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matematto non praticante

se non è Google, è Yahoo!

Tra le varie informazioni che la stampa sta cercando sul passato di Noemi Letizia (che a quanto pare il 19 novembre scorso era stata invitata da Silvio Berlusconi in qualità di stagista a Villa Madama: sicuramente assieme ai genitori, perché il PresConsMin ha affermanto di averla sempre e solo vista assieme ai suoi genitori, e Berlusconi è un uomo d’onore) c’è anche il blog che la fanciulla, col nick “noemilabella”, aveva tenuto in passato. Come si può leggere da Gilioli, quel blog è sparito. Ma quando dico “sparito”, intendo che non c’è sul sito, non c’è sulla cache di Google, non c’è su archive.org – dove pure ci sono altri blog che erano ospitati su quel sito. Si trovano solo i nomi delle pagine, ma null’altro. Complimenti a chi ha fatto l’opera di pulizia.
Leggendo questa notizia, ho pensato di provare a vedere qualche altro motore di ricerca (oltre a Yahoo! che era stato già citato). Ho frugato nella mia memoria, e ho tirato fuori Altavista e AlltheWeb, e ho scoperto che entrambi non esistono più. Hanno il loro nome, il loro logo, la loro grafica: ma in realtà sono diventati sottomarche di Yahoo!. Cliccare – meglio, far passare sopra il mouse – per credere. Questo significa che a parte Google e Yahoo! rimangono solo ask.com e live.com tra i motori di ricerca indipendenti di dimensione non trascurabile. Eppure nessuno ne parla: tutti a controllare lo zeroequalcosa per cento di differenza di penetrazione dei browser. Mah.

Risparmiare si può e si deve

Mail aziendale arrivata ieri:
Vi informo che a partire da oggi, a data da destinarsi, per disposizione aziendale, l’ impianto di condizionamento verrà attivato ogni giorno dalle ore 11:00 alle ore 15:00.

weekend torinese

Lo scorso finesettimana sono stato a Torino, per iniziare a buttare via un po’ di roba nella casa vecchia (una tragedia, sia per la quantità di roba che per tutti i ricordi legati alla roba stessa – poi io sono un conservatore compulsivo… e fortuna che c’era la mia amica Maria ad aiutarmi a buttar via roba!) e per vedere la fiera del Libro.
Onestamente diventa sempre più difficile girare per gli stand, c’è troppa gente, persino a ora di pranzo di sabato. Non parliamo poi della possibilità di parcheggiare: mi sono detto “evitiamo il Lingotto che c’è anche la manifestazione, e lasciamo la macchina in piazza Galimberti”; non sono stato evidentemente l’unico, e dopo un paio di giri a vuoto ho visto un buco (all’ombra…) in corso Giambone e me lo sono tenuto ben stretto.
Alla fiera ho visto l’intervento tenuto da Isa, parlato con la Parolata e con Zop (oltre che col mio paisà e organista al mio matrimonio Luigi); non ho visto i grandi stand, perché i loro libri me li posso trovare banalmente in libreria; ho visto accostamenti di stand piuttosto peculiari – il Manifesto era di fronte al Movimento per la Vita; ho visto un po’ meno stand di libri religiosi, molti più stand di libri esoterici, e una quantità notevole di stand di case editrici sarde; ho persino scoperto che esistono due case editrici che fanno collane di libri che c’entrano con la matematica (“La scienza è facile” di Dedalo e “Viva la matematica” di Carocci Faber).
Poi sarei anche voluto passare a salutare il LitCamp 2009. Peccato che mi sia detto “beh, prendiamo via Santa Teresa, andiamo verso Piazza Carlina e lì qualche posto, pagando il giusto, lo si trova”. Sono entrato in via Santa Teresa e ci ho messo mezz’ora per arrivare in piazza san Carlo. Il mio vaffa è stato equanimamente distribuito ai GLBT che forse manifestavano, a Mediaset con Maria De Filippi e Amici vari, e naturalmente ai vigili urbani torinesi che erano lì presenti solo e unicamente per massimizzare il casino. Parcheggiare le loro auto in modo da costringere la gente a mettersi su una sola fila è già un segno di intelligenza sopraffina, almeno quando non vuoi fare un posto di blocco; se poi non appena passata piazza San Carlo la strada era completamente libera, magari a qualcuno sarebbe potuto venire in mente di far fluire il traffico, con banalità tipo fermare la gente che decide di attraversare la strada quando è rosso o anche solo mettendo qualcuno in piazza Arbarello a consigliare di lasciar perdere quel percorso. No. Sono solo stati attenti a impedire di sfuggire dal budello prendendo via XX settembre, non sia mai che qualcuno volesse tornare indietro. Volontà divina, mi sa.
Almeno sono riuscito anche a salutare qualche altro amico: Claudio da cui mi sono imbucato a cena, Sheyla ed Elena (oltre al Grande Puffo, ex collega in cui mi sono imbattuto domenica mattina :-) ) Qualcuno mi risollevi il morale per la prossima sessione di pulizia!

Sono giornalista, non posso sbagliare

Lunedì pomeriggio su Wikileaks sono state pubblicate le slide del rapporto Caio sulla banda larga in Italia. Potrebbe essere interessante sapere chi le ha messe, ma quella è un’altra storia. Martedì mattina il Corriere pubblicava la notizia, affermando che «Il sito dove le 105 pagine sono ormai di dominio “pubblico” è Wikileaks, un braccio dell’enciclopedia online Wikipedia nato proprio per strappare dalla segretezza delle decisioni dei governi in giro per il mondo documenti che influenzano le decisioni pubbliche. Almeno da oggi la discussione sarà aperta.»
Peccato che Wikileaks non c’entri nulla con Wikipedia: ne sfrutta implicitamente la fama (nulla di male), ma loro stessi scrivono «For legal reasons, Wikileaks has no formal relationship to Wikipedia. However both employ the same wiki interface and technology.» (le “ragioni legali” credo siano gli avvocati della Wikimedia Foundation). Ieri mattina ho scritto a Massimo Sideri, l’autore dell’articolo, con in copia Marco Pratellesi in qualità di chi per quanto ne so è il direttore di corriere.it:
L'affermazione in questione non è vera: Wikileaks non ha affiliazioni di alcun tipo con Wikipedia, ma si limita a utilizzare la tecnologia wiki che Wikipedia ha reso nota al mondo. È un po' come se un giornale murale pubblicasse un'intervista scottante e io scrivessi che quel giornale è un braccio del Corriere della Sera, visto che entrambi sono stampati...
Gradiremmo pertanto una correzione dell'articolo.
Per Wikimedia Italia, Maurizio Codogno.
La risposta di Sideri, che non copio qua perché è un messaggio privato e a giudicare da come lui scrive potrei poi anche rischiare una denuncia, mostra innanzitutto che il giornalista in questione è convinto che avessi scritto per conto di Wikileaks (brutto colpo al mio ego che pensava che Wikimedia Italia fosse automaticamente associato a Wikipedia) arrampicandosi sugli specchi affermando che non ha scritto né “affiliazione” né “società controllata”, lamentandosi che avessi messo in copia Pratellesi che con lui non c’entra nulla perché lui risponde al caporedattore della sezione economia, e pontificando che se si usa la stessa tecnologia e la stessa grafica vuol dire che almeno in spirito siamo la stessa cosa. Non oso pensare a quello che potrebbe affermare di chi usa i template standard di Microsoft Word.
Ma a parte tutto questo, su cui avrei potuto anche soprassedere, il testo della pagina è rimasto assolutamente intoccato, quando al Corriere sono abituati a correggere le notizie in corsa, indicando nella data che c’è stato un aggiornamento. È una cosa assolutamente da poco, lo so, e non morirà nessuno. Ma anche riscrivere una riga era una cosa assolutamente da poco, eppure nessuno si è presa la briga di farlo. Non certo Massimo Sideri, ma nemmeno il caporedattore dela sezione economia del Corsera – ieri pomeriggio ho risposto a Sideri mettendo in copia anche lui: no, non è arrivata nessun’altra risposta, ma visto l’inizio della nostra interazione mi sarei stupito del contrario. Il giornalismo del XXI secolo è (anche) questo.
(se volete, al riguardo potete anche leggere Frieda)
aggiornamento: (h 19:10) non so se sia perché un VIB ha riportato la notizia, ma il testo online è stato corretto.
aggiornamento: (21 maggio) Pratellesi è il caporedattore, non il direttore, di corriere.it. Mea culpa.

Scuola Makiguchi Tsunesaburo

La notizia inutile di questa mattina è che la dirigente di una scuola elementare romana, la Carlo Pisacane, avrebbe chiesto di cambiarne il nome in Makiguchi Tsunesaburo, con allegati fiumi di lamentazioni da parte soprattutto della destra romana e italiana.
Diciamocelo subito: chi di noi si ricorda chi sia stato Carlo Pisacane? Io avevo già rimosso tutto dai miei neuroni, era rimasta giusto l’etichetta “risorgimentale”. Per chi non ha voglia di cercare in giro: “Erano trecento, erano giovani e forti”. Ma il signor Makiguchi – essendo giapponese, si scrive prima il cognome e poi il nome – è così sconosciuto che mentre sto scrivendo wikipedia in lingua italiana non riporta nulla e persino quella inglese ha una voce che da un anno e mezzo riporta l’avviso “senza fonti verificabili”. Per la cronaca, comunque, più che un educatore sembra essere stato il fondatore di un movimento buddista, con la parte scolastica che seguiva semplicemente il pensiero iniziale. Non credo però che la scuola, pur avendo punte dell’80% di alunni stranieri, abbia una quantità tale di figli di seguaci del Sōka Gakkai da dire “beh, almeno si sentiranno a casa”. Insomma, i casi sono due: o la dirigente in questione è una fanatica buddista, oppure è tutta una storia per fare pubblicità, in buona o cattiva fede, alla scuola stessa. Se devo essere sincero, non mi pare comunque una gran cosa.

L’umanità di Ignazietto

Dopo il weekend di rimpallamenti vari tra il ministro della difesa e l’alto commissario ONU, Ignazio La Russa ha rilanciato, affermando di ritenere «più umana l’azione che stanno svolgendo meritoriamente i nostri marinai nel riaccompagnare come vuole la legge del mare nel porto più vicino i migranti che vengono intercettati in acque extraterritoriali piuttosto che sottoporli a un lungo viaggio, una lunga permanenza nei Cie per poi espellerli».
A prima vista la frase sembra sensata: poi magari uno ci pensa un po’ su e vede le assunzioni implicite che sono state fatte. Innanzitutto che nei CIE si sta ancora peggio che nei barconi, il che non fa molto onore al nostro esecutivo; e in secondo luogo che per definizione se uno arriva da clandestino in Italia non abbia nessuna possibilità di richiedere asilo politico, e quindi rimanerci. Sbaglio o nessuno dei grandi media italici ha fatto queste banali constatazioni?