Stamattina ho letto su Repubblica il teaser che racconta di come Umberto Eco, Sandro Veronesi, Hanif Kureishi, Tahar Ben Jelloun e altri hanno deciso di seguire Elisabetta Sgarbi che ha lasciato Bompiani per fondare una nuova casa editrice, La nave di Teseo (brutto nome a mio parere perché troppo lungo, ma io queste cose le sbaglio sempre). Quello che Repubblica dice e La Stampa e Corsera per esempio tacciono è che Eco avrebbe messo due milioni di euro nel progetto. La mia prima domanda è stata “ma quanti soldi ha Eco?”. La terza, dopo aver letto gli altri articoli a riguardo, è stata “Repubblica se l’è inventato, vero?” (per sicurezza ho salvato il tutto su archive.is, anche se immagino il testo ci sia sull’edizione cartacea).
La mia seconda domanda però secondo me è più interessante. Dato atto che in questo periodo ancora più che in passato essere editori è un rischio, è davvero necessario che ci sia bisogno di tutti quei soldi di capitale “fresco” (perché se tanto mi dà tanto si arriva facilmente a dieci milioni), e soprattutto non ci sia la possibilità di avere prestiti bancari e simili? Ho però come il sospetto che non saprò mai la risposta.
Parlare dell’uso dei singoli numeri nel mondo reale (nel senso di “dove si usa il tre?”) è un tema abbastanza comune nella saggistica soprattutto in lingua inglese; ma il campo è abbastanza ampio da permettere di scrivere ancora al riguardo. Devo però dire di essere rimasto abbastanza deluso da questo libro (Piergiorgio Odifreddi,