[STAMPA] san Lutero Magno
Nel suo sincretismo religioso, Eugenio Scalfari ha fatto santificare Martin Lutero dagli evangelici. (Dall’editoriale del 29 dicembre 2019)
Nel suo sincretismo religioso, Eugenio Scalfari ha fatto santificare Martin Lutero dagli evangelici. (Dall’editoriale del 29 dicembre 2019)
Una volta si diceva “Milan l’è un gran Milan”. Ma che ne pensate di questo treno Italo 9904 che ci mette un’ora e un quarto da Porta Susa a Porta Nuova, quando io a piedi ci metterei una mezz’oretta? Forse con l’arrivo dell’inverno scatta un’ora legale?
(foto scattata il 21 dicembre 2019)
Le carrozze più recenti della metropolitana di Milano hanno un video che mostra ogni tanto cosa succede nella carrozza stessa – non che io ne capisca l’utilità – e qual è la fermata a cui si sta arrivando, cosa che in effetti è utile. Che succede quando il video non funziona? Si comunica l’indirizzo IP.
(foto scattata il 14 dicembre 2019 su un treno della linea gialla)
In tal caso starete mandando i pesci a scuola.
(Non mi ricordavo più come si diceva in italiano “banco di pesci” e ho commesso l’errore di usare Google Translate; ma a dire il vero anche l’Hazon non registra la locuzione, che sono sicuro di avere imparato a scuola alle superiori ed è del resto presente come gioco di parole in Yellow Submarine)
All’atto pratico non serve molto, ma se avete voglia di aggiungere a $PATH solo directory che non sono già presenti potete scrivere così:
for DIR in "/cygdrive/c/cygwin64/bin" \
"/cygdrive/c/Program Files (x86)/dir1" \
"/cygdrive/c/Program Files/dir2" ; do
echo $PATH | grep -q "${DIR}" || PATH=$PATH:"${DIR}"
done
Notate la profusione di virgolette per colpa degli spazi.
Questo era il testo che campeggiava – si fa per dire, viste le dimensioni davvero minuscole dei caratteri – su uno dei monitor che indicano la carrozza del treno che si sta prendendo, nella stazione di Bologna.
Ho solo scoperto in seguito che il monitor in realtà stava dicendo la verità. Lì sarebbe dovuta esserci la carrozza 2, quella per cui avevo il biglietto. Peccato che quella carrozza non esistesse 🙁 Tiavoli ti Trenitalia!
Spero che il sistema di gestione treni di Trenord abbia degli hard disk funzionanti un po’ meglio di quello per indicare i treni in arrivo… Per la cronaca, nei (pochi) minuti in cui ho aspettato che arrivasse il primo treno utile il boot non c’è stato.
foto scattata il 30 settembre 2019 nella stazione di Milano Porta Garibaldi Passante
[testo pubblicato su Medium]
eh sì, povera Costituzione
“[…] un procedimento amministrativo, ancorché difficile o complicato, non può essere devoluto ad un “meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione.”
Traduciamo dal burocratese (particolarmente pesante, come capita spesso quando non si vuole che traspaia il vero significato): occorre che qualcuno decida il risultato finale. Se siamo buoni, potremmo pensare a una verifica che sia andato tutto bene: questo è sicuramente qualcosa che deve essere fatto, ma dubito che in quel caso fosse davvero fattibile. Spero che non ci sia il retropensiero “se ci sono delle persone che controllano, loro possono aggiustare quello che serve”. Ma pensateci: cosa diavolo sarebbero le “capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete”? Detto in altri termini, quali sono le valutazioni che non possono proprio essere fatte da un algoritmo ma necessitano un giudizio umano? E in effetti, continuando a leggere, troviamo
“un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario…. gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificati e compressi soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche. […]”
Beh, sì: un algoritmo farebbe molta fatica a leggere un testo del genere, mi sa. Ma non capisco quali siano i problemi per cui un algoritmo non possa assicurare la partecipazione (vengono eliminati a priori tutti quelli che non hanno un R nel loro cognome?), trasparenza (non vengono elencati i punteggi ottenuti dai vari candidati?) e l’accesso (ci vuole una password per vedere i risultati?). Ma proseguiamo.
“non è conforme [alla Costituzione e alla legge sulla semplificazione normativa] […] affidare all’attivazione di meccanismi e sistemi informatici e al conseguente loro impersonale funzionamento, il dipanarsi di procedimenti amministrativi, sovente incidenti su interessi, se non diritti, di rilievo costituzionale, che invece postulano, onde approdare al corretto esito provvedimentale conclusivo, il disimpegno di attività istruttoria, acquisitiva di rappresentazioni di circostanze di fatto e situazioni personali degli interessati destinatari del provvedimento finale, attività, talora ponderativa e comparativa di interessi e conseguentemente necessariamente motivazionale, che solo l’opera e l’attività dianoetica dell’uomo può svolgere.”
Lo confesso. Ho dovuto aprire il De Mauro per scoprire cosa significasse “dianoetico”. Cosa volete, Ron Hubbard non mi ha mai detto molto. Ad ogni buon conto, il De Mauro snocciola “agg. TS filos. – discorsivo, razionale”. Insomma, l’essere umano è un animale razionale, lo diceva già Aristotele; l’algoritmo no, e infatti Aristotele nulla affermò al riguardo. Ma poi quali sarebbero le “situazioni personali” di cui si parla? Un banale “tengo famiglia”? Offerte che non si possono rifiutare? Una consapevolezza olistica? Io ero convinto che – pur con tutte le difficoltà oggettive possibili – un concorso dovrebbe essere il più asettico possibile, perché si cercano le persone migliori. Invece a quanto pare non è così. Il “funzionario persona fisica […] deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso”. Qui in realtà c’è il primo punto condivisibile della sentenza: il funzionario-dominus infatti deve operare
“all’uopo dominando le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo.”
Su questo invece non c’è nulla da eccepire, a parte l’ampollosità della prosa. Se tu, umano funzionario, non capisci un tubo di come funziona l’algoritmo che stai usando allora non stai facendo bene il tuo lavoro. Qui si apre un mondo totalmente diverso, però! Non entriamo nel merito degli algoritmi di deep learning il cui funzionamento dettagliato è inconoscibile persino da chi li ha sviluppati, e per cui ci vorrebbe un saggio a parte. Il caso in questione è infatti molto più semplice, per fortuna, e si suppone che l’umano funzionario, in qualità di animale ragionevole, possa comprendere il funzionamento dell’algoritmo. Se non ci riesce di chi è la colpa? Il tutto naturalmente a meno che il suddetto non debba semplicemente verificare a mano che le decine di migliaia di vincitori fossero stati assegnati ai posti corretti, a meno che non si chiami Marco Bussetti. Beh, no, questa è cattiveria. Se leggete l’intervista vedete che Bussetti ha dato gli onori a una funzionaria del ministero.
Ma seriamente il punto è un altro. Se la storia raccontata dall’ex ministro è vera, che l’algoritmo fosse bacato era evidente a chiunque, e pertanto bene ha fatto il Tar ad annullare i risultati della procedura e stigmatizzare chi ha preso i risultati e li ha inviati senza nemmeno dare loro un’occhiata. E non poteva allora dire semplicemente questo? Evidentemente no. Occorreva personificare l’algoritmo in modo da dare la colpa, o almeno un concorso di colpa, ad esso. Perché sono gli algoritmi a impazzire, non i programmatori che non li sanno scrivere e correggere o i funzionari che non hanno voglia di vedere cosa è successo. Troppo facile così. Alla fine è più onesta la chiusa dell’articolo di Repubblica: «A questo baco [dell’algoritmo che premiava la geografia] si sarebbero aggiunti, poi, diversi errori nell’immissione dei dati. Errori umani, non solo orwelliani.» Appunto. È troppo facile nascondersi dietro l’algoritmo per non tirare fuori le vere colpe, in questo caso di chi l’ha scritto e di chi (non) l’ha testato…
Lasciamo perdere il “near 250 mt.” nell’ultima riga del cartello. Quello che mi chiedo è il significato di “Tutto al 90%”. Fanno uno sconto del 10% ma sembrava loro così brutto scriverlo?
Foto scattata il 17 settembre 2019 in via San Gregorio angolo corso Buenos Aires)