Pungolato da Anna, e dai cinque minuti del V2 Day che hanno trasmesso giovedì ad Annozero – magari hanno mostrato anche altri spezzoni, ma dopo qualche minuto la coppia Santoro-Sgarbi ci ha convinto che sarebbe stato meglio spegnere la tv – provo a raccontare cos’è che non mi piace di beppegrillo™, anzi per la precisione del Grillo politico. In effetti, a differenza della maggior parte dei suoi detrattori, non ho nulla contro il comico; né mi infastidiscono i milioni di euro del suo reddito o il fatto che nel suo blog venda i dvd dei propri spettacoli. Fa solo bene, e chi non è d’accordo mi sa tanto che sia solo invidioso. Anche sulla sua vita privata non metto becco; l’ipocrisia è una merce fin troppo comune al giorno d’oggi e io sono ormai disposto ad accettarla, fintantoché ci sia perlomeno un vantaggio a seguire ciò che qualcuno fa pubblicamente.
Sarò stato sfigato nei cinque minuti che ho visto, in cui beppegrillo™ se l’è presa con Franzo Grande Stevens, ma credo proprio di no. Le battutine sul nome dell’avvocato, ben diverse da quello del suo avvocato, le capisco: hai da tenerti attente 50000 persone, sei costretto a trucchetti di questo tipo. La battuta sulla parola “Equity swap”, strabuzzando gli occhi e dicendo qualcosa tipo “una volta si parlava di furto, adesso c’è l’eeequiti ssssuop!” già mi sta molto meno bene, per la banale ragione che Grillo non ha affatto spiegato cosa diavolo sia un equity swap e quindi ha turlupinato le masse in ascolto, che continueranno a non sapere nulla ma crederanno fermamente che sia un Male Assoluto, “perché l’ha detto beppegrillo™”. Ma il peggio è stato l’attacco a Grande Stevens perché con l’equity swap avrebbe ridato la Fiat agli Agnelli, pagando le azioni cinque euro invece di otto, e togliendo così i soldi dalle buste paga degli operai. Io non so se l’operazione fatta dagli avvocati degli Agnelli sarà sanzionata penalmente (qualche milione di euro di multa se la sono presi), e concordo che non sia stata per nulla onesta: ma gli operai non c’entrano un tubo.
Cosa era successo? C’era un prestito in scadenza da parte di un pool di banche che stava per essere convertito in azioni; dopo la conversione la quota della finanziaria di famiglia, l’Ifil, sarebbe scesa sotto il 30% e quindi Fiat sarebbe stata scalabile. Di soldi per comprare azioni, di per sé, ne aveva, visto che in quel momento il titolo veleggiava a poco più di cinque euro per azione contro gli otto del valore del prestito. Però se avessero preso le azioni prima o dopo la scadenza del prestito sarebbe scattato l’obbligo di OPA su tutte le azioni, e tutti quei soldi gli Agnelli non ce li avevano. Grande Stevens e soci hanno così pensato di fare un accordo con Merrill Lynch, perché comprassero le azioni in borsa e poi gliele scambiassero in contemporanea alla conversione del prestito. Risultato: Ifil è rimasta a una quota di sicurezza e non ha dovuto fare l’OPA.
Le buste paga degli operai non c’entrano proprio un tubo, insomma; al limite i soldi sono stati rubati alle banche. Col senno di poi, le scelte successive degli Agnelli hanno risollevato la Fiat a tal punto che ci hanno guadagnato tutti, le banche e gli stessi operai; ma quello non conta. Quello che conta è che Grillo ha scientemente manipolato i fatti, perché dire “Grande Stevens ha rubato i soldi alle banche” non gli sarebbe servito. E questa è una cosa che non sopporto.
Ma non è tutto qui. Beppegrillo™ è un esperto indubbio nella pars destruens, ma per quanto riguarda la pars construens non fa nulla. Prima che torme di grillini vengano a ricordarmi più o meno gentilmente che ci sono i meetup: lo so che ci sono, grazie. Peccato che nonostante tutti i proclami del nostro, la loro visibilità sia praticamente nulla. Guardate il blog: ogni giorno c’è il pippone politico, in italiano inglese e presumibilmente giapponese. Non ci vorrebbe troppo ad avere anche ogni giorno una notizia di un’azione concreta di uno dei tanti meetup, no? Perché allora non ci sono? Certo, saranno iniziative locali, e a Piazza Armerina quello che fanno a Pizzighettone non importa direttamente: ma vedere che c’è chi sta facendo qualcosa secondo i dettami del vate inviterebbe a fare qualcosa. Di nuovo, sono queste le cose che a me non piacciono per nulla. Non che la cosa cambi molto, lo so: ma del resto ho l’idea che quarantamila dei presenti in piazza san Carlo a Torino fossero lì più che altro che per gustarsi uno spettacolo gratuito di Grillo, quindi non cambia molto nemmeno per loro.
Torno sui miei passi (canzone)
Scheda:
autori: Beretta-Del Prete – Celentano
anno: 1967
edizione: Clan Celentano
tonalità: la maggiore
tempo: 4/4
struttura: Intro – Ritornello – Strofa – Strofa – Middle8 – Strofa – Ritornello – Strum. – Middle8 – Strofa – Ritornello
Non penserete mica che Adriano Celentano abbia iniziato a fare il predicatore con gli show televisivi del terzo millennio, vero? Macché! Già a metà degli anni ’60 alcuni dei suoi brani erano già contro quello che non gli piaceva, che in genere era tutto cio che non era fatto come lui avrebbe voluto. Torno sui miei passi è del 1967, ed uscì come lato B di La coppia più bella del mondo. Il testo è dei fidi Luciano Beretta e Miki Del Prete; la musica è del nostro Molleggiato, e in effetti si vede la differenza nella varietà – meglio, nella mancanza di varietà – degli accordi rispetto a quanto Paolo Conte aveva composto per l’altra faccia del 45 giri. D’altra parte, il brano è divertente sia nel testo che nella melodia, con il suo rifiuto di accettare il beat e la scelta di ” tornare sui suoi passi”, vale a dire fare rock. Peccato che poi abbia smesso…
Struttura armonica
Intro
|La | | | |Mi7 | | | | La: I V
A dirla tutta, l’introduzione, più che un rock, a me ricorda i brani orchestrali dei primi anni ’50, probabilmente a causa dello stile orchestrale con una frase molto breve. Le otto battute dell’introduzione terminano con una cadenza che secondo me non c’entra un tubo con l’arrangiamento orchestrale dietro, né con il prosieguo del pezzo… ma tant’è. In effetti anche al termine del brano, dopo l’ultima ripetizione del ritornello, viene suonato un accordo di la6/9 che è una classica chiusa rock, ma di nuovo stona con il resto dell’arrangiamento. Chissà come mai c’è stata una scelta simile
Ritornello
|La | | | |Mi | |(La) | | La: I V (I)
Il ritornello è cantato da un coro, e la ripetizione della parola iniziale di ogni strofa (“Passano, passano… Cambiano, cambiano… Nascono, nascono…”) dà come l’idea che i nostri coristi siano lì a minacciare con il dito puntato il nostro Molleggiato. Sono anche disposto a perdonare l’evidente affronto alle leggi della musicalità perpetrato sballando tutti gli accenti tonici, per la risposta seguente di Celentano (“Come farò a stare a galla non so”), cantata mentre tutti gli strumenti tacciono di colpo. Musicalmente, le otto battute rafforzano ancora più la tonalità, con un passaggio I-V-I (quest’ultima solo teorica, visto che gli strumenti appunto non suonano). Notate come fino a questo momento gli accordi usati nella canzone sono solamente due.
Strofa
|La | | | |Re7 | |La | |Mi7 | |(La) | | La: I IV I V (I)
La strofa, dove Celentano esprime il suo manifesto rocchettaro, musicalmente è un classico twelve-bar blues. Presente Rock Around the Clock? Ecco, è esattamente la stessa cosa. Quattro battute sulla tonica, due sulla sottodominante (nella variante con l’accordo di settima minore, quello che dà una dissonanza blues: nel nostro caso il do naturale del re7 cozza con il do diesis nella tonalità di la maggiore), due di nuovo sulla tonica, due sulla dominante e le ultime due sulla tonica. A dire il vero, queste ultime due battute sono cantate senza accompagnamento, come le ultime due del ritornello, e in effetti c’è la stessa frase musicale che così fa da collante al brano. L’altro collante, se si vuole, è dato dall’accentazione musicale sempre separata da quella tonica: fortunatamente “rock’n’roll” e “beat” sono parole tronche, ma pas-SI e stra-DA sono indubbiamente accentate sull’ultima sillaba. L’intermezzo strumentale è simile alla strofa, ma rimane fermo sull’accordo di mi7 nelle ultime quattro battute; d’altra parte, essendo un intermezzo non c’è nulla di male a non farlo terminare sulla tonica.
Middle8
|Do#7 | |Fa#7 | |Si7 | |Mi7 | | La: III VI II V
Sempre per restare in tema di assoluta aderenza agli schemi classici, il Middle8 è composto di… otto battute. Esse formano un’unica frase, con un continuo giro di quinte discendenti; in pratica il classico concetto di cadenza V-I è portato all’estremo, visto che partiamo dalla “quinta della quinta della quinta della quinta della tonica” e man mano togliamo una matrioska. Questo trucchetto non è certo nato con Celentano: per fare un esempio beatlesiano, Cry for a Shadow usa lo stesso giochetto (come? non conoscete Cry for a Shadow? Beh, non è così strano visto che è stata incisa nel 1961 mentre i Beatles suonavano come session men del famosissimo Tony Sheridan). In Italia posso ad esempio citare la parte finale della strofa di Sotto questo sole di Francesco Baccini (“prendi la bici, andiamo, dai, si va…”) oppure il middle 8 di Bimba se sapessi di Sergio Caputo (“È sempre più difficile tirare avanti questo show…”).
Una struttura di questo tipo crea inevitabilmente un’aspettativa, che è poi rinforzata dal testo con le triplici ripetizioni delle parole chiavi (guardati, levati: sempre con doppio accento musicale sulla prima e sull’ultima sillaba), e soprattutto dal terzinato finale, un altro vecchio trucco per creare un’aria di attesa al termine di una struttura musicale.
Due parole finali
Come avete visto da questa analisi, non possiamo certo dire che la canzone fosse una novità rivoluzionaria nemmeno quarant’anni fa quando è stata incisa: rigidamente ancorata ai cliché del rock, e con un testo che faceva già presagire in nuce la svolta predicamentale di Celentano. Però non mi vergogno a dire che a me piace. Fosse per me, cambierei un po’ introduzione e chiusura, ma per il resto me la tengo stretta: forse perché a differenza del nostro, io la sento quasi come una presa in giro.
simpsonize me, again
Già l’anno scorso avevo presentato un link per simpsonizzarsi: quello di oggi, simpsonizeme.com, dovrebbe portare il tutto a un livello superiore, visto che oltre che creare un personaggio – con risultati non eclatanti, come si può vedere guardando cosa sono riuscito a ottenere per me stesso ti viene data la possibilità di caricare una tua foto e vedere cosa succede… il tutto sponsorizzato da Burger King.
Probabilmente il procedimento è più divertente per un bambino, visto il macchinario che ti tira fuori i risultati – e al posto della clessidra, inutile dirlo, ci sta una ciambella: però non voglio togliervi il divertimento.
Se insomma volete ciucciar… ehm. divertirvi, fate pure!
Gli spammer nigeriani si infilano dappertutto!
L’ultimo spam “nigeriano” (a dire il vero, la signora o signorina affermava di essere della Sierra Leone, ma il concetto è sempre quello) mi è arrivato dall’indirizzo mariankalabi@wappi.com.
Vi rendete conto? wappi.com. Alzi la mano chi se lo ricordava più. Ora mi resta solo da attendere qualcuna che scriva da jumpy.it, e potrò dire che il cerchio si è chiuso.
Il gotha dei divulgatori di matematica
Ho spesso parlato nelle mie notiziole di Rudi Mathematici, la Prestigiosa Rivista Matematica fondata nello scorso millennio e che ad aprile aveva una distribuzione di 1730 copie: mica albicocche artiche!
Orbene: da questo mese di maggio, la rivista Le Scienze aggiunge una nuova rubrica, “Rudi Matematici” (senza h), curata dal trio Alice Riddle, Rudy d’Alembert e Piotr Rezierovich Silverbrahms. L’unica somiglianza tra il trio e le persone disegnate nello spazio della rubrica sta nei boccali di birra, ma non sottilizziamo.
Il mio primo pensiero quando ho saputo la notizia è riassumibile così: INVIDIA. Grassetto no, ma almeno maiuscolo sì. Il mio secondo pensiero è stato “Che bello!” Perché mettersi a fare il bambino, quando stiamo parlando del ritorno dei giochi matematici, e per di più scritti e pensati in italiano, nella più famosa rivista di divulgazione scientifica che possiamo trovare in edicola? Evvai!!!!
Gite turistiche
Se non ci sono intoppi dell’ultimo momento, Anna e io partiamo per Chiavari, dove ci fermeremo fino a lunedì; se si fa il ponte, bisogna farlo per bene.
Ci dovrebbero essere un paio di articoli schedulati, giusto per non lasciarvi del tutto privi di notiziole, ma non porto il PC in giro e non penso proprio di connettermi :-)
Così, d’un tratto
Pensate a un vostro amico, di qualche anno più di voi, con cui vi trovate tutti i mesi a passare un’allegra serata in compagnia a giocare, e che avete appunto visto neanche due settimane fa, allegro come sempre.
Pensate che vi arrivi una telefonata dove vi si dice che è morto. Ma non in un incidente stradale, quell’imponderabile che può sempre capitare. No. È morto in tre giorni, di quella che sembrava una semplice bronchite e invece era una broncopolmonite virale fulminante.
Addio, Franco.
Twine
In questi giorni sto provando Twine, e cercando di capire cosa sia esattamente… o meglio, a che cosa mi potrebbe servire.
Di che si tratta? A prima vista, è un sistema tipo del.icio.us per inserire bookmark di materiale che si trova in giro. Viene fornito un bookmarklet, uno ci clicca su e inserisce il link (anche multimediale); oppure si invia una mail; o ancora si commenta sulle entry presenti (la parte collaborativa dovrebbe essere un altro punto a favore del sistema, in effetti)
. Però Twine afferma di essere anche nato per il web semantico: dovrebbe insomma estrarre le informazioni e raggruppare le pagine in maniera automatica, non appena raggiunge una massa critica. Questo è il punto che mi risulta più oscuro, visto che come potete immaginare la “massa critica italiana” non c’è per nulla. In effetti, Twine al momento è una beta chiusa, cioè a inviti: io ne ho qualcuno a disposizione (astenersi perditempo) se qualcuno volesse provare a giocarci un po’