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matematto non praticante

Sono giornalista, non posso sbagliare

Lunedì pomeriggio su Wikileaks sono state pubblicate le slide del rapporto Caio sulla banda larga in Italia. Potrebbe essere interessante sapere chi le ha messe, ma quella è un’altra storia. Martedì mattina il Corriere pubblicava la notizia, affermando che «Il sito dove le 105 pagine sono ormai di dominio “pubblico” è Wikileaks, un braccio dell’enciclopedia online Wikipedia nato proprio per strappare dalla segretezza delle decisioni dei governi in giro per il mondo documenti che influenzano le decisioni pubbliche. Almeno da oggi la discussione sarà aperta.»
Peccato che Wikileaks non c’entri nulla con Wikipedia: ne sfrutta implicitamente la fama (nulla di male), ma loro stessi scrivono «For legal reasons, Wikileaks has no formal relationship to Wikipedia. However both employ the same wiki interface and technology.» (le “ragioni legali” credo siano gli avvocati della Wikimedia Foundation). Ieri mattina ho scritto a Massimo Sideri, l’autore dell’articolo, con in copia Marco Pratellesi in qualità di chi per quanto ne so è il direttore di corriere.it:
L'affermazione in questione non è vera: Wikileaks non ha affiliazioni di alcun tipo con Wikipedia, ma si limita a utilizzare la tecnologia wiki che Wikipedia ha reso nota al mondo. È un po' come se un giornale murale pubblicasse un'intervista scottante e io scrivessi che quel giornale è un braccio del Corriere della Sera, visto che entrambi sono stampati...
Gradiremmo pertanto una correzione dell'articolo.
Per Wikimedia Italia, Maurizio Codogno.
La risposta di Sideri, che non copio qua perché è un messaggio privato e a giudicare da come lui scrive potrei poi anche rischiare una denuncia, mostra innanzitutto che il giornalista in questione è convinto che avessi scritto per conto di Wikileaks (brutto colpo al mio ego che pensava che Wikimedia Italia fosse automaticamente associato a Wikipedia) arrampicandosi sugli specchi affermando che non ha scritto né “affiliazione” né “società controllata”, lamentandosi che avessi messo in copia Pratellesi che con lui non c’entra nulla perché lui risponde al caporedattore della sezione economia, e pontificando che se si usa la stessa tecnologia e la stessa grafica vuol dire che almeno in spirito siamo la stessa cosa. Non oso pensare a quello che potrebbe affermare di chi usa i template standard di Microsoft Word.
Ma a parte tutto questo, su cui avrei potuto anche soprassedere, il testo della pagina è rimasto assolutamente intoccato, quando al Corriere sono abituati a correggere le notizie in corsa, indicando nella data che c’è stato un aggiornamento. È una cosa assolutamente da poco, lo so, e non morirà nessuno. Ma anche riscrivere una riga era una cosa assolutamente da poco, eppure nessuno si è presa la briga di farlo. Non certo Massimo Sideri, ma nemmeno il caporedattore dela sezione economia del Corsera – ieri pomeriggio ho risposto a Sideri mettendo in copia anche lui: no, non è arrivata nessun’altra risposta, ma visto l’inizio della nostra interazione mi sarei stupito del contrario. Il giornalismo del XXI secolo è (anche) questo.
(se volete, al riguardo potete anche leggere Frieda)
aggiornamento: (h 19:10) non so se sia perché un VIB ha riportato la notizia, ma il testo online è stato corretto.
aggiornamento: (21 maggio) Pratellesi è il caporedattore, non il direttore, di corriere.it. Mea culpa.

Scuola Makiguchi Tsunesaburo

La notizia inutile di questa mattina è che la dirigente di una scuola elementare romana, la Carlo Pisacane, avrebbe chiesto di cambiarne il nome in Makiguchi Tsunesaburo, con allegati fiumi di lamentazioni da parte soprattutto della destra romana e italiana.
Diciamocelo subito: chi di noi si ricorda chi sia stato Carlo Pisacane? Io avevo già rimosso tutto dai miei neuroni, era rimasta giusto l’etichetta “risorgimentale”. Per chi non ha voglia di cercare in giro: “Erano trecento, erano giovani e forti”. Ma il signor Makiguchi – essendo giapponese, si scrive prima il cognome e poi il nome – è così sconosciuto che mentre sto scrivendo wikipedia in lingua italiana non riporta nulla e persino quella inglese ha una voce che da un anno e mezzo riporta l’avviso “senza fonti verificabili”. Per la cronaca, comunque, più che un educatore sembra essere stato il fondatore di un movimento buddista, con la parte scolastica che seguiva semplicemente il pensiero iniziale. Non credo però che la scuola, pur avendo punte dell’80% di alunni stranieri, abbia una quantità tale di figli di seguaci del Sōka Gakkai da dire “beh, almeno si sentiranno a casa”. Insomma, i casi sono due: o la dirigente in questione è una fanatica buddista, oppure è tutta una storia per fare pubblicità, in buona o cattiva fede, alla scuola stessa. Se devo essere sincero, non mi pare comunque una gran cosa.

L’umanità di Ignazietto

Dopo il weekend di rimpallamenti vari tra il ministro della difesa e l’alto commissario ONU, Ignazio La Russa ha rilanciato, affermando di ritenere «più umana l’azione che stanno svolgendo meritoriamente i nostri marinai nel riaccompagnare come vuole la legge del mare nel porto più vicino i migranti che vengono intercettati in acque extraterritoriali piuttosto che sottoporli a un lungo viaggio, una lunga permanenza nei Cie per poi espellerli».
A prima vista la frase sembra sensata: poi magari uno ci pensa un po’ su e vede le assunzioni implicite che sono state fatte. Innanzitutto che nei CIE si sta ancora peggio che nei barconi, il che non fa molto onore al nostro esecutivo; e in secondo luogo che per definizione se uno arriva da clandestino in Italia non abbia nessuna possibilità di richiedere asilo politico, e quindi rimanerci. Sbaglio o nessuno dei grandi media italici ha fatto queste banali constatazioni?

Forse Dio non c’è, ma non lo si può dire

A quanto pare, anche l’ultimo tentativo di campagna pubblicitaria dell’UAAR sulle fiancate degli autobus è saltato. La frase, “La buona notizia è che anche Zeus non esiste. Quella cattiva, è che solo di Zeus puoi dirlo”, sembra che andasse bene; ma la “firma” no. Per la cronaca, il messaggio era siglato “uaar.it – Liberi di non credere in Dio”.
A me la frase scelta per la campagna (e che ricordo non è la traduzione di quella apparsa nel Regno Unito) non è che piaccia, però è preoccupante che qualcuno – chiunque sia stato – possa obiettare sul testo “Liberi di non credere in Dio”. La logica conseguenza è infatto che questa libertà non esiste, o a essere molto buoni deve essere tenuta assolutamente nascosta. D’accordo, come cattolico potrei citare Giovanni 8, 31-32 («Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi») ai quali un ateo potrebbe ribattere con Amos 4,10 («Essi odiano chi ammonisce alla porta e hanno in abominio chi parla secondo verità.»); molto più banalmente trovo che non bisogna aver paura di quello che uno afferma, ma solo di quello che uno ti costringe ad affermare.

necrologi alla sabauda

Venerdì, qualche ora prima di Susanna Agnelli, era morto anche il padre dell’attuale presidente della Fiat Montezemolo. Come d’abitudine, sabato il giornale aziendale aveva la sua spataffiata di necrologi. La parte più interessante era però notare come chi conta davvero non firma mai le pubbliche condoglianze con il cognome, ma solo col nome. È anche vero che per loro è più facile: se scrivi “John e Lavinia”, “Allegra, Anna, Andrea, Emma e Baya” oppure “Marco e Afef” è difficile non capire chi siano…
(Un eccezione è stata quella di Marchionne: si vede che non si fidava troppo ad essere semplicemente “Sergio”, nonostante Pininfarina sia ormai morto)

gioco della domenica: HeXo

Il gioco di questa settimana a prima vista può assomigliare a una variante del Tetris, ma è completamente diverso. Non tanto per il fatto che lo schema è a base esagonale e non quadrata, ma perché lo schema è inizialmente riempito, e le tessere si eliminano – anzi per la precisione si rimpiazzano – prendendo un gruppo connesso di un colore e sovrapponendolo su un gruppo di un altro colore. Detto così sembra facile, ma visto che si deve per forza prendere tutto il gruppo connesso e le tessere sostituite sono rimpiazzate da altre in colori casuali va spesso a finire che si formano delle aree troppo grandi da poter essere spostate altrove.
Il gioco è a tempo, ma almeno fino all’ottavo livello non è impossibile.
(via Passion for Puzzles)