I laghi Aral

i laghi Aral da Google Maps satellite Quando andavo a scuola, il lago Aral era il più grande lago interno asiatico, ma già i libri di geografia dicevano che era a rischio evaporazione perché non aveva immissari. Ieri ho scoperto che non si parla più di lago Aral ma di laghi al plurale, perché è rimasta davvero poca roba come si può vedere in figura. Pare però che il Kazakistan, dove è rimasto il lago Aral del nord, abbia un ambizioso piano per salvare il salvabile: qui si può leggere cosa è stato fatto fino ad adesso, con canali artificiali per creare un immissario.
Non so se sia solo la prosa ex=sovietica, ma a me queste operazioni sanno tanto di marketing politico, anche se non ho idea verso chi: la notizia è di un mese fa e non mi pare di averla vista prima in giro. Devo anche dire che non so come sia cambiata la situazione politica negli ultimi vent’anni, dopo che il padre-padrone Nazarbaev (che ho scoperto essere ancora vivo…) ha formalmente lasciato il potere. Tra l’altro ero anche convinto che fossero passati dall’alfabeto cirillico a quello latino, ma vedo che non è così…

(per i curiosi, John Baez ha postato una serie di foto che mostrano come il lago si è prosciugato negli anni)

Open Euro LLM

logo di Open Euro LLM L’Unione Europea ha una lunga tradizione di progetti in campo informatico presentati con grande fanfara e poi svaniti nul nulla. In questo caso mi pare che una differenza ci sia: Open Euro LLM, il cui comunicato stampa sulla formazione è stato pubblicato lunedì, non mi pare abbia avuto una grande enfasi nonostante gli LLM siano sulla bocca di tutti.

Il progetto come sempre è ambizioso: costruire un LLM multilingua (se preferite, un’intelligenza artificiale) che “conservi la diversità culturale e linguistica dell’Europa” per “dimostrare la forza della trasparenza, dell’apertura e della partecipazione” (parole loro, traduzione mia). Il progetto è guidato da un’università ceca, ed è monopolizzato da tedeschi e scandinavi, com rare eccezioni tipo la francese ALT-EDIC. Per l’Italia c’è solo il CINECA come partner tecnologico: mi stupisce che non ci sia Pisa e il suo istituto di linguistica computazionale, ma magari nei 40 e più anni da quando studiavo lì le cose sono molto cambiate, e in peggio.

Come avrete intuito, io sono molto scettico sulla possibilità che il progetto dia dei risultati pratici: sapendo come funzionano le cose non credo che si avranno neppure dei tutorial comprensibili ancorché teorici, il che comunque sarebbe già un risultato interessante. Aspettiamo…

Numeri duali e numeri complessi iperbolici

Come sapete, i numeri complessi possono essere visti in vari modi: coppie ordinate di numeri reali a cui viene applicata una struttura specifica, oppure punti di un piano cartesiano sempre con una struttura specifica. D’accordo, probabilmente potremmo dire che questi due modi sono la stessa cosa. Ma facciamo un passo indietro e torniamo a quella che è stata storicamente la definizione iniziale di un numero immaginario (poi per arrivare ai complessi basterà sommargli un numero reale). Cosa ha fatto Tartaglia? Ha immaginato :-) di aggiungere ai numeri reali un elemento speciale i con la proprietà che i² = −1. Ovviamente Tartaglia non pensava in questo modo: per lui i numeri erano numeri, e l’elemento speciale era un semplice trucco usato perché alla fine spariva e lasciava il risultato corretto. Ma noi abbiamo mezzo millennio di matematica in più e possiamo permetterci questa visione astratta.

Cosa succede se proviamo ad aggiungere un elemento che ha una proprietà diversa da quella di i? Per prima cosa non avremo più un campo, visto che l’unica estensione dei numeri reali che resta un campo sono i numeri complessi. Ma questo in fin dei conti è solo un piccolo fastidio: tanto per dire, i quaternioni (dove aggiungiamo ai reali tre elementi che al quadrato danno −1) non sono un campo, ma non per questo non vengono usati. Più o meno nello stesso periodo in cui Hamilton formalizzò i quaternioni, furono proposte altre due estensioni dei numeri reali: i numeri duali e i numeri complessi iperbolici.

I numeri duali si ottengono aggiungendo ai reali un numero ε ≠ 0 tale che ε² = 0 (e immagino che avrete capito perché l'”unità duale” aggiunta si chiama epsilon…) Come per i numeri complessi, possiamo scrivere un numero duale come $z = a + bε$. Somma e prodotto di due numeri duali $z_1 = a_1 + b_1 \varepsilon$ e $z_2 = a_2 + b_2 \varepsilon$ sono rispettivamente

$ z_1 + z_2 = \left( a_1 + a_2 \right) + \left( b_1 + b_2 \right) \varepsilon $

$z_1 z_2 = \left( a_1 a_2 \right) + \left( a_1 b_2 + a_2 b_1 \right) \varepsilon$

(ovviamente ci siamo persi il quarto prodotto dei coefficienti, svanito insieme a ε²…) Per la divisione le cose sono un po’ più complicate. Tralasciando i passaggi formali, abbiamo infatti che

$\displaystyle\frac{a + b \varepsilon} {c + d \varepsilon} = \frac{a} {c} + \frac{cb – ad}{c^2} \varepsilon$

Notate che la divisione è definita per $c \neq 0$, quindi i numeri duali “puri” (privi cioè di parte reale) non sono invertibili. La cosa dovrebbe tornarvi, se pensate a ε come un infinitesimo e quindi a 1/ε come un numero infinito; e in effetti l’unità duale ha proprietà analoghe agli infinitesimi dell’analisi non standard. Per esempio, se abbiamo un polinomio $P(z)$ sui numeri duali, possiamo calcolare il suo sviluppo di Taylor in un punto $a + bε$: otteniamo

$\displaystyle P(a + b \varepsilon) = \sum_{k=0}^{\infty} P^{(k)}(a) \frac{(b \varepsilon)^k}{k!} = P(a) + P\prime(a) b \varepsilon$

Il bello è che lo sviluppo di Taylor non è infinito ma finito, perché tutte le potenze di ε dal quadrato in su si annullano! Come corollario, se conosciamo il valore del polinomio in un determinato numero duale, possiamo calcolare direttamente la derivata del polinomio nella sua parte reale.

I numeri complessi iperbolici aggiungono invece un elemento h (Wikipedia usa ancora ε, mentre John Cook preferisce j immagino per fare arrabbiare gli ingegneri… però a me piace più h), con $h \neq ±1$ ma $h^2 = 1$. Non venitemi a dire che l’equazione $x^2 = 1$ non può avere più di due soluzioni: ho già detto che non abbiamo più un campo. In questo caso, a parte i segni, le formule di addizione, sottrazione e dell’inverso sono simili a quelle per i numeri complessi:

$z_1 + z_2 = (a_1 + a_2) + (b_1 + b_2) h $

$z_1 z_2 = (a_1 a_2 + b_1 b_2) + (a_1 b_2 + a_2 b_1) h$

$\displaystyle \left( a + b h \right)^{-1} = \frac{a – b h}{a^2- b^2}$

Avere però nell’inverso un segno meno anziché più a denominatore significa che non solo non è possibile la divisione per zero, ma anche per tutti i numeri iperbolici dove $a = ±b$. Anche in questo caso non abbiamo dunque un campo.

Termino con gli equivalenti della formula di Eulero $\exp(i\theta) = \cos \theta + i \sin \theta$, mostrati da John Cook nel suo succitato post. Per i numeri duali abbiamo

$ \exp(\varepsilon x) = 1 + \varepsilon x $

che è la stessa cosa che dire che per x numero reale molto piccolo abbiamo $\exp{x} \approx 1 + x $. Per i numeri iperbolici abbiamo invece

$\exp(hx) = \cosh x + h \sinh x$

e quindi spuntano seno e coseno iperbolico! Capite perché ho usato h per indicare l’unità iperbolica? Numeri duali e iperbolici possono insomma essere usati per formalizzare ragionamenti intuitivi matematici. Diciamo che quando un matematico si impegna può formalizzare la qualunque…

Aggiornamento: (09:15) Nei commenti mi è stato fatto notare che anche i numeri surreali formano un campo (almeno accettata l’esistenza di un cardinale inaccessibile). E in effetti anche i numeri p-adici formano un campo (anche se quella è un’estensione dei razionali e non dei reali). Probabilmente la cosa più corretta sarebbe stato dire che se vogliamo un campo dove tutte le equazioni abbiamo soluzione l’unica possibilità di ampliare gli interi è avere i complessi.

Aggiornamento: (09:30) Se qualcuno si chiedesse perché non ha mai sentito parlare di questi numeri, nonostante siano stati definiti da matematici come Clifford e Cayley, la risposta è semplice, e la si può leggere tra le righe se consultate l’edizione inglese di Wikipedia di quelle voci. Più o meno parallelamente a questi sviluppi si è cominciato a definire il calcolo matriciale, che è sì molto più astratto ma permette di unificare la descrizione. Abbiamo così per le varie unità le matrici 2×2

$ 1 = \begin{pmatrix}1 & 0 \\ 0 & 1 \end{pmatrix}$

$ i = \begin{pmatrix}0 & -1 \\ 1 & 0 \end{pmatrix} $

$\varepsilon = \begin{pmatrix}0 & 1 \\ 0 & 0 \end{pmatrix}$

$h = \begin{pmatrix}0 & 1 \\ 1 & 0 \end{pmatrix}$

e possiamo verificare che in effetti valgono le proprietà che conosciamo per i numeri complessi, duali e iperbolici.

MATEMATICA – Lezione 52: Rappresentazioni proiettive e teoria dei gruppi

@matematica
copertina
Il contenuto di questo volume mostra ancora una volta come la matematica, per quanto possa sembrare astratta a prima vista, possa tornare utile ai fisici, un po’ come il calcolo tensoriale è servito per la relatività generale. Gianluigi Filippelli qui mostra come partendo dalla struttura di gruppo e aggiungendoci la topologia si ottengono i gruppi di Lie, che sono ancora teorici e sono una rappresentazione delle trasformazioni di un insieme; ma Wigner è riuscito a usare questi gruppi per mostrare come questi gruppi possono essere usati in meccanica quantistica per studiare le trasformazioni che conservano la probabilità di transizione tra due stati quantistici diversi, e mostrare così come la meccanica quantistica può essere assurda, ma in realtà ha una sua coerenza interna. Nella seconda parte del volume Filippelli passa alla teoria delle rappresentazioni, che studia le strutture algebriche astratte rappresentando i loro elementi come trasformazioni lineari di spazi vettoriali, che sappiamo trattare meglio.
Da questo volume non scrivo più i giochi matematici, ma li lascio agli autori: Filippelli tratta del sudoku e della sua versione più matematica, il calculoku, mentre Veronica Giuffré ci parla di Galileo.

Gianluigi Filippelli, Matematica – Lezione 52: Rappresentazioni proiettive e teoria dei gruppi, allegato a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera, €6.99 più il prezzo del giornale.

Baj chez Baj (mostra)

dal sito ufficiale della mostra
Come sempre in fotofinish (la mostra termina domenica prossima) Anna e io siamo andati giovedì scorso a vedere la mostra su Enrico Baj a Palazzo Reale. Come sempre uno si chiede perché deve pagare 17 euro (13 ridotto) per una mostra che comunque è piccola: Baj ha fatto tantissima roba, e una cinquantina di opere sono davvero poche. Tra l’altro la parte patafisica si limita all’Apocalisse iniziale, e questo non è affatto bello.
Mi affretto ad aggiungere che I funerali dell’anarchico Pinelli, che sono il pezzo forte della mostra, meritano davvero di essere visti dal vivo. È incredibile come il tratto di Baj, che pure è tutto meno che realista, riesce a rendere l’idea di quanto e come è successo, e la tridimensionalità è davvero funzionale. Per quanto riguarda le altre opere, i pannelli esplicativi riescono a dare un’idea di cosa Baj abbia voluto fare. Poi come dicevo secondo me le mostre stanno diventando sempre meno competitive…

Trending, ma perché?

your page is trending up
Per una volta, me n’ero accorto da solo: ma persino Google Search mi ha voluto avvisare (per la prima volta in vita sua). Il punto è che il post in questione l’ho scritto più di un mese fa, e se l’erano filato in pochi, come al solito.
Cosa può essere successo? La mia ipotesi è quella dell’effetto lemming. Qualche persona ha casualmente cliccato sul mio post, quindi è salito di posizione nella pagina della ricerca e così la massa (si fa per dire, io non sono certo un influencer) ha continuato a cliccarci.

Quizzino della domenica: Ninfee

733 – probabilità

@matematica

Una rana si trova in uno stagno dove ci sono quattro ninfee in fila, che numeriamo 1, 2, 3, 4. Inizialmente si trova sulla ninfea 2. Se la rana si trova sulla ninfea 1 oppure 4, se ne sta lì bella tranquilla. Se è sulla ninfea 2 può spostarsi sulla 3 con probabilità 1/2 e sulla 1 con probabilità 1/2; se è sulla ninfea 3 può spostarsi sulla 4 con probabilità 2/3 e sulla 2 con probabilità 1/3. Qual è la probabilità che la rana termini i suoi salti sulla ninfea 1?

rana e ninfee
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p733.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Michael Coffey, da The Fiddler; immagine da FreeSVG.)

On Progress in Physics and Subjectivity Theory (libro)

@libri

copertina
Che “N. Otre Le Vant” fosse uno pseudonimo mi era chiaro. Che cosa significasse l’ho capito solo quando a pagina 263 ha scritto che il suo nome era “not relevant”. L’anno scorso l’autore mi ha contattato chiedendo se fossi interessato a leggere i suoi pensieri sul perché la fisica non sta facendo progressi da vari decenni. Risposi che avrei letto il libro ma mi ci sarebbe voluto un po’ di tempo perché ero impegnato con la curatela dei libri di matematica: diciamo che ci ho messo MOLTO tempo. L’ebook che mi è arrivato è molto personalizzato: a parte il footer, all’inizio c’è proprio una sezione con il mio nome-e-cognome, un ottimo tipo di filigrana :-)

Il libro è scritto sotto forma di dialogo tra Alice (il Watson, la spalla) e Bob (il pensiero dell’autore) ed è formato da tre parti: nella prima l’autore presenta lo stato dell’arte in fisica, afferma che ci si trova in un punto morto e che sarebbe meglio assumere che “everything we think we know about the world is wrong”; nella seconda presenta la sua teoria della soggettività, dove afferma che è il nostro cervello che man mano crea la parte del mondo che gli serve; la terza e più lunga prova a definire come si potrebbe ottenere un progresso in fisica, indipendentemente dalla teoria della soggettività. Questa terza parte è per me la più debole, perché dà tante informazioni che però mostrano che non c’è un vero principio unificante. Nella seconda parte, anche senza accettare la teoria, ho trovato parecchi spunti interessanti, tipo quando dice “Se una soluzione sembra troppo perfetta, senza problemi, il motivo è che probabilmente qualcosa ci ottenebra e ci impedisce di vedere i problemi”, e che “se le probabilità parlano di informazione per definizione incompleta, non possiamo considerarle qualcosa di fondamentale, ma un costrutto umano: utile ma per l’appunto un costrutto”. Sono meno convinto del suo affermare che se le costanti naturali sono “incredibilmente vicine all’esperienza umana” (sì, anche la costante di Planck. In fin dei conti è 10 elevato alla -35 metri: con gli infiniti numeri a disposizione un esponente 35 è poca roba): per me il fatto che i numeri siano infiniti è giusto un espediente.

Alla fine dei conti, però, la lettura è stata piacevole, nonostante a volte l’autore cercasse la battuta per il gusto della battuta. Credo che sia sempre utile provare a vedere le cose da un punto di vista diverso, anche se probabilmente errato.

(N. Otre Le Vant, On Progress in Physics and Subjectivity Theory, 2024, pag. 330, € 19,34, ISBN 9798876965103)
Voto: 4/5