Wikipedia, il metodo scientifico e il metodo enciclopedico

Innanzitutto, ribadisco che parlare di metodo scientifico, anche se allargato alla filiera, per Wikipedia è fuorviante. Certo, nel ‘600 e ‘700 erano (anche) gli scienziati a divulgare le proprie scoperte: ma non dimentichiamoci che il pubblico a cui le loro opere era destinato non era altro che una sparuta minoranza di eruditi, e in un certo senso sarebbe più corretto rubricare quel tipo di divulgazione come un controllo “peer review” d’antan. Oggi le cose sono diverse: Piero Angela non è uno scienziato, ma non possiamo certo sminuire il suo ruolo. Purtroppo i bravi giornalisti scientifici in Italia sono sempre troppo pochi, ma non per questo dovremmo abolire la categoria o sostituirla con quella degli scienziati divulgatori… anche perché, come fa acutamente notare su focus.it Marco Ferrari, la spettacolarizzazione di questi ultimi anni delle scoperte scientifiche, presentate in un’affollata conferenza stampa ben prima di un controllo di peer review – e non penso solo ai neutrini superluminali con relativo tunnel Ginevra-Gran Sasso, ma anche di Andrea Rossi e della sua fusione fredda – non mi pare una soluzione migliore.
Come nota a margine, rivendico orgogliosamente il mio essere “hobbista” per quanto riguarda il mio ahimè scarso contributo attuale a Wikipedia. Più che hobbista mi definirei “dilettante”, nel senso etimologico della parola: mi diletto a migliorare l’enciclopedia. Dilettarsi mica significa fare le cose raffazzonate! Ritengo insomma di essere egregiamente in grado di riconoscere la validità o meno delle fonti che consulto e quindi di fare un servizio utile a tutti, e quando non ne sono in grado mi taccio o meglio ancora chiedo lumi nella pagina di discussione. In realtà, se le voci sono scritte bene con le fonti e uno sa consultare un’enciclopedia, Wikipedia è utile anche quando il suo contenuto è sbagliato, proprio perché resta un buon punto di partenza. Peccato che in effetti si tratti di un serpente che si morde la coda, perché bisogna essere un minimo esperti di “metodo enciclopedico”; una cosa diversa dal metodo scientifico, ma credo sulla linea di quanto auspicato da De Biase e probabilmente non eccessivamente lontano da quanto vorrebbe Di Domizio.
Riconosco che divulgare il metodo enciclopedico non è affatto facile, o perlomeno (mettendomi il cappellino di socio fondatore di Wikimedia Italia, che ha come scopo precipuo la diffusione della conoscenza libera) noi non ci siamo mai riusciti bene. A noi nativi enciclopedici sembra incredibile, ma moltissime persone che pure usano WIkipedia tutti i giorni non hanno nemmeno idea che l’enciclopedia sia editabile da tutti, dove per “editabile” non intendo tanto la possibilità tecnica di modificare una voce quanto quella volitiva. Wikipedia la si usa perché c’è, perché è gratis, perché è sentita come una cosa dovuta. Se Microsoft avesse reso liberamente disponibile in rete la sua Encarta, la gente avrebbe probabilmente usato Encarta e non si sarebbe dedicata a Wikipedia. Non lasciatevi suggestionare dal numero di voci attualmente presenti: coda lunga o non coda lunga, le voci che si ha bisogno di cercare non sono poi così tante, e credo proprio che la presenza o assenza di una voce come questa importi a ben poche persone.
Il timore di De Biase è fondato, però: proprio perché Wikipedia è famosa ma chi ci lavora effettivamente su è una sparuta minoranza rispetto ai suoi consultatori, non è improbabile che molti cerchino di piegarla alle proprie idee. Finché vengono aggiunte biografie di improbabili grandi artisti contemporanei inspiegabilmente snobbati dai critici, non è la fine del mondo, e probabilmente nelle scienze dure è difficile combinare troppi danni, anche se suggerisco di dare un’occhiata alla cronologia della voce su Nikola Tesla (la cronologia è la storia di tutte le modifiche apportate nel tempo a una voce dell’enciclopedia). Ma in altri campi meno scientifici potrebbe davvero arrivare prima o poi una vera cricca che vorrà imporre la propria visione. (No: checché alcuni sedicenti anticomplottisti pensano, al momento non vedo cricche su it.wiki)
Avrebbe allora senso introdurre uno screening su chi edita, richiedendo le credenziali dei possibili creatori oppure almeno una tracciabilità esplicita delle persone? Secondo me no. E se non siete d’accordo, andate a fare un salto su Citizendium, creato da Larry Sanger (cofondatore di Wikipedia con Jimmy Wales, ma che se ne è staccato molto presto proprio per una diversa visione del progetto enciclopedico). Oppure provate a cercare Knol, il progetto di Google per un’enciclopedia condivisa ma firmata dagli autori. Secondo me non è un caso che entrambi i progetti, a essere generosi, si limitino a vivacchiare: e non certo a causa della mafia di Google.
In definitiva, a volte credo che WP sia l’equivalente per la conoscenza di quello che la democrazia è tra i sistemi di governo, cioè il peggiore che ci sia eccetto tutti gli altri attualmente conosciuti. E ci sono tante notizie che mi confermano ancora di più nella mia idea. Non so se avete sentito parlare del sito The Cost of Knowledge: migliaia di ricercatori che hanno messo la propria faccia per protestare contro la pratica dell’editore scientifico Elsevier, che si fa forte della propria posizione dominante per fare costi esorbitanti per l’abbonamento alle proprie riviste, compreso l’obbligo di acquistare decine di titoli di interesse scarso e nullo per poter avere quelle poche davvero importanti; il tutto senza nemmeno pagare i revisori degli articoli, visto che il peer review è storicamente gestito su base volontaria. Elsevier va molto più contro il metodo scientifico di Wikipedia: quest’ultima almeno non afferma di voler portare nuova conoscenza…
Post Scriptum: ricordatevi comunque che gli eventuali problemi di Wikipedia non hanno nulla a che fare con il “modello wiki”, che è neutrale come tutte le tecnologie: ci sono interessanti progetti come questo che vogliono provare a fare scienza in modo wiki. Funzioneranno? Chissà…

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