Oggi siamo stati a Usseglio per festeggiare i primi settant’anni di mia mamma (occhei, gli anni li aveva compiuti domenica, ma il pranzo era oggi). Tornando giù verso Milano, a parte avere dimenticato su in montagna una montagna di roba, ha iniziato a piovere. Arrivati a Cafasse, ha iniziato a grandinare, col risultato che si può vedere nella miniatura qui in cima oppure più in grande su 4shared (uno – due).
Poi aveva anche smesso di piovere, se non che entrati in autostrada ci siamo trovati una seconda grandinata (mancano le foto, e comunque avrei dovuto fare quelle degli idioti che si fermavano in mezzo alla carreggiata sotto il ponte). Come ciliegina sulla torta, un chilometro di coda a Carisio per un incidente. Bel riposo, no?
Una gita a… Marzio
Visto che ormai il fisico non ce l’ho più, Anna mi ha convinto che dovremmo andare nei weekend a fare un po’ di camminate in montagna, almeno finché la stagione regge. In fin dei conti l’anno scorso ci eravamo anche comprati A piedi in Lombardia – vol. 1, e quindi dovevamo sfruttarlo, no?
Una mia attenta pianificazione delle distanze da percorrere mi ha convinto che il posto migliore per iniziare era l’anello piccolo di Marzio, e così domenica scorsa abbiamo sfidato la minaccia di pioggia e ci siamo avventurati verso il profondo nord dell’Italia. Marzio è un posto che se non sai che c’è non lo troverai mai: a due passi dal lago di Lugano, tanto che il mio telefonino ha deciso di passare sotto il gestore svizzero; la strada per arrivarci è sufficientemente nascosta per non essere trovata a meno che uno non abbia un GPS o un’ottima cartina, e credo che sia l’unico posto in Italia che ha pensato di costruire una terrazza panoramica in stile Ventennio per ricordare il centenario della Prima Guerra d’Indipendenza (sì, i conti non tornano, lo so). Ad ogni modo, ci sono vari percorsi che partono dal paese; oltre ai sentieri ci sono anche strade militari che permettono di non perdersi più di tanto, anche se ogni tanto ci si confonde perché improvvisamente spariscono i cartelli e le indicazioni: non garantisco che abbiamo seguito esattamente il percorso indicato nella cartina, ma abbiamo toccato tutti i punti fondamentali, e siamo anche stati gratificati dalla vista di un pezzo del lago di Lugano, oltre che da qualche goccia di pioggia che fortunatamente non ci ha bagnato più di tanto. Il posto sembra insomma interessante per ulteriori giri, anche se visto il tempo odierno mi sa che si riprenderà a tarda primavera :-(
Chi ama le foto, può trovarne qualcuna qui.
Berlusconi ha fatto scuola
Ddl Carfagna contro la prostituzione. Il governo si dimostra sempre più protezionistico.
Tra colleghi ci si capisce
Corsera. Castelli difende la Guzzanti: «Ha diritto di dire stupidaggini».
Oosah: un terabyte per i tuoi file multimediali
Un terabyte è tanto, tanto spazio. Per dare un idea, sono più di duecento DVD. Eppure Oosah osa :-) regalarvelo.
L’ho provato. Innanzitutto c’è un’interfaccia flash9 che può infastidire qualcuno, e soprattutto si possono solo postare file multimediali di tipi ben specifici: ad esempio, per l’audio è solo accettato l’mp3, e un formato di testo come pdf non è permesso. Se uno si fida, può garantire al sito accesso a YouTube, Flickr e Picasa per poter vedere tutti i propri set; altrimenti può caricare e gestire le foto con un’interfaccia tipo file manager e una grafica relativamente innovativa (mentre il tutto si carica il testo appare sfuocato). Si possono raggruppare le foto in gallerie, e dare eventualmente accesso libero o protetto da password.
Tutto sommato, Oosah può essere un buon metodo per avere un backup delle proprie foto, anche se non mi fiderei certo a usarlo come unico sistema di archiviazione, visto che il sito potrebbe sparire da un momento all’altro.
(via DElyMyth)
Quiss: le cento parole inglesi più comuni
parole matematiche: grado
(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
Per un matematico, la parola grado fa venire in mente la misura di un angolo (occhei, un Vero Matematico li misura in radianti – e anche questa sarebbe una bella parola matematica – ma anche noi sappiamo adattarci al resto del mondo) oppure la temperatura. Una persona qualunque invece pensa ai gradi dell’esercito o del vino; e magari usa la locuzione “in massimo grado”. Stavolta la parola ha sempre lo stesso significato, ma ha dovuto fare una lunga marcia per arrivare al significato odierno!
In effetti, grado deriva dal latino gradus, -us, un nome della quarta declinazione, ricavato dalla stessa radice del verbo deponente gradi, “avanzare, camminare”. Il gradus latino era inizialmente il passo, e poi lo scalino, quello che noi chiamiamo ora “gradino”. (Il “gradasso” non c’entra, invece: Gradasso è il nome di un guerriero saraceno). Ma già i latini avevano traslato il significato di gradus per indicare il risultato della suddivisione del cerchio: lo troviamo persino nella Bibbia! (Is 38,8). Non c’è così voluto molto per mantenere tale significato. A questo punto il suddividere qualcos’altro era solo questione di tempo, e Francesco Redi parla di gradi di temperatura nel 1660. Sulla gradazione alcolica non ho informazioni precise, mi spiace.
La morale di tutto questo? Spesso è difficile accorgersi che una parola è usata allo stesso modo in ambiti diversi, ma solo perché non ci si pensa su! Occorre però riconoscere che altre volte non è così: il gradiente, che misura la variazione di una quantità rispetto a una direzione, deriva sempre da grado ma è irriconoscibile…
Interpretazione e creatività (libro)
Laterza ha trovato una nuova nicchia di mercato: libriccini molto brevi, non esattamente economici (sì, dieci euro non sono una gran spesa, ma per il numero di pagine sono davvero tanti) e legati ad avvenimenti vari. Nella collana “I libri del Festival della Mente” è così uscito questo libretto (Toni Servillo e Gianfranco Capitta, Interpretazione e creatività, Laterza saggi tascabili 315 – luglio 2008, pag. 131, € 10, ISBN 978-88-420-8723-6) che è più che altro la trascrizione di una lunga chiacchierata tra l’attore e regista e il critico teatrale. Ci sono degli spunti interessanti, come quando Servillo racconta di come vede il teatro come orizzontale: non solo ci sono interazioni dirette tra regista e compagnia, ma anche il pubblico fa parte di questo gioco, e col passare delle repliche l’interpretazione può cambiare di volta in volta proprio perché – essendo il pubblico diverso – l’opera è diversa. Tutto questo ovviamente non si può fare nel cinema, dove il regista è l’unico che può assemblare i vari pezzi.
L’impressione finale del libro resta comunque quella di una certa “leggerezza”, o meglio impalpabilità: non fa male, però non lascia poi molto.