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matematto non praticante

Google+ e le mie foto

Stamattina mi è comparsa questa notifica di Google+: «Some photos that you made public on Google+ have been selected to appear on Views and Google Maps.» Sono andato a vedere che foto fossero: sono queste due (si vedono?), che avevo scattato durante un corteo cui avevo partecipato nel 2008.

Sgombriamo il campo dagli equivoci. Quelle foto sono pubbliche, e se Google vuole usarle lo può tranquillamente fare; non me ne può importare di meno. Non mi chieda però dove le ho scattate – non scherzo: quando le ho visualizzate mi ha chiesto «Was this image taken at Lor. Al Sas?» che non so nemmeno cosa sia. Gli basti la geolocalizzazione. Quello che però mi dà fastidio è che in queste foto “generate dall’utente”, a differenza da quelle che usa con Google Maps, le facce non sono mica oscurate. Una bella paraculata, non trovate? (Tra l’altro le foto non hanno nulla di davvero interessante neppure per chi debba usare le mappe, perché naturalmente non erano state fatte per mostrare le vie o i palazzi…)

ottimismo

[ottimismo] Quello che vedete qui a fianco è il codice di una raccomandata che ho ricevuto da uno dei millanta servizi nati dopo la liberalizzazione del servizio (in questo caso, Nexive). Con buona probabilità, 88763 è il numero progressivo della raccomandata spedita via loro, e i dodici zero che precedono sono tenuti da parte per le successive raccomandate.

Facciamo un po’ di compiti spannometrici. Abbiamo un numero di diciassette cifre. Se processassero tre raccomandate al secondo, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, in un anno avrebbero quasi cento milioni di raccomandate, cioè un numero di nove cifre. Per sforare le diciassette cifre, e quindi arrivare a diciotto, occorrerà loro un miliardo di anni a quel flusso di dati. Certo, magari il campo è così lungo perché si aspettano di usare parte delle posizioni per codificare chissà che cosa, proprio come nell’H3R iniziale. Però sarebbe stato molto più semplice usare caratteri diversi come segnaposto, per semplicità di lettura da parte di un essere umano (il codice a barre corrispondente è irrilevante). Non trovate?

Google e DMCA

Stavo cercando di trovare l’ISBN di un libro, e ho fatto una banale ricerca con Google: isbn "Mathematical Puzzles for the Connoisseur". Ho trovato l’ISBN che cercavo, ma in fondo alla pagina c’era questo commento:

dmca

Cliccando sul link, si arriva a questa pagina, che mostra in chiaro tutti i link dove immagino si possa scaricare illegalmente il libro. Il risultato pratico della “cancellazione” dei link è quindi semplicemente aggiungere un passaggio in più…

(poi in realtà, spulciando i risultati della ricerca, immagino che il libro sia scaricabile da http://www.katshore.nl/mathematical-puzzles-for-the-connoisseur-t7724794.html – non lo garantisco, perché il sito è bloccato dal mio proxy come «Potential Illegal Software», e mi sa che non posso dargli torto.

Il supermercato degli ebook

Non so se avete seguito la lotta tra Amazon e un gruppo di editori, con Hachette in prima fila: in caso contrario potete trovare qui la cronistoria in inglese e qui in italiano. In poche parole, Amazon vuole che il massimo prezzo di (quasi tutti gli) ebook sia dieci dollari (ok, 9.99$ – il marketing è quel che è), mentre i grandi editori vogliono che ci sia libertà di alzare il prezzo. Hachette e soci avevano stretto un accordo con Apple per vendere gli ebook con una percentuale fissa del 30% al negozio virtuale, ma lasciando la decisione del prezzo finale all’editore; un giudice americano ha però bloccato la cosa con l’infamante accusa di essere un cartello. Amazon ha poi iniziato a boicottare i libri di quegli editori, impedendo i preordini e rallentando anche gli ordini di libri cartacei; Hachette ha fatto pubblicare ai suoi grandi autori una lettera aperta sui maggiori quotidiani USA.

Ora Letizia Sechi segnala un nuovo punto di vista, quello di Clay Shirky, che dice più o meno “non è un caso che la campagna sia stata soprattutto contro Amazon, perché è difficile dare ragione agli editori”. Non riesco a seguirlo molto quando dice che gli editori si sono fatti legare da soli le mani da Amazon, perché hanno accettato di mettere il DRM nei loro testi elettronici; in fin dei conti possono scegliere quando vogliono di pubblicare versioni in formato mobi senza DRM, e se non fosse possibile venderli sugli store (perché, chessò, quelli vogliono solo epub oppure vogliono anche loro DRM) il problema non si porrebbe comunque. Mi preoccupa poi l’idea shirkiana che si tenda a un modello dove scrivere un libro dà prestigio zero, non foss’altro che perché ho fatto tanta fatica a farmi pubblicare :-). Ma non è di questo che volevo parlare, bensì del “modello supermercato”.

Il Disagiato ieri ha scritto un post che racconta della pubblicità del “prodotto libro”. Marco Calvo mi aveva segnalato qualche giorno fa questo lungo reportage, un po’ datato ma comunque utile. Il punto è che scriviamo troppi libri, e quindi spariscono in quasi ogni caso: se nella lotta di cui sopra vinceranno gli editori rimarremo bloccati su un modello vecchio, ma non è che se vincerà Amazon ci sarà chissà quale vantaggio per il lettore (occhei, quelli che ci perderanno di più saranno i grandi autori, immagino). Dal mio punto di vista la situazione è semplice: se ci sono lettori pronti a spendere tanti euro per un ebook, lasciateglielo comprare. Non è un boicottaggio che cambierà le cose. Diciamo che non vedo una grande differenza per il lettore tra il modello “supermercato” di Amazon, dove il libro è effettivamente un oggetto come un altro e l’ebook è un oggetto che non occupa spazio sugli scaffali, e il modello “boutique” dei grandi editori, dove il libro è un oggetto di culto che trae la sua importanza dal prezzo alto. Insomma, perché tifare per una parte o per l’altra?

perché tanto odio contro Gianni Morandi?

Non ho capito bene il perché – e onestamente non ci tengo a capirlo: immagino che sia perché è stato commentato da un mio amico – ma prima Facebook mi ha infilato in homepage questo status, che riprende un post di Gianni Morandi e lo commenta causticamente, facendo partire una salva di altri commenti stizziti tra cui segnalo questo: «Scusi Morandi, pensa proprio che sia così importante per il mondo sapere come le è “andata” la passeggiata? Suvvia, un po’ di buon gusto…»

Non è la prima volta che mi capita di trovare commenti più o meno sarcastici su quanto Morandi scrive su Facebook, e continuo a non capirli. Dai suoi status che vengono citati mi pare che lui abbia uno stile molto “ruspante”, per dirla in maniera gentile; con tutta probabilità si scrive tutto da solo, e immagino che si diverta anche a farlo, e che abbia un grandissimo numero di follower. Io non sono tra quelli, perché non mi interessa sapere cosa fa una persona che non conosco; ma non vedo perché lui non possa farlo, visto che se lo scrive “a casa sua” e non ci ammorba di segnalazioni in giro. D’altra parte chi riporta i suoi post evidentemente li legge, per sua precisa scelta. Perché lo deve fare? Ah, i misteri dei socialcosi…

(Post Scriptum: dopo aver scritto il post ho visto questo. Gianni vince tanti punti nella mia stima personale)

Aggiornamento (16 settembre): Mi è capitato di passare su questa analisi di Valigia blu che condivido in pieno. Vent’anni fa si sarebbe detto che il modo di Morandi di gestire la sua pagina Facebook è nazionalpopolare, e probabilmente è vero: ma la gente la segue proprio per questo. Nulla di rutilante, tante banalità, ma contenuti “veri”. (E no, non credo che sia una strategia di marketing)

Carnevale della Matematica #77: GOTO Mr Palomar

Avete paura della matematica? allora evitate di andare a leggere l’edizione numero 77 del Carnevale della Matematica! Mr Palomar infatti ha scelto come tema “Matematica mostruosa, spaventosa, vertiginosa”: il tutto nonostante il nome in codice fosse “all’alba melodioso”.
Ma poi dovreste ormai saperlo: sono in pochi a seguire il tema, e i contributi sono tutto meno che spaventosi…

_Musings of the Masters_ (libro)

[copertina]I matematici sono persone come tutti voi, anche se a prima vista magari non sembra. Non è pertanto strano che possano parlare anche di qualcosa che a prima e anche a seconda vista non ha molto a che fare con la matematica. In questo libro (Raymond George Ayoub, Musings of the Masters : An Anthology of Mathematical Reflections, MAA 2004, pag. 277, $56, ISBN 9780883855492) Ayoub ha raccolto diciassette saggi di matematici vissuti tra la fine dell’Ottocento e quella del secolo scorso, nessuno dei quali parla di matematica in senso stretto: secondo quanto il curatore scrive nell’introduzione, nei saggi i vari autori si dedicano piuttosto al lato umanistico della matematica. Si può così leggere di storia e filosofia della matematica, ma anche di religione. Questa scelta comporta vantaggi e svantaggi per il lettore casuale ancorché acculturato. Il vantaggio indubbio è che non occorre essere degli esperti matematici per leggere i saggi: non troverete nessuna formula, né concetti astrusi. Inoltre credo che sia interessante sapere cosa i grandi personaggi dicessero davvero, e non cosa viene fatto dire loro dai libri e dai manuali. D’altro canto, è chiaro che queste persone si sono allontanate dal loro campo diretto di studi, il che significa che le conclusioni che possono trarre non sempre sono solide. Anche qua, però, è istruttivo notare come anche in questi casi un matematico ha un modo di ragionare peculiare: spero che chi leggerà questo libro riesca a non spaventarsi, visto che di matematica appunto non si parla, e possa apprezzare il ragionamento condotto. Avviso subito che parecchi saggi sono comunque pesanti da seguire: non è che la matematica insegni anche la leggerezza di esposizione. Ultima nota positiva da segnalare sono le brevi biografie all’inizio di ogni capitolo, che permettono di collocare i matematici nel corso della storia, e alle introduzioni di Ayoub, che aiutano il lettore a entrare nei temi dei singoli saggi. Servono, servono…

scontrini fronte-e-retro reloaded

Dopo tre anni, mi è di nuovo capitato di avere uno scontrino scritto su entrambi i lati: stavolta all’Esselunga. Mi chiedo come mai Caprotti si sia deciso solo ora, e soprattutto perché in questi anni non ne avevo più visti di scontrini così…