Probabilmente non ve ne siete accorti, neppure se siete appassionati di ciclismo: ma ieri è partito il Giro di Padania, con tanto di sito ufficiale, purtroppo senza versioni plurilinguistiche nemmeno in insubro o bergamasco. Tale corsa a tappe è stata organizzata dalla «neonata Associazione Sportiva Dilettantistica Monviso Venezia, presieduta dal Senatore Michelino Davico, Sottosegretario all’Interno con delega agli Enti locali», nel caso ve lo foste chiesto, e vede tra i suoi supporter Ivan Basso, di cui viene riportata la citazione «La bicicletta insegna cos’è la fatica, cosa significa salire e scendere – non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri – insegna a vivere. Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di se stessi».
Ma forse però ve ne siete accorti: i quotidiani hanno più o meno in massa dato notizie di tafferugli che a quanto pare continuano ad esserci. Ragione di tutto ciò? Lapalissiano: la Padania non esiste, e quindi non può esistere il Giro di Padania, a differenza del giro della Catalogna, o dei Paesi Baschi, o delle Fiandre.
Inutile dire che è ovvio che la manovra è politica e legaiola: provate per dire a indovinare di che colore è la maglia indossata dal primo in classifica. Detto questo, però, mi sembra che ci sia da preoccuparsi allo stesso modo di chi va a dire che «Il Giro di Padania è incostituzionale», e può dunque essere definito mandante morale dei tafferugli di cui sopra. Non sono uno di quelli che dice “siamo nel mezzo di una crisi terribile e voi pensate a queste cose qua?”, però mi sembra che la migliore risposta da dare sia quella del sindaco di Cuneo (occhei, per chi non è di quelle parti c’è dietro una simpatica diatriba interna con la compagna di Simplificius Calderoli), o più semplicemente mettersi a ridere. Ma poi è così difficile far finta di nulla, e dire e scrivere “Giro della Pianura Padana”? Secondo me quello sì che farebbe arrabbiare davvero i leghisti, a parte essere geograficamente corretto…
Ultimo aggiornamento: 2011-09-07 15:50