NOTA: (febbraio 2010) quello che ha chiuso è il negozio fisico bolognese: il sito online continua tranquillamente a funzionare, come si può leggere qui.
(sì, ci sarebbero pipponi molto più seri da fare, ma per fare un pippone mi ci vuole un po’ più di tempo che al momento non ho)
Leggo che ad aprile Nannucci chiuderà definitivamente. Il negozio di dischi bolognese è forse stato il primo che si era lanciato nella vendita per corrispondenza e nell’importazione dagli States di dischi. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 mi sono fatto una collezione di rumenta in CD che non sarei certo riuscito a trovare in giro.
Non so se la chiusura dipenda davvero dal fatto che tutti scaricano musica aggratis in rete. Forse è più vicino al vero dire che chi compra roba online adesso ha a disposizione strumenti che funzionano meglio; a parte i portaloni ibs e amazon, mi viene ad esempio in mente play.com. Certo però che il mondo cambia davvero in fretta, e quanto era all’avanguardia vent’anni fa oggi è inesorabimente sorpassato. Qualcuno si ricorda ancora di Andromeda Bookshop?
(ps: guardando il sito, ho visto che hanno anche un dominio “angolodelpiacere.it” rigorosamente v.m.18: chissà se quello resisterà…
l’evoluzione dell’inglese
Con congruo anticipo rispetto alle pagine culturali degl’italici quotidiani, mi pregio di segnalarvi la notizia inutile odierna, nientemeno che dal sito della BBC. Mark Pagel, “biologo evolutivo” dell’università di Reading (occhei, questo significa che ci sono anche biologi creazionisti e biologi intelligento-progettuali?) ha stilato un elenco di 200 parole inglesi e preparato un modello che dovrebbe affermare come le parole in questione si sono evolute in questi millenni e quali saranno le prime a morire. La parola più antica sarebbe “I” (“io”, insomma): cose da non credere.
Credo però che la spiegazione migliore di quello che fanno si trovi sul loro sito:
«We are working on methods for inferring phylogenetic trees of languages and using those trees to measure rates of word evolution over time. In collaboration with Russell Gray at the University of Auckland, we are applying these methods to Indo-European, Bantu, Austronesian, Mayan and Uto-Aztecan languages.» e soprattutto «Our studies of cultural evolution investigate the idea that human cultures behave as if they were distinct biological species», che non riesco a capire se significa “se la cultura A ha un concetto X, la cultura B non potrà mai avere il concetto X”, oppure “se la cultura A chiama X il concetto che la cultura B chiama Y, non succederà mai che la cultura B si metta a chiamare X quel concetto”. Pensieri profondi, no?
Aggiornamento: (27 febbraio) visto, che a far parte del selezionato gruppo dei miei lettori avete avuto l’anteprima?
Philip José Farmer
Se come me avete iniziato a leggere fantascienza con gli Urania anni ’70, magari il nome di Farmer non vi dice nulla, visto che la premiata ditta F&L se ne stava ben alla larga da uno scrittore che osava lordare la purezza della SF con sporche storie di sesso. E per di più, sesso tra umani e alieni, come in The Lovers, quando il massimo di cui si poteva parlare al tempo erano fanciulle discinte, pronte a cadere ai piedi dell’eroe (meglio se ingegnere), ma lasciando tutto all’eventuale immaginazione del lettore un po’ come nel teatro greco. Chi invece leggeva la concorrenza (le collane Cosmo Oro e Cosmo Argento dell’Editrice Nord) veniva a sapere Farmer era il miglior scrittore del secolo, e che si era fortunati a poterlo leggere da loro nonostante la censura strisciante italica…
A mio parere, quei giudizi sullo scrittore morto ieri sono parziali, e non permettono di conoscerlo davvero. Se uno è interessato all’erotismo interplanetario, tanto per dire, non è certo Farmer che deve leggersi: per lui il sesso era semplicemente una parte delle storie che raccontava. Ma il suo vero talento era nella creazione di affreschi dalle dimensioni incredibili, come quello dei Fabbricanti di Universi e soprattutto del Mondo del Fiume, dove entra dentro davvero di tutto; e nel caleidoscopio di citazioni letterarie, religiose e autoreferenziali che rendono la lettura una goduria per gli appassionati del genere (e non preoccupatevi se vi siete persi qualche personaggio secondario: a volte era proprio Farmer che se ne dimenticava…)
Gli spammatori lottano ancora insieme a noi!
Ieri casualmente mi sono arrivate due segnalazioni di spammatori italiani.
Il primo messaggio, speditomi da booksworm, è abbastanza standard: l’azienda XXX
“si occupa di Email Marketing dal 2001. Da poco abbiamo allestito un reparto dedicato alla vendita di indirizzi email di aziende e privati che abbiamo raccolto in questi 8 anni di attività.”
Per darvi un’idea, gli amici ci spiegano che “Possiamo fornirvi di (sic) 15.000.000 di email aziendali e privati per promuovere i vostri prodotti o servizi; Pacchetti da 500.000 email al costo di 120 euro”.
Se prendiamo per buoni i dati della ricerca di cui scrissi qualche mese fa (0,1 successi per milione) è chiaro che solo un imbecille comprerebbe uno di questi pacchetti. Ma d’altra parte solo un imbecille comprerebbe servizi da uno spammatore. Il guaio è che questo messaggio è arrivato a una casella istituzionale di un’università… non si sa mai cosa potrebbe capitare.
Il secondo messaggio è stato inoltrato da un amico in una lista di vecchi internettari.
“Oggi č nata la nuova versione di YYY, che ti consente di gestire le tue newsletter e di avere sempre *smtp* funzionanti e non inseriti nelle liste nere antispam. Si, hai capito bene, il software carica in automatico i server smtp, non ti dovrai piĂą preoccupare di cercarli, ci pensiamo noi. […] Ricevi questa newsletter perchč sei iscritto al network di ZZZ”
Inutile dire che il mio amico non è affatto iscritto al network in questione, ma non è questo il punto. Il tipo che gli ha spedito quella mail (il più noto spammatore italiano) non ha nessun problema a dire che fa un programma che cerchi apposta server di posta funzionanti… un po’ come quelli che ti vendono del software con i controlli della validità della copia disabilitati per “semplificare l’installazione”. Immagino, visto come sono arrivate le lettere accentate, che quel messaggio è arrivato da una nazione che non usa il nostro charset ISO-8859-1 ma uno slavo… oppure uno turco, se il tipo continua a lavorare con i suoi amichetti.
Sarà una coincidenza, oppure anche gli spammatori risentono della crisi e devono cercare nuovi mercati?
(ah, nel caso vi chiedeste perché non ho messo i nomi: non è per privacy, ma perché è abbastanza logico che gli amici spammatori facciano ricerche sul nome del loro “prodotto”)
_Avventure di un matematico_ (libro)
Questa (Stanislaw M. Ulam, Avventure di un matematico [Adventures of a Mathematician], Sellerio – La nuova Diagonale 4, 1995 [1976], pag. 404, € 18, ISBN 978-88-389-1119-4, trad. Tecla R. Sportelli) è la seconda autobiografia di un matematico polacco che ho letto ultimamente, dopo quella di Mark Kac. Ulam era a Los Alamos nel progetto Manhattan, ed è stato uno degli sviluppatori della bomba H; insomma non esattamente l’ultimo arrivato. Però il libro non mi è affatto piaciuto. Non è tanto il problema dell’incomprensibilità della matematica che ha fatto, anche se garantisco che gli accenni presenti non danno assolutamente alcun appiglio a chi non sappia già le cose; però quegli accenni si possono tranquillamente saltare. Il guaio maggiore è che c’è un’enorme discontinuità nei temi trattati, e aneddoti francamente inutili sono messi esattamente allo stesso livello di altri punti ben più importanti; anche le considerazioni filosofiche e cognitive che di quando in quando appaiono mi sembrano fuori posto nel libro, forse anche perché la traduzione è piuttosto pesante anche se corretta. In definitiva, un libro non all’altezza di quanto sperassi.
Fortuna che a destra non sanno fare i conti
Leggo sulla Stampa che “Sono italiani sei stupratori su dieci”, come dice il Viminale. Se questi dati fossero veri, immaginando che la popolazione immigrata sia il 10% di chi vive in Italia, ciò significherebbe che i cittadini stranieri hanno sei volte più probabilità di essere degli stupratori rispetto a quelli italiani. Se non ci credete, fate un conto spannometrico: 54 milioni di italiani contro 6 di non italiani, 6 stupratori contro 4. Non credo che un ragionamento siffatto possa penetrare nei cervelli dei rondaioli, ma tant’è.
Poi è da vedere se nell’elenco degli stupratori sono state inserite le violenze in casa: immagino proprio di no, visto che altrimenti i dati sballerebbero di molto; o almeno lo dovrebbero fare, anche se non lo si può dire senza avere dei dati disaggregati. Mai fidarsi delle statistiche… soprattutto se non vi dicono come sono state fatte!
gmail non va
Anche se non me ne fossi accorto da solo, le parole chiave che puntano al mio blog me l’avrebbero fatto notare. (A proposito: com’è che da ieri tutti fanno la ricerca “kenken”? l’articolo di Tiscali Notizie è di oggi… è vero che è la trascrizione di un lancio Ansa, ma in genere non basta un’agenzia per una folla tale di persone che cercano informazioni)
C’è chi afferma che in Germania stia funzionando, chi dice che basta accedere in POP o in IMAP. Non so quali voci siano vere e quali leggende telematiche: tanto per il momento ci ho da lavorare, io!
Aggiornamento: (12:25) La BBC ha dato la notizia, mentre l’italica stampa tace… forse i giornalisti hanno spedito la notizia via gmail :-)
Aggiornamento: (14:40) da un’oretta gmail funziona, ma se provavo ad accedere dal telefonino mi diceva che “ho fatto una ricerca troppo simile a un virus”. Adesso funziona anche di là.
la parola migliore
I bloggherz (e i loro commentatori) sembrano proprio amare le questioni di linguistica. In questi giorn c’è un animato dibattito chez Leonardo su cosa dovrebbe fare il segretario del PD: seguire l’augusto esempio di Catone il Censore, e finire tutti i suoi interventi col ritornello “A proposito, chi ha corrotto David Mills?”
La discussione però non verte sulla correttezza o sull’opportunità di un simile comportamento, ma sulla frase in inglese aggiunta da Leonardo: “Who corrupted David Mills?” Ci si sta dividendo peggio che (appunto…) nel piddì tra chi afferma che il verbo inglese corretto è “to bribe” e chi dice che “to corrupt” è un sinonimo perfettamente usabile e usato da autorevoli quotidiani britannici.
La mia posizione in merito rispecchia quanto mi insegnò trent’anni fa il mio professore di inglese al liceo. Generalmente l’inglese ha due forme possibili per una parola: quella di origine anglosassone e quella di origine latina. Per un madrelingua inglese la seconda è di solito sentita come più forbita, mentre per noi è quella più naturale. Ergo, se si deve scrivere in inglese per un pubblico anglofono o germanico conviene usare per quanto possibile le forme anglosassoni; tanto ne avremo sempre fin troppe neolatine, e quindi non dobbiamo preoccuparci.
Tutto questo vale appunto in generale: nel caso particolare, pur ritenendo che “to corrupt” abbia una sfumatura più morale, tipo “corruttore della gioventù” mentre “to bribe” fa proprio venire alla mente i soldi e quindi sarebbe quello preferibile in assoluto, parto dal principio opposto. In fin dei conti quello era un testo inglese per italiani; assodato che entrambe le forme sono comunque corrette, preferisco quella latina perché più comprensibile. Voi che ne dite, a parte chiedervi chi ha corrotto David Mills?