Il mese scorso è stato rinnovato il contratto delle telecomunicazioni, con i canonici dieci mesi di ritardo. Come ormai di abitudine, i sindacati l’hanno siglato con riserva, lasciando ai lavoratori il referendum per accettarlo o no. L’altra settimana ho visto i risultati della Lombardia; direi un 75% di voti a favore, ottimo risultato se si pensa che sono i contrari a farsi sentire di più. Mentre le altre aziende sono state tutte a favore, tra le sedi Telecom ce ne sono state due che hanno votato contro (Brescia e Monza) e due con un voto in bilico(Milano Valtorta e Mantova); per la cronaca, anche da noi in Turro c’erano molti contrari.
È sempre difficile indicare una ragione precisa per questi comportamenti differenti, magari ci sono delle ragioni locali cogenti: però la mia impressione è che basti un capopopolo, sindacalista di base oppure semplicemente uno che i colleghi ascoltano, per far cambiare idea a qualche decina di persone. Mi ricordo che anch’io nel mio piccolo, quando ci fu la scelta della destinazione del TFR, convinsi parecchi colleghi a lasciarlo in azienda :) La politica dal basso insomma paga, anche se a prima vista non sembra; richiede solo parecchio impegno e molta gente.
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La quarta dimensione (libro)
Rudy Rucker è un matematico e uno scrittore di fantascienza. Le due cose non sono necessariamente disgiunte; fortunatamente però Rucker scrive in modo brillante e non fa le solite spiattellate della cosiddetta “Hard SF” che a mio parere sono pure ostentazioni di cultura e fanno solo male alla scienza. Comunque qui la fantascienza è secondaria; il libro (Rudy Rucker, La quarta dimensione [The Fourth Dimension], Adelphi 1994 [1984], pag. 288, € 22, ISBN 9788845910753, trad. Giuseppe Longo) è un saggio che spiega per l’appunto il concetto di quarta dimensione, partendo dai classici (la teoria della relatività, ma anche Flatlandia) per giungere alla sua teoria filosofica pseudoempirista che vede l’universo come uno spazio di Hilbert a infinite dimensioni; cosa matematicamente ben più logica di averne solo tre o quattro, ma non molto sostenibile. Ecco, forse il finale è la parte più debole del testo, insieme alla sciagurata scelta di inserire tantissime lunghe citazioni – e questo di per sé è un bene – ma con lo stesso font del testo – e questo è Molto Male. Carini i problemi (non matematici, non preoccupatevi!) all’interno del libro; ottima la traduzione, ma da Longo non mi sarei aspettato nulla di diverso.
RIcaricaMI
ATM ha pensato bene di introdurre una tessera ricaricabile per i biglietti dei mezzi pubblici milanesi, e con la sfrenata fantasia che la contraddistingue l’ha denominata RIcaricaMI – pregasi notare le maiuscole. Sfruttando l’offerta promozionale (due euro invece che 4, e un biglietto precaricato) la scorsa settimana ho pensato che avrei anche potuto prendermela per provarla. Vado al punto ATM in Centrale, aspetto pazientemente il mio turno, caccio i due euri e mi viene data la tesserina verde Lega. La tessera vale quattro anni e può contenere al suo interno biglietti semplici, carnet, giornalieri e settimanali 2×6; visto che non c’è possibilità di selezionare il titolo di viaggio, è stato stabilito un algoritmo per l’ordine in cui verranno usati: esattamente l’inverso di quanto ho scritto. La cosa è però talmente bizantina che a parte il dilungarsi con spiegazioni ed esempi su quello che capita mischiando biglietti diversi, perfino il tipo allo sportello mi ha consigliato di non caricare più di un tipo di biglietto per volta. Tra l’altro l’inizio dell’operatività è avvenuto in tutta fretta, tanto che la tessera vale solo per i biglietti urbani e non è integrata con Trenitalia (hanno pecettato il nome sul retro… chissà cosa è successo)
Il tutto funziona? non lo so, non mi è ancora capitato di salire su un mezzo. La mia idea è di usare RIcaricaMI al posto dei carnet, ma giornalieri e Bi4 continueranno ad essere comprati a parte. Capisco la complessità di un sistema simile, e che non sia affatto semplice permettere di scegliere il biglietto preferito; ma resto dell’idea che forse la soluzione adottata non servirà a molti.
ilmiolibro.it (print on demand)
Nel quadro di uno dei miei tanti progetti personali che avevo messo su nel mio Copioso Tempo Libero, ho pensato di stamparmi qualche copia di un testo da me composto. La scelta è caduta su ilmiolibro.it, gruppo Repubblica-Espresso.
Prima scoperta: il costo del libro è tutto sommato civile, ma le spese di spedizione sono incredibili, visto che si parte da 6 euro. (Ma anche lulu.com ha lo stesso prezzo, intendiamoci). Non si capisce perché ci sia l’obbligo di inviare tutto via corriere quando esiste il piego di libri che costa un euro e mezzo.
Mi stampo cinque copie del libro senza metterlo in vetrina, perché non intendo venderlo. L’interfaccia è di una lentezza esasperante, ma il 23 novembre arrivo in fondo. I tempi di creazione sono indicati in cinque giorni lavorativi: naturalmente dalla carta di credito i soldi te li tolgono subito.
Il 4 dicembre (nove giorni lavorativi dopo) il libro è ancora in preparazione, senza nessuna comunicazione. Correggo gli errori che ho trovato nella bozza, e invio un sollecito. Nessuna risposta. Il 10 dicembre invio un secondo sollecito, chiedendo che – visto che tanto non hanno fatto nulla e quindi la produzione parte da capo, e i soldi ce li hanno già – mettano almeno l’edizione corretta. Arriva un improvviso movimento di mail (quattro in mezza giornata) e il libro passa in stato “stampato”. Il 15 mi arrivano finalmente le copie, inutile a dirsi della prima edizione sbagliata.
La rilegatura di per sé non è male; la carta non è sbiancata e forse un po’ leggerina (80 g/m2, la stessa grammatura delle risme che si comprano al supermercato), ma di qualità discreta. La rifilatura non è precisissima, in alto a destra si intravedono a volte le righette nere della maschera, ma comunque buona.
Giudizio finale: per ora, lasciatelo perdere. Il risultato finale non è male, ma c’è ancora troppo poca attenzione al cliente, cosa che a mio parere è fondamentale in questo tipo di operazioni. Non so la qualità degli altri siti di print-on-demand, quindi non do nessun suggerimento sostitutivo :-)
vivere MOLTO pericolosamente
Io domani alle 12:45 devo essere a Torino per il rogito con cui vendo la mia vecchia casa. Quei soldi (insieme a quelli della vecchia casa di Milano) ci servono per fare il rogito il 23 per comprare la nostra casa nuova. La comunicazione ufficiale che il compratore ha ottenuto il mutuo mi è arrivata due minuti fa, dopo che venerdì scorso sembrava che fosse andato tutto a monte.
Penso possiate capire come sono stato questa settimana e quanti capelli bianchi ho ora in testa; altro che trasloco.
(Adesso con MOLTA calma potrò raccontare tutte le magagne del trasloco e della casa nuova, ma quelli sono problemi di un ordine di grandezza inferiore)
perché tanto odio?
Ebbene sì, sto uscendo dalla top100 di BlogBabel. Non riesco a capire perché ce l’abbiano tutti con me.
Ma ponendomi questa domanda sono in buona compagnia. Il tormentone di Edika è stato infatti ripreso da Silvio Berlusconi dopo l’attentato che ha subito domenica. Premessa: io non odio Berlusconi. Mi sta sulle palle, e questo i miei ventun lettori lo sanno bene; qualche rara volta apprezzo quello che fa, perché io sono interessato agli atti e non alla figura; ma io vorrei semplicemente che se ne andasse ai Caraibi a godersi serenamente la sua vecchiaia con i suoi soldi, e se fossi stato vicino al Tartaglia e mi fossi accorto di quello che voleva fare l’avrei bloccato.
Però non capisco lo sconcerto del PresConsMin; o meglio capisco che lui pensi che tutti debbano amarlo – non è poi così diverso da quando disse che chi votava “i signori della sinistra” è un coglione – ma non capisco come faccia a pensarlo. Persino l’altro Unto dal Signore disse che non era venuto per unire ma per dividere, no?
Come raccontare una fiaba (libro)
Le fiabe sono per i bambini. Beh, una volta non era così, ed è solo perché ormai siamo moderni e “scientifici” che si è arrivati a questo dogma. Peccato che i bambini restino bambini, che le spiegazioni “scientifiche” del come succede qualcosa per loro sono incomprensibili – tanto che chiedono il “perché”… – e le fiabe servono loro per avere un modo comprensibile di rapportarsi alla loro realtà. In questo libro (Paola Santagostino, Come raccontare una fiaba, Red Edizioni 2004, pag. 87, € 10, ISBN 978-88-70315493) la Santagostino spiega tutte queste cose e suggerisce ai genitori quali storie non raccontare, come interagire con i bambini (il genitore inizia una storia e la fa finire al bambino, oppure l’opposto, o ancora il bambino crea tutto da solo la favola) e dà indicazioni anche agli insegnanti che vogliono fare questa attività a scuola.
Nonostante la brevità del testo, il libro è molto chiaro, essendo scritto in un linguaggio comprensibile; ogni capitolo ha anche un riassunto che in una paginetta raccoglie gli elementi fondamentali. L’unica difficoltà è forse per un genitore avere abbastanza fantasia, prontezza e capacità di guidare il proprio figlio alla creazione di storie… ma non so se questo possa essere insegnato da un libro.
Post Sotto l’Albero 2009
Con molto ritardo, ma comunico ai miei lettori che Sir Squonk ha colpito ancora. Per il secondo anno la raccolta dei post natalizi dei bloggherz comprende anche un mio raccontino, piuttosto cupo come del resto cupi sono i tempi. Ma finisce bene, in fin dei conti Natale è Natale anche quando è “Natale 2”.