Se durante degli scavi archeologici in Israele si trova uno scheletro che ha presso di sé il manuale di una videocamera, si può magari pensare a uno scherzo di cattivo gusto. Ma quando si scopre che lo scheletro presenta delle otturazioni dentarie, la carta è vecchia di duemila anni, e soprattutto è di un modello che uscirà solo fra tre anni, le cose cambiano e di molto. Ecco l’ambientazione di questo libro (Andreas Eschbach, Lo specchio di Dio [Jesus Video], Fanucci – immaginario 2004 [1998], pag. 512, € 9.50, ISBN 9788834709955, trad. Robin Benatti): come si può immaginare, tutti pensano subito che il proprietario della telecamera sia stato un viaggiatore nel tempo che sia andato a filmare Gesù Cristo per confermare o negare la sua esistenza: soprattutto il magnate delle telecomunicazioni che ha finanziato gli scavi e pensa a quanto ci potrebbe guadagnare. A questo punto entra in gioco il Vaticano, e un inquisitore proveniente dall’Onorata Famiglia…
Il maggior problema del libro è superare le prime 150 pagine che sono inutilmente pesanti, come se Eschbach volesse farci vedere quanto ha studiato per creare uno scenario – israeliano e religioso – verosimile. Se si supera questo scoglio, la storia poi scorre bene fino alla fine, più o meno intuibile (io non c’ero arrivato, ma al solito non faccio testo). Peccato anche per varie sviste di traduzione, tipo la datazione presunta della chiesa del Seminatore, un probabile “doch” che è diventato “Certo, ovviamente” a pagina 181, e un Josephus Flavius che non è stato chiamato Flavio Giuseppe. Il titolo però è molto bello, e meglio sicuramente dell’originale tedesco.
Scopiazzatrice: Valentina Folcio
Sto diventando esperto a trovare chi copia i miei post. Dopo il caso di due settimane fa, ora sono arrivato qua. Come i miei affezionati lettori si saranno accorti, quella è una scopiazzatura della mia notiziola (e poi pagina di matematica light) al riguardo. Se uno guarda il sorgente del suo post, in effetti si vede un “finto link” (nel senso che esiste, ma non è cliccabile) al file originario, e sarei quasi stato per accettare che la mancanza di una citazione fosse solamente una svista nello scrivere il post. Però subito dopo c’è quest’altro suo post che è la scopiazzatura di questo, e l’ipotesi benigna va a farsi benedire.
Quello che continuo a non capire è la ragione di tutto questo. Ripeto che dal mio punto di vista non succede nulla se uno mi copia del testo su un blog; lo scrivo anche a chiare lettere. Quello che chiedo non mi sembra molto: che venga riconosciuta la proprietà intellettuale (cioè dire che non l’hai fatto tu, ma io) e un puntatore all’originale. E invece, nulla. Mah.
Ora tocca a Carlo Montorsini
Il mese scorso vi avevo raccontato di “Alberto Zemen Detective” e del suo trojan. Stavolta le mail sono arrivate direttamente a me da un sedicente Carlo Montorsini, che afferma:
Gentile Cliente, stiamo eseguendo i dovuti accertamenti sul suo sistema informatico, il suo indirizzo email ci è stato segnalato da terzi come fruitore di materiale scaricato illegalmente dalla rete. La sua posta elettronica è sotto controllo già da 10gg, la preghiamo pertanto di voler verificare se il suo nominativo compare nella lista degli indagati Marzo 2008 onde dichiarare la sua estraneità alla detenzione di materiale indebitaménte contraffatto.
Certi di una sua volontaria collaborazione porgiamo
Distinti Saluti
Carlo Montorsini - Assessments Director
Internet VerifyCenter s.p.a 2002-2008
Come vedete, a parte qualche virgola a casaccio che lo fa sembrare ancora più burocratico e il buffo “indebitaménte”, sembra assolutamente normale. L’allegato indagati-2008.zip contiene tre file: il trojan List-Viewer.exe, un file nomi-marzo-2008.cry che come nel caso di Zemen si direbbe un JPG farlocco, e un nominativi-aprile-2008.dat che invece, rinominato in jpg, fa vedere un simpatico dito medio alzato (i curiosi lo possono vedere qua. Garantisco che cliccare non danneggerà il vostro pc :-) )
L’indirizzo della macchina da cui è stato inviato il trojan è 88.255.121.86, un IP turco, ma come ormai sapete questo non significa nulla. Per il resto, chissà quando Escopost si sveglia (il reato viene commesso da italiani, quindi sono loro che devono attivarsi)
Aggiornamento: (14 aprile) MdI mi comunica che nella base dati di SpamHaus il sito è indicato come nostrano: “assegnato, sotto il controllo di, o che fornisce servizi a una organizzazione professionista di spam gestita da Sergio Livrieri / NonSolo-Web” (testo loro, traduzione mia).
Aggiornamento: (4 luglio): a oggi SpamHaus ha tolto nel record indicato sopra qualunque riferimento a NonSolo-Web: il testo ora recita Italian spam organization previously using 88.255.104.128/25 is now continuing from here, senza fare nomi di persone. Evidentemente la precedente associazione che avevano fatto era senza fondamento, e mi scuso di averla riportata.
la foga del voto
Stamattina ho spezzato la punta della matita copiativa. (Sì, ho fatto come avevo detto a suo tempo, nonostante la scheda del Senato non sia la migliore per queste cose. Aggiornerò il post a urne chiuse)
Aggiornamento: (14 aprile, 15:01) Come scrissi a suo tempo, ho annullato le schede. Su quella per il Senato ho scritto “visto che col Porcellum si scelgono da loro…” e su quella per la Camera “… perché li devo votare io?”
Mathematical Mind-Benders (libro)
(se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
La seconda raccolta di problemi matematici “facili” di Peter Winkler (Peter Winkler, Mathematical Mind-Benders, A K Peters 2007, pag. 148, $18.95, ISBN 978-1-56881-336-3) è adorabile come la prima. Intendiamoci: sono “facili” per chi di matematica ne mastica, non sono certo per la gente magari anche interessata alla materia ma solo in teoria. Giusto il primo capitolo presenta problemini che si possono spiegare senza troppi patemi d’animo a qualcuno che non parte dal presupposto di odiare la matematica. Ma insomma, anche il matematico avrà il diritto di divertirsi un po’, no? Aggiungo che Winkler fa un ottimo lavoro sia nella parte di presentazione dei problemi (in fin dei conti, un matematico è un bambinone, e vuole vedersi le cose scritte in maniera per lui accattivante) che in quella di risposta. Insomma, una scelta sicuramente vincente, anche se per un pubblico di nicchia. Ma immagino che i miei lettori lo siano, la nicchia giusta…
Quanto ci costa il debito pubblico
Si parla sempre tanto del nostro enorme debito pubblico, e di quanto ci costa. Ma quanto ci costa, in effetti? Ho provato a fare un po’ di conti spannometrici, tanto per avere un numero non troppo lontano dal vero.
Rispetto agli altri grandi paesi UE, noi abbiamo un differenziale di debito pubblico di 40 punti percentuali abbondanti del nostro PIL (104% contro circa 60%), cioè di 700 miliardi di euro in più circa. Supponendo che questi soldi siano rimunerati al 4% agli acquirenti di titoli di stato italiani, sono circa 25 miliardi di costi in più l’anno per gli italiani. Facciamo 30 miliardi per sicurezza. Il tutto per la politica degli anni ’80, giusto per mettere subito le cose in chiaro. Altro che il tesoretto…
Non rubatevi la matita copiativa!
Xarface si è posto dei dubbi sulla matita copiativa che ti consegnano quando vai a votare, scoprendo che Wikipedia glieli poteva risolvere quasi tutti. Già che c’ero ho contribuito a risolvergliene ancora uno, aggiornando la pagina di it.wiki in questione. Ricordo quindi a tutti che non potete portarvi a casa la matita copiativa come ricordo, esattamente come non potete portarvi a casa la scheda: o meglio, se lo fate sarete sanzionati con un’ammenda da 103 a 309 euro. Sappiatelo.
Poi, finché sono qua a scrivere, ricordo agli ultimi ritardatari che fanno ricerche e capitano da me che se si vota scheda nulla è proprio come se non si fosse andati a votare, non è che il vostro voto contribuisca al premio di maggioranza. In teoria è la stessa cosa se lasciate la scheda bianca (“per non sporcare”, cit.) ma io non mi fiderei mai di cosa possa avere in mano lo scrutatore.
cosa succederebbe in Italia?
Non so se vi ricordate che l’avevo scritto: martedì scorso sono stato alla Italian Biotech Law Conference ’08. Occhei, ne ho visto solo metà per problemi di incastro e roba simile (beh, bisogna pur lavorare ogni tanto, no?) ma per fortuna gli interventi che ho seguito erano quelli che mi interessavano di più – e di cui ci capivo qualcosa, il che non è banale visto il tema.
Ho così scoperto dall’intervento di Stephen Firth che da più di dieci anni il Regno Unito ha creato un database DNA nazionale (NDNAD, che sembra tanto uno scioglilingua).
Al momento ci sono quattro milioni e mezzo di campioni (salvati criogenicamente), da cui sono stati ricavati prima sei e adesso dieci marker, oltre a quello che indica il sesso. A parte i volontari, viene inserito in modo coatto chi è stato condannato da un tribunale, ma anche chi ha ricevuto solo un’ammonizione formale. Succede così che la distribuzione è assolutamente non statistica, con 80% di uomini e 18% di donne (oltre a un 2% “unknown”…) e con un’incidenza di meno del 10% della popolazione totale, ma del 75% dei maschi afrocaraibici, e centrata soprattutto tra i teenager e gli under 30.
Fin qua non ci sarebbe ancora nulla di male. Peccato però che dieci marker sono troppo pochi per dare una certezza di identificazione – e questo il giudice spesso non lo sa – e che i campioni sono tenuti… in laboratori privati, tanto che quest’anno hanno sospeso cinque dipendenti che vendevano i dati ai concorrenti ed è in corso una causa legale (solo civile e non penale, perché il governo non vuole dare troppa pubblicità alla cosa). Il tutto mentre il governo vuole aggiungere all’elenco dei pericolosi malfattori che verranno schedati biometricamente anche quelli multati per guida pericolosa, passare col rosso, guida senza cintura, guida senza patente, e senza biglietto del bus!
A parte che non so quanto quest’ultimo approccio potrà essere adottato in una nazione che ancora oggi non accetta l’imposizione di una carta d’identità, quello che mi viene in mente è che se mai in Italia si farà qualcosa del genere – e lo si dovrà fare, visto che l’UE sta già premendo sui vari stati al riguardo – sarà difficilissimo avere una tutela di questi dati che sono estremamente personali. Chissà se qualcuno a suo tempo si accorgerà della cosa.