Immaginiamo di avere un mazzo di carte da poker, e provare a predire quale sarà la successiva. Indubbiamente, quando sono state estratte cinquantun carte, nell'(ex) mazzo rimarrà solo una carta, la “predizione” sarà corretta al 100%. Come fare ad evitare questo problema? Semplice. Basta togliere il due di picche dal mazzo: adesso avremo solo cinquantun carte, quindi non ci capiterà mai di dover estrarre la cinquantaduesima.
Tutto questo non lo dico io, ma Felipe Massa.
(però io un’idea a proposito ce l’avrei. Il GP non ha una durata prefissata, ma variabile ad esempio dai 50 ai 70 giri del circuito. Si prepara un sistema casuale che dia lo stop in un momento casuale: il gran premio finisce al passaggio successivo del primo in graduatoria)
sto scherzando, se non si fosse capito
Alla caccia del senatore!
Leggo da hyperbola via FacciaLibro che un senatore avrebbe presentato un disegno di legge per la liberalizzazione praticamente totale della caccia. Uso il condizionale perché sono andato a verificare le “iniziative legislative” del senatore in questione e non ho affatto trovato tale ddl. (Per la cronaca, ci sono varie proposte di legge al Senato, basta scrivere “venatoria” nel form di ricerca, ma nessuna attribuibile a questo senatore)
Bisogna però dire che il senatore in questione dovrebbe stare un po’ attento, visto che all’anagrafe fa Franco Orsi.
Diagramma di flusso alle poste
Sabato mattina, mentre uscivo a comprare il giornale, il postino stava passando davanti a casa. Ho colto la palla al balzo, e gli ho consegnato una bolletta Telecom di un’azienda che se ne è andata via dal nostro condominio da parecchi mesi e che era da qualche giorno sopra le cassette delle llettere. Il postino l’ha presa e l’ha messa nella sua borsa, in una tasca diversa da quella da dove aveva tirato fuori le lettere da consegnare.
Ieri sera torno a casa, controllo la casella della posta, e sopra di essa c’era la bolletta Telecom dell’azienda di cui sopra.
Cory Doctorow a Milano
Venerdì 6 marzo alle 19 alla Mediateca di Santa Teresa in via della Moscova 28 ci sarà un incontro con Cory Doctorow (potete scegliere se considerarlo autore di fantascienza oppure creatore di BoingBoing, fate voi). O se preferite, il 27 ci sarà Lawrence Lessig (fondatore Creative Commons)
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti: maggiori informazioni a MeetTheMediaGuru. Io venerdì forse ci sarò, ammesso e non concesso che riesca a far quadrare un po’ troppe cose a casa.
Le impronte digitali di Paolo Guzzanti
Il capocomico della famiglia Guzzanti, dopo essere stato eletto vicesegretario del Partito Liberale Italiano (sì, esiste ancora. Penserete mica che i partiti che possono fare i congressi in una cabina telefonica siano appannaggio della sola sinistra?) ieri ha tuonato contro il sistema che prevede che per votare in Parlamento occorra l’impronta digitale dell’onorevole, come avevo scritto a suo tempo.
A parte la facile battuta che comunque molti di loro le impronte le dovrebbero già aver lasciate da qualche parte (ma se è solo per questo, è capitato anche a me…) mi piacerebbe sapere quale sarebbe esattamente la dignità che si perde, o meglio se possiamo considerare i nostri pianisti parlamentari degni esponenti del nostro Paese. È vero che le Camere sono un semplice votificio (dallo scorso aprile c’è stata una legge di iniziativa parlamentare: il resto sono conversioni in legge di decreti e approvazioni di leggi di iniziativa governativa), ma sarebbe doveroso fare il proprio dovere di schiacciabottoni in maniera onesta. Arrabbiarsi contro l’uso interno delle impronte digitali è semplicemente populista, e forse proprio per quello la campagna di Guzzanti avrà successo.
(Ah, lo sapete che dopo lo scandalo Tavaroli adesso chi in Telecom deve trattare dati per conto dell’autorità giudiziaria è obbligato a connettersi con il riconoscimento biometrico? I miei colleghi dovrebbero chiedere a Guzzanti di fare fronte comune…)
La perdenza
Il Corsera ci aggiorna sull’ultima querelle che ha come protagonista (non potrebbe mai essere un comprimario, e neppure un deuteragonista…) Vittorio Sgarbi. Leggendo l’articolo, ho scoperto tante cose. Innanzitutto ci sono le due più semplici, che sono scritte esplicitamente nel testo:
– che nel testo della canzone che l’europarlamentare (…) Iva Zanicchi ha presentato all’ultimo Sanremo, è stata usata la parola “perdenza”, nel senso di sconfitta;
– che il paroliere ha mostrato che la parola esiste eccome, presentando come prova il dizionario Treccani.
Fin qua direi che siamo sul chissenefrega andante. Però è più divertente, anche se inutile allo stesso modo, vedere le cose che sono scritte tra le righe e arrivano al lettore in maniera subliminale.
– Abbiamo innanzitutto una marchetta verso la Treccani (e già che ci siamo verso il suo neodirettore GIuliano Amato). La parola in effetti è presente sul Garzanti, sul De Mauro e sullo Zingarelli, i tre dizionari che ho a disposizione. Nessuno andrebbe a cercare una parola sul dizionario Treccani, a meno che non voglia far sapere che il dizionario in questione esiste.
– Fabrizio Berlincioni, il paroliere in questione, ha il suo quarto d’ora di celebrità, anche se onestamente credo rimarrà sempre parecchi ordini di grandezza dietro Mauro Lusini [*]
– Sgarbi era probabilmente in crisi d’astinenza perché da decinaia e decinaia di giorni nessuno parlava più di lui, e quindi si è inventato una polemica qualunque. Anzi, non “qualunque”: legandola a Sanremo sperava in un po’ di pubblicità extra, pubblicità che però mi sa non ci sia stata.
Mettiamola così: almeno non ci sono donne nude.
[*] sì, lo so che il testo è di Migliacci. La mia è una licenza poetica
Sondaggio: che matematica light vorreste vedere?
Dopo aver scoperto tempo addietro grazie a Chartitalia PollDaddy, ho pensato di provare a usarlo per un sondaggio “pratico”, sulle mie notiziole di matematica light.
Quello qui sotto è un sondaggio a risposta multipla tutto per voi, e ovviamente tutto per me visto che potrò avere un’idea dei vostri gusti. Come scritto in fondo, se ci sono temi che vi interesserebbero provate a scriverli nei commenti: non si sa mai che mi venga voglia di parlarne vincendo la mia innata pigrizia! (se non avete javascript abilitato, potete andare qua)
pari o dispari?
[Questo è un vero articolo di matematica light, nel senso che ho eliminato equazioni e dimostrazioni. Chi volesse fare le cose un po’ più sul serio, può andare a leggere la versione completa su una Prestigiosa Rivista Matematica]
Immagino che abbiate già sentito parlare del Triangolo di Tartaglia, magari sotto il nome di Triangolo di Pascal. È un triangolo (ma vah?) infinito, che ha in punta e sui due lati tutti 1; gli altri numeri si calcolano sommando i due numeri immediatamente al di sopra. Il triangolo di Tartaglia, come tante strutture matematiche, spunta da tante parti; ad esempio, i coefficienti dello sviluppo binomiale (1+a)n sono proprio gli elementi della riga n del triangolo di Tartaglia. Ah: la prima riga, quella per intenderci dove si trova solo il numero 1, è la “riga zero”. I matematici amano partire da zero.
Oltre alla formula ricorsiva per ricavare i numeri del triangolo di Tartaglia, ce n’è anche una che permette di calcolare esplicitamente il k-simo elemento della n-sima riga; esso vale n!(k!(n–k)!), dove l’esclamativo indica la funzione fattoriale. Ah, il primo elemento, quello per intenderci più a sinistra, è l'”elemento zero”. Vi ho già detto che i matematici amano partire da zero?
Ma immaginiamo che non ci interessi sapere il valore esatto dei vari elementi del triangolo di Tartaglia, ma solo se sono pari o dispari. Proviamo a disegnare il triangolo mettendo un pixel nero se il numero è dispari e uno bianco se è pari: il risultato, come vedete, sembra una specie di merletto e ha l’aspetto di tipo frattale. In effetti la figura limite è nota come Triangolo di Sierpinski: se siete romantici, potete anche vederla così. Spesso i frattali hanno una descrizione semplice, e anche in questo caso in effetti c’è un modo per trovare rapidamente se un pixel è bianco o nero, cioè se il numero corrispondente è pari o dispari. Guardando la figura, vediamo che ci sono delle righe tutte nere, altre righe quasi tutte bianche, e ancora altre righe un po’ alternate, il che però non ci dice molto; la spannometria è utile, ma in questo caso non ci basta.
Il matematico che scoprì la regola è un poco conosciuto francese vissuto nell’Ottocento: Edouard Lucas. Lucas è forse più noto ai matematici ricreativi che a quelli accademici, anche se il test che permette di annunciare ogni tanto la scoperta di un numero primo enorme è stato inventato da lui e poi affinato da Lehmer. Non è un caso che il test di primalità valga per i numeri della forma 2n-1: Lucas era affascinato dai numeri scritti in notazione binaria, e purtroppo per lui era nato con un secolo di anticipo, perché altrimenti sarebbe stato deliziato dagli elaboratori elettronici che in base 2 ci lavorano. Un altro esempio di questa sua infatuazione è la creazione del gioco della Torre di Hanoi, nella cui soluzione le potenze di due giocano un ruolo fondamentale.
Torniamo al nostro triangolo, e prendiamo un elemento a caso; quello in posizione k nella riga n, ricordandoci sempre che si inizia a contare da zero. Scriviamo ora k e n in formato binario, e mettiamoli uno sotto l’altro, aggiungendo se necessario degli zeri a sinistra di k perché siano della stessa lunghezza. Cerchiamo ora tutti i bit di k che hanno valore 1 e vediamo il bit corrispondente di n; se per ciascuno di quei bit di k anche quello corrispondente di n vale 1, allora il nostro elemento sarà dispari, altrimenti sarà pari. Lo so, detto così è incomprensibile; quindi faccio un esempio pratico. Se n vale 19, cioè 10011 in notazione binaria, ci saranno esattamente otto valori di k per cui l’elemento del triangolo sarà dispari: quelli della forma x00xx, dove x può valere 0 oppure 1. Andando a scalare, ci saranno così 10011 in formato binario, cioè 19; 10010=18, 10001=17, 10000=16, 00011=3, 00010=2, 00001=1, e… 00000=0. Quest’ultimo risultato può sembrare un po’ strano: in fin dei conti non ci sono mica bit di k che valgano 1, e quindi si direbbe che l’ipotesi non valga. Ma i matematici amano parlare delle mirabolanti proprietà dell’insieme vuoto: se ci pensate, questo caso è la stessa cosa che dire “se non faccio, non sbaglio”. Poi dovreste fidarvi, visto che l’elemento in posizione zero è il primo della riga (vi ho già detto che i matematici amano partire da zero?) e quello vale sicuramente 1.
Vi faccio ancora qualche esempio facile. Le righe 2, 4, 8, 16… del triangolo, vale a dire la terza, la quinta, la nona… sono quelle dove gli unici pixel neri sono i due estremi, dove cioè k = 0 e k = n; in effetti n è della forma 1000…000 e non si può fare molto. In compenso, le righe appena sopra di esse, cioè la 1, 3, 7, 15, … sono completamente nere, e in effetti se n è della forma 1111…111 si può scegliere un k qualsiasi, perché tanto i bit sopra sono tutti a 1. Se ci si pensa un po’ su, si può capire perché ci siano i triangoli bianchi che man mano si riducono (aiutino: dipende da quanti 1 ci sono a destra nella rappresentazione binaria di k); ma si può anche lasciar perdere tutto questo e limitarsi ad apprezzare il risultato. Qui si vuole essere light, in fin dei conti!