell’ordine. In pratica, inviando un messaggio al +39.320.3885858 con testo T AA000AA (T, spazio, targa dell’auto o della moto sospetta) vi tornerà una risposta da Mininterno che dirà “La targa richiesta non risulta nell’archivio dei veicoli rubati” oppure una schematica notizia sulla denuncia fatta. Nel primo caso siete a posto, nel secondo vi toccherà andare a presentare una segnalazione di persona (altrimenti, perché mai vi sareste presi la briga di mandare l’SMS in prima battuta?)
A me personalmente l’idea sembra ottima, e mi chiedo perché non sia stata pubblicizzata.

Enzo Ghinazzi in arte Pupo

Non parlo di questo articolo e della storia di tipo Cuore che ne è uscita fuori (a meno degli interessi, ma è il principio quello che conta). Molto più banalmente, mentre ieri pomeriggio venivo trascinato da Anna per Montenapoleone dopo avere visto la mostra su Balla e pranzato, a un certo punto lei mi fa “quello che abbiamo incrociato era Pupo”. Cerco di svegliarmi dall’obnubilamento che mi capita sempre quando devo passare a fianco di una serie di vetrine di cose di cui non me ne può fregare di meno, e borbotto un “ommm?” al che Anna mi fa “sì, Pupo, quello piccoletto!” Mi giro – ormai eravamo a una decina di metri di distanza – e in effetti c’era una persona più bassa di Sìlviolo. Di più non saprei dire, e comunque non è che la cosa mi interessasse più di tanto. Spero solo di potere addurre come scusa il fatto di essere parecchio miope e quindi di non vederci a una certa distanza (di altezza).

Venditori monoggetto

Essendoché oggi era una bella giornata di sole d’aprile che seguiva vari giorni di pioggia, e quindi senza grande possibilità di gite fuoriporta, il centro di Milano era gremito anche a quella che dal mio punto di vista piemontese sarebbe ora di pranzo. Essendoché c’era tanta gente, per la nota legge della domanda e dell’offerta c’erano anche tanti venditori più o meno improbabili. Nulla di strano nel trovare svariati venditori di quei braccialettini in filo da legarsi al posto, né ci si può stupire che ci fossero almeno sei venditori di libri – tutti senegalesi, a giudicare dal colore della pelle – nella piazzetta reale. In fin dei conti, se uno passa di là si suppone sia interessato alla cultura, e magari gli scappa anche di comperare un libro.
Quello che però mi ha basito è stato trovare in poco piu di trecento metri di corso Vittorio Emanuele ben cinque venditori di ombrelli. Attenzione: non i soliti ombrellini tascabili, quelli che spuntano come funghi sui pavimenti dei mezzanini della metropolitana non appena inizia a piovere. Proprio ombrelli veri e propri, con i tizi (pakistani? Perché anche in questo caso c’è una rigida divisione etnica) che mostravano come funzionava bene il meccanismo di apertura. Sono abituato alle mode di oggetti in vendita per strada, o per meglio dire al concetto di qualcuno che decide cosa far vendere agli ambulanti; però l’ombrello mi pare un accessorio troppo low-tech rispetto a quello che generalmente fanno vendere. Misteri markettari.

Balla – la modernità futurista (mostra)

Cosa può fare un’acculturata coppia milanese in una domenica fondamentalmente solatia ma ancora freddina di metà aprile? Va per mostre, claro!
La scelta odierna è caduta su Balla, a Palazzo Reale fino al 2 giugno. Vittorio Sgarbi, che in qualità di assessore alla cultura milanese è lo sponsor della mostra, ha intonato dei peana dicendo che è eccezionale, e finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di fare una cosa così grande e importante per un autore famoso ma negletto. Commento mio: bah.
Nulla da eccepire sulla quantità e qualità del materiale esposto, intendiamoci. Duecento opere, tutte sue, compresi molti bozzetti che a mio parere sono davvero utili per comprendere la genesi dei suoi quadri futuristi. Non metto neppur becco sulla scelta di rappresentare solo il periodo 1900-1929: anzi, apprezzo l’avere comunque voluto iniziare con il periodo pre-futurista che a me era totalmente ignoto e mi ha fatto scoprire opere come Villa Borghese – Parco dei Daini e soprattutto La giornata dell’operaio. Peccato però che all’interno della mostra non ci fosse una didascalia una, e che la bigliettaia non ci ha ricordato di prendere il fogliettino lì all’ingresso che effettivamente conteneva una serie di informazioni sulle opere che avremmo trovato. (Altra possibilità è stamparsi le informazioni dal sito, cercando di non accorgersi che hanno scritto in grassetto Riscostruzione anziché Ricostruzione).
Anche la disposizione della mostra non è delle migliori: non c’è un percorso ciclico il che significa che devi tornare indietro; sono state aggiunte delle pareti provvisorie non solo per creare più sale, il che è anche comprensibile, ma anche come contropareti – cos’è, non hanno ancora finito di rimettere a posto quell’ala del palazzo? Inoltre lo spazio è piuttosto angusto. C’è un video, un riassunto del film francese del 1972 “Balla e il futurismo”, che a posteriori ci ha salvato la visita perché ci ha permesso di porre in un contesto storico le opere che abbiamo visto; peccato che sia all’interno di una delle sale espositive, e senza una sedia “per problemi di spazio”, come dice un cartello appiccicato all’inizio della mostra.
Insomma, il tutto sembrava tanto un hard discount della cultura, con la piccola differenza che il biglietto è di 9 euro e di sconti non se ne parla, a meno che non siate soci Touring (chissà poi perché).

la calcolatrice fallata

Premessa: tutta la storia che racconto qui sotto è rigorosamente vera: non ho inventato nulla.
Noi andiamo relativamente spesso in una pizzeria in viale Marche. I pizzaioli ci conoscono, e quello che sta in cassa ormai mi chiede direttamente “Oggi quanto avete speso?” (ci sono molti tipi di pizza di prezzi diversi, quindi ogni volta il totale è un po’ diverso). Ieri sera vado a Linate a prendere Anna, arriviamo in pizzeria e il pizzaiolo mi fa “Tu che sei matematico, è possibile che una calcolatrice sbagli a fare le percentuali?” Rispondo che mi pare strano, e gli chiedo di farmela vedere. Era una normale calcolatrice Casio, di quelle da negozio con i tasti enormi. Lui calcola il 20% in più di 200; digita 200+20%, ed esce fuori… 250. Rimango un po’ interdetto, mi faccio dare la calcolatrice, ridigito i numeri per conto mio: di nuovo 250. Provo allora un altro conto facile: 100+10%. Risultato: 111.11111. Gli dico che non ho proprio idea, che probabilmente hanno effettivamente sbagliato il circuito per la percentuale, e intanto ordiniamo le pizze. Mentre aspettiamo, faccio un po’ di conti: quando torna il pizzaiolo gli dico “Puoi controllare se 100+30% dà questo risultato?” Lui va, prova e torna dicendo “Sì, è proprio quello. Ma è una magia!” Per la cronaca, poi abbiamo mangiato e pagato – senza sconti. Domanda: che numero ho scritto sul foglietto?
Non so se il problemino sia risolubile da uno studente sveglio delle medie, ma sicuramente al biennio delle superiori sì. Non richiede matematica avanzata, ma solo un po’ di intuizione e qualche calcolo davvero elementare: insomma è alla portata di tutti. Volete provarci anche voi?
Restano poi alcuni punti interessanti e non direttamente matematici: ad esempio, come mai la Casio abbia messo sul mercato una calcolatrice evidentemente malfunzionante nella logica, e soprattutto perché la matematica viene vista come una magia peggio di quelle di Harry Potter. Un conto è la massima di Clarke secondo cui ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, però qua di tecnologia (nei conti, non nella calcolatrice) non ce n’è per nulla. Misteri.

tempismo

Dopo mesi che non riuscivo più a trovare il cavetto per connettere al PC la macchina fotografica (non era nel cassetto dei cavi, non era nel Luogo Dove Si Mette La Roba Per Nasconderla Non Solo Agli Occhi Di Chi Si Trova Nella Stanza Ma Anche A Quelli Di Chi La Cerca, e via dicendo) ho comprato su eBay un nuovo cavetto, che mi è arrivato stamattina. Ovviamente ieri sera è spuntato il cavetto vecchio, in un posto assolutamente incredibile: la borsa del PC stesso. Non mi era affatto venuto in mente di cercarlo lì. Non che l’abbia cercato ieri sera: semplicemente la borsa era aperta e quando l’ho presa per infilarla dentro il trolley che aveva usato Anna il cavo è cascato.
Serve un cavo come nuovo?

Virgole per caso (libro)

[copertina] La punteggiatura è sempre una brutta bestia; spesso leggendo certi sedicenti “testi” ci si chiede quali sostanze psicotrope siano state assunte dai loro estensori. Magra consolazione può essere sapere che questo triste stato dell’arte non è solo italiano, come mostra questo libro (Lynne Truss, Virgole per caso [Eats, Shoots and Leaves], Piemme 2005 [2003], pag. 219, € 14.50, ISBN 9788838461965, trad. Annalisa Carena). L’autrice, con humour tipicamente britannico, racconta la storia, l’uso e l’abuso dei vari segni di interpunzione, dalla virgola al punto all’apostrofo alle virgolette e ai trattini. Purtroppo per un lettore italiano l’utilità del libro è ridotta, a meno che non debba imparare a scrivere in inglese: anche se parecchi temi valgono in genere, molti dei consigli sono specifici per quella lingua, e la scelta di mettere tutte le traduzioni degli esempi inglesi come note a piè di pagina, senza quasi mai cercare degli equivalenti italiani – l’unico caso in cui li ho visti è stato il capitolo sui trattini – a mio parere si rivela perdente. Già l’anodino titolo italiano poteva essere sostituito con “Per un punto Martin perse la cappa”: in fin dei conti, l’originale “Eats, shoots and leaves” fa parte di una battuta su un panda per cui l’aggiunta di una virgola ha trasformato la frase “mangia germogli e foglie” in “mangia, spara e se ne va”. Per il resto nulla da eccepire, se non che mi sa che in fondo un “ingenuity” è diventato “ingenuità”.

Election Day After

Dopo la batosta alle politiche, il centro e la sinistra sono stati bastonati anche alle elezioni locali che si sono tenute in contemporanea: Brescia e Friuli-Venezia Giulia passate alla destra, ballottaggio a Roma città e provincia, e via discorrendo (la Sicilia non conta, lì non c’è mai stato gusto). Qualche politico locale si è così lamentato con Uòlter, dicendo che è stata colpa sua che ha voluto fare l’Election Day e così il crollo alle politiche si è portato dietro il crollo alle comunali provinciali regionali.
Non so voi, ma quando leggo queste cose mi viene sempre da chiedermi se i politici pensano davvero che gli italiani siano così stupidi da non riuscire a votare due partiti diversi su due schede diverse – se ritengono naturalmente che il secondo partito localmente si sia comportato bene: ma in caso contrario non lo voterebbero lo stesso, no? – oppure se gli italiani sono effettivamente così stupidi.