Archivi annuali: 2010

Intonazione e temperamento (II)

(segue da qui)
Il problema principale con l’intonazione naturale è che si è persa la perfetta simmetria dell’intonazione pitagorica. Il tono non è infatti piu “il” tono; il rapporto tra re e do (tono maggiore) è 9/8, mentre quello tra mi e re (tono minore) è 10/9. Questo significa che ci sono intervalli teoricamente uguali che suonano diversi; dunque una scala di do maggiore e una scala di re maggiore suonate all’organo – il pianoforte non c’era ancora! – non sono identiche, il che dà un certo qual fastidio all’orecchio. Per gli archi continuano a non esserci problemi, almeno fino a quando suonano tra di loro, senza tastiere di mezzo. C’è stato a dire il vero qualcuno che aveva proposto e fatto costruire degli strumenti (l’archicembalo e l’archiorgano) dove in ogni ottava venivano affastellati ben trentun tasti in modo da permettere di suonare tutte le note intonate giuste; ma credo che la lobby, pardon la gilda, dei costruttori di strumenti musicali e quella dei musicisti si siano alleate per mandare a stendere i propugnatori di quelle ipertroficità. Come per i toni, l’intonazione naturale prevede due semitoni distinti; quello che vediamo comparire nella scala standard, il cui rapporto vale 16/15 e viene chiamato semitono diatonico, e quello calcolato per differenza tra un tono minore e un semitono diatonico, detto semitono cromatico e che vale 25/24. Per confronto, il semitono pitagorico vale 256/243, cioè circa 20/19. La confusione nei nomi e nei numeri è enorme, e non è finita: nella discussione si intrufolò persino Galilei! Non Galileo, ma il su’ babbo Vincenzo, musicista di una certa importanza ben noto a chi ha studiato a Pisa; Galilei propose un semitono dal rapporto 18/17, probabilmente per rompere le scatole a qualcuno perché non so assolutamente come riuscisse poi ad accordare gli strumenti.
Già che stiamo parlando di numeri, aggiungo che la differenza tra tono maggiore e tono minore, il comma di Didimo o comma sintonico, è pari al rapporto 81/80; un rapporto importante anche se, nella migliore tradizione musicale, ci sono almeno altri due commi: quello pitagorico che vale 531441/524288 (parlavamo di numeri piccoli?) e quello enarmonico che vale 128/125. Se ci accontentiamo di un’approssimazione pratica, un tono vale circa 9 commi e un semitono diatonico vale cinque commi, quindi la differenza tra il sol diesis (un semitono sopra il sol) e il la bemolle (un semitono sotto il la) è un comma. Da qua si capisce come mai per vari secoli il comma è stato usato come unità pratica per le approssimazioni.
A proposito di approssimazioni, Zarlino diceva che la sua proposta era da considerarsi uno studio teorico, perché l’Accordatura Migliore era già stata proposta qualche decennio prima: il temperamento mesotonico, detto anche “del tono medio”. Avete notato che prima parlavo di intonazione e adesso di temperamento? Non è un caso, e ora vedrete il perché. Il temperamento mesotonico è stato teorizzato da Pietro Aron nel 1523, e parte da un presupposto se volete lapalissiano: “Vogliamo che le terze suonino bene assieme, e accordando per quinte non riusciamo a farlo? Evitiamo di accordare per quinte!” All’atto pratico si iniziava ad accordare per quinte, cominciando con do – sol – re – la – mi. A questo punto si prendeva il mi ricavato in questo modo, e lo si abbassava (lo si accordava “calante”, nel gergo musicale) fino a che si poteva suonare contemporaneamente do e mi sentendoli intonati. A questo punto si divideva in quattro parti l’abbassamento complessivo e lo si distribuiva tra le quattro quinte, in modo che fossero tutte calanti uguali. Per accorciare il rapporto si fa la stessa operazione con cui si tempera una matita per accorciarla… da qui il termine “temperamento” (anche se a dire il vero sia una corda che una canna d’organo devono essere allungate per abbassarne il suono!) Una volta messa a posto la prima terza non ci sono più grossi problemi: si continua ad accordare per quinte abbassandole per farle diventare consonanti con la terza relativa. Ecco il risultato finale:
 

Temperamento mesotonico

do re mi fa sol la si do
1 √5/2 5/4 2/5 4√125 4√5 1/2 4√125 5/4 4√5 2
0 193 386 503 697 889 1083 1200

 
Ci sono un po’ di radici, addirittura radici quarte, e la logica pitagorica si è persa del tutto; ma non è poi la fine del mondo. Tra l’altro tutti i toni adesso hanno lo stesso rapporto, √5/2, che è la media geometrica tra il tono maggiore e quello minore, da cui il nome dato al temperamento. E la radice quadrata di 5 la si trova anche nel pentagono e nel rapporto aureo, quindi numerologicamente è accettabile. Il guaio è quando ci si mette a riempire l’ottava con i semitoni mancanti, e si casca di nuovo nel problema della chiusura del circolo delle quinte. Il problema era anche presente nell’intonazione pitagorica e in quella naturale, ma diventa importante solo adesso, visto che si inizia a comporre brani in tonalità diverse e a fare delle modulazioni, cioè cambiare tonalità all’interno di un brano inserendo note che non fanno parte della scala originaria. Quel che è peggio è che il temperamento mesotonico, per aggiustare le note usate di solito abbassando le quinte “normali”, rende ancora più difficile chiudere il circolo. Esiste così un singolo intervallo di quinta – la quinta del lupo, in genere tra sol♯ e mi♭, con un intervallo di ben 737 cent, rispetto ai 702 della quinta giusta e ai 697 della quinta temperata mesotonicamente. Quasi mezzo semitono – tecnicamente il famigerato comma enarmonico di cui parlavo prima – davvero difficile da digerire! Occhei, formalmente tra sol♯ e mi♭ c’è una sesta diminuita e non una quinta; diciamo che che se uno suona un brano in mi♭ si trova questo intervallo al posto di quello che dovrebbe essere l’intervallo di quinta la♭ – mi♭ similmente per chi vuole suonare in mi maggiore e (non) si trova l’intervallo sol♯ – re♯. Per ovviare a questo problema, una volta ammesso il principio del temperamento, occorreva qualcuno che con pazienza certosina studiasse quali martellate dare alle canne dell’organo (non scherzo, si fa anche così per accordarlo), insomma quali quinte toccare e di quanto per ottenere un risultato apprezzabile in qualunque tonalità si volesse suonare. Queste cose le sanno fare solamente i tedeschi e i giapponesi: ma questi ultimi non avevano al tempo contatti con gli europei, quindi toccò ai teutonici. Fu Andreas Werckmeister, organista e compositore di cui non rimane praticamente alcun suo lavoro musicale, a comporre il capolavoro ;-): il cosiddetto buon temperamento. Anzi ne compose ben quattro, un po’ come capita adesso nei supermercati americani dove non si può comprare un litro di latte ma bisogna scegliere tra quello che va meglio per una cosa, quello preferibile per l’altra, e così via. Non vi tedio mostrandovi tutti e quattro i temperamenti ideati da Werckmeister; se proprio siete curiosi date un’occhiata a Wikipedia. Mi limito a presentare il cosiddetto Werckmeister I (III), che è quello più adatto per i brani che tendono a usare tutte e dodici le note dell’ottava. Per la cronaca il temperamento si chiama I (III) perché il buon Werckmeister prima ha presentato i suoi metodi, poi ha pensato bene di premettere intonazione naturale e temperamento mesotonico, spostando di numero tutti gli altri.
 

Temperamento Werckmeister I (III)

do re mi fa sol la si do
1 64/81 √2 256/243 4√2 4/3 8/9 4√8 1024/789 4√2 128/81 4√2 2
0 192 390 498 696 888 1092 1200

 
Non spaventatevi dei numeracci! Werckmeister ha fatto un lavoro completamente diverso per far quadrare il circolo delle ottave, e i valori qui indicati sono stati calcolati a posteriori. Quello che ha fatto è dire “prendiamo alcune quinte giuste e temperiamone giusto qualcuna per far tornare i conti”. Le quinte abbassate di un quarto di comma sono quelle do-sol, sol-re, re-la e si-fa#; visto che il comma, come certo ricordate, era l’errore di chiusura del circolo delle quinte adesso il circolo si chiude eccome. I vari toni hanno naturalmente rapporti diversi, ma il risultato finale è apprezzabile all’orecchio, pur non essendolo all’occhio del matematico, tanto che… ma questa sarà la terza (e ultima) puntata della storia.

Ultimo aggiornamento: 2015-07-21 14:25

Stragi senza prescrizione

Stavolta sono d’accordo con la chiusa di Mario Calabresi nella sua risposta all’odierna lettera al direttore. Nel nostro ordinamento (e non solo da noi, immagino) il reato di strage non va mai in prescrizione; quindi se come è capitato in questi giorni si scoprono responsabilità di più o meno arzilli novantenni nella strage di Cefalonia è giusto – e doveroso, aggiunge Calabresi e io con lui &nash; celebrare il processo, perché la verità emerga. Detto questo, non è affatto detto che i colpevoli debbano scontare la loro pena; dopo sessant’anni la cosa ha ben poco senso e diventa semplicemente sete di vendetta.

Ultimo aggiornamento: 2010-01-13 11:37

come si supera in negativo?

[rendimento dei bot] Ieri il Corsera ha annunciato che il rendimento netto dei BOT trimestrali è di nuovo sceso sottozero. In realtà non è proprio così, visto che l’articolo stesso ricorda come un decreto abbia ingiunto alle banche di abbassare in casi simili le commissioni da loro lucrate, ma il punto non è questo.
Nell’articolo c’è infatti scritto «I titoli trimestrali hanno toccato un rendimento lordo dello 0,386%, superando il precedente record negativo che lo aveva visto attestarsi allo 0,37% lo scorso 10 settembre.» (grassetto mio). Ora è vero che 0,386 supera 0,37 in valore, ma visto che si sta parlando di record negativi per averne uno nuovi il valore dovrebbe scendere, non salire.
Poi uno si stupisce che i numeri negativi non siano stati accettati fino al 1600: la gente non riesce proprio a vederli e confrontarli!

Ultimo aggiornamento: 2010-01-13 11:15

Bob Noorda

Se siete stati a Milano, non potete non avere visto uno dei progetti più famosi del designer (olandese di nascita, ma italiano di adozione) morto ieri: le indicazioni sulle linee della metropolitana erano state progettate da lui. Quando negli anni scorsi cambiarono il font usato, ci fu una sollevazione (occhei, non popolare, ma basta vedere quanta gente usa il Comic Sans per capire che queste cose sono davvero elitarie). Che poi magari voi siete uomini di mondo, siete andati a vedere la subway newyorkese, avete notato gli stessi font e detto “Ah, questi italiani che copiano tutto”. No, sono stati gli ‘mericani a riciclare il font meneghino, proprio per la sua leggibilità estrema
Ma anche se non siete mai stati nella capitale tangentistica d’Italia avrete sicuramente visto alcuni dei loghi che Noorda creò: io sapevo di quello dell’Eni e della Coop, ma ho scoperto che anche il logo Feltrinelli e quello della regione Lombardia (la rosa camuna stilizzata) sono suoi. Niente male, vero? Semplicità ma riconoscibilità immediata, una sintesi perfetta.

Ultimo aggiornamento: 2010-01-12 16:44

Burocrazia funzionante!

Stamattina sono passato al Catasto milanese in via Manin per vedere se erano state fatte le correzioni di proprietà dei box che ho ancora a Torino (Sì, si può fare una visura presso un qualunque catasto italiano per un immobile in una qualunque provincia italiana; esistono le connessioni in rete. E sì, le modifiche erano state fatte). Sono arrivato in via Manin qualche minuto dopo le 9, mi sono fatto dare il modulo da compilare, e quando avevo finito di scrivere i dati era già il mio turno.
Ringalluzzito dall’imprevisto successo (ero abituato a quello che mi capitava a Torino…) ho pensato che avrei potuto anche andare in via Larga a fare il cambiamento di residenza. Lì ho avuto qualche problema in più: sono arrivato, ho preso il mio modulo col numeretto per la fila, l’ho compilato, sono andato nel salone centrale… e ho scoperto che erano già arrivati a quattro persone dopo di me. In effetti sul numeretto c’era anche scritto “persone in coda: 1”. Preso un altro numero sono subito passato dall’impiegata, dove ho scoperto che essendo un cambio di residenza familiare potevo farlo anche per mia moglie (cui ho telefonato per farmi dare il numero di patente… col cambio di residenza puoi anche farti mandare automaticamente il talloncino da attaccare alla patente), oltre per i due giovini di cui io, in qualità di padre completamente snaturato, mi ero completamente dimenticato. Reinforcata la mia fida bicicletta, alle 10 ero in ufficio.
Non ci vuole molto per farmi iniziare bene la giornata :-)

Ultimo aggiornamento: 2010-01-12 11:17

La mia banda copia il rock

Ho appena sentito Classical Gas di Mason Williams (arrivata al secondo posto nelle classifiche USA nel 1968, ma per me completamente ignota). È un brano strumentale, con la melodia suonata alla chitarra. Eppure il riff iniziale non mi è così sconosciuto…

Ultimo aggiornamento: 2010-01-12 11:02

Intonazione e temperamento (I)

Magari non lo sapete, ma se una persona vissuta nel Medioevo o nel Rinascimento fosse portata ai nostri giorni e gli venisse fatta ascoltare una melodia contemporanea, si metterebbe le mani sulle orecchie e la definirebbe assolutamente stonata. No, non è colpa della pessima qualità di quello che oggidì ci propinano come musica (quantunque…); se anche facessimo loro ascoltare un brano dei loro tempi suonato al pianoforte, il risultato sarebbe lo stesso. E non è nemmeno colpa del pianoforte! Il problema è un altro, e il colpevole – se proprio ne volete trovare uno – è la matematica. Ma andiamo con ordine.
Tutto inizia con Pitagora, il cui marchio di fabbrica – o almeno quello che i suoi seguaci hanno attribuito a lui – era “Tutto è numero”. Pitagora scoprì che se prendevi due corde dello stesso spessore ma di lunghezza l’una il doppio dell’altra il suono emesso quando le si pizzicava era sì diverso ma non troppo; e se il rapporto tra le lunghezze era di uno a tre c’erano due suoni indubbiamente diversi ma che stavano bene insieme. Che si parli di rapporto e non di differenza, come qualcuno potrebbe pensare, non è strano: il nostro orecchio è tarato sui rapporti dei suoni. D’altra parte, per i greci che facevano matematica in modo geometrico la cosa non dava alcun problema.
Il nostro filosofo (o i suoi discepoli) fu ben felice della cosa, visto che era una conferma della sua legge, e si mise a preparare la scala musicale usando i rapporti di quinta (quello uno a tre) per salire e ottava (uno a due) per scendere, riuscendo così a completare le sette+una nota delle scale modali usate dai greci. Ecco i rapporti che si ottengono, fatto pari a 1 il do basso: anche se anacronistico, aggiungo anche gli intervalli relativi alla nota di base calcolati in milleduecentesimi logaritmici di ottava, i cent come oggi sono chiamati. (occhei, dei cent parlerò più tardi, non preoccupatevi)
 

Intonazione pitagorica

do re mi fa sol la si do
1 9/8 81/64 4/3 3/2 27/16 243/128 2
0 204 408 498 702 906 1110 1200

 
Questa scala (detta intonazione pitagorica) è bellissima da un punto di vista matematico. Il rapporto tra due toni vicini qualsiasi è sempre 9/8, e quello tra due semitoni è sempre 256/243: peccato per alcuni problemucci. Innanzitutto, per quanto riguarda Pitagora, c’è che la frase completa che descrive la sua filosofia è “tutto è numero piccolo. Uno, due, tre, quattro formano la tetraktys e sono gli Unici Veri Numeri da usare. Passi se si devono usare 5 e 6, ma 243/128 è proprio bruttino a vedersi! Ma c’è anche una fregatura ineliminabile, dello stesso tipo dei problemi irrisolubili dalla matematica classica come la trisezione dell’angolo e la duplicazione del cubo. Il giro delle quinte e delle ottave dovrebbe chiudersi: sali di dodici quinte, scendi di sette ottave, e in teoria ottieni tutti e dodici i semitoni in cui si divide l’ottava. Peccato che 27 faccia 128 mentre (3/2)12 è un po’ più di 129.74; è un po’ come la barzelletta delle due squadre che iniziano a bucare una montagna dai lati opposti per fare un tunnel e non si incontrano perché hanno sbagliato la direzione di scavo. Non ci si può fare molto: i rapporti sono quelli, e tra l’altro la divisione in 12 parti dell’ottava è una delle migliori possibili, visto che per migliorarla si deve passare a 41 o 53 parti il che diventa pesantuccio: pensate a un pianoforte con tutti quei tasti!
I greci non erano poi così stupidi come si potrebbe pensare, e avevano studiato almeno in teoria altri modi in cui suddividere l’ottava. Peccato che fosse difficile riuscire ad accordare gli strumenti, mentre con l’intonazione pitagorica non c’erano problemi visto che si poteva fare tutto a orecchio. Così si è dovuto aspettare il Rinascimento perché questi metodi diversi venissero messi in pratica… anche perché con le nuove sensibilità musicali se ne sentiva la necessità. Il problema non era l’aggiungere gli altri semitoni, cosa che è stata fatta nel medioevo continuando a lavorare per quinte e ottave; sì, il “semitono in su” e il “semitono in giù” sono diversi, ma per il tipo di musica che si suonava non si poteva mai fare confusione. Il guaio era che nella polifonia si usavano terze e seste per dare un po’ di spessore in più al suono – lo si fa anche adesso, che credete? – e con l’intonazione pitagorica terze e seste cantate insieme suonavano da cani. Fu così che Gioseffo Zarlino nel suo testo del 1558 Le istitutioni harmoniche presentò un “nuovo” metodo per l’accordatura; nuovo si fa per dire, perché era stato inizialmente teorizzato da Archita nel IV secolo a.C. e ripreso da Didimo nel I secolo a.C. e Claudio Tolomeo nel I secolo d.C.
Il metodo di Zarlino ritornava alle origini, cioè agli armonici. Data una nota di partenza (il do1, ad esempio), il secondo armonico è all’ottava superiore (do2); il terzo sale ancora di una quinta (sol2), il quarto di una quarta (do3) e il quinto… di una terza, arrivando al mi3. Se abbassiamo questa nota di due ottave otteniamo per la terza maggiore un rapporto di 5/4 con la nota fondamentale. A questo punto si può scegliere se definire direttamente la terza minore con il rapporto 6/5, che ha la simpatica proprietà di essere un numero della forma n+1/n esattamente come la terza maggiore, la quarta e la quinta; oppure si può procedere di nuovo per quinte e ottave. Il risultato è comunque lo stesso, ed è mostrato qua.
 

Intonazione naturale

do re mi fa sol la si do
1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2
0 204 386 498 702 884 1088 1200

 
Nell’intonazione naturale i numeri dei rapporti sono molto migliorati; gli unici ancora grandi sono quelli degli intervalli di seconda e di settima, che tanto sono dissonanti di loro quindi possono stare così. Le quinte continuano ad essere a posto, le ottave lo sono per definizione come in tutti i tipi di intonazione e temperamento che presenterò, terze e seste suonano che è un piacere, tanto che l’intonazione naturale è usata ancora oggi per suonare strumenti tipo archi (dove si può fare la nota che si vuole) e fiati (dove ci sono problemi tecnici per intonarli diversamente). Però….
Beh, il “però” ve lo racconto un’altra volta.

Ultimo aggiornamento: 2015-07-21 14:25

Riforma fiscale (la solita)

Eppure ero convinto di aver già sentito il PresConsMin che annuncia la sua FA-VO-LO-SA riforma fiscale, che porterebbe a due sole (23% e 33%) le aliquote IRPEF. Aspettate un attimo… ah sì, l’aveva detto nel 1994 e ripetuto, con tanto di firma, nel 2001 da brunovespa™. Non possiamo dire che sia un voltagabbana. Tra l’altro la progressività delle imposte formalmente rimane (non ci sarebbe solo nel caso di una singola aliquota), quindi lasciate perdere le pregiudiziali di incostituzionalità.
Detto questo, rimane un piccolo particolare, come del resto era rimasto nel 1994 e nel 2001. Dove si trovano i soldi che non verrebbero più incassati? Evitiamo le barzellette tipo “Colpiremo gli sprechi e le spese inutili”. Se fosse davvero così, basterebbe a fine anno calcolare gli sprechi e le spese inutili che sono stati risparmiati e dare un bonus ai contribuenti (più bonus per chi ha pagato di più). Stessa cosa per il “faremo pagare tutti”. Restano due possibilità, entrambe come vedremo interessanti. La prima prevede una sempilficazione fiscale, eliminando tutta la pletora di detrazioni e deduzioni che oggi sono possibili. A parte una rivolta dei commercialisti, la cosa avrebbe un simpatico corollario. Adesso i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 8000 euro l’anno, i pensionati che guadagnano meno di 7500 euro e gli autonomi che guadagnano meno di 4800 euro l’anno hanno una deduzione tale per cui non pagano tasse; così si metterebbe in pratica lo slogan “pagare meno (per i ricchi), pagare tutti (ma proprio tutti)”.
Credo però che la cosa più probabile (a parte l’essere una solita bufala preelettorale) sia che Berlusconi si sia dimenticato da aggiungere che quelle saranno le aliquote per le imposte federali, e che la riforma fiscale preveda anche le imposte locali. Cosa che di per sé andrebbe benissimo, intendiamoci; però significherebbe solo che alla fine si pagherebbero in totale più o meno gli stessi soldi, solo divisi tra soggetti diversi e con una maggior uniformità dei pagamenti (leggi: i ricchi pagheranno di meno, i meno ricchi pagheranno di più). Già Reagan e la Thatcher avevano teorizzato il progetto “se abbassiamo le tasse ai ricchi, loro investiranno i soldi così l’economia andrà meglio e anche i poveri ne beneficeranno”. Si è visto.

Ultimo aggiornamento: 2010-01-11 14:40