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Parte civile pelosa

È probabilmente una fortuna che io non sia Ilaria Cucchi. Non credo che la mia risposta alla lettera del comandante dei Carabinieri, nella quale il generale Nistri si dice pronto a costituire l’Arma come parte civile nel processo sulla morte di Stefano Cucchi, sarebbe riferibile.

Ho detto la mia dieci anni fa e l’anno scorso, quindi non mi ripeterò; qui aggiungo solo una cosa. I carabinieri avrebbero dovuto fare un’inchiesta interna – al limite non pubblica – dieci anni fa. Se non l’hanno fatta, non è che oggi possono farsi belli e accorgersi che era successo qualcosa che non andava, per essere eufemistici. Se l’avevano fatta e avevano trovato i colpevoli, peggio ancora; se l’avevano fatta senza scoprire nulla, che abbiano il pudore di stare zitti ed espellere con ignominia i colpevoli una volta che ci sarà un giudizio definitivo. (Se poi si scoprisse che Francesco Tedesco sta mentendo, tutto il discorso vale alla rovescia).

Dire «Proprio il rispetto assoluto della legge ci costringe ad attendere la definizione della vicenda penale. Come vuole la Costituzione, la responsabilità penale è personale. Abbiamo bisogno che sia accertato esattamente, dai giudici, “chi” ha fatto “che cosa”» significa anche tacere e non farsi belli con una ventilata parte civile che servirebbe solo a sciacquarsi – male – la coscienza.

Ultimo aggiornamento: 2019-04-09 14:44

Ma sono più o meno di 80 euro?

Cinque anni fa, uno dei fattori dell’inopinato successo del PD alle elezioni europee furono probabilmente gli 80 euro al mese elargiti dal governo Renzi a un’ampia fascia di persone giusto in vista del voto. Sono passati cinque anni, ci sono nuove elezioni e un nuovo governo, e a quanto pare i corsi e ricorsi storici si estrinsecano nei rimborsi ai risparmiatori coinvolti nei vari crac bancari: rimborsi che i vicepremier vogliono dare subito e su cui Tria fa ostruzionismo.

Leggendo in giro mi pare di capire che la materia sia molto più complessa di quanto riassunto nei titoli dei giornali: i soldi tecnicamente sono stati stanziati ma c’è il rischio che l’UE li consideri in violazione delle leggi sulla concorrenza, e inoltre ci sono almeno due tipi diversi di crac, quelli delle banche del centro Italia e quelli delle popolari del Veneto. Io mi limito a parlare di queste due ultime banche, perché per una serie di motivi fortuiti – non preoccupatevi, non ho mai avuto a che fare con esse! – ho seguito la vicenda ben prima di quando cominciarono a esserci i titoloni. Il punto è molto semplice: quelle banche non erano quotate in borsa, come al tempo non lo erano in genere le popolari, e pertanto il valore delle azioni era teorico e stabilito direttamente dal consiglio di amministrazione che gestiva gli scambi. Le banche attiravano i risparmiatori facendo loro comprare azioni che – a loro dire – avrebbero avuto un rendimento molto maggiore di quello dei conti correnti: peccato che le perdite delle banche venissero nascoste con l’aumento fittizio del capitale, fino a quando c’è stato il crac e le azioni sono scese a zero. Bene. Perché io devo pagare per gente che voleva farsi i soldi con operazioni finanziarie di cui non capiva niente, un effetto Vanna Marchi all’ennesima potenza? Lo so che in Italia si ama privatizzare i ricavi e statalizzare le perdite, ma mi sarei anche scocciato di essere sempre io quello fregato.

Ultimo aggiornamento: 2019-04-05 09:14

Il pane calpestato

So già che – soprattutto su Facebook – ci sarà chi se la prenderà con me. Però la storia del pane calpestato nelle proteste contro i rom portati a Torre Maura (o Torre Spaccata, mi dicono i romani) mi fa proprio incazzare. Ci fosse stato qualcuno che avesse espropriato i panini urlando “prima gli italiani” o robe del genere e li avesse poi distribuiti a borgatari ciento pecciento avrei capito, non approvato ma comunque capito. Quello che è successo è per me pura e semplice barbarie. Sarà che la mia è una famiglia che non è più contadina da al massimo due generazioni, ma sprecare il cibo in quel modo è una vergogna.

Ultimo aggiornamento: 2019-04-03 15:31

La difesa della razza passa anche dalle borse di studio

Probabilmente questa notizia non è passata molto in giro, se non tra i torinesi e i matematici, quindi penso sia utile mandarla anche agli altri tra i miei ventun lettori. Si è recentemente scoperto – ma sembra che la cosa vada avanti da parecchi anni – che l’Accademia delle Scienze di Torino assegni due borse di studio a laureati «di nazionalità italiana e figli di famiglia italiana», con tanto di richiesta di certificati di nascita.

Alberto Saracco ha scritto all’Accademia, ricevendo una risposta che si può riassumere così: “È vero, ma il lascito testamentario che permette di assegnare queste borse di studio richiedeva espressamente questa clausola”. Come Alberto argomenta, un’istituzione tra l’altro molto prestigiosa avrebbe fatto una figura molto migliore rifiutando il lascito. Non sarebbe cambiato molto nel bilancio dell’istituto, ma almeno non si sarebbe fatta la figura dei razzisti. Leggendo però i commenti, temo che la sua e la mia posizione sia molto minoritaria. Che ne pensate?

(Per completezza: per quanto esecrabile sia stata la persona che ha deciso di istituire le borse di studio, i soldi erano suoi e poteva farne quello che vuole. Io mi sto lamentando dei “complici”)

Liste di proscrizione per i bagni

Questo è il testo della circolare emessa nella scuola dove vanno i miei figli. I bagni (in tutte e tre le scuole che formano il plesso) fanno schifo e puzzano: questo è indubbio. Le due elementari sono edifici che hanno più di cent’anni, ma questo non dovrebbe voler dire molto: non ho idea di come sia la scuola media. Purtroppo l’edilizia scolastica è un macello: se non ho capito male gli edifici scolastici sono di proprietà comunale, non statale, e quindi su budget del tutto diversi.

Detto questo, il punto è un altro. Come può un dirigente scolastico pensare che una schedatura simile – a parte i possibili problemi di privacy – serva a qualcosa? Pensa forse che con una raffinata analisi statistica dei bisognini dei bambini si possa capire chi sia il colpevole di quelle puzze? Le maestre dovranno diventare dei piccoli kapò, almeno fino a che non verrà implementata la tecnologia di avanguardia presentata in questo video?

Ottimizzazione del corriere

Sono appena tornato dalla biblioteca di zona, dove sono andato a recuperare un libro in prestito interbibliotecario. Mentre passavo sul controviale di viale Zara, c’era un camion di Bartolini (anzi BRT come in uso da qualche anno) parcheggiato subito dopo l’Esselunga. Il corriere è poi salito e si è piazzato su un passo carraio (bloccando del tutto il marciapiede, per la cronaca). Mentre uscivo dalla biblioteca ho visto che stava ripartendo… dopo aver lasciato il camion al largo di via Budua. Nella cartina di OpenStreetMap qui a fianco ho indicato i tre punti in cui ha sostato, e ho lasciato la scala per darvi un’idea delle distanze.

Io capisco che i corrieri debbano consegnare pacchi e pacchetti a tutte le ore e in fretta e furia. Non pretendo che si arrivi al livello di UPS che vieta agli autisti di girare a sinistra. Ma non trovate che magari si potrebbe evitare di muovere un furgone a cinquanta metri per volta, e pensare a lasciarlo fermo in uno solo di quei tre posti?

Ultimo aggiornamento: 2019-03-22 18:18

Bispensiero

Ieri, con il mio cappellino Wikimedia Italia, sono andato a una riunione di un gruppo di legali aziendali che fanno regolarmente questi incontri sul copyright. Stavolta si parlava della direttiva europea in dirittura d’arrivo, e tra i relatori c’era nientemeno che Enzo Mazza, presidente della FIMI (i discografici, insomma). Bene: Mazza ci ha spiegato che il famoso articolo 13 della direttiva, quello sul “content filtering” o se preferite sul “value gap” che richiede un controllo sul materiale postato dagli utenti, è in realtà vantaggioso per noi peones! Il motivo? Semplice. Con la direttiva attuale se qualcuno posta materiale sotto copyright può venire citato a giudizio, mentre con le magnifiche sorti e progressive della direttiva il provider ha fatto una licenza preventiva con i titolari dei diritti e quindi è al sicurao.

Ottima narrazione, vero? Beh, proviamo a leggerla da un punto di vista leggermente diverso. Innanzitutto dovrebbe essere chiaro a tutti che la formulazione attuale – ma nemmeno quelle delle varie bozze… – non è pensata contro la pirateria. A parte il fatto che già adesso ci sono leggi per gestirla (occhei, funzionano male ma ci sono), pensateci un attimo su. Secondo voi, una piattaforma pirata andrebbe a chiedere una licenza d’uso ai legittimi proprietari? E anche se gliela chiedesse, perché mai questi dovrebbero dargliela? No, la direttiva nasce per la nonna che posta su YouTube o su Instagram il video del saggio di danza della sua nipotina che ha come colonna sonora un brano sotto copyright. Il titolare dei diritti ci perdeva? Ovviamente no, a meno che voi non crediate che ci sia gente che prende quelle colonne sonore mal mixate. Con la direttiva, però, potrà farsi dare preventivamente i soldi da Google e Facebook. Da un certo punto di vista, però, i due big possono essere contenti: in pratica continueranno a mantenere il loro oligopolio, visto che le eccezioni commerciali ci sono sì, ma sono legate alle piccole dimensioni della startup e soprattutto hanno una durata massima di tre anni. Insomma, sono stati aggiunti altri paletti per la nascita di nuovi modelli, come se non ce ne fossero già abbastanza al momento (leggete i vecchi libri di Barabási per farvene un’idea).

Devo però dire che i titolari dei diritti attuali hanno fatto un lavorone per convincere per esempio l’Associazione Italiana Biblioteche che il testo è un ottimo compromesso, dando loro un contentino per la gestione delle opere orfane. (Ah, tra l’altro, dopo la lettura di Mazza mi è chiaro perché ci sia quello che per me è un obbrobrio legale, che cioè una società di gestione che rappresenta una parte preponderante degli autori possa concedere una licenza anche per opere di autori da essa non gestiti: tutto il giro “pagateci il pizzo e state tranquilli” non funzionerebbe se la licenza non fosse in un certo senso tombale). Mi aspetto una schiacciante maggioranza a favore)

I terroristi di Christchurch

Il viaggio di nozze con Anna partì da Christchurch. Occhei, non mi ricordo molto della città perché ero fuso dal fuso. Quel poco che ricordo era una cittadina che – nonostante fosse pomposamente denominata la capitale dell’Isola del Sud – era sonnacchiosa. Ma stiamo parlando di una nazione dove ci sono dieci pecore per abitante e in cui un terzo della scarsissima popolazione vive nella conurbazione di Auckland.
Sono passati 15 anni, d’accordo, però leggere della strage terroristica contro due moschee mi fa accaponare la pelle. Non è solo l’odio per “l’altro” che si vede: è proprio la volontà di dimostrare di essere loro la maggioranza, cooptando tutti i “resistenti per la libertà” – a parte il Luca Traini de noantri, nomi come quelli di Sebastiano Venier e Novak Vujošević (della battaglia di Fundina), per non parlare di Carlo Martello (che ritorna dalla battaglia di Poitiers). Non fossero i musulmani sarebbe qualcun altro.

Ultimo aggiornamento: 2019-03-15 11:37