Riccò positivo all’EPO

Toh. Stamattina Riccardo Riccò, giovine ciclista di belle speranze, è stato arrestato dalla Gendarmerie perché positivo all’EPO, anzi per la precisione al CERA, “Continuous erythropoietin receptor activator”, che praticamente ti fa produrre l’EPO per conto tuo. Vedi Corsera, Gazzetta, Rep.it. Lasciamo perdere i commenti dei nostri simpatici giornalisti e proviamo ad andare più sul fatto in sé. Sono tante le cose che mi chiedo: se Riccò fosse tranquillo perché ha un certificato medico che dice che il suo emocromo è “naturalmente alto”; come mai abbia comunque fatto una cronometro pessima – tenete conto che il vantaggio del CERA sembra essere il fatto che lo prendi una volta e vai avanti per due settimane; perché non facciano test antidoping tutti i giorni a tutti i corridori per togliersi il pensiero una volta per tutte.
Ma forse è ancora meglio tornare al ciclismo epico del passato, quello dove si pigliavano le bombe, lo sapevano tutti e non succedeva assolutamente nulla. Perché se dopo dieci anni di controlli sempre più attenti siamo rimasti a questo punto, è chiaro che alla gente non gliene importa più di tanto di cosa il campione si sia fatto prima di inforcare la sella.

neolingua musicale

Anche il Corsera si accorge della nuova normativa sul diritto d’autore per le opere musicali, approvata in questi giorni dall’Unione Europa. Riassuntino: la durata dei diritti d’autore per esecutori e interpreti di musica cresce dagli attuali 50 a 95 anni (!), ma in compenso viene fatto fuori il cartello delle SIAE europee, e ogni autore e compositore potrà scegliere dove iscriversi.
Vi rimando a Luca De Biase che domenica ha già fatto lo specchietto “chi ci guadagna, chi ci perde”; io mi limito a farvi notare come Charlie McCreevy, che dovrebbe essere il commissario europeo per la concorrenza, abbia venduto come “misura per liberare il mercato” quella che alla fine della fiera non è altro che un modo per dare un po’ di fiato alle major che potranno sfruttare il catalogo dell’ultima musica pop/rock decente, che stava giusto per passare tutta a disposizione del pubblico. Non credo che neppure i grandi artisti riusciranno a rinegoziare i contratti (anche se indubbiamente un po’ di soldini in più li avranno, il che farà loro comodo per le cure riabilitative): figuriamoci i nuovi artisti. Ormai non solo in Italia la politica è il modo per fregarti dicendo che ti stanno facendo un favore.
Aggiornamento: (17 giugno) la proposta della Commissione può essere letta a partire da qua (inglese, ma c’è anche in francese e tedesco)

più impronte per tutti

Leggo in giro (ecco ad esempio il Corsera che con un emendamento al “pacchetto sicurezza” approvato in modo bipartitico in commissione Bilancio e Finanze – avete letto bene: Bilancio e Finanze – con il plauso del piddì abbiamo finalmente superato il problema delle impronte digitali da prendere agli zingari. Infatti entro capodanno 2010 – meno di un anno e mezzo da oggi – tutti noi dovremo apporre nella nostra carta d’identità i nostri ditini. Più precisamente l’articolo che raddoppiava da 5 a 10 anni la validità della carta d’identità ora dice «La carta di identità ha durata dieci anni e deve essere munita della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferisce». Tanto, dice il deputato PD Giulio Calvisi (il cui sito è in ristrutturazione dallo scorso 25 aprile), “esiste una direttiva comunitaria che porterà tutti gli stati ad avere questa novità”.
A me avere o no il dito spiaccicato sulla carta d’identità cale poco o punto. Posso poi immaginare che l’Unione Europea abbia detto in maniera più o meno ufficiosa a Sìlvolo che se voleva togliersi dal vespaio in cui si era cacciato l’unica soluzione decente per non perdere la faccia era questa. Peccato però per parecchi piccoli particolari:[*]
– si vuole raddoppiare la durata della carta d’identità, immagino per risparmiare un po’ di soldi, e poi si obbliga comunque la gente a rifarla e perdere tempo… a meno naturalmente che il 2010 sia il limite dell’introduzione delle nuove carte.
– naturalmente quello che succederà in pratica è che prima tutti i cattivi neocomunitari verranno schedati (tanto sono quelli da schedare sul serio, no?) e poi, con mooooolta calma, si può vedere cosa fare degli altri.
– per quello che ricordo, la carta di identità la si può fare dai quindici anni in poi. I bambini sinti e rom, che bisogna schedare “per la loro tutela” (e sto aspettando ancora che qualcuno mi spieghi come effettivamente sarebbero tutelati) quindici anni non ce li hanno certo. Dobbiamo aspettarci un altro emendamento per obbligare anche i neonati ad avere la carta d’identità?
– può darsi che le moderne tecniche informatiche permettano di confrontare un’impronta digitale con sessanta milioni di altre impronte in un tempo breve, ma ne dubito. In pratica, insomma, cinquantanove milioni e mezzo di file rimarranno lì a fare nulla e si verificheranno solo i brutti e cattivi. Però l’uguaglianza di fronte alla legge è chiarissima.
Capisco che qua da noi abbiamo un’opposizione di lotta e di governo: ma almeno provare a dire che cosa non va, invece che aprire con gioia la bocca per ricevere la zolletta? È davvero chiedere troppo?
[*] non ce la faccio proprio ad essere serio, se vedo la possibilità di un gioco di parole, come una frase allitterativa, non riesco a evitarlo.

eBoost. eBooh?

[informazioni?] Ho ordinato da ibs alcuni libri. Non è la prima volta, anche se non sono un loro fedelissimo e mi divido con Deastore che per i testi – in genere in inglese – che mi interessano è molto più servito. Venerdì sera mi fatturano l’ordine, e lunedì pomeriggio mi dicono che è in partenza. Mi aspetto che il corriere mi porti il pacco ieri: invece nulla. Stamattina guardo la pagina col tracciamento online, e leggo 15-07-2008 STATO: DESTINATARIO NON DISPONIBILE (TURNO). Notate che l’indirizzo di destinazione è quello dell’ufficio, dove c’è una reception dalle 7 alle 19:30.
Telefono al numero verde, immaginando che loro abbiano più dati a disposizione della misera paginetta che io posso vedere in linea: scopro invece che anche l’azienda del gruppo Poste Italiane che vuole fare concorrenza ai corrieri ha esattamente la stessa visibilità mia e che non sa assolutamente dove sia il corriere. Posso sommessamente affermare che forse c’è ancora qualche sia pur minimo margine di miglioramento nella gestione delle consegne?
Aggiornamento: (17 luglio) Provate a indovinare cosa dice oggi la pagina dello stato della consegna. Che per il secondo giorno consecutivo il “destinatario non era disponibile”.
Aggiornamento: (17 luglio, 15:00) Finalmente il pacco è arrivato. Si vede che una configurazione astrale ha riportato via Pietro Crespi nello stesso universo del corriere eBoost.

KenKen

[KenKen] Non sto parlando dell’eterno fidanzato della Barbie un po’ balbuziente, ma di un nuovo gioco di logica, che appare sul Times on line: vedi l’articolo che spiega come funziona. In poche parole, si ha una griglia 6×6 che si deve riempire con le cifre da 1 a 6 ottenendo un quadrato latino, vale a dire con tutte e sei le cifre diverse in ogni riga e in ogni colonna, esattamente come per il sudoku. Però il quadrato è anche diviso in vari gruppi di caselle, ciascuno dei quali ha un numerino in alto e un segno di operazione – a meno che il gruppo sia di una sola casella. Il vincolo ulteriore è che applicando l’operazione indicata alle cifre del gruppo, bisogna ricavare il numero corrispondente. Tanto per fare un esempio pratico, se si ha un gruppo due caselle con scritto “6÷” le due caselle conterranno 1 e 6, non si sa in che ordine; se ci fosse stato scritto “6+” conterrebbero 2 e 4 oppure 1 e 5; con “6x” i valori possibili sono 1 e 6 oppure 2 e 3. Naturalmente se il gruppo di caselle non è tutto sulla stessa riga o colonna è anche possibile avere delle cifre ripetute.
Con questa ricerca potete trovare i giochi già pubblicati: purtroppo non c’è (ancora?) un programma interattivo. Personalmente trovo KenKen molto più interessante del Kakuro, e sicuramente con un afflato matematico che manca del tutto al sudoku, che in effetti potrebbe anche essere giocato coi segnalini del Monopoli; ma sono purtroppo convinto che in Italia, e non solo, sarà considerato “troppo complicato” per giocarci. Ho provato i due quiz di oggi: il primo, indicato come “easy” e che potete vedere cliccando sulla figura, lo si risolve subito; ma non ho avuto troppe difficoltà nemmeno col secondo, anche se ovviamente ci ho dovuto pensare su un po’. Voi che ne pensate?
(via Logic Puzzler)
Aggiornamento: (22:30) Su questo sito (tedesco) ci sono una decina di schemi. Essendo il sito tedesco, la logica è assolutamente incomprensibile: man mano che tu clicchi su una casella, il numero indicato su di essa aumenta, e dopo il massimo valore possibile la casella si azzera.

parole matematiche: tangente

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
Siamo di nuovo in periodo di politici arrestati, e così le parole matematiche tornano alla ribalta con quanto detto dai nostri simpatici politici. Di “teorema”, usato in senso assolutamente opposto a quanto fanno i matematici, ho già scritto l’anno scorso, anzi è stata la parola che ha iniziato questo dizionario: oggi tocca a “tangente”, che ha una storia ancora più divertente.
La parola tangente deriva dal verbo latino tangere (con l’accento sulla a, per la cronaca), che ha il significato di “toccare” ed è una creazione tutta italica: non sono state infatti trovate radici indoeuropee corrispondenti. Chi ha un’infarinatura di cultura cattolica e/o artistica magari si ricorda il “Noli me tangere” (non toccarmi) pronunciato da Gesù appena risorto alla Maddalena. La parola passa all’italiano, tanto per cambiare, con Dante, ma di per sé non ha avuto un grande successo: l’unica espressione italiana in cui la si può trovare è “non mi tange”, nel senso di “non mi tocca, non me ne può importare di meno”. Per curiosità, il passato remoto farebbe “tansi, tangesti, tanse”, anche se nessuno lo usa. Più usato il derivato tangibile, nel senso di “che si può toccare con mano”, anche in senso figurato; di un vantaggio tangibile te ne accorgi, insomma.
Galileo però recuperò il verbo, anzi il suo participio (tangente, appunto) per indicare una retta con un punto in comune a una curva, e da lì il significato matematico iniziò a prosperare… non solo tra i matematici, visto che l’espressione “filarsela per la tangente” deriva da qua. Per amor di precisione, la definizione matematica attuale di tangente è un po’ diversa, visto che due curve sono tra loro tangenti se si toccano in un punto “che vale almeno per due”, ma si sa che i matematici sono dei precisini, a differenza della lingua comune dove la tangenziale tocca tutto il contorno di una città. Da questo punto di vista, i tedeschi che parlano di Ring (anello) sono più corretti!
Tra l’altro, il secondo significato matematico di tangente, vale a dire la funzione trigonometrica che si ottiene dividendo il seno per il coseno di un angolo, è una banale estensione di questo: se si prende un cerchio di raggio uno, si disegna un angolo x e si prolunga uno dei due raggi dell’angolo fino a incontrare la tangente (appunto…) al cerchio che passa dall’altro raggio si ottiene un segmento la cui misura è appunto la tangente dell’angolo.
Che c’entra tutto questo con i soldi passati sottobanco? C’entra, c’entra. Ricordate che avevo scritto all’inizio che il verbo “tangere” significa “toccare”? Nella seconda metà del XVIII secolo, la parola tangente prese il significato di “quota che tocca a ciascuno quando si dividono le spese o i guadagni”. In un resoconto della rivoluzione americana, si trova infatti la frase “La sostanza delle parole è che gli abitanti di quella Provincia pagassero «la loro tangente di tali tasse come erano allora levate, o che si dovessero levare in appresso dal Parlamento in Inghilterra»”. Il termine perse di importanza nel corso dell’Ottocento, dato che i puristi lo deprecarono, per poi essere ripreso nel 1977, con lo scandalo Lockheed. Il significato era ancora quello di “quota”, anche se a questo punto la quota era quella che toccava al potentino di turno solo perché lui esisteva. La parola ha però preso rapidamente quota :-), ci si è dimenticati del significato originale, e ormai significa solo “somma versata illegalmente per ottenere dei favori”, senza più pensare al “toccare”… a meno naturalmente che uno ritenga che gli tocchi qualcosa per il solo fatto di essere Uno Che Conta! (come? dite che in effetti è così? ah, scusate…)
Ah: il tango, nonostante il nome e il fatto che i due ballerini senza dubbio si tocchino, non ha alcuna relazione col verbo “tangere”. La parola sembrerebbe essere onomatopeica dal suono dei tamburi. Che adesso nel tango i tamburi non si usino più è irrilevante.

Carnevale della Matematica #3 – GOTO Matematicamedie

Se non siete per le strade a cantare la Marsigliese, potete andare a fare un salto da Matematicamedie per leggere la terza edizione del Carnevale della Matematica, ospitato appunto da Giovanna. Garantisco non ci sono solo formule :-)
E visto che la matematica non va certo in ferie, sono lieto di annunciarvi che anche il 14 agosto avremo un Carnevale! Chartitalia si è infatti offerto di ospitare l’edizione preferragostana. Magari ricordatevi di inviargli i vostri contributi (trovate il suo indirizzo email in alto a destra nel suo blog) con qualche giorno in più di anticipo, così potrà preparare il tutto e andare a cercare un po’ di sole anche lui.