Professoroni autorevoli

Occhei. Michele Ainis è professore ordinario di Diritto pubblico, e io non ho mai seguito nemmeno un corso CEPU di diritto. Però c’è qualcosa che non mi torna affatto nel suo articolo sul Corriere di oggi (leggetelo nella rassegna stampa della Camera) volto ad affossare i referendum contro l’attuale legge elettorale.
Se Ainis avesse dato un giudizio politico, vale a dire “secondo me il Mattarellum è ancora peggio del Porcellum”, non ci sarebbe stato nulla di male. Ma credo che Ainis non avesse nessuna voglia di esporsi così, e quindi sfrutta la sua autorità e tira fuori il seguente ragionamento: “se si abolisse la Costituzione non si tornerebbe mica allo Statuto Albertino” aggiungendo per soprammercato che “la Consulta con la sentenza n. 29 del 1987 ha escluso l’ammissibilità di referendum totalmente abrogativi d’una legge elettorale, per non esporre gli organi elettivi a una paralisi”. Quante cose che sa il professor Ainis!
Bene, ho sprecato la mia pausa pranzo per andare a cercare la sentenza in questione. La proposta di referendum cassata dalla Suprema Corte aveva come testo «Volete voi l’abrogazione degli artt. 25, 26 e 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante: Norme sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura così come risultanti dalle successive modificazioni e integrazioni della legge stessa?». Andiamo allora a vedere il testo della legge in questione: scopriamo che i tre articoli indicano le modalità di elezione del CSM, e quindi effettivamente abrogare quegli articoli lasciava un vuoto – avremmo avuto un organo i cui membri non potevano essere eletti in alcun modo.
Passiamo ora alla proposta del referendum abrogativo parisiano. Non è stato facile trovare il testo, anche se sapevo qual era: «Volete voi che sia abrogata la legge 21 dicembre 2005, n. 270, Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, come modificata dal decreto-legge 8 marzo 2006, n. 75, convertito in legge 21 marzo 2006, n. 121?». Direi che perlomeno la chiarezza è certa. Di nuovo, andiamo a vedere il testo del Porcellum. Sorpresa! I vari articoli sono tutti della forma «L’articolo xx del testo unico delle leggi […] e’ sostituito dal seguente:», oppure «All’articolo xx, comma yy, del decreto del Presidente della Repubblica […], le parole: “[…]” sono sostituite dalle seguenti: “[…]”». Quindi, se il quesito fosse sottoposto a referendum, si arrivasse al quorum e vincessero i SÌ, il risultato pratico sarebbe quello di togliere le cose aggiunte, aggiungere le cose tolte, e reintegrare quelle sostituite. Nessun vuoto legislativo, è l’equivalente di dire “rimettiamo le cose com’erano prima” che in effetti è proprio la volontà dei referendari. Ribadisco: si può essere d’accordo o no con il risultato, ma non vedo come si possa dire che sia manifestatamente incostituzionale come Ainis vuol far credere: il tutto anche senza ricorrere a un altro argomento ad auctoritatem come la firma di Valerio Onida che della Corte Costituzionale è stato presidente.
Poi sappiamo tutti che il diritto non è la matematica e può succedere di tutto: lo sanno anche i promotori del referendum, che così hanno aggiunto un secondo quesito dove si tagliuzza la legge attuale per riportarla per quanto possibile alla situazione quo ante. Nell’improbabile caso che la Consulta bocci il quesito chiaro e immediato, avranno pensato, teniamoci da parte la domanda di riserva. E che fa il buon Ainis, che ovviamente non può più riprendere il suo argomento originale visto che il vuoto legislativo non ci sarebbe per definizione? Semplice, gira di nuovo le carte in tavola e retoricamente afferma «Ma non c’è differenza se t’uccido tagliandoti la gola o invece facendoti a pezzettini». La stessa logica porterebbe a dire “ma se non c’è differenza, perché allora una condanna a morte non potrebbe essere fatta tagliando la gola?” Ma è chiaro che anche sul maggior quotidiano nazionale non è possibile pretendere ragionamenti logici completi ma che richiedono una mezz’oretta di lavoro per prepararli e una decina di minuti per leggerli, e sicuramente un poveretto come me non è capace a scrivere bene come un luminare.

Percentuali e arrotondamenti

Stefano mi segnala questo articolo del Sole-24 Ore che spiega come i rivenditori possono fare in pratica per evitare di modificare tutti i prezzi nei loro cataloghi; basta scrivere all’inizio che ai prezzi occorre aggiungere una percentuale X dovuta all’aumento dell’IVA. Tecnicamente la cosa non fa una grinza, e anche l’esempio fatto è corretto; i prezzi finali non aumentano dell’1% come ingenuamente qualcuno potrebbe immaginare, ma dei 5/6 dell’1%, come si vede appunto dall’esempio. Stefano però si è stupito che questa percentuale di aumento sia stata indicata essere dello 0,833334%, con un arrotondamento per eccesso e non per difetto come si fa usualmente. Il mio primo pensiero è stato “con l’Erario non si sa mai, melius abundare quam deficere”; ma il mio secondo pensiero è stato “ma vale la pena?”, e così mi sono messo a fare i conti.
La differenza tra l’arrotondamento per eccesso del Sole e quello per difetto standard è dello 0,000001%, cioè una parte su cento milioni, o se preferite un centesimo ogni milione di euro. In realtà ci sono prezzi minori specifici per cui si vedrebbe un risultato diverso dell’arrotondamento, ma per calcolarli mi servirebbe conoscere la normativa esatta per lo scorporo dell’IVA e quindi sapere quante cifre decimali devo usare. Ad ogni buon conto, credo proprio che all’atto pratico quell’arrotondamento è assolutamente ininfluente: si può quindi tornare alla domanda iniziale, “perché allora è stato fatto per eccesso?”. A voi il giudizio.

Precedenze

Oggi il dorso milanese del Corsera lancia la sua nuova iniziativa: gogna mediatica a chi parcheggia nei posti riservati ai disabili senza relativo pass. Non si capisce perché solo quei casi sono degni di essere fotografati mentre chi blocca i passaggi pedonali non viene ritenuto “interessante” (e provate voi a passare con una carrozzina o spingendo una sedia a rotelle, poi ne parliamo); né si capisce come si possa fare una simile iniziativa che è presumibilmente illegale (se ne parla sul socialcoso fighetto). Ma non mi sarebbe venuta voglia di scriverne se non mi fosse capitato un momento di serendipità.
Tre quarti d’ora fa, mentre andavo a mangiare, in via Giacosa c’era un carro attrezzi del servizio rimozione che stava portando via un’auto. L’auto era parcheggiata davanti al passo carraio di un carrozziere (che di passi carrai ne ha due, per la cronaca). Io sono notoriamente uno che pensa male, e in effetti non so quanto tempo fosse passato da quando il carrozziere in questione aveva chiamato il carro attrezzi. Però mi è rimasto il dubbio se ci sia qualcuno che ha un canale privilegiato per far valere i propri diritti. Sono una persona orribile?
(comunque mi spiace che le ganasce bloccaruote, se non definite illegali, non siano comunque più usate. Resto sempre dell’idea che un vero deterrente a certi comportamenti, oltre all’alta probabilità di essere multati, sia il far perdere al simpatico pseudoparcheggiante un tempo sufficientemente lungo da fargli passare la voglia di dire “ma è solo per un attimo”; e le ganasce si possono applicare molto più in fretta)

NEM Summit 2011

visto che tra i miei ventun lettori c’è anche qualcuno che lavora nel campo accademico e industriale e la cui azienda ha ancora a disposizione un minimo budget per la partecipazione ai convegni (il costo è di 560 euro) segnalo volentieri il prossimo NEM Summit 2011, che si terrà al Politecnico di Torino dal 27 al 29 settembre e ha come titolo Implementing Future Media Internet.
NEM sta per “Networked and Electronic Media”, ed è sotto l’egida della Commissione Europea (DG Infso); il Summit quest’anno giunge alla quarta edizione, è il programma completo si trova qui.
(No, non ci sarò anche se Telecom è un Platinum Sponsor: come sapete, quello che faccio io in Telecom non c’entra nulla con tutto quello di cui parlo in giro, sono molto schizofrenico!)

Grandi Opere in via Martiri Oscuri

[lavori in corso] Ne avevo parlato due anni fa: i bellissimi lavori per riqualificare il capolinea di Greco del tram 1 avevano portato a una pavimentazione in porfido che in due mesi era diventata sufficientemente sconnessa per fare il Camel Trophy. In questi due anni hanno continuato a togliere pezzetti di pavè e rimettere asfalto, finché la scorsa settimana, come da foto allegata, si è messo seriamente mano e si è per l’ennesima volta rifatto tutto, stavolta in asfalto.
I lavori, anche perché in queste settimane non è piovuto, han dato un risultato migliore; peccato però che ci si sia dimenticati della parte iniziale, che anzi a furia di passaggi tram e macchine movimento terra ora è davvero invivibile. Chissà se tra altri tre o quattro anni ripareranno anche quel tratto: in fin dei conti saremo alla fine della giunta Pisapia, e quindi qualche lavoro lo dovranno pur fare :-)

Ho scritto a MaryStar

Lo Scorfano commenta l’intervista rilasciata da Mariastella Gelmini, e in particolare il punto in cui il ministro dell’Istruzione afferma che la media di studenti per classe in Italia è inferiore a quella OCSE. Peccato, nota lo Scorfano, che i dati relativi risalgano al 2009, quindi prima della “riforma Gelmini”.
Naturalmente questo non significa molto in assoluto: prima di dare giudizi – fattuali ma anche politici – occorrerebbe avere i dati aggiornati almeno alla fine dello scorso anno scolastico. Io ho così appena scritto all’indirizzo ufficiostampa@istruzione.it – quello indicato nel sito del governo: è chiaro che informazioni come queste non possono essere chieste direttamente al ministro – chiedendo se tali dati sono disponibili. Per i curiosi, ecco qua il testo della letterina, dal titolo “Richiesta ulteriori informazioni”:


Buongiorno!
Gradirei se possibile avere ulteriori informazioni su un punto sollevato dal ministro Gelmini nella sua intervista apparsa oggi sul quotidiano La Stampa (URL: http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/420101/ ). Il ministro afferma che «Proprio oggi l’Ocse ha diffuso il suo rapporto sulla scuola, e sa che cosa dice? Che la media Ocse è di 23 alunni per classe, e la media italiana di 22. Io capisco le critiche politiche, ma ci sono dati che non possono essere ribaltati».
Sono andato a consultare il rapporto OCSE (URL: http://www.oecd.org/dataoecd/61/2/48631582.pdf – pagina 402) e ho notato che i dati sono relativi all’anno 2009, quindi prima della riforma avviata dal ministro. Ora è ovvio che non è certo possibile avere i dati relativi all’anno scolastico 2011-12, ma spero che quelli relativi al 2010-11 siano disponibili. Chiaramente non sono direttamente confrontabili con quelli delle altre nazioni, ma sarebbe possibile consultarli? L’optimum sarebbe avere una distribuzione del numero di alunni per classe, poiché il semplice dato medio può essere influenzato da parametri quali scuole speciali e montane con un numero di alunni inferiore, ma capisco che forse pretendo troppo.
Cordialmente,
Maurizio Codogno


Vi farò sapere se mai avrò una risposta.

Carnevale della Matematica #41: Goto Proooof!

La quarantunesima edizione del Carnevale della Matematica è ospitata dall’ottimo Roberto Zanasi, e oltre alle vecchie cariatidi… ehm, ai collaboratori di lungo corso ha anche delle new entry, il che significa che avete nuovi spunti di discussione!
Il Carnevale numero 42 sarà ospitato dal sottoscritto nel suo blog di matematica. Il tema non ufficiale né obbligatorio è “numeri e letteratura”, in onore di Douglas Adams e della Guida Galattica per gli autostoppisti.

Novilunio (libro)

[copertina] Tra i commenti di chi come me ha letto questo libro (Fritz Leiber, Novilunio [The Wanderer], Mondadori – Urania Collezione n. 58, novembre 2007 [1964], pag. 467, € 4,90, trad. Ugo Malaguti) in edizione italiana, molti affermano che la traduzione gli ha fatto perdere la maestà del testo originale. Può forse essere così: sicuramente la prosa è piana, diciamo in stile Asimov. Non avendo però a disposizione il testo inglese, mi limito a fare alcune considerazioni sulla storia, precedute dalla considerazione banale che non ho capito perché il titolo italiano non poteva essere la letterale traduzione di quello originale, “il Vagabondo”. Leiber ha tentato, come nota anche Giuseppe Lippi nella postfazione, di scrivere un libro di fantascienza che entrasse contemporaneamente in più generi: dalla space opera avventurosa degli anni ’30 e ’40 (non per nulla E.E. “Doc” Smith vi è spesso esplicitamente citato) alla hard SF con dati scientifici spiattellati per ogni dove al romanzo più o meno intimista incentrato sulle persone; e per fortuna che nel 1964 la fantascienza alla Brunner e Silverberg non era ancora di moda. Per ottenere questo risultato, Leiber scelse quella che oggi è una forma di scrittura relativamente usuale ma allora era probabilmente una novità assoluta: mischiare assieme storie diverse, passando da una all’altra di colpo. Non è detto che queste storie – a differenza per esempio di quello che farà Evangelisti vent’anni dopo – alla fine si riallaccino in un’unica trama, né che arrivino alla fine: alcune termineranno infatti brutalmente con la morte dei protagonisti. Questa mancanza di unitarietà globale è una pecca del libro, così come il finale, che è davvero anticlimatico e sembra quasi essere stato messo lì posticcio per darci un taglio. Per il resto, però, il libro resta una piacevole lettura per parecchie ore di svago.