Stamattina mi sono svegliato, ho tirato su le tapparelle, ho guardato fuori e ho visto della roba bianca sui tetti delle auto. Ho deciso che c’era stata una bella brinata. Qualche minuto dopo Anna ha guardato fuori e ha detto “è nevicato!” Naturalmente aveva ragione lei.
Non che sia venuta così tanta neve, mezzo centimetro sui parabrezza che si è sciolto per terra: a lavorare ci sono comunque andato in bicicletta. Però se si pensa che ventidue ore prima il cielo era così… (sì, è possibile vedere le montagne da Milano. Non ci credevo)
La neve, o almeno la sua imitazione, resiste ancora adesso sulle auto: immagino significhi che fuori fa freddino.
Manca solo la domenica (teatro)
Il nostro gruppo abbonati al Piccolo ha iniziato la stagione sabato scorso, andando allo Studio a vedere Manca solo la domenica. Tratto da un racconto di Silvana Grasso, la storia la si può raccontare in poche righe: una donna siciliana, il cui marito è emigrato in Australia e di cui si sono perse le tracce, vuole sentirsi una vera vedova: così dal lunedì al sabato fa visita ai cimiteri dei paesi vicini, dove ha “adottato” una tomba e piange la morte del suo adorato marito. Passano gli anni, e improvvisamente il marito ritorna a casa, rovinandole la vita…
Un racconto breve, che in effetti si traduce in un’ora e venti di spettacolo. Licia Maglietta è brava e si vede che sa tenere la scena, però l’ho vista più volte sbagliare la battuta; insomma mi sarei aspettato di più. In compenso l’altra persona in scena, il fisarmonicista Vladimir Denissenkov, è stato la spalla perfetta. Non solo per il tappeto sonoro che fa da perfetto contraltare al monologo della Maglietta, ma anche per il gioco di sguardi che sottolinea i momenti più importanti: insomma, non un semplice musicista ma quasi un secondo protagonista, e scusate se è poco!
SearchWiki
Da un paio di giorni, se uno fa una ricerca con Google mentre è connesso con Google Account – detto in altro modo, se in alto a destra c’è scritta la sua email – si trova alcune iconcine vicino ai risultati: una freccia verso l’alto e una croce a fianco del nome della pagina, e un fumetto nell’ultima riga dei record. Queste icone servono per SearchWiki, l’ultima aggiunta alla ricerca Google. Leggendo il blog ufficiale, ci viene spiegato che in questo modo possiamo eliminare dalle nostre ricerche i risultati che non ci interessano, e alzare di grado quelli che riteniamo più importanti. Inoltre se andiamo in fondo alla pagina c’è anche la possibilità di aggiungere un nostro risultato alla ricerca. Come ho evidenziato, tutte queste modifiche sono private, nel senso che riguardano unicamente il nostro account personale: che poi sia proprio così non so dirlo, visto che in fin dei conti è sempre molto comodo avere dei dati in più per raffinare le ricerche. Ma magari a Google sono solo interessati a vedere cosa elimini per affinare i risultati della pubblicità che ti inviano… chi lo può sapere?
Oggettivamente, però, non riesco a capire l’utilità di queste iconcine, visto che i risultati cambieranno solo se rifaccio la stessa ricerca, e in questo caso non è che abbia tutto quell’interesse a vedere quali risultati avevo preferito: facevo più in fretta a salvarmeli tra i preferiti. Né può servirmi a vedere se la pagina su di me sta perdendo posizioni: anzi in quel caso devo stare assolutamente attento a non modificare i risultati, perché voglio sapere cosa vedono gli altri, non io!
L’unica cosa che forse potrebbe servire è l’aggiunta di un commento, visto che i commenti sono invece visibili da tutti. Ma anche qua mi rimangono dei dubbi. La cosa potrebbe essere più utile se uno potesse definire un insieme di “amici” (e magari uno di “guru”) di cui si fida, e far sì che le ricerche siano raffinate usando i voti dati da tutti gli amici. Non so però quanto la cosa sia facilmente scalabile.
_Il curioso dei numeri_ (libro)
(se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!) Un Vero Matematico non deve necessariamente usare i numeri irrazionali, immaginali o surreali (anche se sono divertenti, una volta che uno riesce a capire come si formano). Kronecker asserì che “i numeri interi provengono da Dio, tutto il resto è opera dell’uomo”: ma anche solo con i numeri da uno a nove c’è già materiale assolutamente a sufficienza, come Andrew Hodges mostra in questo libro (Andrew Hodges, Il curioso dei libri [One to Nine], Mondadori 2008 [2007], pag. 292, € 18.50, ISBN 9788804581499, trad. Tullio Cannillo) che in originale ha appunto il titolo molto più icastico “One to Nine”. Ispirandosi a una tradizione che parte da G.H.Hardy che tuonò contro il “marxista pratico” Lancelot Hogben che scriveva dell’utilità della matematica per giungere a Constance Reid e il suo “Da zero a infinito”, Hodges – noto per la sua biografia di Alan Turing – racconta un po’ di matematica ma non solo in nove capitoli, ciascuno dedicato ad alcuni aspetti. Il filo conduttore, oltre ai numeri stessi, è dato dal… sudoku, che evidentemente Hodges apprezza molto: nel libro ci sono escursioni nella fisica antica e moderna, ma anche una tirata contro il modo in cui si insegna la matematica nelle scuole inglesi (la sua proposta è “farne magari di meno, ma scegliere cose utili”). Una lettura piacevole, anche per lo stile di scrittura caustico ma leggero ben reso nella traduzione; solo in qualche caso verso metà del libro l’autore forse esagera con le formule matematiche, che potrebbero rimanere indigeste al lettore casuale.
la versione berlusconiana del “ma anche”
Secondo il foglio scandalistico scalfariano, ieri Berlusconi ha detto queste cose a proposito della normativa UE sul clima: «C’è la crisi economica, mi sembra esagerato che l’Europa voglia farsi portabandiera nella battaglia sul clima. Non c’è un accordo con gli altri Paesi come la Cina, gli Stati Uniti: [quella dell’UE] mi sembra un’opera donchisciottesca.» Un punto di vista che personalmente mi appare un po’ miope, pensando alla spinta propulsiva data dalle ricerche per riuscire a raggiungere gli obiettivi per il 2020, ma che comunque ha il suo senso. In fin dei conti a un italiano medio non verrebbe mai in mente di pulire il proprio pezzetto di marciapiede quando si continua a buttare sporcizia nel resto delle strade.
Però poi il premier aggiunge «Si tratta comunque di un giusto obiettivo da perseguire ed è fondamentale perseguirlo», cioè esattamente l’opposto di quanto pronunciato prima. Silvio dovrebbe vergognarsi: sta togliendo il lavoro a Uòlter.
Via Paolo Sarpi, Milano
Lunedì scorso via Paolo Sarpi (per i non milanesi: il centro della Chinatown meneghina) è diventata zona a traffico limitato. Mia zia abita proprio lì in mezzo, e stamattina siamo passati rapidamente da lei per chiederle di riparare un paio di miei maglioni. Ci siamo fermati a prendere un caffè in un bar, e il proprietario era lì a lamentarsi della ZTL, della Moratti, di De Corato; aggiungeva poi che dei commercianti italiani il 95% era contro la ZTL e ancor più contro la possibile futura isola pedonale, ma visto che uno dei pochi che erano d’accordo era ammanicato con i giornali, questi scrivevano tutti che “gli italiani” vorrebbero l’isola pedonale. (Ah: bisogna dire che si è messo di impegno a non nominare mai i cinesi, e si vedeva che lo faceva a fatica… un più per lo sforzo)
Magari abbiamo trovato l’unico commerciante italiano contrario, però è interessante vedere che non sempre (quasi mai?) le cose sono come scrivono i giornali. Ecco, probabilmente il “giornalismo dal basso” che fa tanto chic pronunciare dovrebbe proprio fare questo: sentire cosa pensa davvero la gente. Però non mi pare che poi capiti davvero :-)
Ah: per la cronaca, mia zia è felicissima della ZTL.
Quale sarebbe la differenza?
La Stampa, come tutti gli altri quotidiani odierni, ci fa sapere che Michael Jackson si è convertito all’islamismo, e ha cambiato il proprio nome in Mikaeel. Però, per strafare, ci spiega anche che Mikaeel è “il nome di uno degli angeli di Allah”. (Ma a dire il vero danno quella spiegazione anche il Giornale e le ultime notizie Corsera, il che mi fa pensare che ci sia stato un copincolla collettivo da qualche agenzia
Ora, Mikaeel è indubbiamente uno degli angeli di Allah. Ma è banalmente l’angelo biblico Mi-Kha’El, proprio come l’angelo Jibril che portò le rivelazioni a Maometto è l’ebraico Geber-El – vedi anche qua. Detto in altro modo, Mikaeel è esattamente Michele, cioè Michael: l’ex-nero ha semplicemente usato la forma araba del nome. Dov’è lo scoop? Forse che chi ha compilato l’agenzia e chi l’ha scopiazzata non sa che Michele è il nome di un arcangelo (oltre che del firewall del sito del Vaticano, per ovvie ragioni che però stavolta non vi spiego)?
Torino
Ieri nel tardo pomeriggio sono stato a Torino, alla giornata inaugurale dell’edizione 2008-09 di GiovedìScienza: non per altro, ma i Rudi Matematici erano lì a ritirare la versione speciale del Premio Peano 2007 e non potevo perdere l’occasione di vederli tutti e tre (e comprarmi il loro nuovo libro Rudi Ludi, oltre che vedermi regalare inaspettatamente una copia di Flatterlandia. Ne ho approfittato poi per cenare da Maria e Yagoub, e vedere la loro nuova casa.
La conferenza del vincitore del premio Peano “ufficiale”, Donal O’Shea, sembrava quasi una scena del teatro dell’assurdo. Non ero mai andato ai GiovedìScienza nemmeno quando vivevo a Torino, e mi ha stupito la quantità di persone anziane che erano lì, non si sa bene cosa si aspettavano, e si sono trovate una conferenza comunque matematica, con parti che non capivo bene nemmeno io. Uno dei tanti misteri sabaudi. Ma quello che mi ha stupito di più è stato lo straniamento che ho avuto nel trovarmi a Torino.
Passi non riuscire a ritrovarmi in via Nizza sventrata per i lavori della metropolitana, anche se ho sbagliato completamente a valutare le distanze e sono salito sul bus in Largo Marconi per fare sì e no due fermate, e dire che il Colosseo dovrei ben saperlo dov’è. Ovviamente la zona dove Maria e Yagoub hanno comprato casa, dietro l’Enviroment Park, per me è completamente sconosciuta, visto che l’hanno costruita in questi anni: ma in fin dei conti l’avevo messo in conto. Ma già riuscire a trovarmi in una piazza, guardarla stolido e capire solo dopo un attimo di essere in piazza Carlina non ha fatto molto bene al mio ego. Ancora più straniante poi è stato percorrere il primo pezzetto di via Livorno. Il sistema 5T mi aveva infatti detto che il modo più semplice per arrivare dai miei amici prevedeva di prendere 18 e 3 e farsi un pezzetto a piedi, appunto per via Livorno. Quella zona la conosco fin da quando ero bimbetto: mio padre andava a rifornirsi in un colorificio che stava lì, una sorella di mia nonna abitava dietro la chiesa all’angolo con corso Umbria, ancora dopo essermi trasferito a Milano andavo dal barbiere in via don Bosco. Ecco: le case sono sempre quelle, ma il posto è diventato una colonia araba. Persino il barbiere adesso è arabo, anche se con le scritte in caratteri latini. Resiste giusto l’autoscuola, a parte la chiesa, del passato che mi ricordo: pensate che non ci sono nemmeno più le auto parcheggiate in mezzo alla strada, una famosa caratteristica della mia città natia. Nulla di grave, solo questa sensazione di straniamento.
Nulla di strano invece a vedere l’ennesima riconfigurazione di piazza Statuto, esempio preclaro della combinatorica messa in pratica, né trovare piazza 18 dicembre tutta a serrande abbassate prima ancora delle 22: questa è la Torino che ricordo. In compenso ho scoperto che Trenitalia zippa i convogli notturni. Abituato ai soliti treni da dieci vagoni, trovarmi un Minuetto formato da due singoli vagoni è stato uno choc. Stavo quasi per chiedermi se fosse il treno giusto. Sono passati pochi anni, ma sta cambiando davvero tutto.