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matematto non praticante

Ecosistema Apple

Le cose Apple costano più di quelle non Apple. Questo è un fatto. Le cose Apple sono un ecosistema chiuso. Anche questo è un fatto. Poiché le cose Apple sono un ecosistema chiuso, in genere funzionano meglio e durano di più, quindi a conti fatti il loro costo maggiore si ammortizza. Non so se questo sia un fatto, ma per amor di discussione posso accettarlo come tale. Il guaio è che il tutto non basta.

I nuovi iPhone 7 non hanno il jack audio: gli auricolari (AirPods) si connettono via Bluetooth al telefono. Occhei, gli AirPods costano (in USA) 159 dollari, ma volete mettere la comodità? L’unico problema è che a questo punto è molto facile perderne uno, il che significa andare da Apple e pagare altri 69$ (fanno uno sconto, a quanto pare). Sembrerebbe chiaro che c’è dello spazio per l’iniziativa privata, e in effetti a fine anno scorso un’azienda chiamata Deucks aveva sviluppato un’applicazione chiamata Finder for AirPods, che permette (un po’ a fatica) di trovare l’AirPod perduto: il tutto per 3,99$. Un bel risparmio. Peccato che dopo aver approvato l’app, dopo una decina di giorni Apple ha deciso di eliminarla dal suo store, senza dare alcuna spiegazione.

Se volete, la spiegazione è arrivata dopo qualche settimana, visto che pare che la versione beta di iOS 10.3 abbia un aggiornamento della funzione Find My iPhone che ritroverà anche gli AirPod. Quindi non si può dire che l’app sia stata rimossa perché Apple vuole farsi tanti soldi sostituendo AirPod. Resta però il fatto che un ecosistema chiuso è una dittatura, che sia o no “per il bene dell’utente”. A me la cosa non piace affatto: voi fate come credete, io non mi offendo mica.

Addio Italicum

Quando la Corte Costituzionale ha pubblicato il suo giudizio sull’Italicum a Matteo Renzi devono essere fischiate le orecchie. Tutta la sua riforma elettorale (il famoso “combinato disposto”) si estendeva a partire da un cardine: ci deve essere un vincitore certo delle elezioni. Il turno di ballottaggio con premio di maggioranza serviva proprio a questo. Ed ecco che la Consulta ha detto “va bene il premio di maggioranza, ma niente ballottaggio. O il partito vincitore ha almeno il 40% oppure niente premio”.

Alcuni hanno commentato che in questo modo si è costituzionalizzata la Legge truffa, dimenticandosi di due piccoli particolari: che la legge Scelba parlava di coalizioni, non di partiti, e che il premio era dato a chi la maggioranza assoluta l’aveva comunque raggiunta. Qui, a meno di coalizioni ad hoc che mi pare difficile che possano arrivare a sinistra, troveremo tanti partiti che avranno alla fine un proporzionale con sbarramento al 3%: questo alla Camera, perché per il momento al Senato avremo un Consultellum che è un proporzionale con sbarramenti molto più alti. All’atto pratico ritorneremo a un sistema abbastanza simile a quello che abbiamo avuto fino al 1992, il che può anche andare bene.

La chicca è però la parte della sentenza sui capilista bloccati e candidabili in più circoscrizioni. La candidatura multipla è purtroppo stata ammessa, anche perché è una costante dal 1948 o giù di lì. Ma è stata molto depotenziata dal fatto che se un candidato è stato eletto in più circoscrizioni non potrà scegliere quale tenersi e quindi implicitamente chi far passare tra i galoppini dietro di lui; ma ci sarà un sorteggio, che per ironia della sorte era indicato nell’Italicum nel caso il vincitore non avesse scelto entro otto giorni per quale collegio optare. In realtà la Corte ha potuto fare così proprio perché la legge prevedeva questo caso eccezionale che è diventato l’obbligo: questo perché essa non legifera e quindi deve riadattare la legge elettorale con quello che trova.

Che succederà ora? Non so. Io mi prenderei tanti popcorn, perché Gentiloni non mi pare proprio abbia voglia di lasciare prima dell’anno prossimo :-)

Vigili di quartiere

Io sono favorevolissimo ai vigili di quartiere (con un minimo di rotazione tra i vigili stessi, per non dare adito alla possibilità di veri o presunti inciuci). Da un lato ci sarebbe il vantaggio di una presenza amica, dall’altro è un modo per far sentire alla gente che Milano non è solo Duomo, Brera e Navigli. Poi leggo questo articolo del dorso milanese del Corsera e mi chiedo “a che serve un vigile in piazza Caserta?” Poi leggo l’articolo e trovo scritto come primo luogo “il quartiere fra piazzale Nizza e piazza Caserta” e rimango ancora più dubbioso. Solo andando avanti con la lettura capisco cosa sta succedendo. Gianluca Comazzi (nome non nuovo a chi legge queste mie notiziole) in questa legislatura è stato promosso ed è capogruppo di Forza Italia: e direi che è chiaro che abita al massimo a quattrocento metri da casa mia.

Il punto è che il quartiere fra piazzale Nizza e piazza Caserta è davvero la parte più tranquilla della zona. Basta spostarsi di un paio di centinaia di metri e arrivare in via Benefattori dell’Ospedale e soprattutto in via Villani-piazzale Maciachini per avere una situazione molto diversa: nei tre anni in cui i gemelli andavano all’asilo non so quante petizioni dei genitori ci sono state, con risultati non così eclatanti: ogni tanto stazionava un’auto dei vigili. Diciamo che se si fosse aggiunto Maciachini alla zona di competenza dei vigili non avrei avuto nulla da obiettare, considerando che l’area avrebbe anche preso i giardini di via Populonia dove la situazione generalmente è migliore che in Maciachini ma sicuramente peggiore sia di piazzale Nizza che di piazza Caserta, ma nulla da fare. Evidentemente Gianluca Comazzi, pur abitando dietro casa mia, gravita più verso piazzale Istria sopratutto ora che c’è la fermata della lilla…

P.S.: Massimo Chierici, sempre su Facebook, mi dice che i vigili di quartiere sono già stati (re)istituiti sotto la giunta Pisapia. Io purtroppo non ho mai avuto la ventura di vederli dalle mie parti, l’auto dei vigili di cui ho parlato sopra mi sembrava una semplice pattuglia che veniva comandata quel giorno in quella sede.

Ascensori della Sirius Cybernetics Corporation?

Il cartello a destra è apparso ieri sera sulle porte degli ascensori qui in ufficio. (Stamattina una manina pietosa ha corretto la “E” finale di “ASCENSORE”, ma questo non è importante). Uno si chiede “cos’è, gli ascensori sono entrati in agitazione e non vogliono fare gli straordinari?” ma la risposta come al solito è molto più prosaica.

Quando stamattina sono arrivato in ufficio (ben dopo le 7:30, non preoccupatevi per la mia salute mentale) l’ascensore di sinistra non funzionava. O meglio, arrivava al piano – a un qualunque piano, io sono uno dei pochissimi matematici sperimentalisti e ho fatto più prove per sincerarmene – ma poi non apriva le porte. Risultato? O si facevano le scale, come ho scelto io, oppure si prendeva l’ascensore dell’altra ala che però ha i piani sfalsati, perché l’ala con il nostro palazzo è stata oggetto di un’offerta “paghi 4, prendi 5 (piani)”. Purtroppo non avevo Marvin con me per convincere l’ascensore a farmi un favore almeno per una volta.

Alla fine di tutto questo non poteva mancare il mio usuale pippone. Fatte le verifiche del caso (e preso un caffè alla macchinetta perché d’accordo tutto ma devo pur svegliarmi completamente) sono sceso in portineria e ho chiesto se avevano già avvisato dell’ascensore non funzionante. La risposta è stata “no.” Questa è una piccola cosa, ma è una di quelle che mi fanno imbestialire. Vedi che c’è qualcosa che non funziona: non ti viene in mente di avvisare chi di dovere, cosa che non è che ti costi chissà quale fatica? Ti limiti a lamentarti dello schifo di tutto quello che non funziona? Chissà come mai poi anche le cose grandi vanno a scatafascio.

_Le contrappuntiste nelle aiuole_ (libro)

Che cosa ha a che fare una signorina poco vestita nella copertina di questo vecchio pamphlet (Giampaolo Dossena, Le contrappuntiste nelle aiuole, Comix-Vallardi 1994, pag. 32, ISBN 9788876863141), un emulo dei Millelire di Stampa Alternativa, che ho ritrovato facendo ordine in casa? Beh, Giampaolo Dossena era una persona serissima e proprio per questo capace di evocare immagini licenziose anche quando parla di giochi di parole da un punto di vista scientifico. In quel periodo Dossena aveva appena pubblicato il Dizionario dei giochi con le parole, e questo libretto poteva in un certo senso essere considerato un teaser: un modo per pubblicizzare l’altro prodotto, condensando un paio dei concetti del libro maggiore per incuriosire i potenziali acquirenti. Beh, garantisco che la cosa era venuta bene, nel senso che queste poche pagine rendono l’idea dello stile di Dossena. Una nota personale: quando Dossena prende posizione contro la terza scuola di pensiero, quella che se non trova una parola con una certa configurazione prova a generarne una, e scrive «Non è da escludere che entrino in uso ‘nettafilobus, semifactotum, compilarebus’», sta citando il sottoscritto che gli aveva mandato questi termini nel 1982, quando io ero uno studente liceale e lui teneva la rubrica di giochi di parole su Tuttolibri. No, regolapickup e soprattutto contracchewinggum non sono creazioni mie: io avevo anche caposervitù e videotabù, oltre a un regolagrisù che non ho più ritrovato. Anch’io ho un limite.

No, non possono averlo divinato

L’altra settimana mi sono riletto un libriccino di Giampaolo Dossena (la recensione apparirà domani, per i curiosi) che ho ritrovato per caso mentre facevo ordine in casa. Il libriccino è sulle parole panvocaliche, e mi è sovvenuto che certi esempi di parole inventate da lui deprecate sono stati inventati da me. A quel punto mi sono messo a scavare nell’archivio storico della Stampa: una ricerca con parole chiave non mi ha portato a nulla, e così mi sono dovuto scartabellare un’annata di Tuttolibri per ritrovare il numero della rubrica in cui Dossena presentava le parole. Ai tempi andavo al liceo, e il primo che si era messo a cercare le parole era stato un mio compagno di scuola dell’anno successivo al mio (no, non Marco Travaglio :-) ); io mi ero unito più tardi, prima con i neologismi e poi spulciando pagina per pagina il Devoto-Oli in due volumi per declinare parole che nessuno aveva mai declinato prima. Dopo la maturità non ho più sentito quel mio compagno… fino ad oggi quando mi è arrivata una richiesta di contatto su Linkedin.
Notate che non ho, e non avevo, scritto da nessuna parte il nome di questo mio ex compagno: anche il ritaglio di Tuttolibri che poi mi sono salvato era in formato immagine e non testo. Sincronicità, oppure i sistemi informatici sanno molto più di noi di quanto crediamo?

Che succederà a Medium?

Non so se vi è capitato di leggere questo post di Ev Williams, il CEO di Medium, che a inizio mese ha annunciato che ha fatto fuori un terzo dei dipendenti, e sta riconsiderando il suo modello di business. Magari avete anche letto la risposta di DHH, che dice fondamentalmente «Medium è fantastico per scrivere, ma per avere un prodotto vincente devi fare qualcosa di completamente diverso (“disruptive”), e se dopo cinque anni e 132 milioni di dollari dici che non hai idea di come farlo c’è qualcosa che non va», probabilmente rispondendo alla frase di Ev «We believe people who write and share ideas should be rewarded on their ability to enlighten and inform, not simply their ability to attract a few seconds of attention.»

Io ho un account su Medium. Ci scrivo molto poco, e viene letto molto poco, come si può notare dalle statistiche qui a fianco. Così ad occhio è più probabile che venga visto un mio post sul mio blog che qua. D’accordo, direte voi, non lo usi e non lo pubblicizzi, cosa pretendi? Io non pretendo nulla. Mi limito a far notare che l’ecosistema attuale di Medium è molto peculiare, e funziona bene solo per chi è già famoso e riesce quindi ad avere un gran numero di condivisioni (soprattutto di sottolineature di frasi); tra l’altro, la storia che un commento su Medium è esso stesso un post mi pare controproducente, perché non permette in pratica di fare note puntuali ma spinge a creare altri pipponi in risposta al pippone iniziale. Ma in tutto questo dove comincia e dove arriva esattamente la parte collaborativa che dovrebbe essere il punto di forza della piattaforma? Sì, è facile usarla per scrivere un testo ben formattato, ma come scriveva DHH di modi per farlo ce ne sono già tanti.

Io non sono mai stato bravo a trovare nuovi modelli, quindi non so se Ev riuscirà nel suo intento: ma per il momento mi tengo stretto il mio sito (e mi copio sempre i post anche qua :-) ) Voi?

Quizzino della domenica: grammatica

Evelina si è appisolata a scuola, come le capita qualche volta quando la lezione è più noiosa del solito. A un certo punto si sveglia con un sussulto: la maestra la sta chiamando. “Evelina! io miro, tu tiri, e poi…” Aiutatela a rispondere!

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p227.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. La figura è di tzunghaor, da OpenClipart; credo che il problema fosse vecchio quando andavo a scuola io)