La tata dei gemelli è ispanofona, e il duo è incuriosito dal fatto che a volte usi parole che non conoscono. Soprattutto Cecilia ogni tanto fa qualche domanda, anche se poi non si ricorda le parole in spagnolo. Ieri sera a un certo punto mi fa “papà, come si dice braccia in spagnolo?” Io rispondo “boh, andiamo a vedere”. La scelta era se prendere il vocabolarietto spagnolo o usare Google Translate; il pc era più vicino e così ho usato quello. Ho scritto “le braccia” e visto che in spagnolo usciva “armas”. Toh che strano, penso, usa la stessa radice dell’inglese e del tedesco.
Per fortuna Cecilia mi ha subito chiesto come si dice “braccia” in tedesco: non so perché il tedesco, ma tant’è. Sapevo che “braccio” al singolare è Arm come in inglese – a parte la maiuscola – ma non mi ricordavo se il plurale fosse Arme, Armen, Ärme o Ärmen; visto che tanto ero già al pc mi sono limitato a cambiare lingua di traduzione… e mi sono trovato come traduzione “Waffen”. A questo punto mi sono immediatamente fermato, ho aggiunto un po’ di contesto scrivendo “un braccio, due braccia” e ho visto che in spagnolo “le braccia” si dice “los brazos” (e in tedesco “die Arme”, se eravate curiosi). Mi sono corretto con Cecilia e la cosa è finita lì.
Non venitemi a dire tutte le solite cose, tipo che se cliccavo sopra la traduzione originale mi sarei trovato le alternative tra cui quella corretta, e che con una sola parola pretendo troppo da un traduttore che si basa fondamentalmente sui grandi numeri. Quello lo so benissimo anch’io. Ma in quali contesti e quali lingue la parola “braccio” corrisponde alla parola “arma” così tanto da decidere che quella è la prima ipotesi di traduzione fornita?
(ah: se scrivo solo “braccia” la traduzione proposta è “manos”)
Archivi autore: .mau.
stiamo insegnando agli americani
Nello stato dell’Ohio non vogliono che Tesla venda le sue auto elettriche. Ovviamente non riescono a farlo direttamente, e quindi si inventano varie cose: secondo Slashdot, è stata proposta una legge che impedisce allo stato di dare nuove licenze per concessionari d’auto (Tesla ha la sua rete di concessionari, e immagino che al momento non ne abbia in Ohio).
Fin qui nulla di davvero strano, ma i lobbisti hanno pensato bene di non presentare quel disegno di legge per conto suo, ma come emendamento di un’altra proposta che impone agli automobilisti di spostarsi dal lato opposto della strada quando ci sono mezzi di manutenzione :-) È vero che devono ancora imparare molto, perché da noi l’emendamento sarebbe stato proposto al contenuto di una legge sulle coltivazioni idroponiche, ma direi che sono sulla buona strada, no?
Nuovo modello per i quotidiani?
Stamattina ho scoperto – ma solo perché me l’hanno detto in altra sede – che La Stampa ha attivato l'”Offerta La Stampa Premium“. In pratica, per vedere buona parte degli articoli del sito, devi avere pagato un abbonamento.
Attenzione: non so, e non penso nemmeno, che il quotidiano torinese abbia ridotto il numero di notizie direttamente visibili: è da una vita che, come del resto fanno gli altri quotidiani, il sito mostra solo poche e “selezionate” notizie, con qualche copertura in più sulle cosiddette breaking news ma praticamente nulla del resto del giornale. Insomma, La Stampa segue la strada di Repubblica+, almeno dall’esterno: non saprei dire se l’unificazione delle redazioni cartacea e web fa la differenza dall’interno.
Ma qui siamo messi ancora bene: il mio conoscente Franz che mi ha segnalato questa novità raccontava l’altro giorno di come il manifesto (inteso come quotidiano) abbia scientemente deciso di tarpare la fruizione digitale dei suoi articoli. Spero che Franz non si arrabbi se copincollo direttamente quello che ha scritto: «Hanno quindi cancellato l’edizione elettronica in pdf (“per evitare copie illegali”), inoltre non è più possibile leggere on line neppure una selezione di articoli fino in fondo (per leggere l’articolo fino alla fine occorre comprare l’edizione digitale), l’edizione digitale viene fornita con un pessimo sfogliatore home-made ed occorre essere on line.»
Quello che in pratica sta succedendo è che mi pare che i grandi quotidiani, che si vedono sempre più erodere la base cartacea – sia come numero di copie vendute che come pubblicità – cerchino di ovviare a questa crisi cercando di ottenere una fidelizzazione almeno parziale degli utenti in rete. (No, questo non è il caso del manifesto, ma lasciamo stare). In un certo senso i veri capostipite sono stati quelli del Fatto Quotidiano, che ha subito puntato sull’abbonamento online al PDF: ma il loro bacino di utenza è molto schierato, e quindi hanno probabilmente meno problemi dei grandi quotidiani. Ma questo tentativo funzionerà? In effetti, un precedente al riguardo esiste: la televisione. Sento tanta gente dire che se vogliono vedere qualcosa di decente sono costretti a sintonizzarsi Sky, perché nella tv generalista non c’è più nulla che valga la pena guardare. Non so se sia vero, visto che la mia televisione è sempre solo su Rai YoYo: riconosco che l’indigestione di Peppa Pig potrebbe far venire voglia di cercare un’offerta a pagamento, ma dal mio punto di vista è solo un modo per far sì che i bimbi smettano di guardare la tv.
Insomma, almeno in teoria la mossa dei quotidiani potrebbe avere un senso: ma la mia sensazione è che non sarà così. Gli articoli di scienza, tecnologia e cultura sono spesso traduzioni sotto mentite spoglie e gli interessati faranno più in fretta a cercarsi gli originali; tutte le analisi politiche sono spesso così autocontenute che le si può saltare a piè pari; per il resto è meglio usare un sito specifico sul tema piuttosto che un giornale generalista (ed è questa la vera differenza con il modello televisivo: l’offerta a pagamento è così segmentata che ognuno può trovare le sue nicchie). Vedremo che succederà.
Freak Antoni
A me gli Elii piacciono molto. Credo tra l’altro che siano tra i migliori musicisti sulla scena italiana, anche perché per suonare quello che suonano bisogna essere cazzuti. Ma ho sempre pensato che non sarebbero potuti esserci se prima non avessimo avuto gli Skiantos.
Intendiamoci: il rock demenziale in Italia ha una storia più che cinquantennale: non ero ancora nato quando Clem Sacco cantava “Oh mamma voglio l’uovo alla coque” e Ghigo Agosti “Coccinella”. Ma gli Skiantos – e più precisamente Roberto “Freak” Antoni che ne era stato il motore – l’avevano portato al top, con quelle che oggi potremmo definire “performance interattive” ma allora erano semplicemente cose mai viste. D’altra parte, versi immortali come “Mi piaccion le sbarbine (yeh yeh yeh) / quelle alte un metro e ottanta (yeh yeh yeh) / quelle basse uno e cinquanta (yeh yeh yeh)” fanno capire che nulla è da prendere sul serio, come anche mostrato dal suo primo libro: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti (seguirà dibattito)”. Freak Antoni doveva essere una persona serissima, perché solo uno così poteva tirare fuori certe dissociazioni logiche. Ebbene sì: non c’era gusto in Italia ad essere Freak Antoni, e vi risparmio il dibattito.
_Good Math_ (libro)
Leggo da molto tempo il blog di Mark Chu-Carroll, Good Math, Bad Math e lo apprezzo, così quando è uscito il suo libro (Mark C. Chu-Carroll, Good Math, Pragmatic Bookshelf 2013, pag. 262, $34, ISBN 9781937785338) l’ho subito comprato… e poi lasciato da parte come al solito in mezzo al mio scaffale di cose da leggere, fino ad ora.
Devo dire di essere rimasto piuttosto deluso, alla fine della fiera. Innanzitutto il libro non è sulla matematica, ma più generalmente su matematica e informatica, il che non sarebbe poi la fine del mondo: in fin dei conti anch’io sono uno di quelli che non fa grandi differenze tra i due campi. Però, mentre la parte più matematica mi sembra interessante come approccio, concordo con altri commentatori che c’è un problema di base: il libro è scritto per chi quelle cose le conosce già. So bene come sia difficile mettersi nei panni di chi non sa nulla, però il risultato è quello… e lo si vede perfettamente nella parte più legata ai linguaggi di programmazione, dove evidentemente non possono bastare venti pagine per spiegare qual è la struttura di uno di essi, soprattutto se non è imperativo. Aggiungiamo che ci sono parecchi refusi (una lista è qui, ma per esempio c’è un simbolo “minore e non uguale” che presumibilmente è una doppia implicazione: carino, vero?) che rendono ancora più difficile la lettura.
Insomma, diciamo che non lo consiglio.
Calculus Rhapsody
Il brano dei Queen Bohemian Rhapsody è uno dei più usati per parodie; immagino che la sua struttura si presti bene a essere rivista in maniera più o meno creativa, dai componenti hardware degli anni ’70 e ’80 ai Muppets.
Però devo ringraziare Annamaria Vinci per questa Calculus Rhapsody, dove Phil Kirk e Mike Gospel spiegano le basi dell’analisi matematica. Buona visione!
mancata ottimizzazione
Da alcuni anni io regalo a mia cognata per Natale un abbonamento a Cose di casa. Anche quest’anno, dopo che mi è arrivata la lettera per ricordarmi che l’abbonamento stava per scadere (ma non possono mandarmi una mail come primo avviso?) ho fatto il rinnovo online: ma mi sa che non ho spuntato una qualche casellina, e così ai primi di gennaio mi sono visto recapitare la copia della rivista. Contatto via mail la società che si occupa degli abbonamenti, che mi risponde subito dicendo che dovevo telefonare a un certo numero. Telefono a quel numero, spiego la cosa, e mi dicono che devo mandare un fax con il cambio di indirizzo; mando il fax e non ci penso più
A fine gennnaio mi arriva a casa il numero di febbraio. Ritelefono, e mi dicono che ora era tutto a posto. Vabbè, mi chiedo quanto tempo ci fosse voluto per prendere e gestire il fax. Ieri sera torno a casa e trovo due lettere che mi segnalano che l’abbonamento è scaduto e mi allegano gentilmente un bollettino C/C. Le due lettere erano timbrate 28 gennaio e 4 febbraio. Tralasciando la mia incapacità di comprendere perché una delle due lettere ci abbia messo più di una settimana e l’altra un giorno, non è che ci sia qualche problema nelle loro procedure?
concorrenza :-)
I librini della collana Altramatematica stanno facendo la loro strada: tra qualche giorno ne verrà pubblicato un altro, del quale non posso indicare il titolo né l’autore che però è ben noto nel nostro piccolo ambiente. Ma non c’è solo 40K a pubblicare!
Ho visto infatti che Antonio Tombolini ha deciso di allargarsi e creare anch’egli una casa editrice digitale da affiancare alla sua Simplicissimus Book Farm. Le collane che ha pensato al momento sono Vaporteppa, steampunk, e la prossima Penale.it con studi di diritto penale; quest’ultima è affidata a Daniele Minotti (ciao!).
Perché parlo della “concorrenza”? Non tanto perché in realtà concorrenza non è, almeno per il momento. Ma anche se Tombolini pensasse di fare una collana matematica fatta seriamente, questo sarebbe solo un bene. I punti di partenza sono infatti diversi (con 40K la scelta è stata specificatamente di fare librini brevi da 99 centesimi; Vaporteppa preferisce porsi su un gradino superiore sia per lunghezza che per costo, il che è probabilmente più sensato visto che si parla di racconti e non di saggistica. Vedremo cosa succederà con penale.it) ma sono convinto che più cose buone si pubblichino più ci guadagniamo tutti.
E già che ci sono: cosa vi piacerebbe vedere pubblicato in #altramatematica?