La Bibbia è un’opera strana, come sanno i pochi che l’hanno letta da cima a fondo. E data la sua importanza, sono stati tanti gli studiosi che hanno avanzato ipotesi più o meno fantasiose sull’origine dei testi. La tesi che Satlow porta in questo libro (Michael L. Satlow, E il Signore parlò a Mosè : Come la Bibbia divenne sacra [How the Bible Became Holy], Bollati Boringhieri 2015 [2014], pag. 455, € 26, ISBN 978-88-339-2681-0, trad. Massimo Scorsone) è che non solo i testi si sono coagulati in epoca molto tarda (circa il 150 aC), ma che c’è stata una lunghissima storia per farli diventare normativi e “divini”, e non semplici resoconti. Alcune sue ipotesi, come l’avere i regni di Israele e Giuda sempre separati, le avevo trovate anche nel testo di Mario Liverani Oltre la Bibbia, che pure Satlow pare non conoscere; altre mi sembrano piuttosto campate in aria e attentamente ritagliate per corroborare la sua tesi, ma senza vere fondamenta. Ha molto più senso pensare che la Torah sia stata inventata da Giosia piuttosto che averla davvero dimenticata per cent’anni e poi ritrovata man mano da sacerdoti di varie epoche, il tutto senza però che avesse alcuno status normativo. Né ha senso pensare che una zona sempre contesa tra due popoli logorroici come egizi e assiro-babilonesi non avesse fonti scritte o che gli ellenisti traducessero la Bibbia in greco casualmente nel momento giusto.
Leggendo la traduzione di Massimo Scorsone mi sono chiesto perché mai chiami “apocrifi della Bibbia cattolica” i testi deuterocanonici (che comunque sono accettati anche dagli ortodossi), o parli di “Giovanni il Battezzatore” – e passi – e di “Gaio Plinio Secondo”, confondendo il lettore poco attento.
Ultimo aggiornamento: 2016-09-17 12:02