Archivi annuali: 2009

L’uomo che fu Giovedì (libro)

[copertina] G. K. Chesterton doveva essere uno di quei tipi sempre pronti a entrare in una discussione e possibilmente a vincerla come bastian contrario: basti pensare a come sia diventato cattolico in un’Inghilterra dove i papisti non venivano certo visti bene. Nella vecchia edizione di questo libro che ho recuperato in biblioteca (G. K. Chesterton, L’uomo che fu Giovedì [The Man Who Was Thursday], Mondadori – I grandi del mistero, 1984, pag. 357, trad. Luciana Crepax e Nicoletta Neri) la seconda parte è dedicata a una selezione di racconti aventi come protagonista Padre Brown… il che fa immediatamente venire a mente a quelli fino alla mia generazione i telefilm con Renato Rascel. Devo però dire che non tutti i racconti con il piccolo prete mi sono piaciuti allo stesso modo; i migliori sono quelli dove l’apparenza viene smontata e rovesciata. In compenso il libro che occupa la prima metà del volume è davvero bello. Le prime due-tre pagine mi facevano temere un polpettone postvittoriano, ma fortunatamente la storia poi si dipana pirotecnicamente, con la riunione di un gruppo anarchico dove ciascuno dei vari personaggi non è colui che sembra e una serie di scene cinematografiche che si dipanano tra Londra e la Francia. Chesterton è bravissimo a dipingere le scene e inserire incisi che sembrano buttati lì ma raddoppiano il piacere della lettura. Spero solo che l’edizione Bompiani sia più curata di quella Mondadori che ho letto io, piena di refusi e con una traduzione in certi punti pesante.

Ultimo aggiornamento: 2009-03-02 07:00

Entangled; Blocks with Letters On

Per iniziare bene il mese, ecco due giochini flash tutti per voi.
Il primo, scoperto via restodelmondo, è Entangled. Si hanno delle specie di puzzle; occorre ruotare le tessere fino a che non si riesce ad avere una figura senza estremi aperti. Più semplice da giocare che da spiegare, mi sa.
Il secondo gioco, trovato via Smart Kit, si chiama Blocks with Letters On. Bisogna comporre delle parole (inglesi, ma quello non è un problema) muovendo i blocchi all’interno dello schema, e facendo attenzione alle operazioni che si possono fare a seconda del tpo di blocco. Immagino, visto anche il tipo di grafica, che il giochino sia pensato per i bambini; però io che sono bambino dentro mi ci sono divertito un sacco!

Ultimo aggiornamento: 2009-03-01 07:00

Mi chiamo Bond, Tremonti bond

Ho sperato che qualcuno mi spiegasse se questi Tremonti bond sono una cosa buona, cattiva, o ininfluente. A questo punto mi trovo costretto a scrivere qualcosa io, ma premetto subito che non ci ho capito molto.
Cominciamo con le cose semplici: le banche hanno bisogno di soldi, e a quanto pare ci debbono pensare gli stati. Varie nazioni estere hanno sottoscritto un aumento di capitale delle banche, in pratica nazionalizzandole; da noi si è invece scelto di acquistare delle obbligazioni emesse dalle banche stesse, diventando così creditori ma senza prendere il loro controllo. Di per sé la cosa mi pare interessante; se si tiene conto che la cedola annua di queste obbligazioni (tra il 7.5% e l’8.5%) è molto più alta di quanto lo Stato spende per indebitarsi, c’è anche un simpatico guadagno.
Però ci sono anche dei lati oscuri, che non mi ispirano molto. Innanzitutto, non si direbbe che le banche abbiano degli obblighi, a parte pagare le cedole. Scrivere che gli istituti “si impegneranno a” e che gli impegni “saranno oggetto di attento monitoraggio” mi sembra tanto un wishful thinking. In secondo luogo, l’altra faccia di una cedola così alta è che le banche saranno costrette a mettere dei tassi ancora più alti per i loro prestiti, in modo che diventino remunerativi. A questo punto non sarebbe stato più logico prevedere cedole più basse a fronte di impegni misurabili quantitativamente? (Sì, lo so, è colpa mia che di economia non ci capisco nulla)

Ultimo aggiornamento: 2009-02-28 08:00

a1proxy

Chiunque sia connesso a internet dietro un proxy sa che è snervante dover cercare qualcosa e scoprire che si ha l’accesso negato. Fosse solo per FacciaLibro, non mi preoccuperei nemmeno; ma ad esempio da me si possono vedere siti di informazione ma non ci si può accedere via feed, perché feedburner è considerato Estremamente Pericoloso (il passaggio definitivo a Google potrebbe darmi qualche sollievo, ma ci vorrà ancora del tempo). Gli open proxy sono utili, ma hanno una vita breve; al momento [*] trovo comodo, e soprattutto utilizzabile, a1proxy. Non so dirvi se accede ai siti porno, quelli me li posso anche vedere da casa; ma i siti (relativamente) informativi funzionano bene, e tanto mi basta. In bocca al lupo!
[*] quando cioè ho messo in canna questo messaggio, qualche giorno fa.

Ultimo aggiornamento: 2009-02-28 07:00

legge fascistissima sullo sciopero

(il titolo che ho dato al post è tecnico, vedi la legge 3 aprile 1926)
Come sapete, in Italia l’organo preposto a preparare i disegni di legge è il Governo. Ora che il ministro Sacconi non deve più pensare a come idratare, ha così preparato un disegno di legge che disciplina lo sciopero. Fin qua nulla di male: lo dice anche la Costituzione, che «Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.» Andiamo però avanti.
Innanzitutto, che si applichi soltanto al comparto dei trasporti è una chiara bufala; diciamo che quella sarà la testa di ponte, e il passo successivo sarà ampliarne la portata a tutti i settori in cui già oggi la legge prevede una presenza minima garantita. Sì, perché magari voi non lo sapete, ma lo sciopero è già ben regolamentato; la «procedura di “raffreddamento” e conciliazione» che Sacconi ha buttato lì come fosse il deus ex machina ce l’abbiamo da anni, come anche esistono le fasce protette dove i lavoratori dei trasporti devono garantire il servizio. La legge attuale dovrebbe essere la 146/1990, integrata con la 83/2000.
Ci sono poi le cose che nel comunicato governativo non ci sono, ma sono scritte dai giornali: ad esempio, il Corsera afferma che lo sciopero potrà essere proclamato solo da chi rappresenta almeno il 50% dei lavoratori (quindi praticamente da nessuno, vista la penetrazione attuale) oppure previo referendum interno (campa cavallo che l’erba cresce). Anche qua, naturalmente, non è che oggi io potessi svegliarmi e dire “proclamo uno sciopero da tenersi tra due settimane”; ci vuole comunque una certa rappresentatività Fortuna che hanno tolto il paventato obbligo per il lavoratore di annunciare in anticipo se vuole o no scioperare (cosa che stanno cercando di fare da una vita: in occasione degli ultimi scioperi proclamati in Telecom mi sono arrivate richieste da Risorse Umane di dire cosa avrei fatto, richieste a cui ho risposto “ve lo dirò il giorno dopo lo sciopero”.
L’unico punto su cui non sono così contrario a priori è l’istituzione dello sciopero virtuale. Ad esempio quando negli anni ’90 lavoravo in Cselt avrei preferito di gran lunga dire “io vengo a lavorare, l’azienda mi trattiene lo stipendio e aggiunge di suo il doppio. Questi soldi andranno in beneficenza, o in un fondo di solidarietà”. In effetti il nostro sciopero faceva risparmiare soldi all’azienda, visto che tanto la produzione veniva semplicemente spostata un po’ nel tempo. Ben venga una regolamentazione formale di questo tipo, fintantoché è volontaria e sia comunque visibile anche alla gente; personalmente apprezzerei vedere sul bus che prendo un cartello “l’autista è in sciopero virtuale”. Ma mi sa che nella proposta governativa lo sciopero virtuale sarà l’unica cosa concessa, e su questo non ci sto per principio.
La sensazione che ho è che si sta facendo partire la solita campagna mediatica. Si spiegherà con grande dovizia di mezzi che si vogliono fare delle modifiche assolutamente garantiste e introdurre cose che in realtà ci sono già; e si sfrutterà il polverone per eliminare i diritti residui (residuati…)

Ultimo aggiornamento: 2009-02-27 14:55

giochino: come stai a riflessi?

Layos mi ha mandato questo bel giochino flash per misurare i tuoi riflessi. C’è un gregge di pecore, e cinque di esse cercheranno di scappare (molto in fretta…); il tuo scopo è cliccare per fermarle in tempo, stando attento a non fare false partenze che ti penalizzano enormemente (e, aggiungo io, non addormentarti contandole).
Ho fatto giusto un tentativo e sono risultato un “bobbing bobcat’ (lince scattante?) con tempo medio di reazione 0.2664 secondi; la peggior performance è stata con la prima pecora, bloccata in 0.336 secondi; la migliore con la terza in 0.217 secondi. Peccato che quando ero al liceo avevo provato i riflessi ed ero risultato il primo della classe, con 0.17 secondi… invecchio, invecchio :-(

Ultimo aggiornamento: 2009-02-27 12:20

siamo coniugi o marocchini?

A Treviso un uomo ha ammazzato la sua ex-compagna e la loro figlioletta. Dopo qualche giorno la polizia è riuscita ad arrestarlo, e l’uomo ha confessato. Notizia di cronaca nera, ancora più triste visto che ci sono andate di mezzo una bambina e una donna che di quell’uomo aveva avuto fiducia. Ma mi sbaglio: la vera notizia è un’altra.
Si dà infatti il caso che l’omicida sia marocchino. Bene (anzi male): tutti i quotidiani devono rendere nota la cosa nel titolo dei loro articoli e non nel corpo, mostrando che per loro la cosa più importante è quella. Capisco Il Giornale (“Preso il marocchino: ha ucciso la figlia perché non voleva che vivesse in Italia”; che sia morta anche la madre della figlia sarà stato un danno collaterale). Capisco molto di meno Repubblica (“Madre e figlia sgozzate a Treviso. Marocchino confessa: sono stato io”. Nessuna relazione tra il marocchino e la coppia uccisa, si direbbe). Ma l’Oscar della pseudocorrettezza va al Corriere. In prima pagina un titolo neutro (“Sgozzate in casa, confessa l’uomo”: anche qua nulla che faccia capire che è stato un delitto “in casa”); poi si clicca e si legge “Confessa il marocchino che ha sgozzato l’ex compagna e la figlia di due anni”.
Aggiornamento: (12:45) vergogna anche per la Stampa (“Madre e bimba sgozzate,
confessa il marocchino”), che pure in home page era perfetta: “Delitto di Treviso, confessa il padre”.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 11:05

tutti mi vogliono, tutti mi cercano

In questi giorni mi sono arrivate non una, ma ben due richieste di collaborazione.
La prima è sicuramente stata inviata come circolare a molta gente, come si può vedere da questo thread di FriendFeed. Titolo: “Partecipa al nuovo aggregatore di blog di XXX”; nel testo mi si spiega che XXX è un aggregatore di blog legati al mondo dell’intrattenimento e dello spettacolo. Un metablog tematico che permetterà a breve a tutti gli iscritti di essere facilmente classificabili e raggiungibili, e in cui i blog potranno mirare ad una maggiore visibilità trovandosi finalmente in uno spazio di interessi condivisi e non nei soliti aggregatori generalisti. (Non so se avete presente quanti post io scriva su intrattenimento e spettacolo, e quanta visibilità aggiuntiva avrei per i miei pipponi…)
La seconda richiesta mi è arrivata via il form che ho nel sito, il che significa che chi l’ha scritta ha dovuto fare un po’ di fatica in più (e infatti ho risposto, declinando gentilmente l’offerta). Si tratta di buzz marketing: Nel caso in cui un cliente ci sottoponesse un prodotto affine all'argomento del tuo blog, noi ti contatteremmo per chiederti se il prodotto in questione ti interessi o meno, e in caso affermativo procederemmo col passarti un brief dettagliato. (nella mail era specificato “non in modo aprioristico, elencandone solo gli aspetti positivi”) Non ho idee sulla diffusione di questa richiesta.
Tanto per mettere le cose in chiaro, non ho problemi a dire che se qualche quotidiano o settimanale mi pagasse per tenere una rubrica cartacea lo farei senza alcuna remora. Magari cercherei di chiedere la possibilità di ripubblicazione sul blog, ma se non me la concedessero non piangerei più di tanto. Ma stiamo parlando di un mezzo di comunicazione ben diverso. Nel primo caso, che ci guadagnerei io a confondermi nel magma di un aggregatore? Raddoppierei, triplicherei, quadruplicherei forse i proventi della pubblicità sulle mie pagine? Verrebbe più gente a leggermi? (secondo le statistiche, quattro quinti degli accessi al blog non sono “visitatori ricorrenti”, il che significa che mi si trova facilmente lo stesso). Peggio ancora, per quanto mi riguarda, il secondo caso. Ci ho perso un quarto di secolo a costruirmi una reputazione (nel senso tecnico del termine); penserete mica che me la rovini per un piatto di lenticchie o trenta denari? E soprattutto credete davvero che qualcuno potrebbe pagarmi per scrivere quello che scrivo? :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-02-27 07:00