Questo libro (Stephen Baker, Il potere segreto dei matematici [The Numerati], Mondadori 2010 [2008], pag. 230, € 18.50, ISBN 978-88-04-59687-5, trad. Donatella Laddomada) ha un sottotitolo che sembra stato scritto da Lina Wertmüller: “Chi sono i Signori dei numeri che controllano il nostro comportamento: cosa compriamo, come votiamo, come amiamo”. Eppure chi ha scelto il titolo dell’edizione italiana non ha avuto il coraggio di lasciare intatto quello originale e scrivere “I Numerati”, ma ha scelto di usare qualcosa a effetto, incurante del fatto che più che altro si parla di statistici e informatici. Ma si sa, i matematici hanno sempre una brutta nomea mentre gli statistici non se li fila nessuno e gli informatici devono essere tipi tosti. Uno potrebbe però anche passare oltre il titolo e andare sul contenuto vero e proprio, no? Ecco, sì. Ma a questo punto scopre l’altra grande pecca. Non è per nulla colpa della traduttrice, intendiamoci. Lei ha fatto un ottimo lavoro. Ma l’autore è un giornalista americano, e scrive esattamente con la stragrande maggioranza dei giornalisti anglosassoni: l’articolo, pardon il capitolo, parte sempre da una persona con cui si parla e che viene messa in relazione con il tema che si vuole trattare. Tema poi che è sempre lasciato in sospeso: capisco che anche se si volesse raccontare gli algoritmi usati da queste aziende loro non li divulgherebbero certo, ma l’impressione che si ha leggendo il libro è che ci siano delle cose bellissime, che adesso funzionano poco ma a breve rivoluzioneranno la vita. Un po’ come la traduzione automatica negli anni 1950, insomma :) In definitiva, ci si può trovare qualche spunto interessante, ma non vale la pena di acquistarlo se non si è proprio appassionati di questo stile di inchieste.
figure da mona
Non so se vi sia capitato di leggere cosa è successo in provincia di Vicenza Venezia: il capogruppo di opposizione (del PD) ha tuonato contro le spese incredibili del presidente provinciale che era andata per una settimana a Shanghai in occasione dell’Expo cinese. Gli euro spesi sarebbero stati 14605, con un pernottamento in una suite da 2700 euro per notte. Il tutto era effettivamente scritto nero su bianco: peccato che ci fosse anche scritto che quei numeri non erano euro ma yuan, e quindi il costo effettivo era stato più o meno la metà di quello del “risparmioso” sindaco di Venezia (PD). Scena madre in consiglio provinciale, terminata con le dimissioni del capogruppo… da capogruppo: il cadreghino e le prebende se le terrà strette.
Ecco. Io non voglio ovviamente amministratori ladri, ma non voglio nemmeno amministratori che non siano capaci a leggere una nota spese. Possono fare più danni dei ladri.
Quando i numeri non dicono tutto
Nel suo blog, Paolo Guzzanti ieri ci ha spiegato qual è la tattica nemmeno troppo nascosta del PresConsMin: verificare che al Senato abbia ancora la maggioranza assoluta dei voti (161: ci sono 315 eletti più sei senatori a vita meno il presidente che non vota per prassi), andare da Nappy e dirgli “vedi? non esistono altre maggioranze possibili in un ramo del Parlamento, quindi si va a votare e amen”.
Ma è proprio vero? Io ho dei forti dubbi. La politica non è certo la matematica, e non vale il principio del terzo escluso. Detto in altro modo, è perfettamente possibile che un onorevole voti a favore di un governo X ma anche a favore di un governo Y. L’esempio più banale è dato dai senatori a vita, che non essendo eletti ma nominati in genere tendono a garantire la governabilità (occhei, la vedo male con Ciampi Scalfaro e Levi Montalcini, ma gli altri tre, ammettendo che abbiano le forze per andare a Palazzo Madama, probabilmente sì). Ma anche nella coesissima maggioranza PdL+Lega qualcuno potrebbe fare il supremo sforzo di votare la fiducia a favore di un altro governo, per motivi etici molto importanti tipo l’evitare una paralisi istituzionale in un periodo di crisi come questo oppure cercare di arrivare ai cinque anni di legislatura necessari dal 2008 per avere diritto a un vitalizio. Berlusconi questa cosa la sa, e Napolitano pure; nessuno la dirà pubblicamente, ma il nostro presidente della Repubblica sa perfettamente come infiocchettare un mandato istituzionale: mandato assegnato evidentemente al presidente della Camera, che proprio per questo non si è dimesso nonostante il suo chiaro conflitto di interessi…
Le cose insomma diventerebbero sempre più divertenti, se tutto questo fosse un serial televisivo.
_Insalate di matematica 2_ (libro)
Quando ho preso questo libro (Paolo Gangemi, Insalate di matematica2, Sironi – Galápagos 22, 2007, pag. 157, € 14.50, ISBN 978-88-518-0084-0) ero parecchio prevenuto; poi mi sono detto che tanto il libretto era piccolo e l’avrei finito in fretta. Devo dire che mi sono completamente ricreduto. Innanzitutto il testo non è per matematici, e nemmeno per appassionati di matematica, ma è proprio pensato per chi matematico non è e non ha nessuna intenzione di diventarlo. Questo significa che non c’è nulla che possa intimidire il lettore; è vero che qualcuno potrebbe tacciare il testo di qualunquismo, ma io resto dell’idea che ogni libro nasce per una categoria di lettori, e che è molto meglio iniziare almeno a dare l’idea che in matematica ci possano essere cose strane ma non del tutto spiacevoli. Inoltre non ci sono giochini matematici – la matematica di cui si parla è insomma seria – ma la trattazione non è affatto seriosa. Passare dal Don Giovanni ai numeri di Erdős e da lì alla differenza tra i tipi di grafi a seconda del tipo di connessioni che hanno, per esempio, non è affatto una banalità, e il lettore mediamente intelligente capirà subito la differenza… e probabilmente anche un po’ di matematica, o perlomeno un po’ di quello che sta alla base della matematica. Magari non userà mai quella nozione, ma non è poi così importante… In casi come questo, ciò che conta è il metodo. Ricordo che – come dall’esponente 2 nel titolo – esiste anche un primo volume, scritto da Robert Ghattas; e a quanto pare Sironi ha appena pubblicato un terzo volume, di Silvia Benvenuti.
storie di ordinaria ATM
Ieri sono stato a casa malato. Oggi tecnicamente sono sfebbrato, praticamente ero solo in casa coi gemelli perché Anna era in trasferta di lavoro, e quindi mi sono accinto a portarli al nido e poi andare in ufficio. Esco di casa, arrivo alla fermata del 4 mentre ne sta passando uno; peccato che limiti a Maciachini, quindi alla fermata dopo. Tanto ce n’è un altro dietro; penso; in effetti c’era, ma anche quello si limitava a Maciachini. Si direbbe che l’idea di Catania e De Corato di eliminare i jumbo tram dal centro città stia per essere messa in pratica in maniera soft: prima un tram sì e uno no, ora almeno due tram no, poi chissà. Vabbè, salgo sul secondo che perlomeno è abbastanza vuoto, mi faccio la singola fermata e mi avvio mestamente a piedi.
Consegnata la truppa, mi avvio verso Garibaldi ma mi accorgo di aver lasciato il telefonino a casa. Stranamente sta passando un 4 in direzione nord – cosa che vi assicuro non è affatto comune a quell’ora – così salgo. Faccio una fermata, arrivo all’incrocio con la circonvallazione e il tram si ferma. A quanto pare lo scambio non funziona, il tranviere dice che non può fare due metri di retromarcia per muoverlo a mano perché c’è tutto il traffico (palle, c’era spazio a sufficienza prima di arrivare all’inizio del salvagente, e le macchine non si fermano lì; comunque sarei potuto andare a fermare il traffico io :-) ) Vabbè, mi faccio il pezzo a piedi, tanto ci vuole quasi meno tempo che a fare la chicane di Maciachini.
Preso il telefono, riprendo il 4 – visto che tanto devo scendere a Maciachini ovviamente quello che ho visto in lontananza fa tutto il percorso. Salgo, faccio mezza fermata, e il tram si ferma al semaforo del Lidl. Ma il semaforo è verde! Dopo un paio di minuti il tranviere esce dal suo bunker di guida, apre (a mano) la porta anteriore ed esce. In effetti c’è un altro tram fermo prima dell’incrocio con le quattro frecce – che poi in un tram saranno una decina buona. Fortunatamente mi ero portato davanti, così sono sceso e mi sono fatto l’ultimo pezzetto a piedi.
Se pensate che sia stato un giorno sfortunato vi faccio parlare con mia moglie che in genere porta lei i bimbi al nido tutte le mattine. Giusto per spiegarmi: oggi ero ancora convalescente, ma altrimenti se tocca a me farlo preferisco di gran lunga sfrecciare con il passeggino doppio cercando di evitare i crocicchi di gente sul marciapiede in via Farini. Da casa al nido ci metto quindici minuti, e non è detto che col tram ci impieghi di meno…
a sinistra sono aggiornati!
Ieri sono andato a votare per le primarie (probabilmente ammalandomi… cosa non si fa per la causa!) e mentre aspettavo con i bambini il turno di Anna ho notato che il cartellone appeso fuori aveva un QR code per andare alla pagina web dove si sarebbe potuto sapere qual era il proprio seggio.
Mi sa che a sinistra abbiano ancora idee molto confuse, però sui gadget sono bravini…
gioco della domenica: Blockout
Blockout è una versione di un gioco classico: spingi il blocco – sapendo che una volta partito non si fermerà se non contro un muro – e cerca di farlo arrivare nella posizione obiettivo. La grafica 3d lo rende (almeno per me) un po’ più difficile; il vantaggio è che si possono creare dei nuovi livelli, oltre a poter giocare contro sé stessi migliorando il proprio record di velocità.
(via Passion for Puzzles)
_L’arte di non dire la verità_ (libro)
Non è sicuramente da leggere a spizzichi e bocconi, visto che i vari personaggi sono tutti interallacciati tra loro, un po’ come nel perecchiano La vita – istruzioni per l’uso; ma ho trovato il contrasto tra le azioni contemporanee e lo stile di scrittura (ben reso nella traduzione) di centocinquant’anni fa piuttosto stridente. L’arte di dissimulare – e non “di non dire la verità”: ma si sa che il titolo di un libro non è colpa del traduttore – viene mostrata per esempi didascalici, riusciti e no, ma è più che altro il canovaccio sul quale Soboczynski racconta le piccole miserie della vita quotidiana, dalla madre che cerca di far venire sensi di colpa al figlio all’agente immobiliare che è stato fregato dal collega e si trova a dover vendere case in un quartiere lontanissimo dal centrocittà a tutte le storie di amori e flirt più o meno interessati. Non sarà certo un’opera che ricorderò negli anni a venire.