Economia emotiva

[copertina] Non so voi, ma io ho sempre avuto grossi dubbi sull’ammettere lo status di scienza per l’economia. Non per altro, ma spesso gli economisti spacciano per “teorie scientifiche” affermazioni che sembrano più che altro estratte da un cappello a cilindro virtuale, proprio come il prestigiatore fa con il coniglio; e dopo pochi anni le “teorie” vengono bellamente contraddette dai fatti. Però le cose vanno ancora peggio! Come Motterlini mostra in questo libro (Matteo Motterlini, Economia emotiva, Rizzoli – Bur Saggi marzo 2008 [2006], pag. 266, € 8.80, ISBN 978-88-17-02231-6), noi umani siamo geneticamente programmati ad agire contro i parametri economici che pure professiamo in teoria. Così perdere il biglietto già comprato per la partita e scoprire di non avere più i soldi tenuti in una tasca laterale per comprare il biglietto non sono per noi la stessa cosa, e nel secondo caso siamo più propensi a comprare comunque il biglietto. (Nota: in quarta di copertina si specifica che Motterlini è anche responsabile scientifico del MilanLab, ma si capiva perfettamente dal testo che è tutto tranne che interista). Il testo è scorrevole e ben scritto, e aiuta a far luce sui meccanismi economici inconsci che ci troviamo: dal mio punto di vista la terza parte del libro, più legata alla neurofisiologia, è un po’ troppo noiosa, ma magari è solo un problema mio. Diciamo invece che è comprensibile che in questa edizione economica non sia stata aggiunta l’ultima pagina a colori con il test per verificare la dicotomia parola scritta-colore, ma forse sarebbe stato meglio espungere la citazione dal testo. Una lettura comunque meritevole.

quando l’understatement è più di un’arte

Questa settimana – ufficialmente dopodomani, ma qui a Milano la si trova in edicola già oggi – esce il numero 4000 della Settimana Enigmistica. Rispetto a quasi quarant’anni fa, quando iniziai a leggerla, le differenze sono minime: la fotocomposizione, l’uso del colore non solo in prima e ultima pagina ed eventualmente a pagina 40, l’affiancamento degli SMS alla cartolina postale, il codice a barre in ultima pagina.
Però ricordavo che in queste occasioni speciali c’era qualcosa di diverso: venivano aggiunte quattro pagine di “celebrazione” (o di ricordo, come nel primo anniversario della morte di Piero Bartezzaghi). Così, quando in pausa pranzo sono passato in edicola a comprarla e ho aperto la penultima pagina, ci sono rimasto male a vedere che era “pagina 46”. Mi sembrava un po’ poco come celebrazione avere il colonnino “Ai lettori” a pagina 2. Poi ho riguardato la copertina, e ho visto la scritta “Otto pagine di giochi in più”. In effetti le otto pagine ci sono, sono più o meno a metà della rivista, e sono indicate con numeri romani: immagino per poter dire che anche stavolta le soluzioni sono a pagina 46.
Inutile: sono inarrivabili.

Nicola Latorre

Uno potrebbe pensare che il senatore diessino tanto amico di Minimo D’Alema l’avesse imparata, la lezione, dopo essere stato cuccato nelle intercettazioni Unipol. Ah, per la cronaca non era stato rinviato a giudizio, perché la Giunta per le Autorizzazioni ha scelto un’interpretazione molto estesa dell’articolo 68 della Costituzione. Invece a quanto pare no.
Come ormai sapete tutti, qualche giorno fa Latorre era a una trasmissione tv dove si parlava della commissione di vigilanza Rai. Con lui c’erano due deputati: il compagno di opposizione Massimo Donadi dell’Italia dei Valori, e il vicecapogruppo del PdL alla Camera Italo Bocchino. Donadi picchiava duro contro Bocchino, e Latorre – gli amici sono amici – è corso a favore dell’aennino prendendogli il giornale e la penna che aveva, e scrivendo sul margine la frase «Io non lo posso dire. E la Corte Costituzionale? E Pecorella?». Poi ha strappato via il pezzo di giornale: peccato che non se lo sia messo in tasca per eliminarlo del tutto, ma l’ha buttato per terra, da dove è stato prontamente raccolto alla fine della trasmissione. Come vedete, è molto importante imparare a non gettare i rifiuti per terra.
Il più bastardo a commentare il fatto stavolta è stato Jena (“Se non fosse Nicola Latorre verrebbe accusato di intelligenza col nemico”); ma anche Gramellini (“il senatore Latorre, che pur essendo dalemiano è di centro-sinistra”) ci ha messo del suo. Io non ho nemmeno la forza di commentare: tanto, in effetti, sarei costretto ad ammettere che Latorre è un perfetto rappresentante della nostra classe politica, e sono certo che sia benvoluto dai suoi sodali proprio per questo. Mi limito ad aggiungere che una persona intelligente come lui è… avvocato. Mi chiedo come consigli i suoi assistiti.

Il tempo continua ad essere relativo

[118 giorni, o quasi tre mesi] La segnalazione per la berlina odierna mi è arrivata da Licia, che mi ha fatto notare questo articolo del Corsera. Tralasciamo il “gli” al posto del “le”, tanto ormai nel parlato è una cosa normale. Ma se 118 giorni sono “quasi tre mesi”, ci sono due possibilità: che abbiano inventato i mesi di quaranta giorni – il che tra l’altro servirebbe a comprendere come mai c’è la “crisi dell’ultima settimana”: è ovvio che gli stipendi non bastino – oppure che nel periodo di tempo trascorso senza cuore non vengano considerati i weekend e le feste comandate. O magari agosto non è presente nei calendari dei giornalisti?
(per la cronaca, il “continua” del titolo si riferisce a questo. Sembra che la relatività sia bipartisan, insomma)

non è giornata

Stamattina ho perso, o più probabilmente mi hanno rubato, le fascette catarifrangenti per tenere fermi i pantaloni. La bici la lascio legata, ma il cancello Telecom è spesso aperto e secondo me qualcuno è passato.
Oggi avrei dovuto partecipare alla presentazione del MEI in qualità di componente del direttivo Wikimedia Italia: in effetti c’ero, ma si sono dimenticati di me.
Prima di uscire, decido di copiare sul palmare la nuova versione di un file, e invece riscrivo la vecchia versione perdendomi la nuova.
Stasera chiudo la borsa da bici, e si rompe la cerniera (ah sì, oggi ho anche perso un bottone del maglione).
Ci sono ancora 328 minuti a mezzanotte, non voglio pensare a cosa può capitarmi.

la velocità dell’Internette

Mi è appena arrivato un comunicato dell’Internet Society (no, non sono socio ISOC, ma semplicemente un iscritto alla mailing list internazionale) che mi dice di stare attento, perché «Email scam falsely claims ISOC connection» cioè ci sono delle mail farlocche che affermano di provenire dall’ISOC.
In effetti mi era arrivato un messaggio da tale "Internet Society (ISOC)" <roland.schimek@hotmail.co.uk> che affermava nel titolo “You will be paid asap..!!!“. Per la precisione dall’ISOC con sede a Ginevra (?) per un milione di sterline (??). Insomma, la solita truffa 419 nigeriana: nulla che valga la pena considerare.
Peccato solo che quel messaggio mi era arrivato il 10 novembre. O lo (pseudo)nigeriano è stato così fortunato (o lento) da non trovare nessun delatore verso ISOC, oppure gli amici ISOC non sono proprio dei fulmini di guerra…

“basta che telefona”

basta che telefona Ieri su Repubblica (cartaceo, comunque potete vedere la trascrizione qua) c’era un’intervista al commissario straordinario Alitalia. Non entro nel merito dell’intervista e delle risposte date, e mi limito a riportare una frase. Alla domanda del giornalista Roberto Mania se il povero passeggero colpito dallo sciopero bianco sia costretto a bivaccare in aeroporto, la risposta è stata «No, basta che telefona prima al call center».
Ora, è vero che il commissario Alitalia fa di cognome Fantozzi, e il congiuntivo fantozziano è ben noto a tutti noi. Ma non credo che questo erroraccio sia stato effettivamente pronunciato da lui; non foss’altro che perché ci sarebbe stata vicina la magica parolina “(sic)“. Quindi immagino che per il “giornalista” quell’espressione è perfettamente italiana. Inoltre è chiaro che nel secondo quotidiano italiano non esiste più un passaggio di correzione di bozze dal testo di un articolo all’impaginato. Ricordo che sto parlando della versione del quotidiano che si compra all’edicola, e di un’intervista che non è certo stata fatta all’ultimo momento: insomma, non c’è nemmeno la scusa della versione web dove qualcuno potrebbe pensare che l’immediatezza sia preferita alla grammatica italiana. Questa è l’italica stampa.

Il popolo sovrano

Fabio Forno aveva ragione.
Ricordate la storia del senatore alaskano corrotto? È notizia di oggi che l’ottantacinquenne Ted Stevens non è stato rieletto. La votazione è stata sul filo del rasoio, e infatti ci hanno messo due settimane per avere la certezza dell’esito, però gli elettori non l’hanno eletto per la settima volta al Senato USA.
In effetti però c’è un’altra piccola differenza con l’Italia: lì potevano scegliere tra due specifiche persone, mica come da noi.