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matematto non praticante

altro che pedofilo

Qualche giorno fa, il mio vecchio sodale ‘Ntuniott mi ha segnalato questo articolo sul “mostro di Melbourne” che ha violentato per trent’anni la propria figlia. L’articolo, anche se appare su Repubblica, è nella sezione “24ore” e quindi inserito da una cooperativa esterna, giusto per la cronaca. Cito il testo incriminato: i grassetti sono miei.
«Le violenze sulla figlia iniziarono nel 1970, quando la bambina aveva appena compiuto 11 anni. L’incredibile storia e’ venuta alla luce dopo che la donna, oggi 39enne, e’ riuscita a raccontare tutto a un poliziotto.»
Se fate un attimo i conti, quella povera donna sarebbe stata violentata dalla nascita, non da quando aveva 11 anni.

gioco della domenica: On the Edge

Via Smart-Kit, On the Edge è un gioco di logica: occorre far rotolare un cubo su una specie di scacchiera, eliminando via via tutte le caselle (ci si passa sopra una volta se sono bianche, due volte se sono nere) e terminando nella casella rossa finale.
Trenta livelli per le vostre meningi…

un paio di cose relative all’Ikea da non fare

(1) non comprare un mobile da montare senza aver verificato che il vostro partner non abbia già montato mobili Ikea.
(2) quando alle dieci di sera viene proposto di montare il mobile stesso, verificare prima il libretto di istruzioni, contare il numero di passi necessari per il montaggio (in questo caso, 41) e soprattutto la necessità di dover dare martellate (che poi mancavano sei chiodini, non è la fine del mondo ma uno potrebbe lamentarsi.
Naturalmente anch’io imparo: quando a mezzanotte il mobile era pronto e assomigliante allo specimen, ho visto arrivare la scatola del fasciatoio da montarci su e ho detto NO.
Un’unico problema, già che sono qui: ho avvitato troppo poco una di quelle viti lunghe, e il dado che dovrebbe fermarla sul fianco non entra. Ci sono trucchi al riguardo?

Videocracy (film)

[locandina] Domenica è stata una giornatona: a parte la mostra di Darwin, siamo anche andati al cinema a vederci Videocracy. A dirla tutta, per me è stata una delusione. Dal trailer mi aspettavo una storia di come la televisione avesse man mano rincretinito gli italiani, e invece Erik Gandini si limita a fare una fotografia a cosa capita oggi.
I personaggi principali del documentario (a parte Lui che però è solo, anche se continuativamente, sullo sfondo) sono tre. Ricky è un operaio bresciano con mamma appresso che vuole sfondare in televisione, perché se non sei in tv non sei nessuno. C’è poi la coppia Lele Mora – Fabrizio Corona; il primo ci racconta della sua fede fascista compresa di suoneria e video di “Faccetta nera” sul telefonino, il secondo, oltre all’esternazione del suo pensiero in Basic English che si è vista nel trailer, omaggia le sue millanta ammiratrici con un suo nudo frontale. Poi ci sono i provini per diventare velina tenuti a Rozzano al Fiordaliso, le scene in Costa Smeralda con la vicina di villa Certosa che “ha dovuto inventarsi un lavoro” e fotografa col teleobiettivo le Sue feste, il regista del Grande Fratello che racconta di come dall’alto gli comunichino di terminare la diretta in anticipo se il Capo è per caso da Vespa – vi ricorda qualcosa? – e così via.
La chiave di tutto, secondo me, è proprio Lele Mora. Ricky chiaramente è lì perché è un modo come un altro di diventare famoso, che non richiede nemmeno di “dar via una parte di sé”; Corona è malato di presenzialità e apparirebbe anche tra le fiamme in un video che raccontasse del fuoco eterno infernale. Ma Mora? Non è certo uno stupido, e sapeva che questo film non verrà probabilmente visto da nessuno di quelli di cui “sa tirare fuori le doti nascoste”; ma non si sa mai.
Detto tutto questo, io non ho trovato nulla che non conoscessi già; è un mondo lontanissimo da me, ma so che esiste. Chissà se in Svezia capiranno un po’ di più come siamo messi. Secondo me no, esattamente come noi non capiremmo assolutamente un documentario sulle sbronze nei weekend scandinavi: siamo troppo diversi, mi sa. L’ostracismo della Rai con relativa pubblicità darà un po’ di spettatori in più al film, ma mi sa che non farà cambiare idea a nessuno degli spettatori… che ovviamente saranno tutti antiberlusconiani.

Caos a san Fruttuoso

I lavori per l’interramento della SS36 fervono. Almeno immagino.
So solo dirvi che oggi alle 12:30 ero in viale delle Industrie a Monza e dovevo tornare a casa. Mi sono detto “beh, fare Sesto è un suicidio: prendiamo il peduncolo, usciamo in viale Brianza e immettiamoci nel toboga di Fulvio Testi. In fin dei conti è un chilometro e mezzo”. Entro, e mi trovo bloccato già nello svincolo. Riesco a fatica a fare qualche centinaio di metri, e scopro il problema: è tutta coda di gente, soprattutto camion, che vuole uscire a San Fruttuoso.
Non oso pensare a chi deve farsi quella strada tutte le mattine e tutte le sere.

chi le ha vist… pardon, ascoltate?

Di cover delle canzoni dei Beatles ce ne sono millanta e più. Di cover italiane di canzoni dei Beatles ce ne sono parecchie: io ne posseggo qualche decina, compreso il CD degli Shampoo con le versioni in napoletano, e prima o (più facilmente) poi preparerò una scheda tecnica al riguardo.
Ho sentito però parlare dell’esistenza di due brani assolutamente imperdibili per un Vero Fan:
* Fred Bongusto — Tranquillità (The Fool on the Hill) 1971
* Mauro Cico & i 4 dell’Iride – Io voglio te (I Call Your Name)
Qualcuno ha notizie al riguardo?

Darwin 1809-2009 (mostra)

[locandina] Sfruttando la pausa tra una poppata e l’altra dei gemelli e il fatto che la Rotonda della Besana non è così lontana dalla Mangiagalli, domenica siamo andati a vedere la mostra su Darwin, che era già stata a Roma e dovrebbe arrivare a Bari negli ultimi mesi dell’anno. La mostra è l’edizione italiana di una analoga tenutasi negli USA, il che significa ad esempio che i molti cartelloni presenti – per altro, finalmente una mostra che si può visitare senza il pizzo dell’audioguida – erano perfettamente bilingue. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Sarà che Anna e io, pur non essendo certo biologi o naturalisti, abbiamo un’infarinatura ben maggiore della media; ma abbiamo trovato la mostra un po’ troppo semplicistica.
Personalmente non mi sono piaciuti soprattutto i pannelli introduttivi, dove sembrava quasi che Darwin avesse fatto tutto da solo senza che nessuno avesse mai pensato a qualcosa non dico di simile ma anche solo lontanamente diverso dalla teoria creazionista. È chiaro che il grande scienziato ha compiuto non una, ma due rotture di paradigma scientifico: la prima è quella di immaginare che specie diverse potessero avere antenati comuni, e la seconda di avere affermato che anche l’uomo e le scimmie antropomorfe avessero un antenato in comune. Ma è anche vero che l’immutabilità delle specie non era più un tabù dall’inizio del secolo, e che Darwin non aveva ai suoi tempi così tante prove fossili a favore dell’evoluzione, e dovette fare molte supposizioni azzardate, anche se spesso corrette. Da questo punto di vista, i pannelli successivi mettevano le cose più in chiaro. La vita di Darwin, a me nota attraverso The Science of Discworld, è spiegata molto in dettaglio; interessanti i quaderni autografi da cui si capisce che il tale che disse “fosse vissuto oggi, Darwin sarebbe stato un blogger compulsivo” aveva proprio ragione.
In definitiva, un buon posto per portare chi di evoluzione non sa proprio nulla oppure i propri figli; ma non fate come il padre che a un certo punto dice alle figlie di sette-dieci anni “ma non volete sapere la storia che c’è dietro?” sentendosi rispondere un netto “no”.