Scopro da storiedime che i soliti ricercatori britannici hanno trovato la “formula matematica per il regalo perfetto”. Tale formula sarebbe T*L+Pi+Po+Cr+S+U+H/radice quadrata di C, dove il pezzo T*L indica il tempo per cui il bimbo si divertirà col regalo, C è il costo, e gli altri valori corrispondono ad alcune caratteristiche, misurate in una scala da 1 a 5.
Ora, innanzitutto mi chiedo chi è che finanzia tutti questi interessantissimi studi ai ricercatori britannici. Può darsi che come qui da noi si debba dedicare il 5% dei costi di un’opera civile all’acquisto e installazione di qualche opera artistica, lì si debba dedicare il 5% dei fondi alla definizione di una ricerca stupida; chissà. Ma la seconda domanda che mi pongo è molto più triste. Perché mai ci si riempie la bocca di formule matematiche che nessuno guarda mai? Se almeno ricercatori e giornalisti sfruttassero la cosa per spiegare un po’ cosa succede qualitativamente – introducendo così ad esempio i concetti di proporzionalità diretta e inversa – almeno la gente imparerebbe qualcosa…
Ah no, scusate. In questo modo ad esempio si accorgerebbero che raddoppiare il costo non dimezza la validità del regalo, ma la abbassa di molto meno. Oops. Magari si accorgerebbero di chi è stato a commissionare lo studio?
Archivi autore: .mau.
un po’ di storia
La settimana scorsa a Vicenza c’è stata una querelle su un opuscolo a proposito del ventennale della caduta del Muro di Berlino commissionato da provincia e regione con finanziamento di 15000 euro, distribuito alle scuole e rivelatosi poi una scopiazzatura varia con aggiunte piuttosto peculiari, tipo che le croci celtiche siano un simbolo di spiritualità irlandese. Inutile dire che tra le fonti copiate c’era anche Wikipedia che tanto è lì a disposizione, facile da trovare.
Dopo che l’assessore che aveva finanziato l’opuscolo si era difeso dicendo che gli insegnanti dell’ITIS Rossi stavano facendo politica invece che scuola, ora c’è una nuova risposta, da parte dei professori di storia e filosofia del liceo vicentino Quadri. Ora, la chiosa finale dove i professori dicono «se proprio non avete tempo o voglia di informarvi leggendo libri scritti da esperti, ricorrete a Wikipedia, ove il controllo e la verifica della comunità degli internauti impedisce alla stupidità ed allignoranza di trovare casa» purtroppo è un obbiettivo statistico che a volte non è vero; però vi consiglierei di leggere il resto della lettera, perché ci sono molte cose di storia da imparare.
Le gite a Torino si sprecano
Dopo che sono riuscito a scoprire che la banca che dovrebbe elargire il mutuo all’acquirente della mia vecchia casa si è lamentata perché non gli basta l’atto notarile di divisione ma vuole vedere anche la dichiarazione di successione di mio padre (morto nel 1981, ricordo…) ieri mattina ho ripreso il treno per Torino a un’ora invereconda per recarmi questa volta all’Agenzia delle Entrate. Trullo trullo me ne vado alla sede di corso Vinzaglio, dove l’usciere stava chhiaccherando amabilmente al telefono: dopo un po’ si è scocciato di vedermi lì impalato, ha chiesto scusa al suo interlocutore, mi ha chiesto cosa volevo e mi ha indirizzato in corso Bolzano (per i non torinesi: due isolati di distanza)
Vado lì, spiego all’ufficio assistenza che cosa devo fare, la tipa mi dice “ma è sicuro che questa sia la sede giusta?”, le rispondo “se non me lo sa dire lei…” al che tira fuori uno stradario e scopre che effettivamente via Bionaz è gestita lì. Prendo il numerino, aspetto il mio turno, e di nuovo l’impiegata mi chiede “ma è sicuro che lo si faccia qua?” Alla fine scopro che la denuncia è in archivio, in archivio ci si va ogni lunedì mattina e quindi fino alla prossima settimana nisba; poi che devo pagare (lo sapevo), che devou usare un modulo F23 tipo quelli delle tasse, ma che non posso pagare online ma devo andare in posta. Bontà loro, posso delegare qualcuno per ritirare il documento. Però serviva anche una fotocopia della carta d’identità; per fortuna mi si concedeva di non rifare la coda.
Nel frattempo mi ero imbaldanzito, e ho pensato che sarei potuto passare in catasto a scoprire cos’era successo alle mappe dei posti auto. Arrivo, spiego la cosa, mi dicono che bisogna andare all’Ufficio Errori Catastali – vi rendete conto? La probabilità di un errore è così alta che c’è l’ufficio apposta. Mi dà un numero che indica che ci sono quindici persone in coda, coda che non sembra muoversi, visto che dopo il giro turistico per fotocopiare la mia carta di identità e la riconsegna sono passato e li avevo ancora quasi tutti davanti. Ho fatto un po’ di conti, ho preso il 10 e sono andato a comprarmi i pacchi di grissini che mi piacciono tanto (sono aumentati a 2.50 il chilo, per la cronaca), sono rientrato scoprendo di aver saltato il turno, mi sono preso un altro numerino e stavolta in dieci minuti è toccato a me. Dopo avermi detto che avrei potuto fare tutto per posta (…), ho dovuto prepapare due richieste distinte, una per la correzione della mappa dei posti auto e una per la mancata registrazione della donazione dei box; dieci minuti per fare il tutto, dieci giorni minimo per la registrazione e un po’ di più perché i regi geometri scoprano qual è la piantina giusta; ma alla fine ce l’ho anche fatta a riprendere il treno.
Ora vediamo quando sarà il prossimo viaggetto…
World AIDS Day
Nel caso non lo sapeste, è oggi.
In questi anni è successa una cosa strana, o forse nemmeno tanto strana. Negli anni ’80 l’AIDS veniva visto come una punizione divina o giù di lì. Poi negli anni ’90, con gli eterosessuali che iniziavano ad essere contagiati, se n’è cominciato a parlare un po’ seriamente: persino la RAI è riuscita a fare degli spot al riguardo, il che se ci pensate oggi è qualcosa di incredibile. Oggi, per quello che posso vedere io (poi magari mi sbaglio, il che paradossalmente sarebbe un punto a favore della mia tesi) nei paesi occidentali i sieropositivi che possono avere accesso alle cure sanitare hanno una speranza di vita di qualche decennio, e così nessuno ne parla più. Peccato che questo non valga per l’Africa: qualche anno fa si parlava dei paesi emergenti che si preparavano le medicine senza pagare fior di royalties alle case farmaceutiche e che per questo erano stati sanzionati, poi non si è saputo più nulla.
Ecco, vorrei che oggi si pensasse almeno per cinque minuti a queste cose. Perché il silenzio in questi casi uccide davvero.
Porta Susa sotterranea promossa
Ho notato che – giustamente, visto che sopra i treni non passano più – Trenitalia ha cancellato la scritta “sotterranea” dalla stazione attualmente utilizzata. Deve però avere speso un bel po’ di soldi, visto che non aveva nemmeno più una copia del tabellone cartaceo con gli orari da lasciare in superficie; ora compare solo un foglietto che spiega che gli orari stanno giù alla stazione nuova. Per par condicio, devo anche aggiungere che non fanno preferenze: quando sono uscito, alle 9:05, il tabellone elettronico indicava i treni in partenza e arrivo tra le 6 e le 8 non so di quale giorno.
(non c’entra molto ma lo aggiungo qua: ho visto quelle che immagino saranno le fermate Dora e Rebaudengo del passante. I marciapiedi sono più stretti di quelli della metropolitana: chi è che ha permesso una cosa simile?)
Contributi per pannelli solari?
Secondo questo articolo della BBC, in Italia ci sarebbe stato un boom dei pannelli solari grazie a programmi di incentivazione. Occhei, Coltivare i tetti fa tanta pubblicità su Radiopop, ma ci sono davvero tutti questi incentivi?
Carnevale della fisica
È ovvio che non mi sogno nemmeno di partecipare al Carnevale della fisica (che funziona come quello della matematica: ogni mese si radunano i post di chi ha scritto sul tema); il mio senso fisico è perfettamente disallineato con la realtà.
Ciò non significa però che io mi rifiuti di segnalare che oggi (nel quattrocentesimo anniversario della prima osservazione al telescopio di Galileo) Gravità Zero tiene a battesimo questa iniziativa, a cui non posso che augurare tutto il bene possibile!
digitale ritardato
L’altro giorno sono stato a mangiare al solito ristorante sino-italico, dove c’è una pletora di televisioni accese forse per distogliere gli avventori dal cibo presente. Causa troppa gente, sono finito su un tavolo proprio dietro la porta, da dove si vedevano due tv entrambe sintonizzate su Studio Aperto (che non so perché ma sembra la tv preferita dai ristoranti da queste parti). Guardando attentamente, ho notato che le immagini non erano contemporanee, ma una delle tv aveva un ritardo piccolo ma sicuramente visibile (uno o due decimi di secondo).
Pensandoci un po’ su, mi sono reso conto che il problema, o se preferite l’opportunità, stava nel digitale terrestre. Anche se entrambe le tv sembravano prendere il segnale digitale, il tempo di decodifica era diverso. Certo che è una bella differenza rispetto alle nostre vecchie abitudini, vero?