Archivi annuali: 2011

_Oltre la Bibbia_ (libro)

[copertina] La tesi che Mario Liverani offre in questa sua opera (Mario Liverani, Oltre la Bibbia, Laterza – I Robinson, 2009 [2003], pag. 510, € 22, ISBN 978-8842091523) si può riassumere in poche parole: tutta la storia di Israele raccontata nella Bibbia, non solo la parte che riguarda i patriarchi ma anche quella da David e Salomone in poi, è una balla creata ad hoc vari secoli dopo. Per la precisione, il Pentateuco – generalmente datato intorno al 1000 a.C., viene riportato intorno al 500, dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia; anche i libri più vecchi, alcuni dei profeti, risalgono al massimo al VII secolo. Per sostenere la sua tesi, l’opera è divisa in due parti. Nella prima viene fatta una storia archeologica di Palestina e dintorni a partire dall’età del Bronzo, senza usare nessun riferimento biblico: il tutto è necessario per avere un insieme di prove da usare nel seguito, ma garantisco che la lettura è molto pesante. Nella seconda parte, indubbiamente molto più leggibile, Liverani rilegge la storia biblica sotto quelle ipotesi, affermando che i due regni di Giuda e Israele – che non sono mai stati uniti, checché si dica – non avevano nulla di realmente diverso da tutti gli altri regni della zona; il passaggio dal culto del “Dio della propria nazione” Yahvé, l’unica cosa che i due regni avevano in comune, all'”unico Dio” fu un’invenzione creata ai tempi dell’esilio dalla casta sacerdotale per aumentare il proprio potere rispetto alla casta della stirpe di David. Il libro dà molti spunti interessanti, anche se non tutti condivisibili almeno dal sottoscritto; la bibliografia è sterminata ma solamente tecnica, e spesso occorre uno sforzo per associare i nomi di persone e luoghi scritti nella forma semitica alla versione biblica che conosciamo (secondo voi chi è Malki-Sedeq?), oltre a un pregiudizio antibiblico non solo nel testo ma anche nella presentazione (tutti gli storici sanno che il libro di Isaia è stato scritto da tre autori distinti, ma perché definirlo 1Is, 2Is e 3Is?). D’altra parte però gli indici analitici su nomi, luoghi e passi biblici, oltre alle molte cartine storiche, aiutano parecchio a farsi un’idea se uno ha già una conoscenza un po’ più che abborracciata sull’Antico Testamento.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-06 11:31

SushiShop (catering)

Con due unenni per casa non è che ci si possa muovere più di tanto, così ieri abbiamo pensato di farci portare a casa una cena giapponese da SushiShop, una catena francese (e lo si vee, perché la localizzazione non è che sia così perfetta) che ha un singolo punto vendita italiano a Milano in via Turati.
La confezione è ben fatta, e anche la presentazione del cibo non è male (abbiamo preso un chirashi, un sashimi, dei maki, dei salmon rolls e un po’ di riso, e anche il prezzo è onesto. Ciò detto, il nostro ordine, fatto a mezzogiorno per le 19.30, è arrivato alle 20 (notate che la granularità dell’ordine è di 15 minuti, quindi eravamo comunque fuori di almeno un quarto d’ora) nonostante alle 18.50 fosse già partito. Inoltre stamattina sia Anna che io abbiamo un po’ di mal di stomaco; è vero che stanotte stavamo bene quando i giovini si sono svegliati ed è vero che la mia notte non è stata il massimo sempre causa giovini, ma sentire che anche Anna non era al massimo mi fa pensare che ci vorrà un bel po’ prima di riprovarci :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-02-15 11:54

una gita al Museo del Novecento

Mercoledì scorso ho deciso di sfruttare la mia pausa pranzo (un po’ allungata) per andare all’Arengario di Milano per visitare il Museo del Novecento, insieme a due simpatici cYaltroni (lui e lui) e una gentile e leggiadra fanciulla di cui non fo il nome per tutelare la sua privasi.
Come scrisse a suo tempo vb, il museo dovrebbe chiamarsi DELLA PITTURA MILANESE del Novecento; ecco, forse più italiana che milanese anche se l’assessore alla Cultura del comune di Milano Massimiliano Finazzer Flory ha già lanciato una colletta sottoscrizione per aggiungere nuove opere, sempre milanesi e sempre di pittura. E aggiungerei che si parla DELLA PRIMA METÀ del Novecento…
Ma che dire del museo in sé? Beh, innanzitutto che l’apertura gratuita (fino a fine mese) l’ha riempito all’inverosimile, con una quantità di scolaresche incredibile – e io mi chiedo ancora che cosa gliene fregasse del museo a quei fanciulli – oltre a un bel po’ di gente che pareva essere lì per caso. Un attimo: anch’io parevo lì per caso, soprattutto visti certi miei commenti ad alcune opere (non so, mi era sembrato di aver già visto da qualche parte Forme uniche nella continuita dello spazio, e su un quadro di cui non mi ricordo neppure l’autore sono sbottato in “ma questo è uno stereogramma!”). Detto questo, l’Arengario è stato restaurato molto bene, ma le scelte architetturali architettoniche per mettere in mostra Il Quarto Stato – non mi direte che la scala elicoidale centrale servisse ad altro, o fosse una citazione della rampa del Lingotto, vero? – hanno sacrificato lo spazio per le opere. A proposito: per riempire le prime tre sale hanno saccheggiato la Galleria d’Arte Moderna milanese: anch’essa a ingresso gratuito, ma che nessuno si filava nemmeno di pezza. I pannelli esplicativi all’inizio di ciascuna sala sono un po’ buffi e danno informazioni interessanti ma mi sa poco utili per chi non sa nulla dell’arte del Novecento in Italia; ammetto di non aver provato il bluetooth per vedere se mi arrivavano contenuti più interessanti. Giudizio finale: boh.

Ultimo aggiornamento: 2011-02-14 11:07

gioco della domenica: Monomaze

Confesso che non ho capito esattamente come funzioni questo Monomaze, sulla piattaforma di Kongregate. Sicuramente bisogna completare dei circuiti (i loop) aggiuingendo segmenti; sicuramente bisogna stare attenti alle bombe che se scoppiano per conto loro – cioè senza che voi le mettiate in un circuito – fan finire la partita; sicuramente c’è un numero finito di segmenti a disposizione, e non ho capito come ce ne arrivino di nuovi. Ciò detto, se vi piacciono i giochi sparaspara ma non vi piace sparare probabilmente è un ottimo modo per passare un paio di minuti con una partita.
(via Passion for Puzzles)

Ultimo aggiornamento: 2011-02-13 07:00

_La legge di Parkinson_ (libro)

[copertina] «Il lavoro si espande fino a occupare il tempo a disposizione per completarlo.» Molti adi voi avranno probabilmente letto questa frase e l’avranno associata alle leggi di Murphy: ma essa ha un autore ben preciso, Cyril Northcote Parkinson (nessuna parentela con l’omonimo morbo), uno storico navale inglese che scrisse una sessantina di libri. Questo libro (Cyril Northcote Parkinson, La legge di Parkinson, Monti&Ambrosini 2011 [1958], pagine 160, € 16, ISBN 978-88-89479-16-2, trad. e note Andrea Monti) nacque da un articolo umoristico scritto per l’Economist che venne poi espanso sotto forma di libro, che divenne immediatamente un best-seller. L’autore, con uno stile umoristico tipicamente britannico, elenca le caratteristiche tipiche di un sistema burocratico, mostrando come una qualsiasi organizzazione col tempo diventa sempre più autoreferente, generando del “lavoro interno” assolutamente inutile se non per richiedere nuove persone per gestirlo. Ma ci sono anche capitoli sul funzionamento dei comitati e dei parlamenti che sembrerebbero scritti oggi e non risentono affatto dei più di cinquant’anni passati dalla prima edizione del libro.
La prima edizione italiana, curata nientemeno che da Luciano Bianciardi, è da lungo tempo fuori catalogo; è pertanto meritoria l’opera di Andrea Monti che ha ripreso il testo. La traduzione rende perfettamente lo stile britannico dell’autore, e inoltre molte note a piè di pagina aiutano a comprendere i riferimenti prettamente britannici inseriti da Parkinson, che in fin dei conti era un membro dell’élite inglese della metà del XX secolo. Una lettura che diverte ma fa anche pensare, insomma!

Ultimo aggiornamento: 2014-06-16 21:22

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Il nostro Segnaposto degli Esteri Franco “Scusa, chi?” Frattini di per sé non aveva detto nulla di così rivoluzionario quando ieri ha minacciato ipotizzato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (che non c’entra nulla con l’Unione Europea, anche se sta a Strasburgo; questo lo dico non contro Frattini che essendo un uomo di mondo che a Strasburgo c’è anche stato la differenza la conosce, ma ad alcuni dei miei lettori che magari non lo sapevano). Stanotte, nei venti secondi prima di cascare dal sonno, mi è venuto in mente che forse c’è anche stato un precedente; oggi ho fatto una rapida ricerca e ho trovato un ricorso di Benedetto “Bettino” Craxi. Per chi ha fretta e non parla l’inglese, un riassunto in italiano è disponibile qua; chi vuole leggersi tutto e non ha problemi con l’inglese trova nel sito della Corte Europea il primo giudizio di parziale ammissibilità e il giudizio finale di condanna dello Stato Italiano, compreso di Minority Report di quel comunistaccio di Zagrebelsky (no, non Gustavo, ma il fratello Vladimiro. È proprio una famiglia di comunisti, fin dai loro nomi)
Vi faccio comunque un executive summary.
– Craxi si è rivolto alla Corte nel 1994 (domanda presentata a giugno e perfezionata a settembre)
– il motivo del ricorso è stato doppio: le intercettazioni telefoniche e la pubblicazione dei verbali delle intercettazioni stesse
– la prima decisione è avvenuta a ottobre 1996
– dopo le controdeduzioni del governo, la decisione finale di ammissibilità è arrivata a dicembre 2000
– l’ammissibilità è stata data per il ricorso sulla pubblicazione dei verbali, mentre è stata rigettata la prima parte del ricorso sulle intercettazioni in sé
– il giudizio di merito è stato dibattuto in due sessioni, ottobre 2002 e giugno 2003
– il giudizio finale è stato di condanna dello Stato Italiano per non avere secretato bene i verbali né aver cercato di scoprire chi li aveva mandati in giro, e inoltre nel non aver seguito le procedure legali quando le intercettazioni sono state presentate nel 1995 durante il processo.
A parte che non si capisce perché sia stato il Segnaposto a minacciare ipotizzare il ricorso, e non lo stesso Berlusconi, direi che ci sono buone possibilità che tale ricorso venga accolto. Immaginando che le cose vadano come nel caso Craxi, il risultato finale sarà che
(a) Berlusconi si vedrà vincente nel 2020 (augurandogli di non schiattare prima come Craxi);
(b) otterrà un risarcimento di 6000 euro (vabbè, facciamo 10000 perché sono passati un po’ di anni; nel caso Craxi moglie e figli hanno avuto 2000 euro cadauno). Ah sì: se lo Stato italiano non paga subito scattano gli interessi pari al tasso di sconto più tre punti percentuali.
Belle cose, vero?

Ultimo aggiornamento: 2011-02-11 12:18

e il paese reale?

Che Berlusconi dica «Farò una causa allo Stato visto che non c’è responsabilità dei giudici» non è una grande notizia; poco importa che Lui non sia ancora riuscito a cancellare l’obbligatorietà dell’azione penale e che la non responsabilità dei giudici non c’entra un tubo visto che stiamo parlando di pubblici ministeri.
Nemmeno che Franco “chi, scusa?” Frattini dica «La privacy del premier è stata violata, possibile ricorso a corte diritti umani» è poi una grande notizia, nel senso che non è che qualcuno stia a sentire cosa dice il segnaposto agli Esteri; d’altra parte ce lo vedreste un uxoricida controbattere in aula “non potete accusarmi! Eravamo a casa nostra, state violando la mia privacy!”?
Ma una volta pensato questo mi sono fermato. Io il “paese reale” non lo conosco affatto. Ergo chiedo a voi: ma la sciura Pina cosa penserà di tutto questo? E soprattutto, com’è che l’opposizione non è capace a fare altro che (Di Pietro e Repubblica) strillare in direzione uguale e contraria a quella del premier e dei sui accoliti, oppure (il sedicente piddì) restare timidamente muto? O anche qua mi perdo qualcosa?

Ultimo aggiornamento: 2011-02-10 15:02