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matematto non praticante

io dormivo

Quarant’anni fa, lo sbarco sulla luna. Non solo io in quel momento dormivo, ma non ho proprio nessun ricordo di tutte le trasmissioni, nonostante abbia ricordi televisivi precedenti (le Olimpiadi del 1968) e ricordi astronautici seguenti (l’Apollo 13, che però seguii più che altro sui giornali)
Scusatemi quindi se non mi accodo ai ricordi vari.

Wikipedia e le foto

Slashdot riprende un articolo del NYT che parla della (indubbia) scarsa qualità delle immagini presenti su Wikipedia.
Non essendo molto interessato alle immagini, e facendo foto obiettivamente schifose, non sono mai entrato addentro alla questione. Non so però se l’affermazione del “fotografo delle dive” Jerry Avenaim sia quella corretta. Avenaim dice “Per me il problema è la regola wikipediana di utilizzo pubblicpo. Se vogliono davvero elevare la qualità delle immagini nel sito, dovrebbero permettere ai fotografi di mantenere il copyright”. Occhei, il copyright resta loro già adesso, con il piccolo particolare che non gli arriverebbero più soldi da quella fotografia, che potrebbe essere usata liberamente da chiunque; e secondo me è questo uno dei motivi principali per cui nessun grande fotografo accetti che una sua opera finisca su Wikipedia.
Credo però ci sia una ragione molto più sottile dietro, ragione che sfugge alla maggior parte di chi pontifica al riguardo. Le licenze accettate da Wikipedia (guardate ad esempio la policy italiana) richiedono non solo che l’opera possa essere usata da tutti, ma anche che chiunque possa fare un’opera derivata. Mentre con il testo il concetto di opera derivata è assolutamente naturale – basti pensare alle parafrasi, o al miglioramento del testo di una voce presente nell’enciclopedia – con le immagini potrebbe essere meno apprezzabile, perché basta toccare appena appena una foto per ottenere un effetto caricaturale esiziale… soprattutto per una star. Mi chiedo insomma se non sarebbe più logico che Wikipedia accettasse anche licenze “liberamente distribuibile ma non modificabile” per le immagini, e indicasse già in didascalia il nome del fotografo. Tanto già ora è comunque impossibile andare per la rete alla caccia delle immagini copiate senza peritarsi del copyright, no?

Eni e l’informatica

Venerdì scorso, dopo alcuni anni, ho cercato di entrare nel portale Italgas. Intanto Italgas è stata comprata da Eni, e così sono finito nel loro portale, dove c’era scritto “no te preocupe: puoi usare la tua vecchia password con l’indirizzo di posta elettronica corrispondente”. Io a dire il vero mi ero salvato un nome utente e non un indirizzo email: ma tanto né il nome utente, né l’indirizzo email solito, né i tre o quattro indirizzi “di scorta” funzionavano.
Stamattina, fresco dal weekend, mi sono lanciato di nuovo all’opra. Ho riprovato tutti gli indirizzi: nulla. Ho provato a riregistrarmi: non potevo, perché ero già registrato. Finalmente ho trovato la pagina per chiedere con quale codice utente uno si è registrato: ho diligentemente digitato numero cliente e codice fiscale, e mi è apparso l’indirizzo email con cui mi ero registrato, che era quello che avevo usato fin dall’inizio.
Anzi no. Io digitavo “indi.rizzo@em.ail”; il sistema mi ha detto che il mio codice era “INDI.RIZZO@EM.AIL”. E in effetti scrivendolo tutto in maiuscolo mi sono collegato. Ci deve essere, un inferno per i programmatori.

oltre il paperless

Sull’intranet aziendale è apparso un post che spiega che da mercoledì si «utilizzerà esclusivamente SIGEC, un Sistema Integrato di Gestione della Corrispondenza, che consente di ricevere, archiviare, distribuire e/o spedire in formato elettronico la posta in arrivo ed in partenza consentendo di eliminare, nei casi possibili, la corrispondenza cartacea negli uffici.» Beh, quasi dappertutto, visto che le due sedi direzionali di Milano e Roma continueranno ad avere la carta… ma stiamo parlando dei megadirigenti.
Il bello è però che ho scaricato il manuale di presentazione, rigorosamente in PowerPoint, l’ho aperto e ho scoperto che…
Impossibile leggere la struttura da C:\Temp\Presentazione_SIGEC.ppt. Nessun convertitore di testo installato per questo tipo di file.
D’accordo, tanto non ricevevo già posta cartacea da una vita: però sarebbe stato simpatico almeno ricevere gli allegati elettronici leggibili. Ma forse è un intelligente sistema per evitare che il dipendente stampi il file ricevuto, vanificando così gli sforzi per eliminare la carta?
(beh, i colleghi riescono a leggerlo. Magari il tutto è un indizio molto velato contro di me…)

Cibo per la mente – II (libro)

[copertina] Non è che si possa dire molto di più a proposito di questo secondo volume di giochi della coppia De Toffoli – Zaccariotto Cibo per la mente – II, RBA Italia – Sfide matematiche 39, 2009 [2005], pag. 191, € 9,99).
Il sottotitolo “Dalla tartaruga di Achille al Sudoku” mostra che, proprio come nel libro precedente, gli autori abbiano sempre cercato un equilibrio tra i giochi “classici” e quelli più moderni; oltre al Sudoku, abbiamo anche il Kakuro che ai tempi della prima edizione del libro era praticamente sconosciuto in Italia. Come la maggior parte dei sequel, però, ci si perde un po’. Ci sono spunti simpatici, come la spiegazione logica del quesito con le pozioni presente in uno dei libri della saga di Harry Potter e il Dezaku (gioco dal nome similgiapponese che però riprende il nome dei due autori), e anche la spiegazione di split e autosplit nel MasterMind è utile per chi voglia dedicarsi a quel gioco; ma resta di fondo una sensazione di déjà vu.
Chi ama i passatempi logici e lo studio delle strategie può comunque deliziarsi con un paio di centinaia di pagine di giochi vari.

Anche all’estero il pubblico dominio non è così pubblico

Immagino che questa notizia non sia ancora arrivata all’italica stampa, anche perché non l’ho vista nemmeno sulla stampa estera; insomma, vi potete fare una cultura di prima mano. (ok, mentre sto scrivendo questa notiziola il tutto è apparso anche su Slashdot)
Come potete leggere qua, la National Portrait Gallery britannica ha inviato una lettera di minaccia a un utente di Wikipedia (in lingua inglese), perché costui o costei aveva postato sull’enciclopedia una serie di immagini di opere del museo in questione; immagini prese dal sito del museo (con un po’ di fatica, perché bisogna cliccare su ciascuna immagine per ingrandirla: o almeno ho capito così).
Su una cosa Wikimedia Foundation e NPG sono d’accordo: le opere originali presenti nel museo sono nel pubblico dominio. La divergenza è sul fatto che le riproduzioni di tali opere siano sotto copyright o no. Per definizione, una riproduzione non è un’opera dell’ingegno, come invece ad esempio i quadri di Andy Warhol. La legge inglese non è chiara sullo status delle riproduzioni bidimensionali, mentre quella americana esplicita che riproduzioni di opere nel pubblico dominio sono nel pubblico dominio. D’altra parte la NPG è ad accesso libero e quindi deve trovare altri modi per ricavare fondi, come ad esempio pubblicare libri d’arte (è forse anche per quello che le immagini ad alta risoluzione non sono visibili direttamente, ed è sicuramente per questo che hanno minacciato l’utente di Wikipedia in lingua inglese)
La situazione è insomma complicata, anche se dal mio punto di vista vorrei che la fruizione delle opere nel pubblico dominio fosse la più ampia possibile: è vero che posso andare al museo aggratis, ma Londra non è esattamente dietro l’angolo, no? In Italia non avremmo comunque problemi: la legge nostrana vieterebbe anche di pubblicare una foto del Colosseo :-(