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matematto non praticante

Fareste risolvere equazioni differenziali a un medico?

A La Verità hanno ancora il dente avvelenato con il lockdown: lo si capisce dall’articolo di ieri (qui forse lo si legge). Titolo: «Lo ammette pure il dirigente: l’Italia fu chiusa in casa dando retta a un matematico». Occhiello: «In Commissione Covid il direttore della programmazione sanitaria lo conferma: l’autorità sui lockdown era Merler della Fondazione Kessler. Che nemmeno è medico.»

Ordunque, andiamo a leggere il testo. Leggiamo di “riunioni a singhiozzo con la linea che saltava”, salvo poi scoprire che quello che succedeva era che si doveva spegnere il video e restare in audio (non certo bellissimo per un think tank governativo, ma non esattamente un blackout). Ma, udite udite, “Le decisioni venivano prese sulla base di simulazioni d’impatto che arrivavano dall’istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler.” (Fondazione che non è precisamente “privata”, ma “ente di diritto privato in controllo pubblico“… non che importi nel contesto).

Bene. Facciamo rewind di cinque anni e mezzo. Abbiamo una pandemia. La prima cosa che si fa è chiedere ai medici “abbiamo delle cure a disposizione?” La risposta era “no, nulla che funzioni generalmente”. La seconda domanda è “abbiamo un vaccino a disposizione?” La risposta era “no, non abbiamo nulla”. A questo punto la domanda diventa “bene, che facciamo?” Qui arrivano i modelli matematici di diffusione di un’epidemia (Ricordate l’R0 e l’R che erano su tutti i giornali), e non è poi così strano che sia un matematico a dire “se non possiamo curare e abbiamo un R0 molto maggiore di 1, dobbiamo fare in modo di ridurre per quanto possibile i contatti e quindi fare abbassare l’R al di sotto di 1″. Da qui il lockdown.

Poi possiamo concordare che la caccia con drone al tipo che correva da solo non è stata un’idea intelligente: ma qui non c’entrano certo i matematici, dato che per loro il contatto comunque non c’era. Questa è stata una scelta politica, e anche a La Verità lo ammettono: nei verbali si legge «I verbali venivano consegnati fondamentalmente al ministro e al presidente del Consiglio che, immagino, avessero [sic] tante esigenze da contemperare, ne facevano una sintesi e adottavano decisioni.» Ovviamente per loro tutto questo è anatema, perché bisogna “conoscere le prove scientifiche”, e il risultato di un’equazione differenziale evidentemente non lo è; per me la parte scientifica è appunto la base di partenza, e non vedo nulla di strano in come è stata gestita. I medici hanno fatto i medici, il matematico ha fatto il matematico (rectius: l’epidemiologo). Poi la politica ha giustamente dato retta a quest’ultimo, prendendosi carico della sua implementazione pratica.

ps: la categoria “povera matematica” per una volta non è dovuta a come la matematica è torturata dagli ignoranti ma a come è bistrattata.

La magia di Moessner

Cominciamo con qualcosa di facile. Prendiamo i numeri naturali:
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, …
Cancelliamo ora ogni secondo numero:
1, 3, 5, 7, 9, 11, 13, …
Facciamo infine le somme parziali:
1, 4, 9, 16, 25, 36, 49, …
Abbiamo così ottenuto la successione dei quadrati perfetti. Nulla di strano: sappiamo che i quadrati sono la somma dei numeri dispari, lo si vede disegnando gli gnomoni.

Ma ora andiamo più in là. Ripartiamo dai numeri naturali:
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, …
ma stavolta togliamo ogni terzo numero:
1, 2, 4, 5, 7, 8, 10, 11, 13, 14, 16, 17, 19, 20, …
Facciamo anche stavolta le somme parziali:
1, 3, 7, 12, 19, 27, 37, 48, 61, 75, 91, 108, 127, 147, …
Togliamo ogni secondo numero:
1, 7, 19, 37, 61, 91, 127, …
E rifacciamo infine le somme parziali:
1, 8, 27, 64, 125, 216, 343, …
Abbiamo ottenuto la successione dei cubi!

Come arrivare alle quarte potenze? Semplice: aggiungiamo come passo iniziale quello di eliminare ogni quarto numero prima di sommare.
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 , …
1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 14, 15, …
1, 3, 6, 11, 17, 24, 33, 43, 54, 67, 81, 96, …
Ora si fa il passaggio di cancellare ogni terzo numero e poi fare le somme parziali:
1, 3, 11, 17, 33, 43, 67, 81, …
1, 4, 15, 32, 65, 108, 175, 256, …
E finalmente si cancella ogni secondo numero e si fanno ancora una volta le somme parziali:
1, 15, 65, 175, …
1, 16, 81, 256, …
Et voilà!

Questa struttura aritmetica è stata trovata da Alfred Moessner, che nel 1951 scrisse un articolo intitolato “Eine Bemerkung über die Potenzen der natürlichen Zahlen” (un’osservazione delle potenze dei numeri naturali) e dimostrato lo stesso anno da Oskar Perron. Non so chi abbia deciso di chiamarlo “la magia di Moessner”, e non più banalmente il teorema di Moessner – nome comunque usato, come si vede su Wikipedia – ma secondo me un po’ di magia c’è davvero…

PS: se si eliminano i numeri triangolari, si ottiene invece la successione dei fattoriali!

Povera Ucraina

la vignetta di Giannelli di ieri, dal Corsera Anche se gli amici di Capire Giannelli l’hanno come al solito preso in giro, la vignetta di ieri di Giannelli sul Corriere rende l’idea di cosa succederà con ogni probabilità a Ferragosto, quando Trump volerà in Alaska (noto territorio russo, anche se poi venne venduto dagli zar) per parlare con Putin di come gestire l’Ucraina: ovviamente senza Zelensky, che conta meno di zero.

Direi che l’intervista a Suslov dice tutto. Il punto non è tanto il veto per un ingresso dell’Ucraina nella Nato, cosa anche comprensibile, ma tutto il reeto: della Crimea non si parla nemmeno (ma del resto fino ai tempi dell’ucraino Breznev la Crimea era russa, non ucraina), e “lo scambio di territori” si traduce in una semplice cessione di tutto il Donbass (e delle risorse minerarie…) che i russi non sono mai riusciti a conquistare direttamente. Non so se Trump sia davvero l’agente russo Krasnov o semplicemente l’unica cosa che gli interessa è mostrare di essere un “pacificatore”: il risultato pratico è in ogni caso lo stesso, e cioè la fine dell’Ucraina.

(ps: a me Zelensky non piace, e nemmeno il modo in cui governa. Ma direi che in questi anni si è visto che cosa è successo, e se gli ucraini sono in massima parte al suo fianco qualcosa vorrà ben dire.)

Uno dei peggiori errori che ho fatto

Come tutti, faccio tanti errori. Conto di essere al di sotto della mediana, e probabilmente anche della media delle persone, visto che cerco di pensare un po’ prima di dire qualcosa, ma non è sempre così semplice. Ma alcuni anni fa ho commesso un errore madornale, e non sarebbe giusto che ora facessi finta di niente come tanta gente che spera che tutti si siano dimenticati della cosa. (No, la gente non se ne dimentica, e comunque la rete ne tiene traccia e se appena diventi un po’ importante te lo ritrovano subito.) È vero che io non diventerò importante, ma l’onestà intellettuale mi impone di fare coming out, riprendendo meglio quanto scrissi citando Massimo Mantellini.

Probabilmente ricordate la frase di Umberto Eco sui social, che “danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”. Io ero convinto che sbagliasse: non perché pensassi che la rete fosse così intelligente – d’accordo sbagliare, ma era evidente fin dai tempi di Canter&Siegel che non era certo così – quanto per l’effetto delle legioni di imbecilli. Le due cose che non avevo considerato erano la capacità degli imbecilli di ritrovarsi e coalizzarli, e soprattutto che ci sarebbe sempre stato qualcuno pronto a sfruttare la loro imbecillità per i suoi scopi.

Ciò che manca in rete è l’equivalente degli altri avventori del bar che dicono a chi straparla “Cala, Trinchetto!”. Questo non tanto perché gli imbecilli siano in maggioranza, quanto perché si danno comunque manforte tra di loro, e quindi è inutile fermarli o portarli a pensare a quello che stanno dicendo, perché vedono che c’è gli dà loro ragione. Ed è quello che Eco aveva visto e io no, se non qualche anno dopo. Ora è una vita che sono disilluso, ma il mio peccato originale resta.

Aggiungo solo che la situazione è probabilmente ancora peggiore di quanto pensasse Eco: chi imbecille non è tende sempre più a isolarsi in “riserve indiane”. No, non sono echo chamber, perché chi le frequenta non è sempre d’accordo: ma resta il fatto che siamo arrivati all’opposto della metafora del bar, nel senso che gli avventori normali sono irrisi dagli altri.

19 Doors (ebook)

copertina[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
I racconti di O’Keefe sono strani. Non nel senso della vecchia collana SF Weird Tales, ma nel senso che non ci aspetta come può procedere la storia. Questo significa in pratica che o lo si ama o lo si odia: personalmente, a parte un paio di racconti che proprio non ho capito, ho apprezzato parecchio le sue idee. Come al solito, ecco un commento monoriga per i singoli racconti:
▪ Bang: Certamente non con un piagnucolio. 5/5
▪ For whom the troll tolls: Direi “non dare da mangiare ai troll”. 4/5
▪ Davy Jones’ locker: Finalmente risolto il mistero degli armadietti delle scuole americane! 5/5
▪ First person, infinite: la parte più divernente è la frase di chiusura. 3/5
▪ Gravity Hill: ben scritto, ma non mi dice molto. 3/5
▪ The scrub: Tutti abbiamo un superpotere, ma come lo possiamo usare? 5/5
▪ Has this ever happened to you?: parte lento, sembra virare verso l’horror, ma alla fine qualcosa cambia tutto. 4/5
▪ The hands of God: “tecnologia indossabile” portata all’estremo. 4/5
▪ We were beautiful: racconto strano ma toccante. 4/5
▪ The returning: Non l’ho capito. 1/5
▪ Davy Jones’ locker (original version): Secondo me è meglio la versione corta vista in precedenza. 3/5
▪ The great machine; a volte abbiamo bisogno di uno scopo nella vita, altre volte dobbiamo scoprire quel è il nostro scopo. 5/5
▪ The untethered house: altro che la “crooked house” heinleiniana! 5/5
▪ Do-over: speriamo di non devolverci anche noi… 5/5
▪ Polly doesn’t want your cracker: poteva essere costruito meglio. 2/5
▪ Borrowed time: ottima idea e svolgimento molto poetico. 5/5
▪ Star gazing: non andate nella città sbagliata con la gente sbagliata! 5/5
▪ Beacon.308: sembrerebbe hard sf, ma in realtà è molto poetico. 5/5
▪ /-_/_: sarebbe stato molto meglio se non ci fossero stati i commenti che implicano che il lsettore non sappia nulla. 3/5
▪ Small Stories: A Perfectly Absurd Novel: è così assurdo che non ci ho capito un tubo.. 1/5

Rob Roy O’Keefe, 19 Doors, Independently published 2025, pag. 244, € 2,69, ISBN cartaceo 9798288363238 – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me
Voto: 4/5

Statistiche del sito per luglio 2025

Premessa: non so assolutamente come mai ci sia stato un incremento tale delle visite. Non è un problema di bot, o almeno bot riconosciuti: il “not viewed traffic”, che non entra in queste statistiche, è stato più o meno pari a quello di giugno. Guardando meglio, trovo un 149.6.71.139 che è un IP polacco che ha fatto una strabardata di richieste. Ma ecco qua i dati:

Visitatori unici 65.707 (+31108)
Numero di visite 122.094 (+37917)
Pagine accedute 430.136 (+157976)
Hits 609.054 (+109401)
Banda usata 7,27 (+1,93 GB)

Nessun giorno è sceso sotto le 2000 visite: il minimo è stato venerdì 17 con 2064. A parte gli outlier domenica 19 (19402 hit e 50968 pagine) e martedì 21 (4188 hit ma 122068 pagine!) il massimo è stato venerdì 10 on 4821 pagine. La Top 5:

  1. Addio Stocard… e passo a Catima: 3569 visite
  2. Ronzaleppi e cicopandi: 1413 visite
  3. Ma quanta acqua è cascata?: 916 visite
  4. Call center sanitari invasivi: 783 visite
  5. Il teorema di Futurama: 741 visite

Altri 9 post sopra le 500 visite; Carnevale della matematica $27 ha avuto 8376 visite, e Romanaccio ne ha avute 1453.

Query Google: abbiamo 3459 (+542) clic da mobile, 1131 (+110) da desktop e 76 (+28) da tablet. Ecco le prime 10 query (tra parentesi le impressions, per capire quanto la mia pagina sia piaciuta a chi cerca: più il rapporto è basso, meno sono stato ritenuto interessante).

138 (604) teorema di futurama
131 (4039) stocard chiude
128 (503) insulti in romano
121 (4157) 0278655540
105 (345) insulti romani
92 (968) stocard non funziona piu
90 (240) ronzaleppo
68 (132) insulti romaneschi
67 (203) ronzaleppi
54 (58) notiziole di mau

Gli LLM “normali” e la matematica

All’inizio della settimana ho scritto su MaddMaths! (come, non leggete la mia rubrica “il matematico non praticante” che tengo lì? Male, nolto male) un articolo sulla medaglia virtuale d’oro ottenuta da Google DeepMind alle Olimpiadi della matematica. Già lì esprimevo i miei dubbi: vedo che non sono il solo, leggendo questo articolo di Emily Riehl su Scientific American.

Dall’articolo ho scoperto che le voci che anche OpenAI avrebbe raggiunto un punteggio da medaglia d’oro sono solo voci, o almeno non c’è stato un riconoscimento ufficiale da chi gestisce l’IMO: nulla di strano, in un ambiente dove l’hype è al momento più importante dei risultati. Ma la cosa più interessante è un’altra. Non è tanto il fatto che questi modelli tirano fuori un certo numero di risposte e poi scelgano (non ho idea come) quella più robusta: non penso, a differenza di Riehl, che questo equivalga a lavorare in squadra, visto che il modello sottostante è lo stesso. Quello che conta davvero è che si è tenuto un torneo parallelo informale ospitato da MathArena e che ha coinvolto (si fa per dire) i modelli disponibili commercialmente. Risultato? Nessuno è arrivato nemmeno alla medaglia di bronzo (che viene data a metà circa dei partecipanti alle olimpiadi reali). Il migliore è stato Gemini 2.5 Pro con 13 punti su 42, molti meno della soglia di 19 punti necessaria per la medaglia di bronzo. (Un esercizio risolto correttamente vale sei punti, ma se ne può ottenere qualcuno per una risposta errata ma con alcuni passi corretti). Il tutto spendendo più di 400 dollari :-)

Il mio commento finale? non è diverso da quello che avevo scritto su MaddMaths!. Questi sistemi ne hanno ancora di parametri da macinare. Questo non vuol dire prenderli sottogamba, e del resto ricordo che i sistemi di dimostrazione automatica dei teoremi sono ormai usati regolarmente, il che significa che nessuno ha un pregiudizio aprioristico. Semplicemente manca ancora molto per avere qualcosa di più di un aiuto.